Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 3623

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3623



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAZZOLA, CONTENTO, VERSACE, MAZZUCA, DEL TENNO, DELLA VEDOVA

Misure di carattere sperimentale per favorire l'occupazione a tempo indeterminato nelle aree svantaggiate e dei lavoratori in mobilità, nonché modifica all'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300

Presentata il 13 luglio 2010


      

torna su
Onorevoli Colleghi! — Si può anche continuare a ignorare il problema per motivi di opportunità politica o di pregiudizio ideologico, ma le norme che regolano il licenziamento individuale, ai sensi dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, più nota come «statuto dei lavoratori», costituiscono un impedimento di rilievo per il mondo delle imprese, un ostacolo all'incremento dell'occupazione nonché un handicap sul versante della competitività, essendo l'obbligo di reintegra previsto soltanto dalla nostra legislazione. Se un datore di lavoro è indotto a interrogarsi a lungo prima di procedere a una nuova assunzione, ciò significa che il sistema non funziona. L'esperienza dimostra che i livelli di occupazione hanno conosciuto un incremento importante e ininterrotto per almeno otto anni soltanto a seguito dell'introduzione di regole che consentivano alle imprese di avvalersi di manodopera con rapporti di lavoro «flessibili». L'esame della sequenza storica degli andamenti del mercato del lavoro prima della crisi evidenzia, se ancora ve ne fosse bisogno, la singolarità del caso italiano, specie se viene messo a confronto con altre esperienze e valutato nel contesto degli altri indicatori economici.
 

Pag. 2

INDICATORI DEL MERCATO DEL LAVORO (1992-2006)

Indicatori
1992-1997
1997-2000
2000-2003
2003-2006
1. Tasso di attività
(variazione media annua in %)
 0,1
 0,7
 0,8
 0,4
2. Tasso di occupazione
(variazione media annua in %)
–0,2
 0,8
 1,2
 0,5
3. Tasso di disoccupazione
(variazione media annua in %)
 0,4
–0,4
–0,6
–0,3
4. Occupazione (per teste)
(variazione media annua in %)
–0,5
 1,3
 1,6
 0,8
5. Occupazione (unità di lavoro equivalenti)
(variazione media annua in %)
–0,1
 1,1
 1,1
 0,7
6. PIL (variazione media annua in %)
 2,1
 2,2
 0,8
 1,7
7. Elasticità occupazione/PIL
valori medi annui
–0,1
 0,5
 1,4
 0,4
8. Produttività
(variazione media annua in %)
 2,2
 1,0
–0,3
 1,0

Fonte: ISAE, 2005.

      I dati della tabella, elaborati dall'Istituto di studi e analisi economica (ISAE), parlano da sé, nella loro evoluzione e con riferimento ai diversi periodi considerati. Iniziamo a osservare l'arco di tempo compreso tra il 1992 e il 1997 (l'anno in cui furono assunte le prime misure di riforma del mercato del lavoro secondo regole e criteri di flessibilità). A fronte di una crescita media annua significativa del prodotto interno lordo (PIL), è possibile notare un andamento critico del mercato del lavoro nel senso che diminuiva l'occupazione e aumentava la disoccupazione. In parallelo, era in crescita la produttività del lavoro. In tale periodo le imprese preferivano continuare ad effettuare investimenti labour saving piuttosto che fare fronte ai picchi produttivi ricorrendo a nuove assunzioni. La realtà economica di quei tempi – invero non troppo lontani – produceva degli effetti con tratti apparentemente paradossali. L'Italia era un Paese a intensa innovazione di processo (solitamente a risparmio di lavoro), mentre più modesta era l'innovazione di prodotto. Secondo i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), dall'inizio degli anni settanta fino alla fine degli anni novanta, nel settore privato, il capitale fisso per addetto era aumentato del 37 per cento negli Stati Uniti d'America e del 125 per cento in Italia. A questa tendenza si accompagnò il fenomeno della frantumazione del tessuto delle imprese. Nel settore manifatturiero – sono dati della Banca d'Italia – la quota di occupati con più di 500 addetti era del 31 per cento nel 1971, poi scesa al 19 per cento nel 1991 e al 15 per cento nel 1996. Su questa realtà (che non si è più modificata sul piano della struttura produttiva) hanno influito positivamente i provvedimenti di riforma del mercato del lavoro, sia il «pacchetto Treu» del 1997 sia la «legge Biagi» del 2003. Il segno del cambiamento è emerso con chiarezza nel quadriennio 2000-2003: l'occupazione è cresciuta mediamente dell'1,6 per cento (in valori assoluti) e dell'1,1 per cento (come unità di lavoro equivalenti), mentre la disoccupazione è diminuita, sempre in media, dello 0,6 per cento. Nel contempo, la produttività è calata mediamente dello 0,3 per cento. Ciò sia in rapporto alle caratteristiche della nuova occupazione (si vedano i dati sull'elasticità dell'impiego), sia per un altro motivo molto ovvio: lo sblocco del mercato del lavoro fa sì che si produca la medesima quantità di beni (il PIL cresce, infatti, mediamente dello 0,8 per cento) con un numero maggiore di

 

