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PDL 3854

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3854



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SAVINO, BARBIERI, CALABRIA, DI VIRGILIO, FUCCI, MARINELLO, MISTRELLO DESTRO, OCCHIUTO, RUBINATO, SANTELLI, VENTUCCI

Modifiche agli articoli 4, 5, 22 e 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, per favorire l'adozione nazionale dei minori da parte delle famiglie affidatarie

Presentata il 10 novembre 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — Con la presente proposta di legge si intende dare la possibilità alle famiglie che hanno accolto in affidamento minori, qualora questi diventino adottabili, di fare domanda di adozione quando ricorrano le condizioni richieste dalla legge, nel rispetto della continuità degli affetti e del mantenimento dei legami. Il fine è quello di favorire la permanenza del bambino presso la famiglia affidataria qualora non si riesca a recuperare il rapporto con la famiglia d'origine e quindi ne sia dichiarata l'adottabilità.
      Si è consapevoli della delicatezza del tema e delle perplessità manifestate da molti, ma si agisce nella convinzione che qualora l'affidamento di un minore si risolva in una dichiarazione di adottabilità a causa del mancato recupero della famiglia d'origine devono – prima di tutto – essere protetti i rapporti instauratisi nel frattempo tra affidati e membri della famiglia affidataria e deve quindi essere favorita la permanenza del minore nella famiglia in cui egli già si trova.
      Lo spirito della proposta di legge non è dunque assolutamente quello di legalizzare furbi aggiramenti dell’iter adottivo o di confondere due istituti che devono rimanere diversi, ma quello di prendere atto, pragmaticamente e con trasparenza, di situazioni che oggettivamente si sono consolidate negli anni, per i più vari
 

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motivi, creando affetti e legami che è impensabile interrompere per legge.
      È noto che l'istituto dell'affidamento ha la finalità di far accogliere temporaneamente il minore presso un'altra famiglia, per reinserirlo nella famiglia originaria quando questa giunga a superare le proprie difficoltà, garantendo così al minore in difficoltà il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno, in attesa di un miglioramento della situazione di difficoltà della famiglia d'origine. L'affidamento, pertanto, mira a dare garanzie e tutele al minore senza provocarne il completo distacco dal nucleo familiare d'origine e l'impianto normativo fornisce strumenti duttili in grado di realizzare un'efficace protezione del minore.
      I requisiti per essere genitori affidatari sono diversi da quelli richiesti per l'adozione, proprio per la diversità della logica posta alla base dei due istituti: nel caso di affidamento il minore può essere affidato sia a una famiglia – preferibilmente con figli minori – sia a una persona singola.
      Il nostro ordinamento prevede tre diversi percorsi per un minore in difficoltà familiari: in caso di difficoltà modeste, soprattutto se la famiglia collabora, o comunque non si oppone, è previsto un sostegno dei servizi sociali i quali, aiutando in vario modo sia la famiglia sia il minore, fanno sì che egli possa continuare a vivere nel proprio nucleo familiare; in caso di difficoltà rilevanti, ma temporanee e quindi considerate superabili in tempi sufficientemente brevi, il minore può essere dato in affidamento familiare, o temporaneamente collocato presso case famiglia, per un periodo della durata massima di due anni; in caso di difficoltà gravi, in cui la famiglia pone in essere maltrattamenti rilevanti, o abbandona materialmente e moralmente il minore, e nel caso in cui la situazione risulta essere irreversibile, il minore è dichiarato adottabile ed è dato in adozione.
      Il genitore affidatario è consapevole, fin dal momento in cui fa la sua scelta di accogliere un minore allontanato dal suo nucleo familiare, di mettersi a servizio di un minore con una famiglia d'origine temporaneamente in difficoltà. Gli offre sicurezza e affetto, aiutandolo a recuperare una situazione di «normalità» emotiva e di fiducia verso gli adulti, pur sapendo che dovrà gestire il momento del distacco con il minore perché questo momento fa parte del percorso dell'affidamento; diverso è l'atteggiamento dell'aspirante genitore adottivo che, invece, inizia il percorso dell'adozione per fare sì che il minore diventi suo figlio e che, per questo, deve rispondere a una serie di requisiti (relativi all'idoneità valutata del tribunale per i minorenni, al vincolo matrimoniale e alla differenza di età tra genitori e bambino) che per la coppia o per il singolo genitore affidatario sono comunque meno rigidi. Ma quest'impostazione del nostro sistema, soprattutto nella sua applicazione pratica, trascura troppo spesso completamente gli interessi del minore, soprattutto in considerazione del fatto che l'affidamento il più delle volte supera i termini temporali ammessi dal legislatore. Se è vero che la legge 4 maggio 1983, n. 184, si riferisce sempre al «superiore interesse del minore», è evidente che quando un minore si è legato a dei genitori e a dei fratelli, considerandoli la sua famiglia, è nel suo superiore interesse crescere insieme a loro e non sentirsi da loro abbandonato, dopo aver già subìto la perdita della famiglia d'origine. E anche se si sostiene che i minori, se seguiti, possono riprendersi dal trauma del distacco dalla famiglia che consideravano la loro, ciò non significa che questo cambiamento non li danneggi in profondità e che tali traumi non possano riemergere durante l'adolescenza e nella vita futura.
      Con la presente proposta di legge, dunque, si permette ai soggetti affidatari di adottare i minori affidati, purché abbiano i requisiti richiesti dalla legge per poter fare domanda di adozione, fermo restando che sarebbe auspicabile, nei casi e nelle circostanze in cui sia possibile, realizzare fin dall'inizio un progetto capace di distinguere i casi di affidamento familiare effettivi (cioè quelli che sono realmente
 

