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PDL 3909-A-bis

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3909-A-bis



 

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RELAZIONE DELLA VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI)

presentata alla Presidenza il 15 dicembre 2010

(Relatore: PIFFARI, di minoranza)

sul

DISEGNO DI LEGGE

N. 3909

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(BERLUSCONI)

di concerto con il ministro dell'interno
(MARONI)

e con il ministro dell'economia e delle finanze
(TREMONTI)

Conversione in legge del decreto-legge 26 novembre 2010, n. 196, recante «disposizioni relative al subentro delle amministrazioni territoriali della regione Campania nelle attività di gestione del ciclo integrato dei rifiuti»

Presentato il 26 novembre 2010
 

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Onorevoli Colleghi! — Il decreto-legge 196/2010 al nostro esame, presentato dal Governo al Parlamento per la sua conversione in legge, rappresenta un'ennesima occasione mancata per intervenire in modo credibile, serio e strutturale, sull'emergenza rifiuti in Campania.
      Un provvedimento inadeguato, non in grado di fornire risposte convincenti non solo all'emergenza, ma soprattutto perché non pone le basi per avviare finalmente una politica strutturale corretta ed efficiente di gestione dei rifiuti. Un decreto, insomma, che non si discosta minimamente dal «solco» avviato negli anni più e meno recenti, e dimostratosi del tutto fallimentare, miope e antieconomico.
      Questo provvedimento riproporrà nel prossimo futuro gli stessi problemi del passato, continua a ignorare gravemente quello che ci chiede l'Unione europea, e in definitiva non fa altro che spostare un po’ in là nel tempo una nuova ennesima emergenza rifiuti.
      Se il Governo non interviene con un Piano serio di investimenti infrastrutturali strettamente funzionali al ciclo completo dei rifiuti, uscire dall'emergenza sarà solo illusorio.
      In Campania, ma certamente non solo in questa regione, finora i piani proposti si sono sostanzialmente basati sull'utilizzo delle discariche e su un trattamento dei rifiuti per produrre combustibile, laddove al contrario, il ciclo dei rifiuti si dovrebbe affrontare come un ciclo industriale vero e proprio.
      È innegabile che la crisi della regione ha radici lontane nel tempo, e che trova storicamente responsabilità politiche in entrambi gli schieramenti politici, sia a livello delle amministrazioni locali che di governo centrale.
      Purtroppo a un errato sistema di gestione dei rifiuti in questa regione, si aggiunge in particolare il perverso cronico intreccio tra l'azione di chi ha la responsabilità politica e amministrativa della gestione del sistema di smaltimento, le imprese appaltatrici e le criminalità organizzata ben presente sul territorio. Tra l'altro le ecomafie e i traffici legati alla gestione illecita dei rifiuti trovano maggior spazio proprio in assenza di risposte chiare e determinate da parte delle istituzioni e del mondo politico.
      Questa nuova ennesima crisi a Napoli e nella regione, con tonnellate di rifiuti in strada, mette in luce ancora una volta, come in realtà il problema rifiuti, non è mai stato risolto, come ha invece sempre dichiarato questo Governo, e che il piano messo a punto da Berlusconi e Bertolaso due anni e mezzo fa, si è rivelato per quello che è: un insieme di soluzioni provvisorie, di mera propaganda.
      Esemplari, sono in questo senso le promesse del Presidente del Consiglio, esternate in quest'ultimo periodo, da quando cioè è tornata a farsi più acuta la crisi dei rifiuti in Campania.
      Il 28 ottobre scorso, il Presidente Berlusconi – contro ogni evidenza dei fatti – annunciava: «il problema rifiuti sarà risolto entro tre giorni. Fra tre giorni a Napoli non ci saranno più rifiuti». La nuova emergenza rifiuti sarebbe più o meno un inconveniente causato da «facinorosi che pare siano anche organizzati».
 

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      E ancora: «Abbiamo detto che in 10 giorni il fenomeno si sarebbe risolto. Siamo già molto avanti, il fenomeno è stato risolto al 90%», il puzzo che arriva da Cava Sari «è solo al 10% rispetto a quello di alcuni giorni fa e in tre o quattro giorni, entro il limite dei dieci giorni che ci eravamo dati, sparirà completamente».
      Infine il 26 novembre scorso, in occasione di una riunione tecnica in Prefettura a Napoli, Berlusconi – in totale sprezzo del ridicolo – ribadiva: «in meno di due settimane sarà risolta l'emergenza rifiuti a Napoli».

