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PDL 3781

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3781



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PEDOTO

Disciplina dell'incompatibilità della professione di avvocato con gli incarichi di governo e con il mandato parlamentare

Presentata il 18 ottobre 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge riproduce una proposta di legge presentata dai deputati Fanfani ed altri nella XIV legislatura (atto Camera n. 3698). A distanza di sette anni, le ragioni che portarono alla presentazione di quella proposta sono tuttora valide e attuali. Con la presente proposta di legge si interviene su una questione che ormai quotidianamente si prospetta all'attenzione dell'opinione pubblica e che corre il rischio, ove non risolta, di inquinare la limpidezza delle attività di governo e legislativa e, in ultima analisi, di compromettere la credibilità dell'intero sistema politico e parlamentare.
      A fronte di provvedimenti legislativi oggetto di ampia discussione e di polemiche a volte violente e a fronte della partecipazione, a volte inevitabile, all'attività sia di governo che di formazione delle leggi da parte di avvocati che, direttamente o indirettamente, hanno interesse per i propri assistiti al provvedimento che partecipano a formare, il cittadino si domanda se ciò sia ammissibile, se sia corretto e se la legge conservi i caratteri sacrali dell'equità sostanziale e dell'uguaglianza per tutti, che sono alla base della sua accettabilità sociale.
      Il problema dovrebbe trovare soluzione, ancor prima del suo sorgere, nella intima coscienza di tutti noi e nel convincimento che mai l'attività difensiva e l'interesse individuale che la accompagna, per chi riveste anche la funzione parlamentare, dovrebbero trovarsi in possibile contrasto con quello più generale che sottostà alla formazione di una legge.
      Ovviamente, se così fosse, non avremmo necessità né di interloquire sul punto né di affrontare il problema in termini di innovazione legislativa, poiché alla norma scritta si sostituirebbe una
 

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regola etica universalmente nota che ne vanificherebbe la portata e la necessità.
      Purtroppo la quotidiana esperienza è di segno del tutto contrario e per molti aspetti avvilente, per cui ci pare doveroso che il Parlamento prenda in esame la situazione, sia nell'interesse della correttezza delle funzioni esecutiva e legislativa, sia a tutela della sua stessa credibilità oggi pesantemente compromessa da una pratica costante di commistione tra interessi particolari e sistema della legislazione.
      Il problema può essere affrontato, ed è stato affrontato in concreto, in maniera differenziata: o contenendo la disciplina nell'ambito della deontologia professionale, ovvero individuando i casi specifici in cui l'attività professionale venga in conflitto con quella di governo o parlamentare, ovvero negando in via generale la compatibilità tra la prima e le seconde.
      Riteniamo che la prima strada, che in linea teorica sarebbe la migliore e la più confacente, sia oggi impraticabile per la evidenza del fenomeno che rende difficile mantenere la disciplina e i divieti che ne conseguono nell'ambito di un'autoregolamentazione tanto dignitosa quanto gracile.
      Propendiamo invece per il ricorso alla identificazione delle singole fattispecie che rendano incompatibile l'esercizio dell'attività difensiva con la funzione legislativa, e che – per quanto gli ambiti di incompatibilità siano di difficile definizione e disciplina e comunque, proprio per l'intrinseca complessità, si prestino a elusioni – garantiscano l'immunità della funzione legislativa da inquinamenti dovuti a interessi particolari.
      Quanto alla possibilità di coesistenza tra l'attività difensiva e la funzione di governo, nelle sue varie forme, riteniamo necessario sancire un'incompatibilità assoluta, essendovi la necessità, a fronte della attualità e della gravità del fenomeno, di dare all'opinione pubblica una risposta in termini di chiarezza e di fermezza.
      Ci rendiamo infine conto che le misure possono essere da taluno ritenute eccessivamente pesanti, ma è opportuno dare un segnale deciso, per iniziare una discussione che avrà certamente l'effetto di rendere l'esercizio della funzione sia legislativa che esecutiva più libero, più aperto alla naturale universalità dei destinatari e certamente più vicino ai cittadini.
      Si propone quindi di dichiarare incompatibile la professione di avvocato con incarichi di governo, modificando in tal senso l'articolo 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni.
      Per gli avvocati eletti in Parlamento si prevede che, entro tre mesi dalla proclamazione, essi debbano comunicare l'elezione al consiglio dell'ordine presso il quale sono iscritti, optando per la continuazione dell'esercizio della professione, ovvero per la sospensione da esso.
      Nel secondo caso il consiglio dell'ordine provvede a disporre la sospensione dell'avvocato eletto in Parlamento dall'esercizio della professione per tutto il periodo del mandato parlamentare, indicando espressamente nell'albo la causa di sospensione affinché non possa confondersi con l'analoga sanzione disciplinare.
      Si prevede ancora che la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense provveda ad accreditare in favore dell'avvocato nei cui confronti sia stata disposta la sospensione, i contributi figurativi nella misura pari alla media di quelli versati nei cinque anni solari precedenti all'elezione al Parlamento.
      Nel caso in cui il parlamentare opti per la continuazione dell'esercizio della professione, si è prevista l'impossibilità di assumere incarichi di consulenza, di assistenza o di difesa in cause o in affari in cui parte interessata o controparte sia lo Stato o una pubblica amministrazione e, per quanto riguarda la materia penale, si sono previste fattispecie in cui non possa in assoluto assumersi il mandato difensivo.
Si è infine prevista la rilevabilità di ufficio della causa di incompatibilità da parte del giudice.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e successive modificazioni, dopo il primo comma è inserito il seguente:
      «È altresì incompatibile con le cariche di Ministro e di Sottosegretario di Stato».

