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PDL 3681

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3681



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VELO, META, MARIANI, AGOSTINI, BOCCUZZI, BOFFA, BONAVITACOLA, BRANDOLINI, CARDINALE, MARCO CARRA, CECCUZZI, CODURELLI, COMPAGNON, DE MICHELI, DI STANISLAO, ESPOSITO, FADDA, FAVIA, FERRARI, FIANO, FONTANELLI, FRONER, GASBARRA, GATTI, GENTILONI SILVERI, GINEFRA, GIOVANELLI, GNECCHI, GRASSI, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LOSACCO, LOVELLI, LUSETTI, MARANTELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MATTESINI, GIORGIO MERLO, MIGLIOLI, MOTTA, NARDUCCI, OLIVERIO, PELUFFO, PIZZETTI, PUGLIESE, QUARTIANI, REALACCI, SAMPERI, TIDEI, TORRISI, TRAPPOLINO, TULLO, VANNUCCI, VERNETTI, VIOLA, ZUCCHI

Legge quadro in materia di interporti e di piattaforme territoriali logistiche

Presentata il 30 luglio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — La legge 4 agosto 1990, n. 240, all'articolo 1 definisce l'interporto come «un complesso organico di strutture e servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità d trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione».
      Questa definizione è sostanzialmente in linea con il profilo normativo assunto a riferimento a livello internazionale in merito all'identificazione e all'evoluzione dei sistemi e dei servizi di trasporto, nei confronti del quale il legislatore italiano può considerarsi un precursore. Infatti, nel 2001, la Conferenza europea dei Ministri dei trasporti (ECMT-UNECE) ha definito l'interporto come «una concentrazione territoriale di organismi ed imprese indipendenti aventi a che fare con il trasporto delle merci (corrieri, spedizionieri, operatori del trasporto, dogane), e dei servizi ausiliari, che include almeno un terminal ferroviario».
      La legge n. 240 del 1990 si configurava sostanzialmente come un atto di
 

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natura erogativa, in uno scenario di riassetto delle competenze tra i livelli di governo ancora in evoluzione. Da un lato lo Stato non aveva ancora delegato alle regioni funzioni di programmazione in materia di trasporti e opere infrastrutturali, delega attuata solo con la legge 15 marzo 1997, n. 59, dall'altro non esisteva ancora un'organica politica europea dei trasporti; politica che muoveva allora i suoi primi passi con l'avvio della discussione sulla realizzazione delle reti transeuropee di trasporto e con i dibattiti sull'avvio del processo di liberalizzazione nella gestione dei servizi di trasporto, dapprima aereo e poi ferroviario.
      Successivamente con l'articolo 24 della legge 5 marzo 2001, n. 57, veniva conferita al Governo la delega per l'adozione di norme «per il completamento e il riequilibrio della rete interportuale nazionale in un contesto di rete logistica». Tale delega non è mai stata esercitata.
      Con la legge 1o agosto 2002, n. 166, che ha modificato il citato articolo 24 della legge n. 57 del 2001, è stata assegnata alle regioni la potestà legislativa in materia di localizzazione degli impianti interportuali ovviando così alla necessità di un atto normativo statale di programmazione. La localizzazione degli interporti è ora di competenza del piano regionale dei trasporti, da adottare ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 422 del 1997.
      Va peraltro sottolineato che, anche quando la podestà era statale nell'individuazione (localizzazione) degli interporti, l'ente locale ha sempre partecipato ai processi decisionali per la localizzazione (ubicazione) degli impianti di logistica intermodale attraverso le previsioni urbanistiche, che hanno sostanzialmente indirizzato le scelte e definito in buona parte il contesto economico e di redditività delle diverse infrastrutture interportuali che sono state realizzate nei passati decenni.
      Con atti di indirizzo della politica economica, e in particolare con i Documenti di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2006-2009 e 2009-2013, sono state individuate a livello nazionale sette piattaforme logistiche integrate e territorialmente strategiche sul principio delle omogeneità connettive:

          1) piattaforma logistica del nord-ovest;

          2) piattaforma logistica del nord-est;

          3) piattaforma logistica tirrenico-adriatica del nord;

          4) piattaforma logistica tirrenico-adriatica centrale;

          5) piattaforma logistica tirrenica sud;

          6) piattaforma logistica adriatica sud;

          7) piattaforma logistica del Mediterraneo sud.

