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PDL 3999

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3999



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PALADINI, PORCINO, ANIELLO FORMISANO

Interpretazione autentica dell'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, relativo al parametro di riferimento per la liquidazione delle pensioni ordinarie e degli assegni sostitutivi per i funzionari delle qualifiche ad esaurimento di cui all'articolo 60 del medesimo decreto

Presentata l'11 gennaio 2011


      

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Onorevoli Colleghi! — L'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, dispone testualmente che le pensioni ordinarie per i funzionari statali già appartenenti alle qualifiche di ispettore generale e di direttore di divisione o equiparate dei cosiddetti «ruoli ad esaurimento» vanno liquidate «sulla base del trattamento economico che sarebbe ad essi spettato se, all'atto della cessazione dal servizio, avessero conseguito l'inquadramento a primo dirigente», ora dirigente di seconda fascia.
      Nella fattispecie, si tratta di una norma speciale intesa a garantire un giusto risarcimento morale e materiale ai soggetti interessati che, pur appartenendo alla carriera direttiva e pur avendo svolto compiti non estranei all'area operativa della dirigenza (sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 19 giugno 1997), non vennero a suo tempo inquadrati, per carenza di posti disponibili, nelle corrispondenti qualifiche previste dall'articolo 59 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica, e furono quindi gravemente discriminati rispetto ai loro ex colleghi direttivi che conseguirono tale inquadramento solo grazie alla loro maggiore anzianità di servizio.
      La base retributiva da prendere in considerazione per il calcolo dell'importo pensionistico deve corrispondere alla sommatoria
 

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dei soli emolumenti di natura fissa e continuativa dell'ex primo dirigente, pari, cioè, al trattamento economico fondamentale spettante a quest'ultimo a prescindere dall'effettivo esercizio delle funzioni dirigenziali.
      La circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 12 del 24 ottobre 2000, che regola la materia sul piano amministrativo, pur avendo previsto che le pensioni in parola vanno commisurate, oltre che alla retribuzione individuale di anzianità (RIA) maturata al 30 novembre 1995, al predetto trattamento economico fondamentale, ha omesso di includere, tra le voci relative, la parte fissa o minima della retribuzione di posizione, che rappresenta, invece, una delle sue componenti strutturali, essendo corrisposta in misura uguale per tutti i dirigenti della medesima fascia (si veda la decisione del Consiglio di Stato n. 14 dell'11 dicembre 2006) e riconosciuta comunque a questi ultimi, perfino nei casi di aspettativa (si veda il parere del direttore dell'ufficio ruolo unico dirigenza n. 175-2003 del 5 giugno 2003) o durante i periodi in cui essi sono distaccati presso altra sede di servizio e sollevati dai propri compiti di direzione (si veda la lettera della Ragioneria generale dello Stato n. 64581 del 7 giugno 2002); peraltro, tale quota retributiva riproduce esattamente l'indennità di funzione dirigenziale di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, che fino al 30 novembre 1995 è stata regolarmente resa pensionabile in favore del personale di cui trattasi, a prescindere dall'effettivo esercizio di dette funzioni.
      Tale circolare – le cui direttive avevano già a suo tempo formato oggetto di fondate riserve da parte dell'Avvocatura generale dello Stato con lettera n. CS 19437/01-414 del 10 dicembre 2001 – viene tuttora duramente contestata dai rispettivi destinatari per gli effetti gravemente riduttivi da essa prodotti arbitrariamente sulla misura delle loro già esigue pensioni, a causa di un'applicazione della norma che le regola sul piano legislativo che appare distorta.
      A conferma della legittima collocazione della retribuzione di posizione di parte fissa o minima tra le voci del trattamento economico fondamentale dell'ex primo dirigente, si possono citare – oltre alle norme di contrattazione collettiva vigenti in materia: articolo 37, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) del 5 aprile 2001, biennio 1998/1999, e articolo 1, comma 2, del CCNL del 5 aprile 2001, biennio 2000/2001 – svariate altre fonti significative, tra cui principalmente:

          a) la deliberazione n. 2/2004/P del 26 febbraio 2004 con cui la sezione centrale di controllo di legittimità della Corte dei conti, traendo spunto dalle predette norme collettive, ha stabilito che la retribuzione di posizione è composta di due parti: «una parte fissa ascritta al trattamento fondamentale al pari dello stipendio e della RIA e di una parte variabile, ricompresa, così come la retribuzione di risultato, nel trattamento economico accessorio»;

          b) tredici sentenze emesse negli anni dal 2003 al 2007, dalle sezioni giurisdizionali della stessa Corte dei conti per le regioni Lazio, Lombardia, Abruzzo, Sardegna, Marche, Liguria, Molise e Toscana (una di esse ha anche riscosso il pieno assenso dell'Avvocatura generale dello Stato con lettera n. CS 24351/04 sezione 7 del 17 maggio 2004) in base alle quali i ricorrenti – tutti ex funzionari dei ruoli ad esaurimento – hanno visto accogliere le proprie istanze con il riconoscimento del diritto alla riliquidazione del loro trattamento di quiescenza con il computo nella base pensionabile della retribuzione di posizione di parte fissa o minima, proprio perché considerata elemento costitutivo del trattamento economico fondamentale del dirigente e non legata allo svolgimento delle funzioni dirigenziali;

          c) quattro sentenze emesse in precedenza dai Tribunali amministrativi regionali (TAR) del Lazio e della Liguria in cui è stato sostenuto che la retribuzione di posizione concorre a formare inscindibilmente il trattamento economico del dirigente,

 

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quale emolumento «fisso, continuativo, costante e generale» spettante al dirigente stesso «in ogni caso», anche soltanto per l'espletamento di «funzioni di studio o consulenza, ispettive o comunque non operative», funzioni, peraltro, attribuite al personale dei ruoli ad esaurimento ai sensi dell'articolo 25, comma 4, del decreto legislativo n. 29 del 1993, trasfuso nell'articolo 69, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001;

          d) la lettera della Ragioneria generale dello Stato n. 128654 del 24 agosto 1999 a firma Monorchio, che attribuisce al predetto emolumento le identiche caratteristiche di cui alla lettera c);

          e) le sentenze n. 31, n. 162 e n. 163 del 21 novembre 2008, emesse dalla terza sezione d'appello della Corte dei conti, con le quali viene espressamente dichiarato che la retribuzione di posizione è inclusa «per legge» nel trattamento economico fondamentale del personale dirigenziale;

          f) la più recente sentenza n. 93 del 24 novembre 2009 della sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Emilia-Romagna, esattamente conforme a quelle citate;

          g) la circolare n. 7/2008 del 17 luglio 2008 con cui lo stesso Dipartimento della funzione pubblica, nel disporre in ordine alle assenze per malattia dei pubblici dipendenti, ha espressamente dichiarato che tra le voci del trattamento economico fondamentale dei dirigenti rientra anche la retribuzione di posizione di parte fissa, contrariamente a quanto risulta dalla circolare in contestazione; del resto, appena pochi mesi dopo l'emanazione della circolare n. 12 del 2000 il Dipartimento della funzione pubblica, con lettera n. 2407/10/BC del 21 maggio 2001, aveva già modificato il proprio parere espresso nella circolare stessa, dichiarando di ravvisare nella retribuzione di posizione di parte fissa o minima «le caratteristiche del trattamento economico fisso corrisposto ai dirigenti a prescindere dalla posizione funzionale ricoperta» e di considerare tale quota minima «come parametro di riferimento economico spettante, ai fini pensionistici, al personale dei ruoli ad esaurimento».

