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PDL 4315

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4315



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

MANTINI, TASSONE, RAO, RIA, OCCHIUTO, LIBÈ, SCANDEREBECH, DIONISI, CALGARO, MEREU, RUGGERI, POLI, MONDELLO, CERA, PISICCHIO

Modifica di articoli della parte seconda della Costituzione in tema di istituzione del Senato federale della Repubblica, di riduzione del numero dei parlamentari e delle province, di sfiducia costruttiva, di referendum, di ridefinizione delle competenze legislative e di tutela dell'interesse nazionale, nonché di garanzie dei parlamentari e di composizione del Consiglio superiore della magistratura

Presentata il 28 aprile 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — Dobbiamo credere nella possibilità di una fase politica disponibile alla ripresa di un serio confronto per le riforme istituzionali utili al Paese, al fine di completare una ormai lunga transizione costituzionale e di riordinare i confusi materiali della cosiddetta «seconda Repubblica». Crediamo profondamente nell'assoluto valore dei princìpi fondamentali della Carta costituzionale e riteniamo parimenti necessaria la modernizzazione della parte seconda della Costituzione in ambito istituzionale.
      L'Unione di Centro è convinta dell'utilità di superare, nel nuovo assetto ormai determinato dalla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione del 2001, il bicameralismo paritario «all'italiana», istituendo un Senato federale o delle autonomie che dia un senso compiuto
 

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alle disorganiche politiche federaliste degli anni recenti. È altresì convinta che sia parallelamente necessario ridurre i costi della politica attraverso la diminuzione del numero dei parlamentari e delle province, abrogando almeno quelle con una popolazione inferiore a 500.000 abitanti.
      Nel disegno di riforma costituzionale, accanto a innovazioni che stabilizzano il ruolo del Governo, riteniamo utile prevedere l'introduzione della sfiducia costruttiva e una nuova disciplina del quorum per il referendum, essenziale strumento diretto di democrazia ora fortemente depotenziato.
      La riforma proposta si fonda in larga misura, oltre i temi già accennati, sul testo discusso e approvato, con largo consenso, dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati nella XV legislatura (atto Camera n. 553 e abbinate), recuperando anche alcune proposte di legge costituzionale della XIV legislatura. Le principali innovazioni introdotte, rispetto a quel testo, consistono nell'attribuzione alla Camera dei deputati, anziché al nuovo Senato federale della Repubblica, delle leggi in materia di princìpi fondamentali di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nella modifica allo stesso articolo 117 e nella reintroduzione della nozione dell’«interesse nazionale della Repubblica».
      Riteniamo infatti che, per un corretto ed equilibrato assetto delle competenze, il Senato delle regioni non debba anche «autodeterminare» i princìpi fondamentali delle materie e che tale competenza debba essere più opportunamente svolta dal legislatore nazionale ossia dalla Camera dei deputati. Riteniamo inoltre che, in molti campi, occorrano politiche nazionali, ma non stataliste, per unire il «sistema Paese» e per vincere le sfide della competitività. Avanziamo proposte ben meditate in materia di conciliazione tra politica e giustizia, con la facoltà, a determinate condizioni, di sospendere il processo per la sola durata del mandato in corso, e anche in materia di riforma della composizione del Consiglio superiore della magistratura, affidando al Presidente della Repubblica la nomina di un terzo dei componenti. Sono proposte ragionevoli e meditate che si fanno carico dei problemi emersi in una lunga stagione di conflittualità tra politica e magistratura e che offrono soluzioni equilibrate.
      Il bicameralismo paritario, ben noto nel costituzionalismo meno recente, è stato via via abbandonato in gran parte degli ordinamenti liberaldemocratici, fino a costituire, oggi, una vera e propria rarità costituzionale. Esso, inoltre, se continua a sopravvivere nell'ordinamento statunitense e in quello elvetico, che sono caratterizzati dall'assenza del rapporto fiduciario tra esecutivo e legislativo, si rivela ancor più problematico laddove coinvolge non solo il procedimento legislativo, ma anche la formazione e la rimozione dei governi: e ciò si verifica oggi solo nel regime parlamentare italiano, oltre che in quello (peraltro corretto con elementi di tipo semipresidenziale) in vigore in Romania sulla base della recente Costituzione del 1991. Anche il bicameralismo apparentemente paritario previsto nell'ordinamento canadese è poi stemperato da una serie di convenzioni costituzionali le quali, da un lato, escludono il Senato dal rapporto di fiducia e, dall'altro, fanno sì che la seconda Camera non insista sulle sue posizioni quando vi è un chiaro orientamento della Camera politica in una certa direzione.
      Il bicameralismo paritario è, com’è noto, fonte di lentezza e di scarsa efficienza dell'azione di governo. Ciò è ancor più visibile nel contesto attuale, ove il bicameralismo paritario rischia di paralizzare il funzionamento fisiologico delle istituzioni in presenza di possibili maggioranze contrastanti nelle due Assemblee parlamentari. L'esigenza di riformare il Senato della Repubblica si salda, d'altro canto, con un'istanza relativa all'assetto del sistema regionale italiano, rimasto incompleto a seguito della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, approvata nel 2001. Tale riforma preannunciava un'ulteriore riforma della parte della Costituzione relativa alla composizione del Parlamento, con una formula –
 

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contenuta nell'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – che è stata considerata come una «promessa costituzionale». A tale promessa il testo in esame tenta di dare adempimento.
      La trasformazione del Senato della Repubblica in un vero e proprio Senato federale della Repubblica, eletto su base regionale, dai consigli regionali e dai consigli delle autonomie locali, è una scelta di grande rilievo, non priva certo di qualche controindicazione, ma finalizzata all'obiettivo di dare una voce ben identificata alle regioni e alle autonomie locali nel Parlamento nazionale e, in particolare, nel procedimento legislativo. La modalità di elezione del Senato federale della Repubblica tiene conto, d'altro canto, della forma data alla Repubblica dall'articolo 114 della Costituzione, come riformato nel 2001: si tratta di un sistema che – pur attribuendo alle regioni una posizione privilegiata nella legislazione – valorizza fortemente anche il ruolo delle autonomie locali. A questa impostazione corrisponde la scelta di far eleggere i senatori dai consigli regionali e, in misura minore, dal consiglio delle autonomie locali. Quest'ultimo organo dovrà però essere oggetto di alcune norme statali che ne prescrivano un'omogeneità minima che gli statuti regionali dovranno rispettare al fine di meglio connotare il nuovo Senato come Senato delle autonomie più che delle sole regioni. A parte la novità rappresentata dai senatori eletti dalle autonomie locali, questo metodo di elezione del Senato riprende il noto modello del Bundesrät austriaco, praticato anche in altri Paesi: in Spagna (peraltro solo per una minoranza dei senatori), negli Stati Uniti d'America fino al 1913, in India (articolo 80, quarto comma, della Costituzione del 1950).
      Al superamento del bicameralismo paritario si accompagnano altre importanti modifiche che concorrono a razionalizzare la forma di governo e a consentire al Parlamento, e in particolare alla Camera dei deputati, di svolgere al meglio quella funzione di indirizzo politico e di normazione primaria che la Costituzione gli assegna. Del resto, come si accennava, quello del rafforzamento del Presidente del Consiglio dei ministri all'interno del Governo, della stabilità dell'esecutivo e dell'efficacia della sua azione è l'altro filo rosso che attraversa il lungo dibattito sulle riforme costituzionali in Italia.
      Va anzitutto evidenziato che il passaggio a un sistema bicamerale non paritario consente di per sé una notevole razionalizzazione e semplificazione del processo decisionale politico. Il Governo e il suo leader ne risultano indirettamente rafforzati.
      Del resto, il progetto di legge costituzionale prevede ulteriori e specifiche misure di rafforzamento del potere esecutivo. Queste possono essere distinte in due tipi.
      Da un lato, il testo in esame prevede che il rapporto di fiducia si instauri non più fra il Governo e le due Camere, ma fra il Presidente del Consiglio dei ministri e la Camera dei deputati, come accade in vari Paesi europei (ad esempio Svezia, Spagna, Germania e Francia). La fiducia verrebbe concessa al Presidente del Consiglio dei ministri, sia pure dopo la formazione del Governo (e quindi con una valutazione della Camera dei deputati che avrà ad oggetto, oltre alla persona del Presidente del Consiglio dei ministri, anche quelle dei Ministri e il programma dell'Esecutivo). Per la sfiducia è invece innalzato il quorum per la presentazione della relativa mozione ed è previsto il requisito della maggioranza assoluta per l'approvazione.
      D'altro canto il progetto di legge costituzionale prevede uno status costituzionale per il «Governo in Parlamento», ben più ricco dell'attuale. L'articolo 9, che modifica l'articolo 72 della Costituzione, stabilendo che «Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data determinata, nei limiti e secondo le modalità stabiliti dai regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge» si muove certo sulla linea di tendenze emerse nel quadro delle riforme dei Regolamenti parlamentari dell'ultimo ventennio, ma precisa con chiarezza che un ruolo formale spetta al Governo nella
 