      Per piattaforma logistica territoriale si può intendere in questo contesto il compendio delle infrastrutture e dei servizi, presenti su un territorio interregionale, destinato a svolgere funzioni connettive di valore strategico per l'intero territorio nazionale nel suo insieme, prioritariamente nei suoi rapporti con la rete transnazionale dei trasporti, per favorire l'interconnessione più efficace al fine di migliorare la competitività del Paese.
      Il legislatore sembra quindi assumere un orientamento che assegna al Governo nazionale il compito di definire le piattaforme logistiche integrate strategiche per l'Italia, all'interno delle quali poi la pianificazione di ciascuna regione, o per meglio dire dell'insieme delle regioni che sono presenti nell'ambito geografico definito per le piattaforme logistiche territoriali, colloca le singole infrastrutture interportuali, portuali e aeroportuali.
      La devoluzione dei poteri dallo Stato alle regioni precedentemente esposta e la costruzione graduale e costante di una politica europea dei trasporti fanno emergere la necessità di un riordino della normativa vigente in materia di interporti.
      Il disegno europeo dei terminali strategici e dei corridoi merci, non ancora formalizzato in strumento normativo, non tiene sufficientemente conto di quanto sta emergendo dall'attuale dibattito nell'ambito dell'Unione europea sul ridisegno del

 

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sistema europeo dei trasporti, condizionato sia dal progresso nella costruzione delle reti transeuropee, sia dal riordino delle normative di accesso e di regolazione dei singoli modi di trasporto nel contesto del mercato unico dell'Unione europea.
      A tale riguardo occorre tenere conto in particolare delle linee di indirizzo, non ancora perfezionate in atti normativi dell'Unione europea, del «Libro Verde TEN-T: riesame della politica. Verso una migliore integrazione della rete transeuropea di trasporto al servizio della politica comune dei trasporti», di cui alla comunicazione COM(2009)44 della Commissione, del 4 febbraio 2009, e della «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo», di cui alla comunicazione COM(2008)852 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2008.
      In particolare, nel citato Libro Verde si legge che «la strategia attuale in materia di progetti prioritari potrebbe evolvere verso una strategia riguardante una rete prioritaria. Questa strategia consentirebbe inoltre di incorporare in modo più sistematico i nodi (che spesso sono la causa principale di congestione e di altri problemi), i porti e gli aeroporti in quanto punti di ingresso nella rete e principali punti di interconnessione intermodale che favoriscono una forte integrazione della rete».
      Emerge un orientamento dell'Unione europea finalizzato alla costruzione di una «strategia di coordinamento per corridoio», che dovrebbe coinvolgere tutti i soggetti interessati: autorità nazionali, fornitori di infrastruttura, operatori di servizi, utenti e istituzioni regionali e locali.
      Questo orientamento è reso ancora più esplicito dalla citata proposta di regolamento su una rete ferroviaria europea per un trasporto merci competitivo. Tra gli obiettivi di questa proposta normativa c’è la messa a disposizione delle imprese ferroviarie di un numero sufficiente di piattaforme intermodali capaci di offrire servizi di qualità funzionali allo sviluppo del trasporto combinato.
      La proposta di regolamento assegna agli Stati membri l'obbligo di creare corridoi merci nell'ambito delle reti transeuropee. Gli stessi Stati devono individuare tali corridoi, con una procedura validata dalla Commissione europea. In questo ambito viene introdotto il concetto di terminale strategico, come il «terminale del corridoio merci aperto a tutti gli operatori che gioca un importante ruolo nel trasporto ferroviario delle merci lungo il corridoio merci».
      L'organismo di governo del corridoio, in base all'articolo 9 della citata proposta di regolamento, «definirà la strategia per lo sviluppo dei terminali strategici in modo tale da consentire che siano coerenti con i bisogni del trasporto ferroviario merci che si sviluppa lungo il corridoio».
      Insomma, mentre in Italia si è avviato un percorso di devoluzione della potestà normativa sugli interporti alle regioni, a livello di Unione europea si delinea uno scenario normativo che assegna agli Stati membri il compito di individuare i terminali strategici per lo scambio modale, nell'ambito dello sviluppo dei corridoi europei di trasporto delle merci.
      In sintesi, rispetto a una potestà normativa esclusivamente nazionale sugli interporti, propria della legge n. 240 del 1990 e a un successivo passaggio delle competenze alle regioni su tale materia (a partire dal 1997), si delinea ora, nella prospettiva dei prossimi anni, un ruolo della politica europea dei trasporti nella programmazione dei terminali strategici e un loro peso rilevante nella costruzione dei corridoi europei per il trasporto combinato delle merci.
      Di questo scenario occorrerà tenere conto, soprattutto per evitare che la competenza delle regioni italiane in materia di interporti replichi la frammentazione nella costruzione di nuovi interporti e di nuove piattaforme logistiche; frammentazione che potrebbe condurre a uno spiazzamento competitivo della rete nazionale degli interporti rispetto alla rete europea
 