Art. 2.

      1. Entro il termine di un mese dall'assunzione dell'incarico di governo, l'avvocato deve darne comunicazione al consiglio dell'ordine presso il quale è iscritto, trasmettendo in copia autentica la relativa documentazione.
      2. Il consiglio dell'ordine, entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 1, dispone la sospensione dell'avvocato nominato Ministro o Sottosegretario di Stato dall'esercizio della professione per il periodo corrispondente alla durata dell'incarico di governo, provvedendo all'annotazione nell'albo professionale del motivo e della durata della sospensione.

Art. 3.

      1. La Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense provvede ad accreditare in favore dell'avvocato nei cui confronti è stata disposta la sospensione, ai sensi dell'articolo 2, i contributi figurativi nella misura pari alla media dei contributi versati negli ultimi cinque anni solari antecedenti l'anno in cui è avvenuta l'assunzione dell'incarico di governo e per tutta la durata di questo.

 

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Art. 4.

      1. Entro il termine di tre mesi dalla proclamazione, l'avvocato eletto al Parlamento deve darne comunicazione al consiglio dell'ordine presso il quale è iscritto, trasmettendo in copia autentica la relativa documentazione.
      2. Nel termine di cui al comma 1 l'avvocato eletto al Parlamento, con dichiarazione scritta trasmessa al consiglio dell'ordine di cui al medesimo comma 1, deve optare per la continuazione dell'esercizio della professione, ovvero per la sospensione da esso per il periodo corrispondente alla durata del mandato parlamentare.
      3. Il mancato esercizio nei termini di cui al comma 2 del diritto di opzione deve intendersi come volontà di continuare nell'esercizio della professione di avvocato.

Art. 5.

      1. Nel caso in cui l'avvocato eletto al Parlamento opti per la sospensione dall'esercizio della professione, il consiglio dell'ordine provvede ai sensi dell'articolo 2, comma 2. In tale caso la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense provvede ad accreditare i contributi figurativi ai sensi dell'articolo 3, nella misura pari alla media dei contributi versati negli ultimi cinque anni solari antecedenti l'anno in cui è avvenuta l'elezione al Parlamento.

Art. 6.

      1. L'avvocato eletto al Parlamento non può, sotto nessuna forma, individuale o associata, ovvero anche indirettamente o per interposta persona, assumere incarichi di consulenza, di assistenza o di difesa, in pratiche o in cause dinanzi a qualsiasi giurisdizione, anche speciale, in cui sono persone offese o parti lo Stato, le regioni, le province, i comuni o altri enti pubblici.

 

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      2. Nella materia penale, l'avvocato eletto al Parlamento non può assumere la difesa ove si proceda per i seguenti reati:

          a) i reati nei quali è persona offesa o danneggiato lo Stato, ovvero le regioni, le province, i comuni o altri enti pubblici;

          b) i delitti contro la personalità dello Stato previsti dal libro secondo, titolo I, del codice penale;

          c) i delitti contro la pubblica amministrazione previsti dal libro secondo, titolo II, capo I, del codice penale;

          d) i delitti contro l'ordine pubblico previsti dal libro secondo, titolo V, e i delitti contro l'incolumità pubblica previsti dal libro secondo, titolo VI, capi I e II, del codice penale;

          e) i delitti contro la fede pubblica previsti dal libro secondo, titolo VII, capo II, del codice penale;

          f) i delitti contro l'economia pubblica previsti dal libro secondo, titolo VIII, capi I e II, del codice penale;

          g) i delitti contro il patrimonio mediante frode previsti dal libro secondo, titolo XIII, capo II, del codice penale;

          h) i reati commessi avvalendosi delle condizioni di cui all'articolo 416-bis del codice penale.

Art. 7.

      1. Il giudice rileva anche d'ufficio la causa di incompatibilità, stabilita ai sensi della presente legge, e sospende il processo per il tempo necessario a consentire la nomina di un nuovo difensore.


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