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PDL 3842

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3842



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del

CONSIGLIO REGIONALE DELL'ABRUZZO

Divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi

Presentata l'8 novembre 2010


      

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Onorevoli Deputati! — La catastrofe ambientale conseguente alla fuoriuscita di petrolio che sta distruggendo l'ambiente e l'economia del Golfo del Messico, provocata da un guasto alle strutture di servizio estrattivo della piattaforma marina di proprietà della British Petroleum, fa riflettere su tutti i gravissimi pericoli a danno della sostenibilità ambientale, ma anche dello sviluppo economico, che possono venire dall'installazione di infrastrutture che si occupano di estrazioni di idrocarburi in mare.
      In tutto il mondo, nel corso degli ultimi anni, si sono verificati gravissimi incidenti che hanno interessato le piattaforme marine per la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi, causando disastri ambientali a volte irreversibili: «il disastro della piattaforma Sedco 135F nella baia di Campeche al largo delle coste del Messico (1979) con la fuoriuscita di 3,5 milioni di barili di greggio; l'incidente della piattaforma Ekofisk Bravo al largo delle coste della Norvegia (1977) con la fuoriuscita di 202.000 barili di greggio; la fuoriuscita di 200.000 barili dalla piattaforma Funiwa in Nigeria (1980) che ha devastato il delta del fiume Niger; l'incidente sulla piattaforma Piper Alpha al largo delle coste del Regno Unito (1988) che ha comportato la perdita di 167 lavoratori; infine, i disastri che hanno coinvolto le piattaforme High North nell'oceano Indiano (2005) e Usumacinta sempre nel golfo del Messico (2007) che hanno causato la perdita di circa sessanta persone» (Atto di sindacato ispettivo, Senato della Repubblica, interrogazione a risposta orale, n. 3-01311).
 

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      L'intero mare Adriatico, particolarmente nel tratto prospiciente la costa abruzzese, è sempre più oggetto degli interessi economici delle compagnie petrolifere di tutto il mondo: «Solo nell'area del medio-alto Adriatico sono attualmente operative circa 50 piattaforme (oltre a circa 940 pozzi per l'estrazione del gas) prevalentemente di fronte alle coste venete ed emiliane, e diverse piattaforme di estrazione del petrolio nell'area di fronte alle coste marchigiane ed abruzzesi (...) in Italia, potrebbero diventare operative a breve termine numerose altre piattaforme per l'estrazione di idrocarburi da giacimenti con profondità paragonabile a quella della piattaforma della British Petroleum. Le più recenti scoperte di giacimenti si trovano infatti a profondità superiori a 500 metri (...). La stessa Unione petrolifera nella pubblicazione del 2005 “Traffico petroliero e sostenibilità ambientale” ha denunciato che il Mediterraneo ha una densità di catrame pelagico sui fondali pari a 38 milligrammi per metro quadrato, seguito a distanza dal mar dei Sargassi con 10 milligrammi per metro quadrato e poi dal mar del Giappone con 3,8 milligrammi per metro quadrato» (Atto di sindacato ispettivo, Senato della Repubblica, interrogazione a risposta orale, n. 3-01311).
      In quanto ad attività proprie, le piattaforme cosiddette «off-shore», nella fase esplorativa e in quella estrattiva, sversano in mare un quantitativo di idrocarburi valutato nel 10 per cento del totale dell'inquinamento marino da idrocarburi. Si tratta di fluidi e fanghi generati dalle trivellazioni e dagli scarti degli idrocarburi estratti e lavorati, che nel loro insieme risultano essere letali per la fauna marina e l'intero ecosistema dell'Adriatico.
      Al danno conclamato causato giornalmente dalle attività estrattive (sversamento di fanghi tossici e scarti operativi) di ogni piattaforma petrolifera, si somma l'inquinamento provocato dal transito in mare di ogni tipo di natanti e, soprattutto, delle navi-cisterna per il trasporto di idrocarburi.
      La situazione del mare Adriatico è ancor più aggravata dal fatto di essere un mare «chiuso» e poco profondo, inadatto a smaltire le sostanze inquinanti, più simile a un grande lago e già interessato da un forte riscaldamento delle acque, da fenomeni di eutrofizzazione e inquinamento da scarichi industriali e civili apportati dalle aste fluviali che in esso confluiscono: il fiume Po, in particolare, che convoglia nell'Adriatico una quantità enorme di prodotti inquinanti. Si consideri, poi, la presenza di importanti raffinerie come quelle di Ravenna e di Venezia.
      Ai fini dell'incidenza ambientale vengono, purtroppo, valutati singolarmente i progetti di intervento, senza tener conto dell'effetto cumulativo degli stessi, mentre il reale impatto sull'ambiente dovrebbe essere commisurato alla sommatoria delle singole attività, con l'aggiunta della crescita del rischio di catastrofe ambientale in ragione della presenza costante di ulteriori fattori di rischio (fuoriuscita di greggio dalle navi cisterna, aumento dell'afflusso di elementi inquinanti dalla terraferma eccetera).
      Altro rischio non quantificabile è, inoltre, quello connesso a preoccupanti fenomeni di subsidenza che rischiano di investire tratti della costa veneta e romagnola, ma anche delle Marche e dell'Abruzzo. Il fenomeno di subsidenza, che consiste in un lento e progressivo abbassamento verticale del piano di terreno, può essere indotto dalla minore presenza di fluidi interstiziali residui nel terreno causata, per l'appunto, dall'estrazione di petrolio e gas.
      Inoltre, sotto altri aspetti, l'esperienza degli ultimi anni consegna un'analisi impietosa sulle presunte «convenienze» per lo sviluppo economico in presenza di piattaforme petrolifere. L'irrilevante beneficio economico in favore delle singole regioni, derivante dall'introito di una quota minima delle royalty pagate dalle multinazionali del petrolio, non compensa neanche minimamente i gravissimi danni sull'indotto del settore turistico, sull'esercizio della pesca e sulla qualità della vita, ma soprattutto non è neanche paragonabile ai danni irreparabili che potrebbero insorgere
 