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delle piattaforme logistiche che sarà costruita nei prossimi anni.
      A tale riguardo, una legge di riordino degli interporti e delle piattaforme logistiche, comunque già assegnata alla responsabilità del governo dalla citata legge n. 57 del 2001, dovrebbe affrontare almeno le seguenti questioni:

          1) definire i concetti di piattaforma logistica territoriale e di interporto, anche nella logica del disegno europeo di politica dei trasporti, inserendo la rete dei terminali strategici nazionali nel network dell'Unione europea dei collegamenti e dei corridoi:

          a) per piattaforma logistica territoriale si intende il compendio delle infrastrutture e dei servizi, presenti su un territorio interregionale, destinato a svolgere funzioni connettive di valore strategico per l'intero territorio nazionale nel suo insieme, prioritariamente nei suoi rapporti con la rete transnazionale dei trasporti, per favorire l'interconnessione più efficace al fine di migliorare la competitività del Paese;

          b) per interporto si intende un complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati, gestito da un soggetto imprenditoriale che opera al fine di favorire lo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, con l'obiettivo di accrescere l'intermodalità. Un interporto deve comprendere almeno un terminal ferroviario idoneo a formare o a ricevere treni completi, operando un numero non inferiore a dieci coppie di treni settimanali, e deve essere collegato con porti, viabilità di grande comunicazione e aeroporti;

          2) riordinare le competenze in materia di pianificazione per le piattaforme logistiche territoriali tra i tre livelli (Unione europea, nazionale e regionale) e di conseguenza per gli interporti, assegnando allo Stato sia il compito di definire i terminali strategici funzionali ai corridoi europei di trasporto merci, sia il compito di definire i requisiti delle piattaforme logistiche integrate su base sovra-regionale, con l'obiettivo di favorire la sostenibilità economica del trasporto intermodale attraverso la concentrazione e la specializzazione dei traffici;

          3) lasciare invece alle regioni il compito di autorizzare la costruzione e la gestione di un interporto, coerentemente con il quadro nazionale e dell'Unione europea che emerge dalla definizione dei terminali strategici della stessa Unione e dai criteri fissati per l'ottimale organizzazione delle piattaforme logistiche integrate;

          4) assegnare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il riconoscimento delle piattaforme logistiche esistenti e la localizzazione di nuove eventuali piattaforme, mediante lo strumento del programma nazionale per lo sviluppo dell'intermodalità, che deve essere contenuto all'interno del piano generale dei trasporti e della logistica. Il programma nazionale per lo sviluppo della intermodalità è sottoposto al parere obbligatorio della Conferenza unificata e dovrà definire il nuovo assetto logistico del «sistema Paese» e pertanto in modo preciso i terminali strategici (grandi hub) di attrazione e di accesso per il combinato terrestre nazionale e internazionale, nonché i terminali ferroviari di concentrazione, dei traffici anche per il combinato marittimo. Determinante sarà il collegamento tra le strutture portuali e gli interporti, finalizzato allo sviluppo dei terminal intermodali privilegiando il migliore sfruttamento degli impianti esistenti, piuttosto che la costruzione di nuovi, favorendone comunque l'integrazione dell'attività nel caso di compresenza di diversi impianti gestiti da soggetti diversi nei territori di riferimento delle singole piattaforme logistiche territoriali;

          5) fissare i requisiti delle piattaforme logistiche territoriali per quanto riguarda gli interporti: all'interno di ciascuna piattaforma logistica devono essere individuati dalle regioni un numero definito di interporti operativi secondo le indicazioni contenute negli strumenti di programmazione nazionale e dell'Unione europea, prevedendo

 

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la costruzione di un nuovo interporto solo se chiaramente funzionale a ricevere e a formare almeno dieci coppie di treni settimanali e in presenza di una rete ferroviaria adeguata a tale esigenza e certificata dal relativo gestore;