1. Governo Berlusconi – breve cronistoria dell'emergenza rifiuti.

      Dopo pochi giorni dal suo insediamento, il governo, emana il decreto legge 90/2008 sull'emergenza rifiuti in Campania. Il «piano rifiuti», che avrebbe dovuto risolvere il problema dei rifiuti campani, l'unica cosa che è riuscito a ottenere è stata quella di mettere per un po’ di tempo «la polvere sotto il tappeto». Niente di più.
      È utile peraltro ricordare che il lavoro di riduzione delle tonnellate di rifiuti dalle strade, ha origine con il precedente governo Prodi.
      Fu Gianni De Gennaro, nominato commissario straordinario all'emergenza con l'ultimo atto del governo Prodi (8 gennaio 2008), a usare l'esercito per cominciare a togliere l'immondizia, riuscendo ad aprire due nuove discariche in un solo mese, Sant'Arcangelo Trimonte e Savignano Irpino.
      Nel maggio 2008, quando si insedia l'attuale governo Berlusconi, per strada restano 17 mila tonnellate di rifiuti. Un'inezia rispetto al gennaio 2008, quando in Campania c'erano sulle strade 300 mila tonnellate.
      Finita la fase dell'emergenza, il decreto 90/2008, resta sostanzialmente lettera morta.
      Mancano chiare istruzioni su chi, e soprattutto su come, deve darsi da fare per raggiungere il 50 per cento nel 2011 di raccolta differenziata. Intanto si chiudono sette impianti di CDR, addetti alla separazione dei rifiuti.
      Il medesimo decreto 90/08, prevede anche lo scioglimento dei Comuni inadempienti nella gestione dei rifiuti, e il 30 gennaio 2009, il Ministero dell'Interno rimuove i Sindaci di Maddaloni, Castelvolturno e Casal di Principe. Ma il commissariamento non avviene però in altre città che non si avvicinano neppure al requisito minimo di raccolta differenziata fissato per legge.
      Dei nuovi termovalorizzatori – ne era previsto uno per provincia - nessuna traccia. L'unico funzionante, quello di Acerra, ha sempre operato, nei suoi circa 620 giorni di vita, a regime ridotto.
      Sulla carta l'emergenza si è conclusa il 31 dicembre del 2009, ma di fatto la protezione civile – attraverso l'unità stralcio – ha avuto responsabilità nella gestione dei rifiuti fino a un mese fa. Nel vuoto decisionale il dipartimento di Bertolaso ha coordinato con un gruppo di 8 esperti i flussi dei rifiuti da conferire nelle discariche e verso gli impianti di tritovagliatura.
      Dal 3 ottobre l'unità stralcio cessa il suo ruolo nella logistica, lasciando da solo l'unico funzionario della Regione addetto a questo compito.
      In poche settimane la Campania è così riscivolata nel caos.

2. Come nasce il decreto legge n. 196/2010.

      Vale la pena riassumere rapidamente come si sia giunti all'approvazione da parte del governo del decreto legge in commento. E ciò anche per evidenziare maggiormente quali e quanti interessi in gioco, si celino troppo spesso dietro l’«affaire» «emergenza rifiuti» in Campania.
      Il 18 novembre scorso, il Consiglio approvava, «salvo intese» – cioè con un testo non ancora definitivo e quindi suscettibile di ulteriori modifiche prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale – il decreto legge in esame, volto a superare l'ennesima emergenza rifiuti in Campania.

 

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      Il suddetto «salvo intese», stava appunto a indicare che andavano prima sciolti alcuni nodi. Il principale dei quali era sicuramente quello legato ai termovalorizzatori, e soprattutto a chi affidare la gestione della loro costruzione.
      Come hanno – tra l'altro - riportato lo cronache politiche di praticamente tutti i quotidiani, in quei giorni si è assistito ad una lotta tutta interna al PdL.
      La posta in gioco è infatti molto alta: oltre 300 milioni di euro legati al business dei rifiuti e dei poteri decisionali legati ai progetti dei termovalorizzatori. Con il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, che ha sostenuto – arrivando a minacciare le proprie dimissioni – la necessità che fosse il Presidente della Regione Caldoro, il soggetto incaricato a gestire appalti e procedure, nonché la gestione commissariale ai fini della realizzazione dei termovalorizzatori. E ciò in netto contrasto con le personalità istituzionali più vicine al coordinatore regionale del PdL, Nicola Cosentino, ossia il Presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro, e il Presidente della provincia di Salerno, Edmondo Cirielli, interessati invece a mantenere in capo alla provincia la gestione dei medesimi termovalorizzatori.
      La prima stesura del decreto legge, affidava tutti i poteri al Presidente della Regione per la realizzazione dei termovalorizzatori di Napoli est e Salerno. Successivamente però, si arrivava a una seconda stesura del decreto che metteva i termovalorizzatori nelle mani sia della regione che delle Province. Il testo faceva riferimento infatti ai poteri del Presidente della regione, che doveva però operare «in raccordo» con le province.
      Una formulazione questa, che aveva però poco convinto lo stesso Presidente della Repubblica.
      Peraltro, il 22 novembre, ben quattro giorni dopo l'approvazione del decreto in Consiglio dei Ministri, il Presidente Napolitano ancora non aveva potuto visionare il testo, tanto che con un secco comunicato stampa del Quirinale si faceva sapere che «il Presidente non ha ricevuto e non ha potuto quindi esaminare il testo del decreto legge sulla raccolta dei rifiuti e la realizzazione dei termovalorizzatori....».
      È comunque stato lo stesso Presidente della Repubblica, nei giorni immediatamente successivi, a «sollecitare» il Governo affinché cambiasse alcuni passaggi del decreto in esame. E solo dopo aver verificato la bontà dei cambiamenti ha deciso di firmare il provvedimento.
      I dubbi di Napolitano erano concentrati su alcuni passaggi del testo del decreto, tra i quali proprio su quel termine presente nella prima versione del decreto: «in raccordo con le province». Il Presidente non era convinto sulla formulazione giuridica della norma.
      Alla fine Palazzo Chigi accoglie i rilievi del Presidente della Repubblica, e conseguentemente modifica le parole «in raccordo con le province ....» con le parole «sentite le province ...».
      In pratica i Presidenti delle province verranno ascoltati, ma il loro parere non potrà condizionare le decisioni del Governatore della Regione.
      Alla fine il decreto legge viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di sabato 27 novembre. Ben nove giorni dopo la sua «approvazione» al Consiglio dei Ministri.
      Quello che certamente colpisce in tutta questa vicenda, è la pressoché totale imbarazzante assenza del Ministro dell'Ambiente Prestigiacomo. Sull'emergenza rifiuti in Campania, il ministro non ha avuto nulla da dire.
      Lo stesso decreto legge 196/2010 approvato, vede la firma, oltre quella ovviamente del Presidente del Consiglio, dei Ministri Tremonti e Maroni, ma non c’è quella del Ministro dell'Ambiente.