      Lo stesso Dipartimento della funzione pubblica, con lettera n. 269/10/BC del 30 gennaio 2002, spinto dall'esigenza di assicurare al personale de quo il riconoscimento di un diritto da non ignorare, non mancò di assumere concrete iniziative ai fini di una revisione della contestata circolare, trasmettendo alla Ragioneria generale dello Stato – per il preventivo assenso – una «bozza» di circolare integrativa in cui veniva inserita, tra le voci del trattamento economico fondamentale del dirigente, la «retribuzione di posizione minima contrattualmente prevista», pari alla sua parte fissa; a sua volta, la Ragioneria generale dello Stato, con lettera n. 23330 del 1o marzo 2002, concordava pienamente con quanto prospettato dal Dipartimento della funzione pubblica, dichiarando, tra l'altro: «Invero, con la previsione – operata di recente dal CCNL 5 aprile 2001 – di una parte fissa e di una variabile nell'ambito della retribuzione di posizione, si può sostenere che solo la componente fissa, in quanto non strettamente correlata all'effettivo svolgimento delle funzioni dirigenziali, sembra assumere connotati propri più del trattamento economico fondamentale che di quello accessorio e, pertanto, possa ritenersi speculabile ai fini pensionistici in favore del personale interessato».
      Nonostante l'orientamento favorevole degli organi citati, detentori della massima competenza giuridico-amministrativa in materia, la circolare n. 12 del 2000 non fu modificata a causa di una posizione di rigido rifiuto da parte degli uffici centrali del Ministero dell'economia e delle finanze, che, richiamando alcune sentenze contrarie della magistratura contabile, sostennero che la retribuzione di posizione, anche nei suoi valori fissi o minimi, non poteva comunque essere resa pensionabile, neanche nei suoi valori fissi o minimi, nei confronti dei funzionari dei ruoli ad esaurimento, in quanto comunque connessa

 

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all'effettivo esercizio delle funzioni dirigenziali, conseguente all'inquadramento nei ruoli della dirigenza.
      Tale motivazione, peraltro ritenuta sostanzialmente infondata, appare di assai dubbia pertinenza alla fattispecie in esame, in quanto non tiene conto di un fattore di importanza determinante e, cioè, che il predetto articolo 73 fu introdotto nel testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 quale misura di salvaguardia diretta a compensare i funzionari dei ruoli ad esaurimento proprio del loro mancato inquadramento nei ruoli dirigenziali.
      Stante la grave difformità di giudizio esistente in materia sia sul piano amministrativo che su quello giurisdizionale, si è venuta a creare una grave e intollerabile discriminazione tra soggetti che, pur avendo rivestito durante la loro attività di servizio posizioni assolutamente identiche quanto a responsabilità e a livello qualitativo delle relative prestazioni, percepiscono trattamenti pensionistici differenziati a seconda di come la norma in questione – peraltro di facile lettura – viene di volta in volta interpretata da questo o da quel magistrato contabile o funzionario ministeriale.
      Tale discriminazione è ancora meno accettabile se si considera che mentre in base alla circolare n. 12 del 2000 i rispettivi destinatari continuano a percepire – da oltre dieci anni – una pensione di importo ridotto rispetto a quello dovuto per legge, un ben diverso trattamento viene invece già da molto tempo riservato, con il beneplacito degli stessi organi amministrativi responsabili, a talune particolari categorie privilegiate della stessa carriera direttiva dello Stato, quali, ad esempio, i funzionari direttivi di ragioneria in forza al Ministero dell'interno (si vedano la lettera della Ragioneria generale dello Stato n. 60911 del 3 ottobre 2002 e la lettera del Dipartimento della funzione pubblica n. 2936/10/BC del 29 ottobre 2002) e altri funzionari pubblici.
      Ciò non può che contrastare in maniera stridente con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione, come viene autorevolmente sostenuto con sentenza n. 1 dell'8-9 gennaio 1991 della Corte costituzionale che, nel dichiarare fondata la questione di legittimità sollevata dalla Corte dei conti in merito a una norma di natura pensionistica relativa ad alcuni alti funzionari dello Stato, ha espresso il concetto secondo cui la discriminazione che si determina agli effetti del trattamento di quiescenza, tra soggetti di identica posizione funzionale per avere prestato la medesima attività lavorativa configura un'evidente violazione dell'articolo 3 della Carta fondamentale.
      La questione è stata sollevata a diverse riprese dai deputati Di Pietro, Paladini, Pavia e Porcino dell'Italia dei Valori in questa legislatura (interpellanza urgente n. 2-00478; interrogazione a risposta scritta n. 4-05319 e interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03168).
      Le risposte dei membri del Governo sono state deludenti e non convincenti (Sottosegretario di Stato Craxi – 24 settembre 2009; Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Brunetta – 31 marzo 2010; Sottosegretario di Stato Viespoli – 20 luglio 2010).
      In particolare, con riferimento alla risposta ultima in ordine di tempo e anche la più «organica», quella del Sottosegretario di Stato Viespoli, dobbiamo sollevare una serie di obiezioni. Per maggiore chiarezza riportiamo innanzitutto la risposta di Viespoli:
      «Con riferimento all'interrogazione parlamentare presentata dall'onorevole Di Pietro, inerente l'inclusione della retribuzione di posizione nel trattamento economico fondamentale e quindi nella determinazione della pensione del personale del ruolo ad esaurimento, nel confermare quanto già reso noto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione in risposta all'interpellanza n. 2-00478, di medesimo contenuto, faccio presente quanto comunicato dal Ministero dell'economia e delle finanze, dall'INPDAP e dai competenti uffici dell'Amministrazione che rappresento.
      La disposizione di cui all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica
 