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concreta configurazione dell'agenda parlamentare. L'organo rappresentativo è libero di non sostenere le misure che l'esecutivo reputa centrali per l'attuazione del suo programma, ma nel quadro di un'agenda di lavori che tenga adeguatamente conto delle priorità fissate dall'esecutivo, che si vede così riconosciuto formalmente il ruolo di «comitato direttivo» della maggioranza parlamentare.
      Scopo principale del progetto di legge costituzionale è la modernizzazione del sistema politico. Questo termine, un po’ abusato, in materia istituzionale vuol dire procedure semplici e decisioni veloci, nel rispetto, naturalmente, dei princìpi di rappresentanza e di pluralismo. Il sistema originario, quello di cui ancora oggi disponiamo, era fondato sulla mancanza di alternanza al governo del Paese, sul primato dello Stato nazionale e sulla centralità della legge. Oggi c’è l'alternanza, le decisioni degli Stati nazionali sono inserite entro un sistema globale per la vita quotidiana ed è centrale, accanto alla legge, la decisione esecutiva. Occorre adeguare le regole al mutato contesto politico-istituzionale.
      Si illustrano ora le opzioni normative in cui questi orientamenti di fondo vengono tradotti.

La revisione del sistema bicamerale.

      Il testo, pur ritenendo necessario conservare al nostro ordinamento i caratteri di un sistema bicamerale, ha inteso procedere nel senso di un deciso superamento dell'attuale bicameralismo paritario, differenziando le due Camere con riguardo al titolo di legittimazione, alla composizione, alle modalità di partecipazione al procedimento legislativo, alla sussistenza del rapporto fiduciario con il Governo.
      La trasformazione più profonda riguarda il Senato della Repubblica, ma anche la Camera dei deputati è oggetto di rilevanti interventi modificativi, con particolare riguardo alla composizione.
      L'articolo 2, novellando l'articolo 56 della Costituzione, incide infatti sul numero dei deputati, che viene ridotto da 630 a 500, oltre al numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero.
      Non viene modificata la disciplina dell'elettorato attivo, per il quale resta il «suffragio universale e diretto»; quanto all'elettorato passivo, l'età minima per essere eletti si abbassa invece dai venticinque ai diciotto anni.
      Venendo al Senato della Repubblica, questo – come dispone l'articolo 1, che modifica il primo comma dell'articolo 55 della Costituzione – muta il suo nome in «Senato federale della Repubblica». La nuova denominazione evidenzia la volontà di individuare nel Senato l'organo costituzionale che connota la scelta in senso federalista del progetto di riforma e l'organo nel quale si intende realizzare il raccordo tra le potestà legislative e normative delle autonomie territoriali e dello Stato – enti costitutivi della Repubblica, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione – e la partecipazione del sistema politico regionale e locale alle funzioni alte dell'ordinamento costituzionale.
      Riflette con chiarezza questa scelta la composizione del Senato federale, come definita dall'articolo 3, che sostituisce l'articolo 57 della Costituzione. Suo carattere innovativo fondamentale è l'abbandono dell'elezione a suffragio universale e diretto (il successivo articolo 4 abroga, di conseguenza, l'articolo 58 della Costituzione) in favore dell'elezione di secondo grado ad opera delle assemblee elettive regionali e dei consigli delle autonomie locali. Di tali soggetti istituzionali, e delle relative comunità, il Senato federale diviene interprete nel procedimento di formazione delle leggi. Sono parallelamente ricondotte alla sola Camera dei deputati la rappresentanza politica generale, nascente dalla diretta legittimazione popolare, e la correlativa responsabilità che trova la sua espressione nel rapporto di fiducia.
      La maggior parte dei senatori è eletta da ciascun consiglio regionale, tra i propri componenti, con voto limitato al fine di garantire la rappresentanza delle minoranze. Le modalità di elezione saranno definite da una legge dello Stato.

 

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      Il numero degli eletti in ciascuna regione varia in base alla popolazione, ma la natura dell'organo ha suggerito di abbandonare un criterio di stretta proporzionalità. In particolare, i consigli regionali eleggono:

          cinque senatori nelle regioni con popolazione fino a un milione di abitanti;

          sette senatori nelle regioni con più di un milione e fino a tre milioni di abitanti;

          nove senatori nelle regioni con più di tre milioni e fino a cinque milioni di abitanti;

          dieci senatori nelle regioni con più di cinque milioni e fino a sette milioni di abitanti;

          dodici senatori nelle regioni con più di sette milioni di abitanti.

      Nelle regioni Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e Molise i rispettivi consigli regionali eleggono un solo senatore.
      Un'ulteriore quota di senatori (uno nelle regioni fino a un milione di abitanti; due nelle regioni con popolazione superiore, anche in questo caso con voto limitato) è eletta in rappresentanza delle autonomie locali. Sono eleggibili i componenti dei consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane; il corpo elettorale è invece individuato nel consiglio delle autonomie locali.
      Com’è noto, il consiglio delle autonomie locali è un organo di recente introduzione nell'ordinamento e attuato in modo disomogeneo: esso è previsto dal quarto comma dell'articolo 123 della Costituzione, nel testo riformulato dalla legge di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, che lo definisce «organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali» e ne rimette la disciplina ai singoli statuti regionali.
      Nelle regioni che hanno dato attuazione al disposto costituzionale la composizione di tale organo, pur sempre elettiva, presenta differenze anche sostanziali, con riguardo al numero dei componenti, alla legittimazione elettorale attiva e passiva e alla presenza di «membri di diritto». Ciò può essere fisiologico. Quando però il consiglio sia chiamato a una funzione che esula da quella meramente consultiva, qual è l'elezione dei membri del Senato federale della Repubblica, è di tutta evidenza la necessità di introdurre criteri di omogeneità nella sua composizione, al fine di evitare che differenze troppo marcate incidano sulla rappresentatività dell'organo parlamentare. A tal fine, l'articolo 23 aggiunge un comma all'articolo 123 della Costituzione, rimettendo a una legge dello Stato la determinazione dei princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei consigli delle autonomie locali.
      Particolari disposizioni sono previste per la regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. In questa regione sono i consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano ad eleggere, con voto limitato, due senatori per ciascuna provincia. Un ulteriore senatore per ciascuna provincia autonoma sarà eletto dai rispettivi consigli delle autonomie locali.
      In ciascuna regione, tutti i senatori sono eletti entro trenta giorni dalla prima riunione del rispettivo consiglio regionale (o provinciale, per le province autonome di Trento e di Bolzano), successiva all'elezione.
      Ai sensi dell'articolo 60 della Costituzione, riformulato dall'articolo 5, i senatori eletti in ciascuna regione o provincia autonoma restano in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori della medesima regione o provincia autonoma. A tale contestualità, connaturata alla composizione dell'organo, consegue che il Senato federale non ha più una durata predefinita ma è soggetto a rinnovi parziali, più o meno ampi, in occasione del rinnovo dei singoli consigli regionali o delle due province autonome.

La funzione legislativa dello Stato.