          6) istituire, tra le regioni interessate da una piattaforma logistica territoriale, un organismo di coordinamento strategico, formato dagli assessori competenti per i trasporti e per la mobilità delle regioni stesse; a tale organismo è assegnato il ruolo di cerniera tra gli indirizzi nazionali della politica dei trasporti e i piani regionali delle singole istituzioni territoriali, per fare in modo che la somma degli interporti definiti dalle differenti pianificazioni regionali non sia superiore ai vincoli stabiliti dalla legge;

          7) limitare l'ambito del finanziamento; contributi finanziari pubblici destinati al potenziamento infrastrutturale possono essere assegnati solo agli interporti definiti dalla legge e compresi all'interno della pianificazione nazionale e regionale. In tal modo, da un lato, si concentra l'assegnazione delle risorse alle sole piattaforme veramente strategiche per lo sviluppo complessivo del Paese e, dall'altro, si evita che nascano nuove infrastrutture logistiche, infrastrutture che generano dispersione anziché concentrazione dei flussi di traffico, condizione indispensabile per assicurare qualità ed economicità al processo di erogazione del servizio di trasporto e allo scambio tra le diverse modalità (nella fase iniziale potrebbero essere trasferite a un apposito fondo tutte le risorse di cui alla legge n. 240 del 1990 non convenzionate alla data del 31 dicembre 2009 e non utilizzate a una data da definire); prevedere comunque l'erogazione dei contributi in favore del traffico intermodale, soprattutto nella fase di start-up di nuovi collegamenti e nell'ipotesi di integrazione tra porti e interporti;

          8) specificare e ribadire la natura giuridica privatistica di un interporto, le cui attività rientrano nelle prestazioni di servizi aventi natura commerciale, per assicurare quel necessario modello gestionale flessibile e orientato all'efficienza e all'efficacia delle azioni, indispensabile per offrire una risposta tempestiva e di qualità alla domanda da parte degli operatori del trasporto che si insediano in questa infrastruttura;

          9) favorire l'insediamento negli interporti di centri per lo stoccaggio di rifiuti e di materie prime seconde, in modo tale da favorire, per questa tipologia di merci, il ricorso a soluzioni di trasporto intermodale, minimizzando le rotture di carico e la dispersione logistica;

          10) incentivare, mediante strumenti di agevolazione fiscale, la localizzazione, all'interno degli interporti, di insediamenti manifatturieri ad alto contenuto logistico, per favorire l'accesso a soluzioni di trasporto immediatamente disponibili in loco.

      La presente proposta di legge si prefige di colmare la lacuna attuale costituita dalla mancanza di una legge quadro sugli interporti e sulle piattaforme territoriali logistiche. Si tratta, infatti, di una materia rientrante nell'ambito dei «porti e aeroporti civili» nonché delle «grandi reti di trasporto e di navigazione», cioè di una materia qualificata come di competenza legislativa concorrente dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione; è quindi riservata allo Stato la determinazione dei relativi princìpi fondamentali.
      Una vera legge quadro, pertanto, finora non è stata mai emanata, malgrado la sempre crescente importanza della materia.
      L'opportunità della definizione in una cornice di princìpi vincolanti per la legislazione regionale è dovuta soprattutto all'esigenza di evitare la dispersione di risorse che potrebbe conseguire a un'incontrollata proliferazione di interporti, che ne diminuirebbe la economicità e che comporterebbe un inutile consumo di territorio.

 

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      In particolare l'articolo 1 della presente proposta di legge è diretto a dare un'aggiornata definizione di piattaforma logistica territoriale e di interporto e a fissare i requisiti minimi di autosufficienza economico-gestionale.
      L'articolo 2 intende chiarire l'ordine delle competenze e superare possibili incongruenze con la disciplina derivante dalla pianificazione urbanistica.
      L'articolo 3 regola il procedimento e le condizioni per il riconoscimento di un interporto.
      L'articolo 4 mira a rendere più snelle le procedure per la realizzazione degli interventi.
      L'articolo 5 affronta il delicato problema della disciplina dei rifiuti derivanti dalle eventuali trasformazioni che si dovessero rendere necessarie all'interno di un interporto.
      L'articolo 6, infine, prevede una necessaria autonomia di disciplina degli standard urbanistici di quelle infrastrutture particolarissime che sono le piattaforme logistiche territoriali e gli interporti.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ambito di applicazione e definizioni).