3. Le criticità che non trovano risposta.

      In Campania non ci sono attualmente più discariche, e quelle attive sono ormai prossime alla saturazione.
      La discarica di Terzigno, chiamata «Cava Sari» (in pieno Parco nazionale del Vesuvio) è ormai ridotta a una cloaca, con il percolato che si è infiltrato nelle sorgenti e nei pozzi circostanti. Lo stesso Bertolaso

 

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ha ammesso che occorrono interventi per bonificare l'area in cui sorge la prima discarica di Terzigno. Ricordiamo in proposito che un monitoraggio effettuato dall'Asia Spa del comune di Napoli tra novembre 2009 e maggio 2010, ha evidenziato la presenza, in concentrazione superiore ai limiti consentiti dalla legge, in due pozzi a valle di Cava Sari (Terzigno), di Zinco, Cadmio, Sommatoria Pcb e Benzo(a)pirene.
      Gli STIR (stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio dei Rifiuti – ex impianti CDR) sono praticamente al collasso. Non riescono più ad accogliere la frazione umida perché non hanno il tempo né lo spazio per trasformarla. I ridotti conferimenti negli Stir sono legati alla lenta ricettività degli impianti e alle difficoltà esistenti nell'evacuazione del tritovagliato.
      Ricordiamo che gli STIR che avrebbero il compito di separare i rifiuti destinati agli inceneritori dal Fos, ovvero la frazione organica stabilizzata, «non sono altro che imbustatori di rifiuti – come denuncia Raffaele Del Giudice, direttore di Legambiente Campania – e in due anni, per coprire i deficit industriali degli Stir e dell'impianto di Acerra, sono state riempite a dismisura le discariche di rifiuto indifferenziato, per questo tra pochi mesi saranno sature».
      Secondo il piano del 2008 dell'attuale governo, dovevano entrare in funzione 4 termovalorizzatori: 3 sono rimasti sulla carta. I previsti nuovi termovalorizzatori (Napoli, Salerno, Santa Maria la Fossa) non sono infatti mai entrati in funzione, né tantomeno costruiti.
      Il termovalorizzatore di Acerra funziona a singhiozzo. Attualmente in questo termovalorizzatore – che Guido Bertolaso continua a considerare il miglior termovalorizzatore italiano – funzionano due linee su tre, con la conseguenza che l'impianto incenerisce solo una parte delle mille tonnellate di rifiuti previste. Le restanti tonnellate finiscono inevitabilmente in discarica. Dopo la solenne e sbandierata inaugurazione del termovalorizzatore avvenuta un anno e mezzo fa, nel marzo 2009, quest'ultimo non ha mai funzionato regolarmente e non ha mai raggiunto i parametri produttivi previsti.
      Tutto farebbe pensare che l'impianto di Acerra abbia deficienze progettuali e strutturali.
      Il sistema è quindi rigido e fragile, perché «tirato» al limite e privo di soluzioni di riserva da utilizzare in caso di imprevisto; per esempio, è basato sull'ipotesi di produzione massima dell'inceneritore (2 mila tonnellate al giorno) per 365 giorni l'anno. Ogni volta che si ferma una linea, occorre trasferire 650 tonnellate di rifiuto al giorno alle discariche. Quando si sono fermate due linee contemporaneamente, si è andati vicini al collasso, con 1.300 tonnellate di rifiuto in più da collocare in discarica ogni ventiquattro ore, tutte in provincia di Napoli.
      Va peraltro ricordato che nei termovalorizzatori si può incenerire solo la frazione secca e una minima parte di quella organica. Paradossalmente in Campania il cosiddetto umido rappresenta ben il 45% del rifiuto, e l'Unione europea vieta questo tipo di termovalorizzazione.
      La raccolta differenziata – tranne qualche lodevole eccezione – è abbondantemente sotto la norma. Doveva arrivare al 35% e poi al 50%. Dopo la crescita del 2009, è tornata a calare. A Napoli siamo a circa il 19%. Anzi, vista la situazione sempre più disastrosa di questi mesi, la raccolta differenziata a Napoli è scesa al 17% ad agosto, e al 16% a settembre.
      Gli impianti di compostaggio e di biostabilizzazione, sono del tutto insufficienti. La loro presenza renderebbe meno necessaria la costruzione di ulteriori termovalorizzatori, e sarebbero di forte sostegno alla differenziata.
      Degli impianti di compostaggio, che già c'erano, sono stati usati come depositi di ecoballe e in Campania i Comuni che fanno la raccolta differenziata dell'organico devono spedirlo in Veneto o in Sicilia a costi proibitivi.
      Le eco-balle. Sono quasi 8 milioni di tonnellate di rifiuti impacchettati. Secondo l'assessore regionale campano, Giovanni Romano, per smaltirle saranno necessari 6 anni. Una quantità enorme.
 