      La nuova configurazione del procedimento di formazione delle leggi dello Stato appare una necessaria risultante della già menzionata scelta di fondo in favore del

 

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superamento del bicameralismo paritario, operata dal progetto di legge costituzionale attribuendo a un ramo del Parlamento la natura di Camera rappresentativa delle realtà territoriali e all'altro ramo la titolarità del rapporto di fiducia con il Governo.
      L'obiettivo perseguito è quello di assicurare una significativa partecipazione del nuovo Senato federale a tutte le procedure legislative, rafforzando anzi il peso istituzionale delle sue deliberazioni nelle materie che più da vicino incidono sul rapporto tra Stato e autonomie territoriali, e mantenendo il suo ruolo paritario nell'adozione delle scelte «di sistema»; senza peraltro consentire che, nella restante attività legislativa, tale peso si trasformi in un veto non superabile, tale da paralizzare l’iter legislativo e impedire l'attuazione del programma sul quale il Presidente del Consiglio dei ministri abbia ottenuto la fiducia della Camera dei deputati.
      Contestualmente, si è cercato di semplificare e snellire il procedimento legislativo definendo, per quanto possibile, i tempi di esame e limitando le ipotesi di navette tra le due Camere.
      È risultato necessario, a tal fine, dare all'articolo 70 della Costituzione una formulazione più articolata dell'attuale, che oggi si limita a disporre che «La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere».
      Il nuovo articolo 70 – come sostituito dall'articolo 8 – configura quattro distinti procedimenti legislativi:

          un procedimento che potrebbe definirsi «bicamerale paritario», nel quale, non diversamente da oggi, Camera dei deputati e Senato federale esercitano collettivamente la funzione legislativa;

          un procedimento «bicamerale con prevalenza della Camera dei deputati», nel quale il testo approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati può essere modificato dal Senato federale, ferma restando in capo alla Camera dei deputati la deliberazione sul testo definitivo;

          un terzo procedimento, secondo il quale, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, se le modifiche approvate dal Senato federale riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera dei deputati può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti;

          un quarto procedimento, nel quale è invece riservato al Senato federale l'esame del progetto di legge in prima lettura, spettando comunque alla Camera dei deputati l'approvazione definitiva.

      Il procedimento «bicamerale paritario», di cui al primo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione, non presenta differenze rispetto a quello oggi in vigore (non a caso il nuovo testo conserva il termine «collettivamente», già presente nel vigente articolo 70). Esso richiede che i due rami del Parlamento esaminino, in successive letture, il progetto di legge e lo approvino nel medesimo testo.
      Tale procedimento trova peraltro applicazione solo per alcune categorie di provvedimenti. Si tratta di quelli che direttamente incidono sull'assetto costituzionale o che definiscono il quadro delle regole generali che presiedono ai rapporti tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica (regioni, province, comuni e città metropolitane, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione):

          le leggi costituzionali, per le quali resta ferma la procedura di cui all'articolo 138 della Costituzione, che richiede la doppia lettura da parte delle due Camere e consente il ricorso al referendum, e quelle in materia elettorale;

          le leggi che disciplinano:

              gli organi di governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane (il testo riprende il dettato dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione);

              l'ordinamento di Roma, capitale della Repubblica (articolo 114, terzo comma, della Costituzione);

 

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              l'attribuzione a regioni a statuto ordinario di forme e condizioni particolari di autonomia (articolo 116, terzo comma, della Costituzione);

              le procedure e l'esercizio del potere sostitutivo con riguardo alla partecipazione delle regioni alla «fase ascendente» e «discendente» del diritto dell'Unione europea e all'esecuzione degli accordi internazionali (articolo 117, quinto comma, della Costituzione), nonché il «potere estero» delle regioni (articolo 117, nono comma, della Costituzione);

              le procedure per l'esercizio (nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione) dei poteri sostitutivi del Governo nei confronti di regioni ed enti locali (articolo 120, secondo comma, della Costituzione);

              i princìpi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali (articolo 122, primo comma, della Costituzione);

              i princìpi fondamentali per la formazione e la composizione dei consigli delle autonomie locali (articolo 123, quinto comma, della Costituzione, introdotto dall'articolo 23);

              la soppressione dei comuni e delle province minori o il passaggio di province o di comuni da una regione a un'altra (articolo 132, secondo comma, della Costituzione), il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province (articolo 133, primo comma, della Costituzione);

          le leggi che istituiscono e disciplinano le Autorità di garanzia e di vigilanza (che in questa sede, e per la prima volta, trovano un riconoscimento a livello costituzionale);

          le leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.

      La generalità degli altri progetti di legge ai sensi del riformulato terzo comma dell'articolo 70 della Costituzione, è invece esaminata e approvata in prima lettura dalla Camera dei deputati. Il Senato federale della Repubblica, al quale è trasmesso il testo approvato su richiesta di un quinto dei suoi componenti, può esaminarlo e (entro trenta giorni dalla trasmissione, termine ridotto alla metà per i disegni di legge di conversione di decreti-legge) può modificarlo.
      Spetta comunque alla Camera dei deputati pronunciarsi su tali modifiche in via definitiva.
      Se, tuttavia, le modifiche riguardano materie di precipuo interesse regionale, esse hanno un valore per dir così «rinforzato»: la Camera dei deputati può infatti discostarsi da quanto il Senato federale ha deliberato solo votando a maggioranza assoluta dei propri componenti.
      Le materie su cui tale maggioranza qualificata è richiesta sono le seguenti:

          il conferimento di funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo (articolo 118, secondo comma, della Costituzione) e il coordinamento dell'attività amministrativa tra Stato e regioni in determinate materie (articolo 118, terzo comma, della Costituzione);

          l'istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale (articolo 119, terzo comma, della Costituzione);

          gli interventi speciali dello Stato in favore di determinati enti territoriali (articolo 119, quinto comma, della Costituzione);

          i princìpi generali di attribuzione del patrimonio a regioni ed enti locali (articolo 119, sesto comma, della Costituzione).

      Nel testo approvato nella XV legislatura dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati, il secondo comma del nuovo articolo 70 della Costituzione individuava una terza modalità di approvazione, riservata unicamente alle leggi che hanno lo scopo di determinare i

 

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princìpi fondamentali nelle materie rientranti nella competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
      I relativi progetti di legge sono individuati dai Presidenti delle due Camere, d'intesa tra loro, per essere assegnati al Senato federale della Repubblica che, dunque, li esamina sempre in prima lettura.
      Il testo, eventualmente emendato dal Senato federale, è trasmesso, dopo l'approvazione, alla Camera dei deputati, alla quale spetta l'esame in seconda lettura e l'approvazione in via definitiva. La Camera può dunque modificare il testo approvato dal Senato federale: ma qualsiasi emendamento deve in tal caso essere approvato a maggioranza assoluta dei componenti l'Assemblea.
      Noi non abbiamo condiviso tale impostazione e perciò abbiamo indicato la competenza esclusiva della Camera dei deputati.
      È evidente, infatti, lo «sbilanciamento federalista» di una simile impostazione poiché il Senato federale sarebbe di fatto nelle condizioni di «autodeterminare» gli stessi princìpi fondamentali per le competenze concorrenti regionali. Un potere che non ha neppure il Bundesrat tedesco e certamente esagerato poiché i princìpi fondamentali devono essere espressione del legislatore nazionale.

La forma di governo e i rapporti tra Governo e Parlamento.

      Gli articoli 16 e 17 del progetto di legge costituzionale intervengono rispettivamente sugli articoli 92 e 94 della Costituzione, che disciplinano la formazione del Governo e il rapporto di fiducia tra questo e il Parlamento. La finalità perseguita è duplice: valorizzare la posizione del Presidente del Consiglio dei ministri – sia nell'ambito dell'esecutivo, sia nei rapporti con il Parlamento – e superare il bicameralismo perfetto che caratterizza anche la forma di governo parlamentare italiana, differenziando le due Camere sotto il profilo del rapporto fiduciario; ciò in correlazione con gli altri articoli del progetto di legge costituzionale, dei quali si è detto, che investono sia la composizione delle due Camere sia le modalità di esercizio della funzione legislativa.
      L'articolo 16 introduce nel secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione due sostanziali novità.
      La prima consiste nell'esplicito collegamento tra l'esercizio del potere di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Capo dello Stato e la volontà espressa dal corpo elettorale. Il testo novellato dispone infatti che la nomina abbia luogo «valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati».
      La formulazione adottata mira a evidenziare e a rendere anche formalmente necessario tale collegamento senza, tuttavia, intaccare le prerogative costituzionali del Capo dello Stato né ridurre la flessibilità necessaria in un così delicato passaggio istituzionale.
      Il secondo fattore di novità consiste nel conferimento al Presidente del Consiglio dei ministri del potere di proporre al Capo dello Stato la revoca – oltre che la nomina – dei Ministri.
      Il testo non pone limiti espliciti a tale potere: ne consegue il chiaro riconoscimento al Presidente del Consiglio dei ministri della facoltà di proporre la sostituzione di uno o più Ministri non solo quando lo impongano esigenze esterne, ma in ogni caso in cui questi valuti necessario od opportuno un avvicendamento.
      La riscrittura dell'articolo 94 della Costituzione, operata dall'articolo 17 del testo, introduce anch'essa due elementi di novità:

          la fiducia è accordata non più al Governo, bensì al Presidente del Consiglio dei ministri, che presenta il suo Governo alla Camera dei deputati;

          la fiducia è accordata o revocata non più da entrambe le Camere, bensì dalla sola Camera dei deputati; è dunque solo con quest'ultima che intercorre il rapporto fiduciario.