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a seguito di un «incidente» come quello verificatosi nel Golfo del Messico; danni che i bilanci di molte società beneficiarie di concessioni ricadenti nel mare Adriatico non sarebbero mai in grado di risarcire, neppure in minima parte.
      Va altresì considerato che la problematica ambientale in esame coinvolge anche aspetti della partecipazione democratica a scelte che impegnano il futuro di ciascuno e di tutti: il carattere pervasivo dell'industria estrattiva di idrocarburi e la conseguente destinazione coatta delle aree marine interessate vanifica ogni forma di partecipazione delle popolazioni locali al processo di formazione delle decisioni che riguardano gli assetti territoriali. Il livello decisionale, relegato nell'ambito della categoria dell'interesse nazionale, si colloca ben al di sopra di ogni possibile interlocuzione democratica territoriale.
      In considerazione di tutto quanto sopra si ritiene di dover presentare l'allegata proposta di legge alle Camere, ai sensi dell'articolo 121, secondo comma, della Costituzione.
      La proposta normativa si compone di due articoli.
      L'articolo 1, rubricato «Ambito di applicazione», prevede che la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi sono vietate nelle acque del mare Adriatico prospiciente le seguenti regioni: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia. Prevede altresì che il predetto divieto di prospezione, ricerca e coltivazione si applica anche ai procedimenti autorizzatori avviati e non conclusi alla data di entrata in vigore della legge. Infine, sono fatti salvi, fino all'esaurimento dei relativi giacimenti, i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in essere, nei limiti stabiliti dai provvedimenti stessi.
      L'articolo 2 disciplina l'entrata in vigore della legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA REGIONALE

Art. 1.
(Ambito di applicazione).

      1. La prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi liquidi sono vietate nelle acque del mare Adriatico prospiciente le seguenti regioni: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia.
      2. Il divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di cui al comma 1 si applica anche ai procedimenti autorizzatori avviati e non conclusi alla data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Sono fatti salvi, fino all'esaurimento dei relativi giacimenti, i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in essere, nei limiti stabiliti dai provvedimenti stessi.

Art. 2.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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