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      Dovrebbero valere come «denaro» per i termovalorizzatori, sono come la benzina per le automobili. Invece, il potere calorifico delle eco-balle napoletane è minimo: troppi residui di umido. E non si sa bene cosa realmente contengano. I sospetti sono che potrebbero contenere imprecisate quantità di rifiuti tossici.
      Provincializzazione dei rifiuti. Ogni giorno in Campania si producono circa 7.500 tonnellate di rifiuti: di queste circa 4.400 tonnellate al giorno sono prodotte in provincia di Napoli, e di queste circa 1.450 nella città di Napoli. Il 53 per cento dei cittadini della Campania vive sull'8,2 per cento del territorio, in provincia di Napoli. La Campania è l'unica Regione che ha introdotto con propria legge la «provincializzazione» del rifiuto: gli Rsu prodotti in una provincia devono essere smaltiti nei suoi confini.
      Mancanza di risorse finanziarie. A peggiorare la situazione, contribuiscono i pesantissimi tagli ai trasferimenti agli enti locali operati da questo governo. È stato lo stesso commissario liquidatore di quello che fu il Consorzio di bacino Napoli-Caserta, Gianfranco Torturano, che alcuni mesi fa dichiarava l’«impossibilità di continuare a gestire, per conto delle Province, i siti di stoccaggio provvisori e definitivi in assenza del ristoro delle spese sostenute sia per la gestione che per il personale». In più, la società provinciale che dovrebbe gestire il ciclo dei rifiuti non ha ancora presentato il piano industriale.
      A ciò si aggiungano le riduzione dei trasferimenti di risorse agli enti locali da parte del Governo Berlusconi. Va ricordato che ben 37 comuni campani non si vedono ancora liquidate le risorse a loro dovute dal Governo, come compensazioni ambientali per essere comuni località che ospitano siti di discarica. E questo perché il Governo non ha trovato ad oggi copertura finanziaria nonostante i numerosi solleciti al Ministero dell'Economia, al Ministero dello Sviluppo Economico ed al Cipe anche formulati direttamente dal Ministro.
      Totale assenza di coinvolgimento dei cittadini campani: «una regione militarizzata».
      Lo stesso Bertolaso ha ammesso che occorrono interventi per bonificare l'area in cui sorge la prima discarica di Terzigno, ormai stracolma; e ha indicato nel termovalorizzatore di Acerra una possibilità per fare fronte, temporaneamente, all'emergenza.
      Il fatto che occorrano interventi di bonifica, fa legittimamente sospettare che in nome dell'emergenza in quella prima discarica sia stato gettato di tutto. Così come il fatto di utilizzare il termovalorizzatore come soluzione temporanea, solleva il forte dubbio che il governo non vada tanto per il sottile quando si tratta di bruciare un po’ di rifiuti nel medesimo termovalorizzatore.
      Tra l'altro, i militari tengono lontani i comitati che cercano di vigilare sulla salute delle comunità, ma nessuno controlla cosa finisce in discarica (con l'altissima probabilità di mischiare i rifiuti leciti con quelli illeciti).
      Il fatto quindi di impedire il controllo pubblico rispetto a ciò che viene gettato in discarica o nel termovalorizzatore, alimenta inevitabilmente il sospetto che per gestire l'emergenza si sia disposti a sacrificare la salute di una parte della popolazione.
      Se la fiducia accordata dai cittadini alle autorità investite del problema è condizione necessaria per la soluzione del problema stesso, occorre chiedersi come dette autorità possano conquistarla.

4. Cosa ci chiede l'Unione europea.

      Il 4 marzo 2010 la Corte di giustizia ha emesso una sentenza con la quale ha giudicato l'Italia inadempiente agli obblighi incombenti in forza della direttiva rifiuti 2006/12/CE.
      In particolare, la Corte contesta all'Italia di non avere adottato tutte le misure necessarie allo smaltimento dei rifiuti nella regione Campania, per non aver avviato lo smaltimento del pregresso, le

 

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cosiddette «ecoballe», ovvero di non aver creato una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento idonei a consentire l'autosufficienza in materia di smaltimento di rifiuti e che tale situazione avrebbe determinato un pericolo per la salute dell'uomo e per l'ambiente.
      Il 26 novembre scorso il Commissario Ue all'Ambiente, Janez Potocnik, ha avvertito che senza un nuovo piano di gestione dei rifiuti «che sia conforme agli obblighi europei e garantisca uno smistamento selettivo in tutta la regione», l'Italia rischia sanzioni. L'avvertimento del commissario all'ambiente arriva dopo il rapporto compilato dagli osservatori Ue a seguito della loro missione in Campania.
      Ricordiamo infatti che il 22 novembre una delegazione dell'Unione europea ha compiuto un'ispezione ufficiale, dopo la sentenza di condanna del 4 marzo.
      Peraltro le inadempienze dell'Italia tengono bloccati i circa 150 milioni di euro di Fondi comunitari, che la Ue dovrebbe mettere a disposizione del nostro Paese, ma solo nel momento in cui vi sarà un credibile piano di gestione dei rifiuti.
      Come ha dichiarato Pia Bucella, responsabile della direzione Ambiente e capo degli ispettori Ue: «per sbloccare i fondi c’è bisogno di una nuova gestione concretamente impiantata. Non basterà avere un disegno sulla carta, ma vogliamo la certezza che il progetto sia attuato sul territorio».
      Intanto la prima scadenza è quella del piano regionale per la gestione dei rifiuti. La regione Campania si è in questo senso impegnata a far avere la bozza del piano entro la fine dell'anno in corso, e ad adottare il medesimo piano regionale, quindi come legge, entro aprile del 2011.
      Si parte dalla presa d'atto che per creare le infrastrutture necessarie a garantire un'adeguata gestione dei rifiuti prodotti nella regione (7.200 tonnellate al giorno) ci vorranno diversi anni.
      Un tempo lungo, nel corso del quale senza interventi efficaci non verrebbero cancellati i rischi per la salute e l'ambiente indicati lo scorso mese di marzo nella sentenza della Corte di giustizia.
      Per questo serve un nuovo piano, per evitare un altro ricorso alla Corte e l'imposizione di sanzioni per svariati milioni di euro, applicate con penalità quotidiane calcolate in funzione del Pil.
      Sono quattro i punti che il nuovo piano, come lo chiama il Commissario Ue all'Ambiente Potocnik, deve rispettare:

          1) dare la priorità alla riduzione dei rifiuti, al riutilizzo e al riciclaggio;

          2) garantire l'attuazione della raccolta differenziata nell'intera regione;

          3) dotare la Campania della necessaria capacità di compostaggio;

          4) introdurre misure per lo smaltimento, entro un arco temporale ragionevole e in condizioni di sicurezza, dei circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti imballati che sono depositati in diverse discariche della regione.