 

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      Il primo elemento innovativo, al pari del descritto potere di revoca dei Ministri, ha la finalità di rafforzare la posizione del Presidente del Consiglio dei ministri sia nell'ambito della compagine governativa sia nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono; il secondo elemento di novità ha l'effetto di escludere il Senato federale dal rapporto di fiducia, coerentemente con la sua nuova composizione che ne fa la sede parlamentare di rappresentanza delle autonomie territoriali.
      Un'ulteriore modifica è apportata alla disciplina della mozione di sfiducia, di cui al quinto comma dell'articolo 94 della Costituzione: essa deve essere firmata da almeno un terzo – e non più un decimo – dei componenti la Camera dei deputati e deve essere approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti. Anche tale modifica mira a rafforzare la stabilità dell'esecutivo.
      Tuttavia, riteniamo di dover prevedere anche l'introduzione della sfiducia costruttiva con la seguente formulazione: «La mozione di sfiducia può essere costruttiva ove, con le stesse modalità, indichi un programma e un candidato Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini di quanto previsto dall'articolo 92» ossia della nomina da parte del Presidente della Repubblica, arbitro della verifica in caso di crisi politiche di governo. Anche la vicenda politica della XVI legislatura sta a dimostrare l'inevitabile ruolo del Parlamento nelle crisi delle maggioranze di Governo sicché, fermo restando il principio politico del rispetto del voto elettorale, risulta utile la previsione chiara ed esplicita di uno strumento, sia pur eccezionale, per la soluzione delle crisi, evitando le prassi trasformistiche.
      Per rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, onde consentirgli una più efficiente attuazione del suo programma, è necessario aggiungere un comma all'articolo 72 della Costituzione per consentire al Governo di chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sia votato entro una data determinata.
      I limiti e le modalità di esercizio di tale prerogativa sono peraltro rimessi ai Regolamenti delle due Camere, alle quali è garantito in ogni caso il tempo necessario a consentire un adeguato esame del disegno di legge.
      Altre disposizioni introducono ulteriori strumenti di garanzia a favore dell'istituzione parlamentare, limitando o sottoponendo a controllo l'esercizio del potere legislativo da parte del Governo nelle due ipotesi in cui la Costituzione lo consente: la delegazione legislativa e la decretazione d'urgenza.
      Quanto alla prima, l'articolo 12 aggiunge un comma all'articolo 76 della Costituzione, disponendo che tutti gli schemi di decreti legislativi predisposti dal Governo siano trasmessi alle Camere per essere sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti; è in tal modo generalizzato e costituzionalizzato un obbligo oggi previsto solo in alcuni casi dalle leggi di delega.
      Quanto alla seconda, l'articolo 13 riformula l'articolo 77 della Costituzione introducendo espliciti limiti di contenuto al potere del Governo di adottare decreti-legge. In particolare, non è possibile con tale strumento:

          rinnovare disposizioni di decreti-legge non convertiti in legge;

          ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale;

          conferire deleghe legislative;

          attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.

      Sono in tal modo elevati a rango di norma costituzionale anche alcuni limiti alla decretazione d'urgenza già presenti nell'ordinamento (all'articolo 15 della legge n. 400 del 1988), ma troppo facilmente derogabili in quanto disposti con legge ordinaria.

Un diverso quorum per il referendum abrogativo.

      Ormai da diversi decenni il referendum abrogativo non ha pratica validità in Italia

 

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poiché, aggiungendo all’«astensionismo fisiologico» (circa il 25-30 per cento), l'astensionismo «militante» (ossia di chi si oppone al quesito referendario) accade che non si raggiunge il quorum attualmente previsto, dall'articolo 75 della Costituzione, del 50 per cento più uno degli aventi diritto. È impossibile non rilevare, peraltro, che l'effetto descritto è profondamente antidemocratico poiché una minoranza (quella dell’«astensionismo attivo») in genere prevale sulla maggioranza (quella che ha votato il quesito). D'altronde, non ci si può rallegrare dei fatto che in Italia non sussista uno strumento efficace di democrazia diretta, come è in altri ordinamenti.
      Dunque, per tornare allo spirito originario della Costituzione, proponiamo di sostituire il quarto comma dell'articolo 75 della Costituzione con il seguente: «La proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi e in misura comunque non inferiore al trenta per cento degli aventi diritto».
      Con questo doppio limite e con l'aumento a 700.000 del numero delle firme occorrenti per promuovere il referendum, si ha una seria rivalutazione di uno strumento che riduce le distanze tra eletti ed elettori e rende più ricca la democrazia.

Il Presidente della Repubblica.

      Tra le varie modifiche apportate dall'articolo 15 al titolo II della parte seconda della Costituzione, che tratta la figura del Presidente della Repubblica, alcune – pur rilevanti – rispondono ad esigenze di coordinamento. Ci si riferisce principalmente:

          all'abrogazione del secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione, che prevede l'integrazione del Parlamento in seduta comune con delegati regionali in occasione dell'elezione del Capo dello Stato. La presenza di tali delegati non appare più necessaria in presenza di un Senato federale i cui componenti sono la diretta espressione delle assemblee elettive regionali e delle rappresentanze locali;

          all'attribuzione al Presidente della Camera dei deputati delle funzioni di supplenza in caso di temporaneo impedimento del Capo dello Stato (articolo 86 della Costituzione);

          all'esercizio del potere di scioglimento (articolo 88 della Costituzione), che è limitato alla sola Camera dei deputati.

      Costituisce invece una sostanziale, ulteriore novità la modifica apportata all'articolo 84 della Costituzione, in virtù della quale l'età minima che (insieme alla cittadinanza e al godimento dei diritti civili e politici) costituisce il solo requisito per l'elezione alla carica di Presidente della Repubblica è abbassata dagli attuali cinquanta a quaranta anni.

Le disposizioni di coordinamento e la disciplina transitoria.

      Gli articoli 6, 10, 14, 18, 22, 24 e 27 recano tutti disposizioni necessarie al coordinamento tra le modifiche apportate dal progetto di legge e le restanti parti del testo costituzionale.
      Va in particolare segnalato l'articolo 24, che sostituisce il primo comma dell'articolo 126 della Costituzione, relativo allo scioglimento dei Consigli regionali e alla rimozione dei Presidenti delle giunte regionali per atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o per ragioni di sicurezza pubblica. Il testo vigente richiede che il decreto motivato di scioglimento sia adottato dal Presidente della Repubblica «sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica». Tenuto conto della composizione del Senato federale, in cui le istanze regionali trovano diretta espressione, la previsione costituzionale di tale Commissione – si tratta della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 

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– è apparsa superflua; si prevede pertanto che il parere sia reso dai Presidenti delle due Camere.
      Gli ultimi due articoli del progetto di legge costituzionale recano la disciplina transitoria necessaria per condurre a regime la riforma costituzionale. Tale disciplina dovrà naturalmente essere adeguata in relazione alle eventuali ulteriori modifiche che l'Assemblea riterrà di apportare al testo.
      L'articolo 28, al comma 1, prevede che le disposizioni introdotte dalla legge costituzionale trovino applicazione a decorrere dalla legislatura successiva a quella in corso «e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere». Quest'ultimo inciso mira a chiarire che, fin dall'entrata in vigore della legge costituzionale, dovranno tempestivamente essere predisposti gli strumenti legislativi necessari alla sua successiva operatività, con particolare riguardo:

          alle modifiche alla disciplina per l'elezione della Camera dei deputati necessarie per tenere conto della riduzione del numero dei deputati e dell'abbassamento della soglia di età per l'attribuzione dell'elettorato passivo;

          all'adozione della legge statale che detti le modalità di elezione del Senato federale della Repubblica;

          all'adozione della legge dello Stato e della successiva disciplina regionale atta a definire le nuove modalità di formazione e composizione dei consigli delle autonomie locali.

