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PDL 4181

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4181



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
CAVALLOTTO, ALLASIA, BUONANNO, FOGLIATO, PASTORE, SIMONETTI, TOGNI

Modifica all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in materia di riconoscimento, tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico, risorgimentale, letterario e filologico della lingua regionale piemontese

Presentata il 15 marzo 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — Nella risoluzione adottata il 16 marzo 1998 il Consiglio d'Europa afferma, nel preambolo della «Carta europea delle lingue regionali o minoritarie», fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, «il diritto imprescrittibile delle popolazioni ad esprimersi nelle loro lingue regionali o minoritarie nell'ambito della loro vita privata e sociale». Ne consegue che «la difesa e il rafforzamento delle lingue regionali o minoritarie nei vari paesi e nelle varie regioni d'Europa rappresentano un contributo importante all'edificazione di un'Europa basata sui princìpi di democrazia e di diversità culturale».
      Un rafforzamento di tale principio è stato ribadito il 13 dicembre 2001 alla fine dell'Anno europeo delle lingue, quando il Parlamento europeo approvò una risoluzione in cui si raccomandava di adottare misure atte a promuovere le diversità linguistiche presenti nell'Unione europea.
      In linea con la politica europea lo Stato italiano, con la legge 15 dicembre 1999, n. 482, recante «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche», ha riconosciuto dodici lingue da tutelare e da valorizzare, escludendo però irragionevolmente la lingua piemontese, riconosciuta tra le lingue minoritarie europee fin dal 1981 (rapporto n. 4745 del Consiglio d'Europa) e censita dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) tra le lingue meritevoli di tutela.
      La regione Piemonte aveva riconosciuto l'importanza della propria lingua storica
 

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con l'approvazione della legge regionale 10 aprile 1990, n. 26, recante «Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte», modificata successivamente dalla legge regionale 17 giugno 1997, n. 37, e da diversi ordini del giorno del consiglio regionale nella VI legislatura (n. 799 del 18 giugno 1998, n. 812 del 7 luglio 1998 e n. 1077 del 12 ottobre 1999). La regione Piemonte ha poi approvato la legge 7 aprile 2009, n. 11, recante «Tutela, valorizzazione e promozione del patrimonio linguistico del Piemonte», che ha abrogato la citata legge n. 26 del 1990, fatta salva l'erogazione dei contributi ivi previsti.
      Il consiglio regionale del Piemonte ha approvato il 15 dicembre 1999 l'ordine del giorno n. 1118 che riconosce il piemontese, tuttora parlato come prima lingua da due milioni e mezzo di persone nel solo Piemonte, «lingua regionale del Piemonte».
      Lo Stato italiano non ha ancora ritenuto di valorizzare e di riconoscere la lingua piemontese tra le lingue regionali e minoritarie legalmente riconosciute ma, considerata la storia di tale idioma, appare opportuno riconoscere alla lingua piemontese la valenza di minoranza linguistica storica.
      La lingua piemontese fa parte delle lingue romanze e ha un'identità ben distinta rispetto alle altre lingue di questa famiglia. Dalla matrice comune del latino parlato in questa parte della Gallia Subalpina, con residui dalle precedenti parlate liguri e celtiche e con l'innesto posteriore di qualche elemento delle dominazioni gotica e longobarda e più tardi franca, si è configurata la lingua piemontese.
      La lingua piemontese costituisce una koinè, una comune lingua regionale e non un dialetto municipale. Tale koinè si venne fissando sulla base del dialetto di Torino, ampliato e arricchito da apporti di altre parlate (comprese quelle gallo-romanze e l'italiano), fu usata normalmente anche a corte, in epoca sabauda dalla fine del seicento in poi, e la prima codificazione di una norma scritta risale alla Gramatica piemontese (1783) del medico Maurizio Pipino. La validità della lingua piemontese comune si estende tuttora almeno alle province di Torino, Cuneo, Asti, Vercelli e Biella nella loro interezza. In esse le poche migliaia di parlanti il franco-provenzale o il provenzale sono tutti in grado di parlare correntemente anche la lingua piemontese, di cui in passato era comune la competenza attiva anche da parte di molti liguri e nizzardi, in parte perché veicolato dall'esercito sabaudo e dall'amministrazione. Tale competenza si riscontra tuttora in parte della Valle d'Aosta, dove era in passato generalizzata.
      La lingua piemontese ha attestazioni scritte molto antiche, a cominciare da una singolare raccolta di prediche in volgare, i Sermoni subalpini, risalenti alla fine del XII secolo, che sono probabilmente anteriori alle più antiche testimonianze dell'uso di Firenze (i conti dei banchieri fiorentini sono del 1211) e sono più estesi e senza dubbio più importanti dal punto di vista culturale.
      Esempio di poesia civile e di satira politica è nei vigorosi accenti del medico Edoardo Ignazio Calvo, sul finire dell'ottocento, che ascolterà più tardi gli infiammati appelli di Angelo Brofferio e di Norberto Rosa per il Risorgimento italiano.
      Nel secondo ottocento si assiste, inoltre, a un fenomeno forse unico in Italia: la nascita di molti giornali in lingua regionale. Pochi, purtroppo, sono gli esemplari sopravvissuti all'usura del tempo, comprensibilmente se si pensa all'uso che si faceva della carta, e tutte le testate sono diventate rare o rarissime o addirittura introvabili.
      Il teatro sociale in lingua piemontese, in epoca risorgimentale, ci ha dato più di milleduecento opere teatrali, attestando una coscienza civile e un'avvertenza dei problemi delle classi lavoratrici cittadine e contadine che invano cercheremmo a quell'epoca in lingua nazionale.
      La lingua piemontese è stata lingua di lavoro e di commercio, di scienza e di letteratura, di teatro e di liturgia, ma
 