      Peraltro il 18 maggio 2010 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2010)235) che prospetta la possibilità di predisporre indicatori e linee guida, per orientare gli Stati membri alla piena applicazione degli strumenti previsti dalle direttive quadro sui rifiuti 2008/98/CE e sulle discariche 1999//31/CE, intesi a evitare lo smaltimento in discarica o l'incenerimento di tali rifiuti.
      Secondo la Commissione, le azioni proposte potrebbero ridurre fino a 34 milioni di tonnellate le emissioni di CO2, e comportare risparmi fino a 7 miliardi di euro per le spese di trattamento e di gestione dei rifiuti organici biodegradabili, la cui produzione oggi è stimata in 120-140 milioni di tonnellate annue nell'UE.
      In particolare, gli interventi consentirebbero una migliore gestione dei rifiuti organici biodegradabili volta, a promuoverne la raccolta differenziata e il trattamento biologico (ad esempio la digestione anaerobica e il compostaggio), e a prevenirne l'eccessiva produzione, secondo la gerarchia dei rifiuti delineata nella nuova direttiva quadro sui rifiuti.
      Il 30 settembre 2010, la Commissione Petizioni del Parlamento europeo ha approvato

 

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una relazione relativa alla missione di inchiesta sulla crisi dei rifiuti in Campania.
      Il documento attesta la complessità del contesto e delle cause della crisi dei rifiuti in Campania, riconosce il ruolo determinante della Protezione civile nella gestione dell'emergenza, e chiarisce che la Commissione petizioni considera la crisi dei rifiuti in Campania tutt'altro che finita, in stato dormiente, con il serio rischio che possa scoppiare nuovamente. Inoltre, dal momento che molte discariche sono in mani private, si teme che le autorità abbiano scarso controllo o conoscenza di ciò che avviene al loro interno e di come sono gestite.
      La Commissione petizioni ritiene che il ricorso esclusivo a discariche e inceneritori, sebbene trovi utilizzo altrove nell'UE, non dovrebbe essere considerato la risposta al problema della gestione dei rifiuti se non come una componente integrata di un sistema coordinato ed efficace di gestione.
      La Commissione europea considera quindi indispensabile un intervento energico che, attraverso la predisposizione di adeguate infrastrutture, diminuisca il volume dei rifiuti e sposti l'ago della bilancia verso la prevenzione, la riduzione, il reimpiego e il riciclaggio, ponendo l'accento sul recupero dei rifiuti organici, soprattutto in una regione a vocazione prevalentemente agricola, che sembra aver ricevuto fino ad oggi scarsa attenzione. Inoltre, viene considerato fondamentale il ripristino del dialogo con i cittadini e che questi collaborino con le autorità, modificando i propri comportamenti per generare meno rifiuti e per smaltirli in modo corretto.
      Si ricorda infine che nel 2007 la Commissione europea ha deciso di sospendere il pagamento di 135 milioni di contributi Ue che dal 2006 al 2013 avrebbero dovuto finanziare i progetti relativi ai rifiuti, e di altri 10,5 milioni del periodo 2000-2006 che sono stati aboliti.

5. Cosa prevede il decreto legge 196/2010.

      Le principali disposizioni contenute nel decreto legge presentato dal Governo al Parlamento, per fronteggiare l'emergenza, e le tonnellate di rifiuti che da settimane soffocano la città di Napoli e la regione, sono:

          la cancellazione delle tre discariche di Andretta (Avellino) – località Pero Spaccone; Cava Vitiello (Terzigno); Serre (Salerno) – località Valle della Masseria, che facevano parte dell'elenco delle 10 discariche contenuto nel decreto legge 90/2008. Ricordiamo peraltro che queste discariche, seppur previste da Bertolaso due anni e mezzo fa, non sono mai state realizzate. Il Governo ha semplicemente rinunciato a realizzarle;

          la possibilità del Presidente della regione Campania, sentiti le province e gli enti locali, di nominare dei commissari straordinari che potranno accelerare (anche in deroga alla normativa VIA) l'iter per la realizzazione di impianti di termovalorizzazione e di gassificazione dei rifiuti, e per l'individuazione delle aree occorrenti a detta realizzazione;

          la possibilità di utilizzare i rifiuti biostabilizzati (ma con quali garanzie che siano effettivamente biostabilizzati?) come materiale di ricomposizione ambientale per la copertura e risagomatura di cave abbandonate o dismesse, di discariche chiuse ed esaurite ovvero quale materiale di copertura giornaliera delle discariche in esercizio;

          vengono autorizzati gli Stabilimenti di selezione e trattamento dei rifiuti (STIR) a realizzare «impianti di digestione anaerobica» della frazione organica con l'obiettivi di voler ridurre il conferimento in discarica dei residui dei rifiuti trattati;

          nella gestione per gli impianti di selezione e trattamento dei rifiuti (STIR) che si trovano nei comuni di Giugliano e Tufino, all'ASIA Spa del comune di Napoli subentra la provincia di Napoli, tramite la propria società provinciale SAP.NA, che provvederà anch'essa alla copertura di tutti gli oneri a carico delle tariffe. Si dispone una «stretta» sulla raccolta differenziata

 

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da parte dei comuni della regione Campania.

      Il livello di raccolta che dovrà essere raggiunto da ciascun comune entro la fine del 2011, dovrà quindi essere pari ad almeno il 50% dei rifiuti urbani prodotti.
      In caso contrario, il Prefetto potrà diffidare i Sindaci inadempienti a mettersi in regola entro il termine massimo di sei mesi, dopodiché potrà attivare le procedure per la nomina di un commissario ad acta.
      Si prevede la possibilità che il Governo promuova in via d'urgenza (e su richiesta del presidente della regione) una riunione della Conferenza unificata per definire un accordo interregionale per lo smaltimento temporaneo dei rifiuti della regione.
      È evidente la totale inadeguatezza del complesso delle disposizioni a fronteggiare l'emergenza rifiuti, e questo al di là del fatto che alcune disposizioni possano essere condivisibili.
      È l'impianto complessivo che è inadeguato, e non fornisce alcuna risposta seria alle richieste che sono venute in queste settimane dalla Commissione europea.