      La disciplina elettorale dovrà essere approvata – secondo quanto dispone il comma 3 dell'articolo – entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale.
      Il comma 2 disciplina la prima elezione del Senato federale della Repubblica: questa avrà luogo contestualmente all'elezione della Camera dei deputati (anch'essa nella nuova composizione) al termine della corrente legislatura, ad opera dei consigli regionali in carica. Nelle regioni i cui consigli risultassero sciolti a tale data, l'elezione sarebbe differita per essere effettuata dal consiglio neoeletto. I senatori così eletti resteranno in carica sino al rinnovo dei rispettivi consigli regionali.
      I consigli delle autonomie locali provvederanno ad eleggere i senatori di propria competenza solo quando saranno ricostituiti in conformità ai princìpi uniformi di composizione definiti con legge dello Stato; fino ad allora anche l'elezione di tali senatori sarà effettuata dai consigli regionali.
      L'articolo 29 reca una «clausola di salvaguardia» per le regioni a statuto speciale, la cui formulazione è del tutto simile a quella di cui all'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. Essa prevede che, fino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia (da effettuare con legge costituzionale), le disposizioni introdotte dalla legge costituzionale si applichino anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.

La riduzione delle province.

      Gli articoli 20 e 26 della proposta di legge costituzionale modificano rispettivamente gli articoli 114 e 133 della Costituzione, sopprimendo le province con popolazione inferiore a 500.000 abitanti. Le modifiche costituzionali avanzate sembrano un buon punto di incontro tra le diverse proposte e impostazioni culturali.
      Con esse: a) si conservano le province nella Costituzione ma ne viene molto ridotto il numero (ne sono soppresse 77), per via del limite dimensionale introdotto con riferimento alla popolazione; b) è affidata alla legge dello Stato la nuova disciplina delle funzioni, sulla base di una governance fondata sul coordinamento dei comuni. Ciò determina un effetto coerente con il proposito di alleggerire il multi level government all'italiana ma anche il riconoscimento, attraverso la legge ordinaria, di una trasformazione in senso funzionale (e non entificato) del governo di area

 

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vasta, sulla base del principio costituzionale di sussidiarietà (verticale).

Modifica all'articolo 68 della Costituzione in materia di garanzie dei parlamentari.

      Di recente è tornato di attualità il dibattito sulla riforma dell'immunità parlamentare o, meglio, delle garanzie per i parlamentari, ai sensi dell'articolo 68 della Costituzione, nei confronti dell'esercizio dell'azione penale da parte della magistratura.
      La questione, com’è noto, era già stata affrontata dal Parlamento con la riforma legislativa del 1993 (legge costituzionale 29 ottobre 1993, n. 3) che ha soppresso, in sostanza, l'autorizzazione a procedere, delineando il seguente regime di garanzie:

          a) insindacabilità delle opinioni espresse (intra moenia ed extra moenia) nell'esercizio della funzione parlamentare;

          b) libero esercizio dell'azione penale (ossia senza preventiva autorizzazione) da parte della magistratura nei confronti di parlamentari;

          c) obbligo di richiedere la preventiva autorizzazione alla Camera di appartenenza per l'applicazione di misure restrittive della libertà di particolare intensità e in particolare per gli arresti, fuori dai casi di flagranza di reato, per le perquisizioni e le intercettazioni telefoniche.

      Si tratta, com’è agevole rilevare, di un regime normativo complesso ed equilibrato che tende a conciliare il principio costituzionale di eguaglianza dinanzi alla legge, che in uno Stato di diritto non ammette deroghe immotivate, con alcune specifiche guarentigie accordate ai parlamentari in ossequio a un'antica tradizione e alla concreta necessità di salvaguardare l'autonomia e la libertà del potere legislativo dinanzi a eventuali abusi da parte di altri poteri.
      Sulla base dell'esperienza e della prassi attuativa, sono state avvertite, a riguardo, limitate esigenze di specificazione dell'impianto costituzionale per meglio precisare alcuni profili applicativi: per esempio, in materia di insindacabilità delle opinioni espresse dal parlamentare ci si interroga ormai frequentemente circa i casi in cui in concreto ricorra l'esercizio della funzione parlamentare e i casi in cui, invece, l'opinione lesiva di diritti altrui non può dirsi scriminata dall'insindacabilità.
      E ancora, con riferimento al secondo comma dell'articolo 68 della Costituzione, ci si chiede talvolta se l'autorizzazione debba riguardare solo le restrizioni delle libertà personali classiche o non anche altre (ad esempio misure cautelari quali la sospensione dagli uffici).
      Vi sono poi esigenze di natura procedurale: ad esempio, l'opportunità di regolamentare i tempi della pronuncia dell'insindacabilità per evitare, per intuibili ragioni di economia processuale, ma anche di depotenziamento del conflitto tra poteri, che tale pronuncia intervenga in una fase molto avanzata del processo (ad esempio dopo la condanna di primo grado o di appello). Ci si è chiesto poi, con riferimento alle cosiddette «intercettazioni indirette», nelle quali compaiano notizie derivanti da parlamentari non oggetto di intercettazione, quale debba essere la sorte di tali verbali.
      Risposte parziali a tali quesiti sono state date con la legge n. 140 del 2003, attuativa dell'articolo 68 della Costituzione, e con la sentenza della Corte costituzionale n. 390 del 2007, in materia di piena utilizzazione delle cosiddette «intercettazioni indirette» nei confronti di non parlamentari.
      Ma la stessa legge n. 140 del 2003, all'articolo 1, aveva previsto il cosiddetto «lodo» per le alte cariche dello Stato stabilendo che:
      «1. Non possono essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime: il Presidente della Repubblica, salvo quanto previsto dall'articolo 90 della Costituzione, il Presidente del Senato della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati, il

 

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Presidente del Consiglio dei ministri, salvo quanto previsto dall'articolo 96 della Costituzione, il Presidente della Corte costituzionale.
      2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono sospesi, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, i processi penali in corso in ogni fase, stato o grado, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica o della funzione, fino alla cessazione delle medesime.
      3. Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti si applicano le disposizioni dell'articolo 159 del codice penale».

      Com’è noto la Corte costituzionale, con sentenza n. 24 del 2004, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, per violazione degli articoli 3 (principio di eguaglianza) e 24 (diritto di difesa) della Costituzione. Nell'occasione la Corte ha rilevato che «L'automatismo generalizzato della sospensione incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell'imputato, al quale è posta l'alternativa tra continuare a svolgere l'alto incarico sotto il peso di un'imputazione che, in ipotesi, può concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con la continuazione del processo, l'accertamento giudiziale che egli può ritenere a sé favorevole, rinunciando al godimento di un diritto costituzionalmente garantito (articolo 51 Costituzione). Ed è appena il caso di osservare che, in considerazione dell'interesse generale sotteso alle questioni di legittimità costituzionale, è ininfluente l'atteggiamento difensivo assunto dall'imputato nella concretezza del giudizio».
      A giudizio della Corte «sacrificato è altresì il diritto della parte civile la quale, anche ammessa la possibilità di trasferimento dell'azione in sede civile, deve soggiacere alla sospensione prevista dal comma 3 dell'articolo 75 del codice di procedura penale».
      Sotto il profilo della natura «generale, automatica e di durata non determinata della sospensione» la Corte ha osservato che «all'effettività dell'esercizio della giurisdizione non sono indifferenti i tempi del processo. Ancor prima che fosse espressamente sancito in Costituzione il principio della sua ragionevole durata (articolo 111, secondo comma), questa Corte aveva ritenuto che una stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabile vulnerasse il diritto di azione e di difesa (sentenza n. 354 del 1996) e che la possibilità di reiterate sospensioni ledesse il bene costituzionale dell'efficienza del processo (sentenza n. 353 del 1996)».
      È alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale che occorre considerare ogni nuova ipotesi di garanzia per le «alte cariche dello Stato» e per i parlamentari, ove la seconda ipotesi risulta largamente assorbente la prima.
      In sostanza, secondo la Corte, la guarentigia non può essere automatica e non può essere a tempo indeterminato.
      Ne discende altresì che essa debba essere posta con riforma di rango costituzionale, come conferma la più recente giurisprudenza costituzionale.
      Ed è su tale tema che insiste la presente proposta di legge costituzionale alla luce di alcune necessarie considerazioni di natura politica.
      In Italia la conflittualità tra potere politico e magistratura risulta tuttora altissima: ed è da questo conflitto che sorgono, in sede politica, le proposte di modifica dell'attuale sistema di garanzie.
      In particolare si sostiene, da parte di alcune forze politiche, che l'esistenza di processi penali che vedono imputati esponenti dell'attuale maggioranza e lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri determinerebbe un vulnus nell'assetto democratico del Paese, un tentativo di delegittimazione del voto liberamente espresso dal popolo; o peggio, si sostiene che l'esercizio dell'azione penale nei confronti di membri autorevoli del Parlamento e del Governo costituirebbe una sorta di «golpe» per via giudiziaria, un sovvertimento delle regole fondamentali della democrazia.
      Da tali tesi nascono le proposte oggetto di dibattito nel periodo più recente: da