      1. La presente legge stabilisce i princìpi fondamentali in materia di interporti, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, nell'ambito delle materie relative ai porti e aeroporti civili e alle grandi reti di trasporto e di navigazione di potestà legislativa concorrente.
      2. Ai sensi della presente legge si intende:

          a) per piattaforma logistica territoriale, il compendio delle infrastrutture e dei servizi, presenti su un territorio interregionale, destinato a svolgere funzioni connettive di valore strategico per l'intero territorio nazionale, e in particolare nei suoi rapporti con la rete transnazionale dei trasporti, per favorire l'interconnessione più efficace al fine di migliorare la competitività del Paese;

          b) per interporto, il complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati gestito da un soggetto imprenditoriale che opera al fine di favorire lo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, con l'obiettivo di accrescere l'intermodalità.

Art. 2.
(Programmazione delle strutture).

      1. Il riconoscimento delle piattaforme logistiche territoriali esistenti e la localizzazione di nuove piattaforme logistiche territoriali sono di competenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che vi provvede mediante l'approvazione, con proprio decreto, del piano generale delle intermodalità, nell'ambito del piano

 

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generale dei trasporti e della logistica, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, di seguito denominata «Conferenza unificata».
      2. Le previsioni del piano generale delle intermodalità costituiscono automatica variazione delle eventuali prescrizioni incompatibili degli strumenti urbanistici comunali e sovracomunali.
      3. Con il decreto di cui al comma 1 o con successivo decreto adottato con la procedura di cui al medesimo comma 1, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti determina l'ambito di influenza di ciascuna piattaforma logistica territoriale, all'interno del quale l'eventuale realizzazione di nuovi interporti è posta a totale carico dei soggetti privati proponenti e non costituisce comunque obbligo per lo Stato, per le regioni, per gli enti locali o per altri enti o società pubblici ai fini della realizzazione di opere di infrastrutturazione o di raccordo con le infrastrutture pubbliche.

Art. 3.
(Requisiti delle strutture).

      1. Il riconoscimento di un interporto è soggetto ad autorizzazione regionale, subordinata alla verifica dei requisiti minimi previsti dalla presente legge e da quelli ulteriori eventualmente previsti dalla legge regionale.
      2. I requisiti minimi previsti, ai sensi del comma 1 sono: un terminale ferroviario intermodale, idoneo a formare o ricevere treni completi, operando con un numero non inferiore a dieci coppie di treni settimanali, un'area attrezzata di sosta per i veicoli industriali, un servizio doganale, un centro direzionale, un'area per i servizi alle persone, un'area per i servizi ai veicoli industriali, aree diverse destinate rispettivamente alle funzioni di trasporto intermodale, di logistica, di approvvigionamento, di logistica industriale, di logistica distributiva e di logistica distributiva urbana.

 

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      3. Un interporto deve inoltre avere collegamenti stradali diretti con la viabilità di grande comunicazione, collegamenti ferroviari diretti con le linee ferroviarie nazionali prioritarie e collegamenti funzionali con almeno un porto e un aeroporto.
      4. Gli interporti già operativi e quelli in corso di realizzazione devono garantire il rispetto dei requisiti di cui ai commi 2 e 3 entro il terzo anno successivo a quello della data di entrata in vigore della presente legge.
      5. La progettazione, la realizzazione e la gestione di un interporto devono rispondere a criteri di unitarietà tra le diverse funzioni previste e prevedere adeguati e certificati sistemi di sicurezza e di controllo nonché di risparmio energetico.
      6. La progettazione di un interporto è obbligatoriamente sottoposta a valutazione di impatto ambientale.

Art. 4.
(Natura della gestione).

      1. La gestione di un interporto costituisce attività di prestazione di servizi rientrante tra le attività aventi natura commerciale.
      2. I soggetti che gestiscono interporti agiscono in regime di diritto privato, anche se il loro statuto non prevede il fine di lucro.

Art. 5.
(Gestione dei rifiuti).

      1. Nel rispetto della normativa dell'Unione europea e nazionale vigente in materia di rifiuti, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e d'intesa con la Conferenza unificata, sono disciplinate le modalità di trasporto e di stoccaggio dei rifiuti da parte dei soggetti che gestiscono interporti al fine di favorire la semplificazione di tali attività.

 

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Art. 6.
(Disciplina urbanistica).

      1. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno e d'intesa con la Conferenza unificata, sono stabiliti gli standard urbanistico-edilizi da osservare nelle piattaforme logistiche territoriali e negli interporti, anche in deroga al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.


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