6. Uscire dalle emergenze.

      Come il Governo ritenga di gestire seriamente l'emergenza rifiuti nel breve-medio periodo, dalla lettura del decreto legge – come abbiamo visto – non è dato saperlo. Le norme proposte non danno risposte credibili, non affrontano nessun «nodo» strutturale, e non fanno intravedere né propongono nessuna credibile «exit strategy» dalla crisi.
      Venute meno le tre discariche previste dal precedente decreto legge rifiuti n. 90 del 2008, la soluzione principale a breve termine individuata dal Governo è quella della solidarietà chiesta alle altre regioni a poter ospitare i rifiuti campani. Per il resto sono norme – comunque insufficienti – che avranno effetti (se li avranno) nel medio periodo, e non forniscono alcuna risposta a ciò che ci chiede l'Unione europea. Soprattutto non c’è nulla per far finalmente decollare la filiera virtuosa del recupero e del riciclo dei rifiuti stessi.
      In più non c’è niente che cerchi di affrontare quello che rappresenta una sorta di «collo di bottiglia» nella corretta gestione del ciclo dei rifiuti: ossia il superamento della provincializzazione dei rifiuti medesimi, ridistribuendo i poteri agli enti locali.
      In questi anni, si è concentrato tutto su quella che dovrebbe essere la fase conclusiva del ciclo dei rifiuti: la termovalorizzazione e il conferimento in discarica. Praticamente nient'altro.
      Se si continuerà a puntare ancora sugli inceneritori, non solo si dovrà attendere molto tempo prima del loro pieno funzionamento, ma saranno inevitabilmente necessarie nuove discariche di stoccaggio.
      Quello che concretamente manca sono le infrastrutture e gli impianti che consentono di gestire la fase intermedia dei rifiuti.
      Così come è del tutto insufficiente – con le dovute eccezioni – una vera raccolta differenziata. È indispensabile estendere a tutta la città di Napoli e ai comuni dell'hinterland le modalità di raccolta domiciliare dei rifiuti, che permette di incrementare notevolmente la percentuale di rifiuti riciclati, chiedendo ai cittadini di distinguere la parte umida da quella secca.
      In stretto raccordo con una politica di forte impulso alla differenziata, è indispensabile finanziare e semplificare la realizzazione di impianti per trattare l'organico: impianti di digestione anaerobica, e impianti di compostaggio, che consentono - tra l'altro di ridurre drasticamente la quantità di rifiuti destinati alla discarica. In questi anni non si sono voluti realizzare i necessari siti di compostaggio, l'unica cosa che, eliminando la frazione umida, impedisce la fermentazione dei rifiuti in discarica, riducendo enormemente il cattivo odore che ammorba i comuni vicini alle discariche.
      Detti impianti sono del tutto insufficienti. E non è poca cosa visto che al Sud la frazione organica arriva al 50% di tutta la differenziata. A Salerno, per esempio, ogni abitante produce circa 130 kg. di

 

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rifiuti organici all'anno, contro i 60-80 kg. del nord. Ma il fatto che in Campania mancano gli impianti di compostaggio, i rifiuti organici vengono portati in Puglia, o in Sicilia, arrivando a pagare fino a 200 euro/tonnellata, contro i 70 euro di norma.
      Inoltre, a differenza dei termovalorizzatori, gli impianti di compostaggio costano molto meno e hanno tempi di realizzazione molto più rapidi.
      Solo con questi interventi, concretizzabili in molto meno di due anni, e con lo sviluppo di politiche di riduzione a monte degli imballaggi e dei rifiuti, si darebbe una soluzione di buona parte dell'emergenza in Campania, costata inutilmente agli italiani più di tre miliardi di euro in 15 anni.

7. Le nostre principali proposte di modifica al decreto legge 196/2010.

      Discarica di Terzigno. Oltre alla prevista cancellazione disposta dal decreto in esame, delle tre discariche che facevano parte dell'elenco delle dieci discariche indicate nel decreto legge 90/2008, e che – ricordiamo – non sono mai state realizzate, proponiamo la chiusura della discarica «Cava Sari» nel comune di Terzigno. E ciò almeno fino all'approvazione definitiva del nuovo piano regionale dei rifiuti conforme ai pertinenti obblighi derivanti dal diritto dell'UE in materia ambientale; degli indispensabili interventi di bonifica; nonché delle risultanze relative ai controlli ambientali e sanitari nel territorio circostante.
      In ogni caso, anche nell'ipotesi in cui la discarica di Terzigno continui ad essere attiva, riteniamo indispensabile – viste le condizioni sanitarie e ambientali in cui versa la discarica – che sia autorizzato esclusivamente il conferimento della frazione secca dei rifiuti.
      In questo modo vietiamo lo sversamento della frazione umida (organica), che è – tra l'altro – la principale responsabile dei processi di putrefazione e quindi anche dell'aria irrespirabile con cui sono costretti a convivere gli abitanti dei comuni vicini.
      Ormai la discarica di Terzigno (in pieno Parco nazionale del Vesuvio), peraltro in via di saturazione, è ridotta a una cloaca, con il percolato che si è infiltrato nelle sorgenti e nei pozzi circostanti. Lo stesso Bertolaso aveva ammesso che occorrono interventi per bonificare l'area in cui sorge la discarica. Siamo ormai di fronte a una vera emergenza sanitaria e ambientale, nel cuore di un Parco nazionale.
      Ricordiamo in proposito che un monitoraggio effettuato dall'Asia Spa del comune di Napoli tra novembre 2009 e maggio 2010, ha evidenziato la presenza, in concentrazione superiore ai limiti consentiti dalla legge, in due pozzi a valle di Cava Sari (Terzigno), di Zinco, Cadmio, Sommatoria Pcb e Benzo(a)pirene.
      Rifiuti pericolosi. Proponiamo l'abrogazione della disposizione contenuta nell'articolo 9, comma 2, del decreto legge 90/2008, che in nome dell'emergenza rifiuti, consente di poter conferire nelle discariche campane, anche i rifiuti pericolosi (ceneri pesanti, fanghi con sostanze pericolose, ecc.).
      Dopo due anni e mezzo, con la motivazione di una perenne emergenza ambientale, è inaccettabile consentire di continuare a sversare nelle discariche anche rifiuti pericolosi. È necessario evitare che in nome di una continua emergenza ambientale, si rischi una emergenza sanitaria.
      Invece si continua a conferire nelle discariche, materiale pericoloso in deroga alla normativa sanitaria e ambientale nazionale e comunitaria vigente.
      L'esasperazione della popolazione costretta a vivere in prossimità di discariche, nasce anche dal fatto che in questi anni è stato di fatto impedito ai comitati di cittadini, di poter vigilare e sapere cosa esattamente finisce in discarica. È ora che si torni al pieno rispetto della normativa vigente in materia.
      «Regionalizzazione» dei rifiuti. L'unica norma del decreto che tenta di tamponare in tempi rapidi, l'emergenza rifiuti in Campania, è la previsione di poter «esportare»

