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PDL 3846

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3846



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GNECCHI, MIOTTO, CODURELLI, MIGLIOLI, MADIA, SCHIRRU, BOBBA, RAMPI, MATTESINI, FRONER, LENZI

Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di limite di reddito per la fruizione delle detrazioni per carichi di famiglia, di esenzione delle borse di studio dall'imposizione fiscale nonché di detrazioni per gli interessi passivi relativi a mutui immobiliari e per i premi relativi ad assicurazioni contro il rischio di morte o di invalidità permanente

Presentata il 9 novembre 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — Nell'annuario del contribuente 2010, reperibile sul sito ufficiale dell'Agenzia delle entrate, nel capitolo 5 (detrazioni dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) per i familiari a carico), si precisa che per essere considerato a carico e quindi fruire delle relative detrazioni d'imposta il familiare deve possedere un reddito annuo non superiore a 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili. In tale importo si deve considerare anche la rendita dell'abitazione principale.
      Va precisato che il suddetto limite di reddito (lire 5.500.000) fu aggiornato per l'ultima volta nel 1995 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 maggio 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 1995, e da allora non si è più proceduto in tal senso, mentre negli anni ante 1995, il limite di reddito fu aggiornato periodicamente: nel
 

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1988 con il decreto-legge n. 70 del 1988, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 154 del 1988, nel 1989 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 1989, nel 1990 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 settembre 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 228 del 29 settembre 1990, nel 1991 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 settembre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 230 del 1o ottobre 1991, nel 1992 con il decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, nel 1993 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 22 dicembre 1993, e infine nel 1995 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri già richiamato.
      In base all'indice dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), l'inflazione reale registrata nel periodo 1995-2009 corrisponde al 35,4 per cento ed è quindi opportuno a nostro avviso aggiornare il limite di reddito previsto dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, di seguito «testo unico», per rendere tale importo coerente con la dinamica inflazionistica registrata dall'ISTAT.
      Ultimamente la legge n. 191 del 2009 (finanziaria 2010) ha reintrodotto ed allargato l'ambito di applicazione del lavoro accessorio (modifiche all'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003) con lo specifico intento di promuovere opportunità di lavoro occasionale in modo particolare per le donne e per gli studenti, e se si ritiene di poter considerare «emolumento accessorio» e «collaborazione occasionale» una retribuzione fino a 5.000 euro, coerentemente bisogna ritenere che 5.000 euro siano da considerare occasionali e accessori in termini fiscali qualunque sia la tipologia che li determina, quindi va adeguato almeno a questa misura l'importo massimo di reddito per essere considerati a carico. Il limite di reddito attuale così basso, per rimanere a carico, penalizza inoltre le famiglie a basso reddito, i cui figli fruiscono di borse di studio, non essendo tutte esenti dall'IRPEF.
      Con riferimento alle borse di studio, l'articolo 50 del testo unico prevede, alla lettera c) del comma 1, che le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, sono assimilate al reddito di lavoro dipendente se il beneficiario non è legato da rapporto di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante. L'esenzione dall'IRPEF è prevista solo per alcune borse di studio, individuate da apposite norme per cui, così come precisato dalla risoluzione del Ministero delle finanze n. 163/E del 2 novembre 2000, essendo le disposizioni in materia di agevolazioni fiscali norme a fattispecie esclusiva e non essendo quindi possibile una loro interpretazione analogica, le borse di studio «generiche» (per le quali non è prevista una specifica esenzione), risultano soggette all'imposta. Se si considerano le finalità per le quali sono concesse le borse di studio e più in generale premi e sussidi, ci sembra incomprensibile e contraddittorio che queste somme siano soggette a tassazione. Una borsa di studio è un sostegno allo studio che è concesso a studenti meritevoli o che non hanno una situazione economica familiare per poter accedere agli studi, oppure come premio per risultati di eccellenza ottenuti nelle arti, nelle scienze o in altro. Gli importi possono essere erogati da privati e da fondazioni pubbliche o anche sotto forma di riduzione delle tasse di iscrizione da parte degli enti scolastici.
      Pertanto questa forma di sostegno economico ha una valenza sociale di grandissima importanza perché è elargita nei confronti di quei soggetti che sono meritevoli e hanno redditi modesti che non consentirebbero loro la prosecuzione degli studi o quantomeno la renderebbero problematica.
 