 

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quella della sospensione dell'azione penale per determinati reati a quella della reintroduzione dell'autorizzazione preventiva a procedere, a quella di nuove garanzie per le «alte cariche dello Stato».
      Le proposte avanzate muovono tutte dalla asserita preoccupazione di esorcizzare il cosiddetto «golpe giudiziario» ossia il rischio che eventuali sentenze di condanna del Presidente del Consiglio dei ministri in carica e di altri esponenti di rilievo possano determinare un sovvertimento del risultato elettorale.
      Una preoccupazione per il vero molto enfatizzata e non condivisibile atteso che in ogni Stato di diritto il potere politico non è irresponsabile nei confronti della legge e che comunque anche l'ipotesi eventuale di una condanna di primo grado del Presidente del Consiglio dei ministri non può e non deve causare alcuna conseguenza sul legittimo risultato elettorale, in presenza del principio costituzionale di non colpevolezza fino alla sentenza definitiva. Ciò nonostante il dibattito sulla riforma del cosiddetto «sistema delle immunità parlamentari» muove da questa preoccupazione, talvolta espressa in modo ossessivo.
      Pur essendo convinti, come sostenuto, della sostanziale correttezza dell'attuale sistema delle garanzie delineato dall'articolo 68 della Costituzione, che merita attenzione ulteriore solo per talune questioni attuative, si ritiene utile avanzare una proposta di riforma dell'articolo 68 della Costituzione che tenga conto del dibattito in corso e della tesi, certamente non condivisa, secondo cui anche da un'eventuale condanna di primo grado del Presidente del Consiglio dei ministri in carica potrebbe derivare un vulnus per il governo e per la democrazia.
      Il Paese è dilaniato da un conflitto istituzionale e politico ormai insostenibile. Riteniamo necessario un atto di pacificazione affermando il principio di conciliazione tra politica e giustizia.
      L'articolo 7, modificando l'articolo 68 della Costituzione, si fa carico di tale preoccupazione e affida alla singola responsabilità del parlamentare, oggetto di azione penale, la richiesta al ramo del Parlamento di appartenenza, di sospensione dell'azione penale per l'intera legislatura corrente.
      Dunque, coerentemente con il rilievo della Corte, non si tratta di una misura automatica potenzialmente lesiva del diritto di difesa.
      La pronuncia della Camera, assunta con il criterio decisionale della maggioranza assoluta, determina la sospensione dell'azione penale e del processo, fatti salvi i termini di prescrizione, per l'intera legislatura in corso. Ne consegue che il processo riprenderà comunque al termine della legislatura anche in caso di rielezione.
      Inoltre, il testo proposto presenta due ulteriori peculiarità: la sospensione può essere richiesta solo dopo il rinvio a giudizio, nell'intento di non determinare pregiudizio alla fase delle indagini; la sospensione può riguardare per «stralcio» la posizione del singolo parlamentare ma non impedisce che il processo prosegua per altri eventuali coimputati.
      La norma costituzionale attualmente non prevede una tale rilevante differenziazione del regime processuale, pertanto si offre una soluzione equilibrata alle preoccupazioni innanzi richiamate di possibile «sovversione per via giudiziaria» del voto elettorale, ponendo al riparo dagli effetti processuali i parlamentari eletti e nel contempo garantendo che il processo possa comunque svolgersi senza compromettere in via definitiva le esigenze di giustizia.
      La norma proposta consente anche di delimitare l'influenza della situazione processuale sull'esercizio del mandato parlamentare o dell'eventuale incarico istituzionale di governo garantendo il pieno rispetto del voto popolare e differendo ad un tempo successivo, ma certo, le esigenze di giustizia.
      A riguardo, infatti, non possono essere condivise quelle soluzioni tese alla sospensione sine die del processo penale. Si avrebbe in tale ipotesi un'assoluta prevalenza del voto politico sulle esigenze di giustizia, determinando in pratica una sostanziale
 

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immunità, anche vitalizia, alterando il gioco e l'equilibrio dei valori costituzionali e dequalificando l'autorevolezza ed il prestigio stesso del Parlamento che verrebbe percepito come una sorta di rifugio degli impuniti.
      Una tale immunità assoluta, che porrebbe i parlamentari più volte eletti addirittura al di sopra o al di fuori della legge, non esiste peraltro in alcun ordinamento democratico straniero.
      La soluzione avanzata nella presente proposta di legge costituzionale tende invece a un corretto equilibrio tra le diverse esigenze, lasciando peraltro al parlamentare, secondo un approccio liberale, la facoltà di scelta circa il regime di garanzie applicabile, ossia se affrontare il processo nel corso della legislatura o differirne lo svolgimento alla successiva, chiarendo la propria posizione.
      La presente proposta di legge costituzionale intende offrire una soluzione ragionevole, equilibrata, responsabile, coerente con i princìpi costituzionali e con i ripetuti appelli del Capo dello Stato a evitare lo scontro tra politica e giustizia che determina grave danno al Paese.

Modifiche agli articoli 87 e 104 della Costituzione, in materia di nomina di un terzo dei componenti del Consiglio superiore della magistratura da parte del Presidente della Repubblica.

      Fin dalla sua configurazione con la legge 24 marzo 1958, n. 195, cui hanno fatto seguito numerose modifiche, il Consiglio superiore della magistratura (CSM) è l'organo di autogoverno della magistratura la cui disciplina, com’è noto, trova origine, innanzitutto, nell'articolo 104 della Costituzione.
      Dal complesso delle disposizioni costituzionali, dalla dottrina prevalente e dalla stessa giurisprudenza costituzionale emerge che la principale funzione del CSM è quella di garantire l'indipendenza della magistratura attraverso atti che hanno diversa natura giuridica ma che in larga parte sono ricorribili davanti alla giurisdizione del giudice amministrativo.
      Gli interventi legislativi più recenti hanno riguardato la modifica delle regole elettorali e, fatto rilevante, la tipizzazione degli illeciti disciplinari, essenziale punto di riferimento per l'esercizio del potere disciplinare.
      Il CSM ha svolto storicamente un ruolo di assoluto rilievo nell'esercizio dei compiti ordinamentali a esso affidati.
      Negli anni recenti si è tuttavia sviluppato in Italia, a seguito della stagione delle inchieste giudiziarie su «Tangentopoli», un diffuso conflitto tra politica e magistratura, che ha assunto connotati diversi, ma che ha prodotto un'indiscutibile e preoccupante lacerazione delle relazioni istituzionali.
      Si sono registrate ingerenze oggettive su processi in corso e, d'altro canto, non sono mancate iniziative giudiziarie, non sempre fondate, che hanno prodotto mutamenti politici rilevanti nei confronti degli organi politici elettivi.
      Gli esempi sono ormai numerosi e significativi in un senso e nell'altro.
      Nell'ordinamento democratico, fondato sulla Costituzione, il principio di legalità deve ispirare ogni azione e ciò deve valere in primo luogo per chi amministra la cosa pubblica.
      L'abolizione dell'istituto dell'autorizzazione a procedere nel 1993 (attuata con la modifica dell'articolo 68 della Costituzione da parte della legge costituzionale n. 3 del 1993) ha consentito una più ampia libertà di indagine nei confronti dei parlamentari.
      Parallelamente si è diffusa la prassi della pubblicazione anticipata, sui giornali e sulle televisioni, dei contenuti delle intercettazioni, anche prima del vaglio della rilevanza penale di esse da parte del giudice, attraverso fughe di notizie che restano sempre impunite.
      Le cronache segnalano, inoltre, casi frequenti di errori giudiziari o di malfunzionamento della giustizia a causa di condotte soggettive che si aggiungono ad aggravare i problemi storici del «servizio giustizia» in Italia.