 

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– previo accordo interregionale – i rifiuti in altre regioni.
      Noi riteniamo che, pur mantenendo ferma la possibilità di ricorrere alla solidarietà delle altre regioni del Paese, vada posta un'altra priorità, ossia quella della soluzione dello smaltimento dei rifiuti nell'ambito della medesima regione.
      In questo senso è necessario che in temporanea deroga alla legge regionale che ha previsto la provincializzazione del ciclo dei rifiuti, il Presidente della regione debba operare in un'ottica di «regionalizzazione dei rifiuti», individuando appunto le discariche e gli impianti (di compostaggio, di biostabilizzazione, ecc.) regionali che possono utilmente essere utilizzati.
      Ricordiamo che la provincializzazione dei rifiuti, ha finora rappresentato uno dei principali ostacoli al superamento delle continue emergenze rifiuti della regione.
      È evidente infatti che l'imposizione della provincializzazione dei rifiuti, non possa funzionare a Napoli, dove su una fetta pari all'8% del territorio campano vive circa il 60% della popolazione di tutta la regione. E questo mentre vi sono province dove potrebbero essere realizzate discariche e impianti in zone praticamente semi-deserte.
      Impianti di compostaggio e di biostabilizzazione. Il decreto al nostro esame, prevede la nomina di commissari straordinari per accelerare l'iter per la realizzazione di impianti di termovalorizzazione e di gassificazione dei rifiuti.
      La norma sembra far riferimento (anche se non li indica esplicitamente) alla realizzazione dei due termovalorizzatori (Napoli-est e Salerno).
      Ancora e solo termovalorizzatori, dimenticandosi di creare un sistema impiantistico che sia di supporto e funzionale alla raccolta differenziata, che altrimenti non decollerà mai.
      Noi proponiamo la realizzazione di un solo termovalorizzatore, a cui vanno aggiunti gli indispensabili impianti di compostaggio e di biostabilizzazione, che dovranno essere individuati (quanti ne servono e dove ubicarli) da un Tavolo tecnico attivato dal Presidente della regione, sulla base delle reali esigenze della regione Campania ai fini della sua autosufficienza in materia.
      Sono infatti queste le tipologie di impianti di cui si sente realmente il bisogno, la cui costruzione è ormai inderogabile, e che sono di supporto fondamentale alla raccolta differenziata.
      In questi anni non si sono voluti realizzare i necessari siti di compostaggio, l'unica cosa che, eliminando la frazione umida, impedisce la fermentazione dei rifiuti in discarica, riducendo enormemente il cattivo odore che ammorba i comuni vicini alle discariche.
      Detti impianti sono del tutto insufficienti. E non è poca cosa visto che al Sud la frazione organica arriva al 50% di tutta la differenziata. Ma il fatto che in Campania mancano gli impianti di compostaggio, i rifiuti organici vengono portati in Puglia, o in Sicilia, arrivando a pagare fino a 200 euro/tonnellata, contro i 70 euro di norma.
      Inoltre, a differenza dei termovalorizzatori, gli impianti di compostaggio costano molto meno e hanno tempi di realizzazione molto più rapidi.
      Mantenimento in capo ai Comuni delle attività di gestione dei rifiuti. L'esame in Commissione Ambiente, ha parzialmente migliorato questo aspetto. È stato infatti approvato un emendamento, proposto anche da Italia dei Valori, di proroga di un anno della norma contenuta nel decreto legge 195/2009, che ha previsto che le società provinciali sarebbero subentrate ai comuni nella gestione dei rifiuti, lasciando le competenze ai comuni solo fino al 31 dicembre 2010, solamente per quanto riguarda le attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata.
      In pratica dal 1o gennaio dette attività sarebbero state espropriate ai Comuni, in barba delle tante esperienze positive di molti comuni virtuosi.
      È invece importante mantenere in capo ai comuni dette attività di gestione dei rifiuti.
 