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temporanei e che comportano una seria previsione che alla scadenza dell'affidamento il minore ritorni nella famiglia d'origine) da quelli nei quali vi è l'alto rischio che alla scadenza il minore non rientri in famiglia (cosiddette «adozioni a rischio giuridico», relative, ad esempio, a nuclei familiari del tutto disgregati o con genitori disturbati psichicamente e incapaci di svolgere funzioni educative adeguate) nonché di individuare fin dall'inizio i soggetti affidatari che, nel caso di mancato rientro del minore nella famiglia d'origine alla scadenza dell'affidamento, abbiano la volontà e i requisiti per accoglierlo in adozione.
      Posto, altresì, che il genitore affidatario si occupa del minore prendendosi cura di lui e delle sue necessità quotidiane (quali, ad esempio, la scuola e la salute), talvolta anche per diversi anni, la proposta di legge ritiene opportuno nell'interesse del minore stesso che, nel momento in cui sono assunte decisioni rilevanti anche in merito al suo stato giuridico, il genitore affidatario possa costituirsi in giudizio ed essere una parte nel processo, legittimata a proporre istanze e ad ottenere motivate risposte.
      Con la presente proposta di legge si precisa, infine, l'ambito di applicazione dell'articolo 44, comma 1, della legge n. 184 del 1983, consentendo la possibilità di adozione in casi particolari nell'ipotesi in cui preesistano duraturi e solidi legami affettivi, non solo quando il minore sia orfano, ma anche quando la famiglia d'origine risulti di fatto assente. Si sottolinea, dunque, come non si voglia introdurre l'adozione «mite» o l'adozione per i singoli, che potranno in altra sede essere discusse, ma contribuire a dare una veste giuridica a situazioni esistenti e oggi non tutelate, impedendo che minori, orfani di fatto, siano allontanati da chi per anni ha dato loro sicurezza e amore.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 4, dopo il comma 5 è inserito il seguente:
      «5-bis. Ove l'affidamento di un minore si risolva in una dichiarazione di adottabilità, a causa del mancato recupero della famiglia d'origine, i rapporti instauratisi nel frattempo tra il minore affidato e i membri della famiglia affidataria devono essere protetti, favorendo la permanenza del minore stesso presso la famiglia che lo ha in affidamento e che è valutata preferenzialmente ai fini adottivi, nel rispetto dei requisiti di cui all'articolo 6. La continuità delle relazioni positive consolidatesi nel corso dell'affidamento deve essere in qualsiasi caso sempre protetta, tenendo conto delle forme e dei modi indicati dai servizi sociali e adeguati alle circostanze specifiche»;

          b) all'articolo 5, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ed è legittimato ad agire e a intervenire in qualsiasi stato e grado del giudizio nell'interesse proprio e di quello che ritiene essere l'interesse del minore, presentando memorie, istanze o ricorso impugnabile e ricevendo notifica degli atti del processo»;

          c) all'articolo 22:

              1) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
      «1-bis. Ove l'affidatario abbia i requisiti di cui all'articolo 6 può presentare domanda di adozione del minore affidato»;

              2) al comma 5 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; qualora il minore provenga da un affidamento, deve

 

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essere data la precedenza alla famiglia già affidataria che ha fatto richiesta di adozione»;

          d) all'articolo 44, comma 1, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

          «a-bis) dalle persone unite al minore da un preesistente rapporto stabile e duraturo o da un solido legame affettivo maturato nel corso di un protratto periodo di affidamento;».


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