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n. 748 del 1972, che espressamente equipara, ai fini pensionistici, l'inquadramento dei predetti funzionari alla qualifica di primo dirigente – oggi corrispondente a quella di dirigente di seconda fascia – si riferisce, come chiarito dalla circolare del 24 ottobre 2000, n. 12, del Dipartimento della funzione pubblica, al solo trattamento economico fondamentale (stipendio tabellare e indennità integrativa speciale). Ciò alla luce delle norme che definiscono la struttura retributiva dei dirigenti pubblici, fondata sulla netta distinzione tra importi stipendiali ed emolumenti accessori, i primi determinati dall'inquadramento nella qualifica dirigenziale (di cui alla disposizione richiamata), i secondi funzionalmente connessi alla natura dell'incarico ricoperto.
      Pertanto, è stata prevista l'esclusione dalla base pensionabile, nei confronti del predetto personale, della retribuzione di posizione (nonché della retribuzione di risultato), emolumento accessorio collegato non solo all'effettivo esercizio delle funzioni dirigenziali ma anche alla valutazione complessiva sull'espletamento dell'incarico.
      In senso conforme alla predetta circolare si è espressa la Corte dei conti con la deliberazione n. 33 del 2001, nella quale l'organo di controllo sottolinea che la suindicata circolare n. 12 del 2000, ha correttamente distinto la componente fissa, denominata “trattamento fondamentale” (ovverosia stipendio tabellare, indennità integrativa speciale ed eventuale retribuzione individuale di anzianità se corrisposta) dalla componente variabile, vale a dire dalla retribuzione di posizione sia parte fissa che variabile e di risultato, collegata alla peculiare e mutevole posizione rivestita dal dirigente nella struttura dell'Ente ed ai risultati perseguiti nonché al concreto ed effettivo esercizio della funzione dirigenziale.
      Rilevo, altresì che il personale di cui trattasi, ai sensi del vigente assetto contrattuale, è titolare di una struttura retributiva ben distinta da quella spettante al personale dirigente; infatti alle ex qualifiche ad esaurimento, come a tutto il personale appartenente alle qualifiche funzionali, è attribuita l'indennità di amministrazione, mentre a quello che riveste qualifiche dirigenziali è attribuita la retribuzione di posizione diversamente graduata secondo la rilevanza e le responsabilità connesse al relativo incarico.
      Ciò osservato, per quanto attiene il richiamo alle pronunce emesse da varie sezioni giurisdizionali della Corte dei conti, con cui si riconosce ai ricorrenti il diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico con l'inclusione nella base pensionabile della retribuzione di posizione, si ricorda che le sentenze fanno stato unicamente fra le parti, con esclusione di qualsivoglia estensione d'ufficio oltre quello dedotto in giudizio, ostandovi il principio di carattere generale del limite invalicabile della cosa giudicata (articolo 2909 del codice civile) nonché il divieto di estensione in via amministrativa dei giudicati sfavorevoli alle amministrazioni pubbliche confermato da ultimo dall'articolo 41, comma 6, del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009.
      In conclusione, per quanto detto, la vicenda posta all'attenzione può trovare soluzione unicamente in sede legislativa mediante una modifica normativa del citato articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, previa adeguata individuazione delle fonti di copertura finanziaria come prescritto dalle vigenti norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio».