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      Se guardiamo a quanto accade in altri Stati, anche europei, possiamo constatare come il ricorso a queste forme di finanziamento sia largamente incentivato, addirittura direttamente sostenuto e non solo per evidenti finalità sociali, ma per un dovere verso la collettività cui si garantisce la possibilità di beneficiare dei risultati di eccellenza ottenuti negli studi o in altre discipline con ricadute positive per la formazione delle future classi dirigenti. Nel nostro Paese la contraddizione sta nel fatto che, pur riconoscendo la funzione svolta da tali strumenti, essi si considerano alla pari di una rendita finanziaria o come reddito e si sottopongono a tassazione se non diversamente disposto da apposite norme.
      Per queste ragioni riteniamo che la lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 del testo unico vada riformulata nel modo che si propone, con il fine di esentare da ogni imposizione fiscale le somme di denaro ricevute per la borsa di studio, premio o sussidio allo studio, somme che in nessun modo devono concorrere alla formazione del reddito imponibile della persona fisica, né tanto meno incidere nella determinazione del limite di reddito per essere considerato a carico.
      Esiste poi un'ulteriore riflessione da fare rispetto alla filosofia sottesa alla definizione di contribuente e coniuge a carico. La famiglia che il legislatore fotografa è composta da un lavoratore con moglie e con figli a carico, ma sempre più, invece, la famiglia è costituita da due adulti che lavorano e con figli a carico; la crisi economica però può fare sì che per periodi più o meno lunghi uno dei due coniugi sia a carico dell'altro e in questo caso alcune rigidità penalizzano ancora di più la famiglia che già si ritrova senza una fonte di reddito e con minori importi da portare in detrazione rispetto alla situazione in cui ambedue lavoravano. È il caso della detraibilità delle assicurazioni sulla vita, gli infortuni, l'invalidità e la non autosufficienza: si cerca di educare i cittadini e le cittadine ad essere previdenti e a pensare al futuro, ma se i due coniugi avevano stipulato un'assicurazione quando avevano due redditi autonomi e potevano portare in detrazione 1.291,14 euro a testa, l'importo rimane immutato anche se il coniuge diventa a carico dell'altro e quindi il limite di 1.291,14 euro rimane il limite massimo su cui godere della detrazione del 19 per cento.
      Ancor più grave è la situazione legata agli interessi passivi del mutuo per l'acquisto dell'abitazione principale, infatti la casa deve essere in comproprietà e/o il contratto di mutuo deve essere in contitolarità: solo in questo caso se uno dei due coniugi è a carico dell'altro è possibile che il contribuente possa portare in detrazione gli interessi passivi fino a 4.000 euro. Può inoltre accadere che l'abitazione sia di proprietà uno solo dei coniugi per mille motivi, quali lavori diversi, provenienza familiare o risparmi precedenti al matrimonio, ed è pertanto possibile che anche il mutuo sia intestato solo a uno dei due, ma quale può essere la logica per cui alcune spese, come le spese sanitarie o altri oneri possono essere portati in detrazione per il coniuge a carico e altre no?
      L'unica risposta possibile è che non s'immaginava che ci potesse essere un'autonomia economica per un periodo e una dipendenza per un altro periodo, ma sempre più lo sposarsi in età avanzata, la precarietà dei lavori e la mancanza di sicurezze possono portare alla situazione per cui in una famiglia oltre alla mancanza di uno dei due redditi il fisco toglie la possibilità di detrarre il 19 per cento su 4.000 euro di interessi passivi e su 1.291,14 euro di assicurazione.
      La presente proposta di legge si compone di quattro articoli. Con l'articolo 1 si modifica il comma 2 dell'articolo 12 del testo unico portando l'importo di euro 2.840,51 a euro 5.000 calcolato tenendo presente l'inflazione registrata dall'ISTAT dal 1995 al 2009 (che porterebbe il limite di reddito già a 3.845,06 euro) e al fine di renderlo coerente con i limiti del lavoro accessorio reintrodotto dall'attuale Governo.
      Con l'articolo 2 si modifica la lettera b) del comma 1 dell'articolo 15 del testo
 

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unico, consentendo al coniuge dichiarante di poter portare in detrazione la quota di interessi del mutuo del coniuge a carico, indipendentemente dalla comproprietà dell'abitazione e dalla contitolarità del mutuo, a condizione che sia l'abitazione principale per entrambi. Si sostituisce la lettera f) del medesimo comma 1 al fine di consentire al coniuge dichiarante di poter detrarre la quota dei premi per assicurazioni del coniuge contraente quando quest'ultimo risulta a carico.
      L'articolo 3, con il comma 1, prevede l'esenzione da ogni imposizione fiscale delle somme ricevute quali borse di studio, premio o sussidio allo studio e, con il comma 2, abroga la lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 del testo unico.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 2 dell'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico», relativo alla detrazioni per carichi di famiglia, le parole: «a 2.840,51 euro» sono sostituite dalle seguenti: «a 5.000 euro».

Art. 2.

      1. Al comma 1 dell'articolo 15 del testo unico, e successive modificazioni, relativo alle detrazioni per oneri, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera b), le parole da: «Se il mutuo» fino alla fine della lettera sono sostituite dalle seguenti: «Se il mutuo è intestato a entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi. In caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro la detrazione spetta a quest'ultimo fino a 4.000 euro anche qualora il mutuo o l'abitazione siano intestati unicamente al coniuge a carico, purché sia per ambedue abitazione principale;»;

          b) la lettera f) è sostituita dalla seguente:

          «f) i premi per assicurazioni aventi per oggetto il rischio di morte o di invalidità permanente non inferiore al 5 per cento da qualsiasi causa derivante, ovvero di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, se l'impresa di assicurazione non ha facoltà di recesso dal contratto, per un importo complessivamente non superiore 1.291,14 euro. Qualora il contraente diventi familiare a

 

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carico, il contribuente dichiarante ha diritto a una detrazione fino al limite massimo di 2.582,28 euro. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentito l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (ISVAP), sono stabilite le caratteristiche alle quali devono rispondere i contratti che assicurano il rischio di non autosufficienza. Per i percettori di redditi di lavoro dipendente e assimilato si tiene conto, ai fini del predetto limite, anche dei premi per assicurazioni in relazione ai quali il datore di lavoro ha effettuato la detrazione in sede di ritenuta;».

Art. 3.

      1. Le somme di denaro da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, sono esenti da qualsiasi imposizione fiscale e non sono da considerare come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante.
      2. La lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 del testo unico, e successive modificazioni, relativo ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, è abrogata.


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