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soprattutto lingua di Stato per otto secoli. Nel novecento, inoltre, si è sviluppata una prosa critica e scientifica di livello assai elevato.
      Il parlare piemontese non comporta oggi alcuno stigma, come avviene invece in molte altre parti d'Italia in cui l'uso del dialetto dichiara una collocazione culturalmente ed economicamente inferiore. In Piemonte chi si esprime in lingua piemontese non solo non viene socialmente penalizzato, ma, anzi, l'interlocutore risponde volentieri.
      La lingua piemontese presenta caratteri linguistici marcatamente diversi dall'italiano e gli abitanti delle restanti regioni, eccetto in parte quelle contigue, non sono in grado di capirlo né in forma orale né in forma scritta. Sono lampanti le affinità con il francese e con il provenzale.
      Pur essendosi affermata come comune lingua regionale, la lingua piemontese non ha causato la totale sparizione dei dialetti locali, molti ancora usati tra gli abitanti di un dato paese, che però si servono agevolmente della koinè nelle interazioni con parlanti non paesani.
      L'opposizione al riconoscimento della lingua piemontese quale lingua minoritaria non è dovuta a ragioni scientifiche ma a prese di posizione ideologiche, cieche alla realtà dei fatti e sorde alle istanze popolari prevalenti. Va inoltre sottolineato che la lingua piemontese è storicamente la lingua parlata di una nazione. Molti linguisti italiani si attardano su posizioni e pregiudizi vecchi, superati da tempo da illustri studiosi fuori l'Italia: valga a dimostrazione il fatto che il grande Lessico etimologico italiano, che prende in esame tutte le parlate non alloglotte d'Italia, è nato per iniziativa ed è tuttora diretto da uno studioso tedesco (e a studiosi stranieri si devono le principali grammatiche storiche italiane: Rohlfs e Tekavcic).
      La storia, la letteratura, la realtà socio-linguistica e la volontà politica dei piemontesi rendono inconcepibile e discriminatorio l'eventuale rifiuto di opportuni provvedimenti legislativi volti all'ecologia linguistica e al pieno riconoscimento della dignità della loro lingua. La prima lingua del primo Parlamento italiano non è solo proprietà dei piemontesi, ma è patrimonio storico di tutto il Paese e non tocca solo ai piemontesi difenderla e illustrarla, ma a tutti i popoli che compongono questa nazione, consci del loro passato, riconoscerla con le altre come lingua storica. I piemontesi hanno contribuito alla realizzazione di questo Paese con lo Statuto albertino, prima costituzione europea, con una maturità civica senza confronti in nessun'altra regione.
      Riteniamo che questa lingua, fondamento e pilastro risorgimentale, che ha contribuito alla nascita di questo Stato, meriti un riconoscimento che non intacca minimamente l'unicità e la viabilità della lingua nazionale, ma consacra la ricchezza spirituale e linguistica del nostro popolo, rendendolo finalmente partecipe della propria eredità.
      È dall'orgoglio per il proprio passato che si ricava la forza per affrontare il presente. E dal ritrovato amore per le lingue storiche che si ricava la volontà di riconoscere e di curare la lingua nazionale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
      «1-bis. Le disposizioni della presente legge si applicano anche alla lingua regionale piemontese, costituente patrimonio risorgimentale, letterario e filologico inalienabile in Italia e all'estero».

      2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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