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      Per i medesimi motivi, riteniamo necessario intervenire sulle disposizioni previste dal suddetto decreto legge 195/2010, che prevedono una gestione complessiva in ambito provinciale della gestione dei rifiuti. A tal fine consideriamo invece indispensabile riassegnare ai comuni le funzioni in materia di gestione del ciclo dei rifiuti nell'ambito del proprio territorio, a cominciare dalla competenza per la gestione e la riscossione delle tariffe TARSU e TIA, che dal prossimo anno viene invece assegnata alle province.
      Ricordiamo infatti che a fronte di innegabili criticità, vi sono state esperienze positive e ottimi risultati raggiunti da molti comuni, a cominciare dall'incremento sensibile delle percentuali di raccolta differenziata.
      Realizzazione termovalorizzatori nel rispetto della procedura VIA. Il decreto legge del Governo, prevede che il presidente della Regione, o gli eventuali commissari da lui individuati, assumano i poteri che erano stati attribuiti due anni fa a Guido Bertolaso per la gestione rifiuti nel periodo dell'emergenza, avvalendosi degli uffici della regione e delle province interessate. Possono inoltre agire in termini temporalmente ridotti riguardo all'iter afferente alla valutazione di impatto ambientale connesso alla realizzazione dei termovalorizzatori (in linea con quanto già previsto dall'articolo 9, comma 5, del decreto legge n. 90/2008, che prevede appunto una sensibile riduzione – in deroga alla vigente procedura VIA – dell’iter previsto dal Codice ambientale).
      Noi chiediamo la soppressione di questa deroga dalla procedura VIA, che finisce per ridimensionare enormemente la sua funzione tecnica circa i possibili impatti a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini.
      A essere molto ottimisti, ci vorranno minimo tre anni (senza contare il periodo di collaudo) prima che entrino in funzione i termovalorizzatori.
      Imporre una procedura semplificata per la Valutazione di Impatto ambientale, significa risparmiare qualche settimana di tempo, ossia un nulla rispetto ai tempi complessivi per la realizzazione degli impianti. Peraltro i termovalorizzatori sono impianti a evidente impatto ambientale, con i quali le popolazioni residenti sono costrette a conviverci. Proprio per questo riteniamo che il vantaggio di poter beneficiare di un risparmio di qualche settimana, sia minore del «rischio» di una procedura più che accelerata della valutazione di impatto ambientale.
      Vale la pena ricordare, a questo punto, che già esiste nel nostro ordinamento una procedura semplificata (articolo 14-ter della legge n. 241/1990), ma che in questo caso, di fatto, viene disattivata.
      Controlli obbligatori sui rifiuti biostabilizzati utilizzati a copertura. Il testo del decreto legge, prevede che i rifiuti che hanno ricevuto un trattamento di biostabilizzazione, possano essere utilizzati come materiale di ricomposizione ambientale per la copertura e risagomatura di cave abbandonate o dismesse, di discariche chiuse ed esaurite ovvero quale materiale di copertura giornaliera delle discariche in esercizio.
      Se detta norma è condivisibile nelle sue finalità, è però indispensabile prevedere che, qualora i rifiuti biostabilizzati vengano utilizzati a copertura di discariche, cave dismesse, ecc., questi siano sottoposti a rigorosi controllo da parte dell'ARPA regionale per verificare che effettivamente rispondano ai requisiti minimi richiesti.
      Il rischio da scongiurare (e l'esperienza di questi anni ci dice che è un rischio più che concreto) è infatti che vengano utilizzati rifiuti di varie specie e non biostabilizzati, per essere riversati sul territorio come copertura di cave e discariche.
      Và quindi evitata l'eventualità che il livellamento lo facciano con altri rifiuti «tal quale». Insomma spazzatura per coprire altra spazzatura.
      Raccolta differenziata. È indispensabile estendere - con particolare riguardo alla città di Napoli e ai comuni dell'hinterland – le modalità di raccolta domiciliare dei rifiuti, che permette realmente di incrementare notevolmente la percentuale di rifiuti riciclati, chiedendo ai cittadini di distinguere la parte umida da quella secca.
 

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Su questo aspetto fondamentale, il decreto legge del Governo non prevede assolutamente nulla. Peraltro, in stretto raccordo con una politica di forte impulso alla differenziata, è altresì indispensabile finanziare e semplificare la realizzazione di impianti per trattare l'organico: impianti di digestione anaerobica, impianti di compostaggio, ecc..
      Noi proponiamo di dare un forte impulso alla raccolta differenziata «porta a porta», l'unica modalità che consente di far fare concretamente un «salto di qualità» alla differenziata e qualificare il complessivo ciclo dei rifiuti campani.
      A tal fine prevediamo che siano stanziate adeguate risorse – che reperiamo nell'ambito delle risorse finanziarie assegnate dall'attuale Governo Berlusconi per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina – nonché la possibilità di poter eventualmente impiegare – previo accordo sindacale – il personale in esubero del Consorzio di bacino incaricato della gestione del ciclo dei rifiuti. Ricordiamo che per detto personale in esubero (circa 700 unità), il decreto in esame prevede la proroga di un altro anno, degli ammortizzatori sociali in deroga.
      Garanzie di indipendenza dei Commissari straordinari. Il decreto al nostro esame prevede la possibilità del Presidente della regione Campania, di nominare dei commissari straordinari che potranno accelerare (anche in deroga alla normativa VIA) l'iter per la realizzazione di impianti di termovalorizzazione e di gassificazione dei rifiuti, e per l'individuazione delle aree occorrenti a detta realizzazione.
      L'Italia dei Valori propone che i futuri commissari nominati dal Presidente della regione, siano scelti sulla base della loro competenza e diano garanzia di indipendenza da qualunque appartenenza o condizionamento politico.
      In gioco c’è la realizzazione dei termovalorizzatori. In un contesto nel quale le pressioni politiche e gli interessi economici anche della criminalità organizzata si fanno più pesanti, consideriamo fondamentale garantire che le caratteristiche di imparzialità, indipendenza e competenza facciano parte del profilo professionale dei futuri commissari straordinari.

Piffari, relatore di minoranza.


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