      Nel merito di questa risposta osserviamo dunque, fermo restando quanto già riportato, quanto segue:

          1) nel ritenere la parte fissa o minima della retribuzione di posizione estranea al trattamento economico fondamentale del dirigente di seconda fascia, il senatore Viespoli ha richiamato, del tutto impropriamente, le «norme che definiscono la struttura retributiva dei dirigenti pubblici», senza tener conto che proprio tali norme hanno stabilito che nell'ambito della struttura retributiva della qualifica

 

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unica dirigenziale la retribuzione di posizione consta di una parte fissa e di una parte variabile (articolo 37, comma 2, voci 4) e 5), del CCNL del 5 aprile 2001, biennio 1998/1999) e che tra le voci del trattamento economico fisso annuo spettante al dirigente di seconda fascia rientra, appunto, la parte fissa della retribuzione in parola (articolo 1, comma 2, lettera c), del CCNL del 5 aprile 2001, biennio 2000/2001) pari, a sua volta, al relativo valore minimo contrattualmente previsto (articolo 4, comma 3, dello stesso CCNL del 5 aprile 2001, biennio 2000/2001).
      Pertanto, contrariamente a quanto risulta dalla circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 12 del 24 ottobre 2000, il trattamento economico fondamentale del dirigente di seconda fascia, che rappresenta, insieme alla RIA maturata al 30 novembre 1995, la base sulla quale vanno calcolate le pensioni spettanti al personale in questione, deve comprendere anche la parte fissa o minima della retribuzione di posizione.
      Ciò, peraltro, trova ulteriore conferma nei numerosi atti ufficiali di autorevoli organi istituzionali di controllo, di giustizia ed amministrativi, tutti scrupolosamente riportati e commentati nel testo dell'interrogazione;

          2) egli ha inoltre ritenuto opportuno precisare che, in base a un sistema retributivo ben distinto da quello dirigenziale, «alle ex qualifiche ad esaurimento, come a tutto il personale appartenente alle qualifiche funzionali, è attribuita l'indennità di amministrazione, mentre a quello che riveste qualifiche dirigenziali è attribuita la retribuzione di posizione diversamente graduata secondo la rilevanza e le responsabilità connesse al relativo incarico». Ebbene, se tale precisazione corrisponde al vero nel caso in cui i funzionari dei ruoli ad esaurimento sono ancora in attività di servizio, essa non è affatto pertinente alla fattispecie di cui trattasi per il semplice motivo che, ai sensi dell'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, tali funzionari, nel momento stesso in cui vengono collocati a riposo, acquistano il diritto di assumere, virtualmente e ai soli fini pensionistici, la stessa posizione retributiva dell'ex primo dirigente, indipendentemente dall'esercizio delle funzioni dirigenziali.
      Non a caso, la Ragioneria generale dello Stato, accennando agli stessi funzionari, ebbe modo di dichiarare quanto segue: «A coloro che non avessero conseguito in attività di servizio l'inquadramento nella qualifica di primo dirigente, il legislatore, con l'articolo 73 (del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972), ne riconobbe virtualmente il relativo trattamento stipendiale ai fini pensionistici verosimilmente per evitare disparità di trattamento rispetto ai colleghi che avevano effettivamente conseguito in servizio il suddetto inquadramento» (lettera n. 137632 del 24 maggio 2000 citata nella stessa circolare n. 12 del 2000);