 

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      Per entrambi tali profili si è ormai diffusa la convinzione nel Paese che la complessità dei temi della gestione della giustizia e l'accresciuto potere di incidenza della magistratura nell'arena politica debbano comportare una maggiore integrazione istituzionale della magistratura attraverso una modifica della composizione dell'organo di autogoverno che è il CSM.
      Restano immutate le prerogative e le funzioni del CSM a garanzia dell'indipendenza della magistratura. Ma al fine di accrescere l'autorevolezza e di ridurre gli effetti perversi del «correntismo» nella stessa magistratura, da più parti riconosciuti, è utile proporre una diversa composizione del Consiglio riducendo da due terzi a un terzo la quota dei componenti direttamente eletti dalla magistratura e attribuendo al Capo dello Stato, che del CSM è il Presidente ai sensi della Costituzione, il potere di nominare un terzo dei componenti tra coloro che hanno esercitato altissime cariche nelle istituzioni e nella magistratura e che godono di una posizione di indipendenza.
      Si propone pertanto che il Presidente della Repubblica nomini tali componenti tra coloro che hanno già esercitato la carica di Presidente delle Camere, di Presidente della Corte costituzionale, di Presidente o di Procuratore generale della Corte di cassazione, di Presidente del Consiglio di Stato o di Presidente della Corte dei conti.
      La soluzione proposta appare coerente con i compiti che la Costituzione affida al CSM e tale da rafforzarne il prestigio nell'ordinamento democratico.

Le modifiche delle competenze legislative del titolo V della Costituzione e l'interesse nazionale.

      La modifica del titolo V della Costituzione ha, com’è noto, inciso profondamente sul quadro delle competenze legislative, sollevando critiche cospicue nella dottrina giuspubblicistica.
      Noi proponiamo modifiche all'articolo 117 della Costituzione, alla luce dell'esperienza, con un testo sostanzialmente analogo a quello presentato dal centrodestra con la cosiddetta riforma della «devolution». È del tutto logico riportare alla competenza dello Stato materie come la sicurezza del lavoro, le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione, l'ordinamento sportivo nazionale, la produzione strategica, trasporto e distribuzione dell'energia, ed è parimenti logico riportare nella legislazione concorrente la materia del turismo che oggi è di competenza esclusiva delle regioni, secondo un modello di turismo delle piccole patrie che ostacola la governance e disperde risorse.
      È chiaro che, nei settori indicati, occorrono politiche nazionali, non stataliste, in grado di orientare e di rendere più competitivo il sistema Paese, superando l'attuale frammentazione. Allo stesso intento risponde la proposta di reintrodurre la nozione di «interesse nazionale della Repubblica», già avanzato dal centrodestra nella proposta di riforma costituzionale del 2005.
      Si tratta di ipotesi eccezionale, dunque non lesiva delle ordinarie prerogative delle regioni, che peraltro alleggerisce il pesante ruolo «arbitrale» della Corte costituzionale, giudice unico dei conflitti, e induce a un'interpretazione sostanziale ed effettiva del principio di leale collaborazione nella ricerca dell'interesse nazionale.
      La presente proposta di legge costituzionale affronta con coraggio ed equilibrio i temi della modernizzazione istituzionale, sulla base dei lavori dell'ultimo decennio e dei suoi esiti più maturi e condivisi. Essa è aperta ai contributi e ai miglioramenti provenienti da tutti i gruppi parlamentari, nello spirito delle larghe intese necessario per le riforme costituzionali e, a nostro avviso, anche per un governo autorevole del nostro Paese.

 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. Al primo comma dell'articolo 55 della Costituzione, le parole: «Senato della Repubblica» sono sostituite dalle seguenti: «Senato federale della Repubblica».

Art. 2.

      1. Il secondo comma dell'articolo 56 della Costituzione è sostituito dal seguente: «Il numero dei deputati è di cinquecento, oltre a dodici deputati eletti nella circoscrizione Estero».
      2. Al terzo comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «venticinque» è sostituita dalla seguente: «diciotto».
      3. Al quarto comma dell'articolo 56 della Costituzione, la parola: «seicentodiciotto» è sostituita dalla seguente: «cinquecento».

Art. 3.

      1. L'articolo 57 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 57. – Il Senato federale della Repubblica è eletto, secondo modalità stabilite dalla legge, su base regionale, salvi sei seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
      In ciascuna Regione i senatori sono eletti dal Consiglio regionale, al proprio interno, e dal Consiglio delle autonomie locali tra i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane.
      Il Consiglio regionale elegge, con voto limitato:

          cinque senatori nelle Regioni con popolazione fino a un milione di abitanti;

          sette senatori nelle Regioni con più di un milione di abitanti e fino a tre milioni;

 

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          nove senatori nelle Regioni con più di tre milioni di abitanti e fino a cinque milioni;

          dieci senatori nelle Regioni con più di cinque milioni di abitanti e fino a sette milioni;

          dodici senatori nelle Regioni con più di sette milioni di abitanti.

      I Consigli regionali della Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste e del Molise eleggono un senatore per ciascuna Regione; i Consigli provinciali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono, con voto limitato, due senatori per ciascuna provincia.
      In ciascuna Regione il Consiglio delle autonomie locali elegge:

          un senatore nelle Regioni con popolazione fino a un milione di abitanti;

          due senatori nelle Regioni con più di un milione di abitanti, con voto limitato.

      I Consigli delle autonomie locali delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol eleggono un senatore per ciascuna provincia.
      L'elezione ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del Consiglio regionale o delle Province autonome della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol».

Art. 4.

      1. L'articolo 58 della Costituzione è abrogato.

Art. 5.

      1. L'articolo 60 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 60. – La Camera dei deputati è eletta per cinque anni.
      I senatori eletti in ciascuna Regione e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano rimangono in carica fino alla data della proclamazione dei nuovi senatori

 

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della medesima Regione o Provincia autonoma.
      La durata della Camera dei deputati, di ciascun Consiglio regionale e dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano non può essere prorogata se non per legge dello Stato e soltanto in caso di guerra. Con la proroga di ciascun Consiglio regionale o dei Consigli delle Province autonome di Trento e di Bolzano è prorogato anche il mandato dei senatori in carica».

Art. 6.

      1. L'articolo 61 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 61. – L'elezione della nuova Camera dei deputati ha luogo entro settanta giorni dalla fine della precedente. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dall'elezione.
      Finché non sia riunita la nuova Camera dei deputati sono prorogati i poteri della precedente».

      2. All'articolo 63, primo comma, della Costituzione, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il Regolamento del Senato federale della Repubblica disciplina le modalità di rinnovo dell'Ufficio di Presidenza».

Art. 7.

      1. All'articolo 68 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Il membro del Parlamento rinviato a giudizio in un processo penale, con esclusione dei casi di flagranza di reato, può chiedere che sia deliberata dalla Camera alla quale appartiene, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, la sospensione del processo nei suoi soli confronti per la durata della legislatura in corso, salvi i termini di prescrizione. Il processo riprende comunque al termine del mandato anche in caso di rielezione».

 

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Art. 8.

      1. L'articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 70. – La funzione legislativa dello Stato è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato federale della Repubblica nei seguenti casi:

          a) leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali;

          b) leggi in materia elettorale;

          c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane;

          d) leggi concernenti l'esercizio delle competenze legislative dello Stato indicate negli articoli 114, terzo comma; 116, terzo comma; 117, commi quinto e nono; 120, secondo comma; 122, primo comma; 123, quinto comma; 132, secondo comma, e 133, primo comma;

          e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza;

          f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.

      Il Presidente della Camera dei deputati e il Presidente del Senato federale della Repubblica, d'intesa tra loro, individuano al fine dell'assegnazione Camera dei deputati, che delibera in via esclusiva, i disegni di legge che hanno lo scopo di determinare i princìpi fondamentali nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma.
      In tutti gli altri casi, dopo l'approvazione da parte della Camera dei deputati, i disegni di legge sono trasmessi al Senato federale della Repubblica che, entro trenta giorni, su richiesta di un quinto dei suoi

 

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componenti, può approvare modifiche sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Se le modifiche approvate riguardano le materie di cui all'articolo 118, commi secondo e terzo, o 119, commi terzo, quinto e sesto, la Camera può ulteriormente modificarle o respingerle solo a maggioranza assoluta dei propri componenti. Qualora il Senato federale non approvi modifiche entro il termine previsto, la legge può essere promulgata. Il termine è ridotto della metà per i disegni di legge di conversione dei decreti emanati ai sensi dell'articolo 77».

Art. 9.

      1. All'articolo 72 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Il Governo può chiedere che un disegno di legge sia iscritto con priorità all'ordine del giorno di ciascuna Camera e sia votato entro una data determinata, nei limiti e secondo le modalità stabiliti dai Regolamenti. Il termine deve in ogni caso consentire un adeguato esame del disegno di legge».

Art. 10.

      1. Il secondo comma dell'articolo 73 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Se la Camera dei deputati o, per i disegni di legge previsti dal primo comma dell'articolo 70, entrambe le Camere, ne dichiarano l'urgenza a maggioranza assoluta dei componenti, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito».

Art. 11.

      1. Il quarto comma dell'articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «La proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi in misura comunque non inferiore al trenta per cento degli aventi diritto».