          3) riferendosi alle tredici sentenze favorevoli di primo grado indicate nell'interrogazione, emesse dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti di ben otto circoscrizioni regionali, lo stesso senatore Viespoli ha tenuto a ricordare che tali sentenze fanno testo unicamente fra le parti, stante il divieto della loro estensione in via amministrativa. A questo riguardo, pur riconoscendo la fondatezza di quanto riferito, non si può non osservare come il rappresentante del Governo abbia letteralmente sottovalutato il fatto (posto in particolare evidenza nel testo dell'atto parlamentare) che, per l'estrema difformità di giudizio della magistratura contabile nella materia di cui trattasi, si sia venuto a creare, nel caso di specie, una grave e intollerabile discriminazione tra soggetti che, pur avendo rivestito posizioni identiche nello svolgimento della loro attività di servizio, sono stati considerati in maniera completamente diversa ai fini pensionistici, a seconda di come l'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, peraltro di facile lettura, è stato di volta in volta interpretato da questo o da quel magistrato, in netto contrasto con il noto principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Carta fondamentale (in particolare,

 

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si veda la citata sentenza n. 1 dell'8-9 gennaio 1991 della Corte costituzionale);

          4) inoltre, per confermare la sua posizione, il senatore Viespoli ha poi tenuto a far presente che, in senso conforme al criterio adottato dal Dipartimento della funzione pubblica nel formulare la predetta circolare si era anche espressa la Corte dei conti con deliberazione n. 33 del 24 novembre 2001, senza tuttavia manifestare alcuna perplessità in merito al fatto (anch'esso posto in rilievo nell'interrogazione) che cinque mesi prima lo stesso Dipartimento aveva sostanzialmente modificato tale criterio, come risulta dalla propria lettera n. 2407/10/BC del 21 maggio 2001;

          5) nella risposta del senatore Viespoli viene anche accennato alla precedente interpellanza urgente dell'onorevole Di Pietro n. 2-00478 del 22 settembre 2009 di analogo contenuto, discussa nell'Aula della Camera dei deputati due giorni dopo.
      In quell'occasione, il rappresentante governativo incaricato della risposta fu l'onorevole Stefania Craxi, sottosegretario di Stato agli affari esteri, la quale, a nome del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ebbe fra l'altro a dichiarare che nel gennaio 2002 il Dipartimento della funzione pubblica, dopo ripetuti approfondimenti, propose alla Ragioneria generale dello Stato una modifica della circolare n. 12 del 2000, nel senso di includere nella base pensionabile anche la retribuzione, di posizione di parte fissa o minima, aggiungendo, tuttavia, che il Ministero dell'economia e delle finanze aveva manifestato avviso contrario, confermando l'orientamento della circolare stessa e di una parte della magistratura contabile ostile alle istanze della categoria. Considerato che la predetta Ragioneria generale dello Stato, proprio in relazione a tale proposta, si era invece espressa in senso favorevole con nota n. 23330 del 1o marzo 2002, appare del tutto incomprensibile il motivo per il quale non fu dato, a suo tempo, il giusto peso al parere della stessa Ragioneria, che, oltre a far parte della medesima struttura del Ministero dell'economia e delle finanze, è, per di più, dotata di specifiche competenze tecnico-istituzionali per quanto attiene agli aspetti finanziari di determinati atti del Governo, come quello relativo alla fattispecie;

          6) passando poi a considerare le vicende giurisprudenziali riguardanti la questione di cui trattasi, l'onorevole Craxi ritenne opportuno richiamare soltanto alcune sentenze, di segno contrario, pronunciate dalla terza sezione d'appello della Corte dei conti, precisando che quest'ultima aveva manifestato un orientamento costante teso ad escludere tale retribuzione, anche nella sua parte fissa o minima, dalla base pensionabile. In particolare, ella citava la sentenza n. 497 del 2005 secondo cui: «I funzionari de quibus, che non abbiano in concreto esercitato funzioni dirigenziali in virtù di un formale incarico, pur avendo diritto al calcolo della pensione sulla base dello status dirigenziale ex articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, non possono vedersi computati anche l'elemento de quo, attenendo il medesimo alla preposizione ed all'effettiva gestione di una funzione dirigenziale. Né può ritenersi che l'effetto in parola possa discendere ex se dall'attribuzione figurativa della qualifica dirigenziale all'atto del collocamento a riposo, poiché tale circostanza non comporta la preposizione ad un ufficio riconducibile a tale funzione». In proposito, a parte la considerazione che la retribuzione di posizione attiene alle funzioni dirigenziali solo per la sua parte variabile, non si può fare a meno di osservare che, nel caso specifico, i magistrati della predetta sezione non hanno tenuto conto di un fattore di importanza determinante che andava invece attentamente valutato in sede di giudizio e cioè, che il legislatore, con l'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972 norma speciale diretta a compensare il mancato inquadramento dei funzionari delle qualifiche ad esaurimento nella categoria dei dirigenti, non poteva certamente porre come condizione pregiudiziale per il godimento

 

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del beneficio previsto il requisito dell'esercizio effettivo di dette funzioni: in questo caso lo stesso legislatore sarebbe incorso, ovviamente, in un grossolano vizio d'incoerenza, vanificando l'obiettivo principale della norma, che è stato – giova ripeterlo – quello di attribuire al personale in questione, ai soli fini pensionistici, l'identico trattamento retributivo dell'ex primo dirigente, a prescindere dalle funzioni stesse;

          7) sempre a proposito della terza sezione d'appello della Corte dei conti, va poi segnalato, in particolare, un altro fatto del tutto inspiegabile: mentre nel deliberare in materia di ricusi relativi alle pensioni dei funzionari statali dei ruoli ad esaurimento, i giudici di tale sezione hanno sempre considerato la retribuzione di posizione come facente parte del trattamento economico accessorio, notoriamente connesso alle funzioni dirigenziali; con le più recenti sentenze nn. 31, 162 e 163, del 21 novembre 2008, pubblicate il 17 aprile 2009, gli stessi giudici, nel trattare altri ricorsi presentati da soggetti che avevano chiesto l'inclusione dell'indennità di amministrazione nella quota «A» della loro pensione, si sono invece espressi in maniera diametralmente opposta per quanto riguarda la natura della retribuzione di posizione, sostenendo, questa volta, che essa, a differenza dell'indennità di amministrazione, è da ritenere «inclusa per legge nel trattamento economico fondamentale» del dirigente;

          8) per concludere, va infine rilevato che sia l'onorevole Craxi sia il senatore Viespoli, nell'escludere la possibilità di una soluzione della problematica in via amministrativa mediante la modifica della circolare n. 12 del 2000, hanno prospettato quale unica alternativa (peraltro solo a parole, senza che vi abbia finora fatto seguito alcuna iniziativa concreta da parte governativa) la necessità di una modifica dell'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 748 del 1972, pur risultando detta disposizione del tutto conforme alla volontà del legislatore.

      È superfluo aggiungere che eventuali difficoltà di bilancio che venissero pretestuosamente rappresentate dagli uffici responsabili non potrebbero configurarsi, nella maniera più assoluta, quale causa di legittimo impedimento, né potrebbero giustificare il disconoscimento di un sacrosanto diritto che la categoria interessata va legittimamente rivendicando da dieci anni a questa parte.
      La proposta di legge propone dunque un'interpretazione autentica dell'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, relativo al parametro di riferimento per la liquidazione delle pensioni ordinarie e degli assegni sostitutivi per i funzionari delle qualifiche ad esaurimento di cui all'articolo 60 del medesimo decreto, al fine di prevedere l'inclusione della retribuzione di posizione, parte fissa o minima, nel trattamento economico fondamentale e quindi nella determinazione della pensione del personale del ruolo ad esaurimento, dando così una risposta alla legittima richiesta della categoria.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 73, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, si interpreta nel senso che il parametro di riferimento per la liquidazione delle pensioni ordinarie e degli assegni sostitutivi per i funzionari delle qualifiche ad esaurimento, di cui all'articolo 60 del medesimo decreto, deve corrispondere al trattamento economico fondamentale del primo dirigente, ora dirigente di seconda fascia di pari anzianità, costituito da stipendio tabellare, indennità integrativa speciale, retribuzione individuale di anzianità maturata al 30 novembre 1995 e retribuzione di posizione, parte fissa o minima, di cui ai pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro per l'area dirigenziale del comparto Ministeri.


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