 

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Art. 12.

      1. All'articolo 76 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «Gli schemi dei decreti legislativi, predisposti dal Governo, sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti».

Art. 13.

      1. L'articolo 77 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 77. – Fatta eccezione per quanto previsto dall'articolo 76, il Governo non può emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
      Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere, che si riuniscono entro cinque giorni. La Camera dei deputati, anche se sciolta, è appositamente convocata.
      I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Si possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.
      Il Governo non può, mediante decreto, rinnovare disposizioni di decreti non convertiti in legge, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, conferire deleghe legislative, attribuire poteri regolamentari in materie già disciplinate con legge.
      Al procedimento di conversione si applica la disciplina di cui all'articolo 70».

Art. 14.

      1. Al primo comma dell'articolo 79 della Costituzione, le parole: «di ciascuna Camera» sono sostituite dalle seguenti: «della Camera dei deputati».

 

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      2. All'articolo 80 della Costituzione, le parole: «Le Camere autorizzano» sono sostituite dalle seguenti: «È autorizzata».
      3. Il primo comma dell'articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Sono approvati ogni anno con legge i bilanci e il rendiconto consuntivo dello Stato presentati dal Governo».

Art. 15.

      1. Il secondo comma dell'articolo 83 della Costituzione è abrogato.
      2. Al primo comma dell'articolo 84 della Costituzione, le parole: «cinquanta anni» sono sostituite dalle seguenti: «quaranta anni».
      3. L'articolo 85 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 85. – Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
      Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
      Se la Camera dei deputati è sciolta, o manca meno di tre mesi alla sua cessazione, l'elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione della nuova Camera. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica».

      4. L'articolo 86 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 86. – Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente della Camera dei deputati.
      In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggiore termine previsto se la Camera è sciolta o manca meno di tre mesi alla sua cessazione».

 

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      5. All'articolo 87 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al terzo comma, le parole: «delle nuove Camere» sono sostituite dalle seguenti: «della nuova Camera dei deputati»;

          b) l'ottavo comma è sostituito dal seguente:
      «Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione con legge».

      6. Il primo comma dell'articolo 88 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati».

Art. 16.

      1. Il secondo comma dell'articolo 92 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Il Presidente della Repubblica, valutati i risultati delle elezioni per la Camera dei deputati, nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, nomina e revoca i ministri».

Art. 17.

      1. L'articolo 94 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Art. 94. – Il Presidente del Consiglio dei ministri deve avere la fiducia della Camera dei deputati.
      La Camera dei deputati accorda e revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
      Entro dieci giorni dalla formazione del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri presenta il Governo alla Camera dei deputati per ottenerne la fiducia.
      Il voto contrario della Camera dei deputati su una proposta del Governo non importa obbligo di dimissioni.

 

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      La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un terzo dei componenti della Camera dei deputati, non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione ed è approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
      La mozione di sfiducia può essere costruttiva ove, con le modalità stabilite dal presente articolo, indichi un programma e un candidato Presidente del Consiglio dei ministri, ai fini di quanto previsto dall'articolo 92».

Art. 18.

      1. All'articolo 96 della Costituzione, le parole: «Senato della Repubblica» sono sostituite dalle seguenti: «Senato federale della Repubblica».

Art. 19.

      1. Il quarto comma dell'articolo 104 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Gli altri componenti per un terzo sono eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, per un terzo sono eletti dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio e per un terzo sono nominati dal Presidente della Repubblica tra coloro che hanno esercitato la carica di Presidente di una delle Camere, di Presidente della Corte costituzionale, di Presidente o di Procuratore generale della Corte di cassazione, di Presidente del Consiglio di Stato o di Presidente della Corte dei conti».

      2. Al decimo comma dell'articolo 87 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e ne nomina un terzo dei componenti non di diritto».

 

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Art. 20.

      1. Al primo comma dell'articolo 114 della Costituzione, dopo la parola: «Province» sono inserite le seguenti: «che devono avere una popolazione non inferiore a 500.000 abitanti».

Art. 21.

      1. Al secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera o) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; sicurezza del lavoro;»;

          b) alla lettera p) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; ordinamento della capitale;»;

          c) dopo la lettera s) sono aggiunte le seguenti:

          «s-bis) grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza;

          s-ter) ordinamento della comunicazione;

          s-quater) ordinamento delle professioni intellettuali; ordinamento sportivo nazionale;

          s-quinquies) produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionali dell'energia».

      2. Al primo periodo del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) le parole: «e sicurezza» sono soppresse;

          b) le parole: «tutela della salute;» sono soppresse;

          c) dopo le parole: «ordinamento sportivo» è inserita la seguente: «regionale»;

 

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          d) le parole: «grandi reti di trasporto e di navigazione» sono sostituite dalle seguenti: «reti di trasporto e di navigazione»;

          e) le parole: «ordinamento della comunicazione» sono sostituite dalle seguenti: «comunicazione di interesse regionale, ivi compresa l'emittenza in ambito regionale; promozione in ambito regionale dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche»;

          f) le parole: «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» sono sostituite dalle seguenti: «produzione, trasporto e distribuzione dell'energia»;

          g) le parole: «casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale» sono sostituite dalle seguenti: «istituti di credito a carattere regionale;»;

          h) è aggiunta, in fine, la seguente parola: «; turismo».

Art. 22.

      1. Al secondo comma dell'articolo 122 della Costituzione, le parole: «ad una delle Camere del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «alla Camera dei deputati».

Art. 23.

      1. All'articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «La legge dello Stato determina i principî fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle autonomie locali».

Art. 24.

      1. Il primo comma dell'articolo 126 della Costituzione è sostituito dal seguente:
      «Con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentiti i Presidenti delle

 

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Camere, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale».

Art. 25.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 127 della Costituzione è inserito il seguente:
      «Il Governo, qualora ritenga che una legge regionale o parte di essa pregiudichi l'interesse nazionale della Repubblica, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione invita la Regione a rimuovere le disposizioni pregiudizievoli. Qualora entro i successivi quindici giorni il Consiglio regionale non rimuova la causa del pregiudizio, il Governo, entro gli ulteriori quindici giorni, sottopone la questione al Parlamento in seduta comune che, entro gli ulteriori quindici giorni, con deliberazione adottata a maggioranza assoluta dei propri componenti, può annullare la legge o sue disposizioni. Il Presidente della Repubblica, entro i successivi dieci giorni, emana il conseguente decreto di annullamento».

Art. 26.

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 133 della Costituzione è inserito il seguente:
      «La soppressione delle Provincie, nel rispetto del limite dimensionale di cui all'articolo 114, è decisa con legge dello Stato che disciplina l'organizzazione delle funzioni tramite forme di coordinamento dei Comuni, sulla base dei principî di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza ed economicità dell'esercizio».

 

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Art. 27.

      1. Al settimo comma dell'articolo 135 della Costituzione, la parola: «senatore» è sostituita dalla seguente: «deputato».

Art. 28.

      1. Le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano a decorrere dalla prima legislatura successiva a quella in corso alla data della sua entrata in vigore e con riferimento alle relative elezioni delle due Camere.
      2. In sede di prima applicazione, l'elezione del Senato federale della Repubblica ai sensi dell'articolo 57 della Costituzione, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge costituzionale, ha luogo contestualmente all'elezione della Camera dei deputati nella composizione di cui all'articolo 56 della Costituzione, come modificato dall'articolo 2 della presente legge costituzionale. Ciascun Consiglio regionale, i Consigli provinciali delle province autonome di Trento e di Bolzano e ciascun consiglio delle autonomie locali eleggono i rispettivi senatori entro venti giorni dalla data di svolgimento dell'elezione della Camera dei deputati. Nel caso in cui a tale data sia già stata indetta l'elezione per il rinnovo di un Consiglio regionale o di provincia autonoma, l'elezione dei rispettivi senatori ha luogo entro trenta giorni dalla prima riunione del nuovo Consiglio.
      3. Le leggi di cui agli articoli 57, primo comma, e 123, quinto comma, della Costituzione, come modificati dalla presente legge costituzionale, sono approvate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale. Fino alla costituzione del consiglio delle autonomie locali, i senatori di cui all'articolo 57, quinto e sesto comma, della Costituzione, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge costituzionale, sono eletti in ciascuna regione o provincia autonoma dal rispettivo Consiglio regionale o provinciale.

 

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Art. 29.

      1. Fino all'adeguamento dei rispettivi statuti di autonomia, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.


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