Pag. 3

occupati. Quanto all'oggi e alle prospettive future, la situazione dovrebbe meglio equilibrarsi. Nel periodo 2003-2006, infatti, sono proseguiti gli standard positivi per quanto riguarda il mercato del lavoro (più occupazione, meno disoccupazione, maggiore produttività), a fronte di una dinamica un poco più sostenuta dello sviluppo. A ridosso di tali trend esiste anche una questione attinente alla contrazione demografica (che emerge osservando la scarsa dinamica del tasso di attività) e che rende testimonianza di una riduzione della popolazione in età di lavoro. In ogni caso, le tendenze del mercato del lavoro meriterebbero più attenzione e soprattutto delle valutazioni più obiettive e serene. A partire dalla constatazione di fondo: i rapporti di lavoro flessibili hanno interessato soprattutto i giovani e sono stati loro a essere espulsi dai processi produttivi in seguito alla crisi.
      Gli eventi hanno cambiato radicalmente questo scenario. I «check up» sulla disoccupazione (siamo a livello dell'8,7 per cento) dimostrano che dovranno trascorrere alcuni anni prima che si inverta il ciclo e riprendano le assunzioni. In fondo è quanto ha certificato l'OCSE. Nel 2010 nei Paesi dell'OCSE la ripresa modesta non determinerà significativi impatti sull'occupazione (si parla di 17 milioni di posti di lavoro a rischio). Nel 2011 le cose andranno meglio, ma la situazione resterà molto difficile con lunghi periodi di disoccupazione. Nel 2007 era stato raggiunto il livello d'impiego massimo da almeno venticinque anni: i due terzi della popolazione in età di lavoro erano occupati (+8 per cento rispetto ai primi anni duemila). Nel 2009 si è riscontrato, invece, il tasso più alto di disoccupazione. Quanto alle caratteristiche della disoccupazione, ce ne sono di due tipi: una perdita di posti in conseguenza del calo del PIL (in particolare nel settore delle costruzioni, come in Spagna); una riduzione delle ore lavorate come nel caso della Germania e dell'Italia. I giovani sono quelli più colpiti a fronte di un lieve incremento per altri gruppi di età. La disoccupazione giovanile, nei Paesi dell'OCSE, ha raggiunto tassi tra il 20 e il 25 per cento (del 42 per cento in Spagna e poco meno del 30 per cento in Italia) e deve essere affrontata con programmi di scolarizzazione, di formazione e di tirocinio allo scopo di preparare le giovani generazioni alle sfide degli anni a venire. La quasi totalità dei lavori persi sono quelli di lavoratori con contratti precari e sono più uomini che donne. Per non dover attendere troppi anni per riassorbire queste perdite occorre mettere in campo politiche del lavoro che vadano oltre quell'emergenza che il Governo italiano – ormai lo riconoscono tutti, perfino gli avversari più faziosi – ha affrontato in maniera adeguata ed efficace. Quali sono le politiche da adottare? Occorre aiutare in primo luogo coloro che hanno perso il lavoro e rischiano condizioni di povertà. È altresì indispensabile impedire l'incancrenirsi di casi di disoccupazione di lunga durata in attesa che possa ripartire la domanda di manodopera. Nei diversi Paesi vi sono state molte differenze nelle politiche di sostegno passivo. Si è calcolato che tali politiche hanno consentito di salvare in diciannove Paesi alcuni milioni di posti di lavoro. Devono altresì essere adottati programmi in favore del lavoro giovanile e di arricchimento delle competenze dei disoccupati attraverso la formazione e individuando con cura i gruppi di disoccupati che rischiano di uscire completamente dal mercato del lavoro. Devono essere evitate la disoccupazione a lungo termine e le misure di prepensionamento. Invece devono essere fortemente potenziati i programmi di riconversione professionale e soprattutto i contratti ad alto contenuto formativo come l'apprendistato.
      È molto interessante riflettere sull'occupazione dei lavoratori stranieri. I lavoratori stranieri continuano a collocarsi per circa il 40 per cento nell'industria. Più specificatamente la quota di occupazione straniera nell'industria in senso stretto non è distante da quella italiana (nell'ordine, il 20,7 e il 21,1 per cento degli occupati), mentre nel settore delle costruzioni è di oltre due volte superiore a quella degli italiani (il 16,5 per cento rispetto al 7,7 per cento). All'opposto, il complesso del terziario assorbe una quota di popolazione immigrata inferiore rispetto alla componente italiana, con un'incidenza nel 2009 rispettivamente del 58,4 e del 67,8 per cento. La presenza straniera rimane peraltro molto modesta nei comparti
 

Pag. 4

(servizi alle imprese, informatica, ricerca e sviluppo) dove trovano impiego gli italiani. Sotto il profilo di genere l'occupazione maschile straniera si colloca per poco meno del 60 per cento nell'industria (28,8 per cento nell'industria in senso stretto, 27,9 per cento nelle costruzioni) e quella femminile nel terziario, dove raggiunge l'87 per cento, ovvero quasi sei punti in più rispetto a quella delle italiane. A spiegare il fenomeno dell'aumento dei lavoratori stranieri anche nel corso del 2009 (+13 per cento) concorrono certamente elementi diversi, compreso quello di una maggiore flessibilità – per definizione – di questo tipo di occupazione.
      Il progetto di legge prende le mosse dall'attuale situazione di difficoltà dell'occupazione. Anche quando ripartirà la ripresa non vi sarà, in parallelo, un corrispondente incremento dell'occupazione, perché le aziende dovranno recuperare la forza lavoro in cassa integrazione guadagni. Le norme del progetto di legge (all'articolo 1) si propongono di offrire alle imprese, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2012, la possibilità di assumere a tempo indeterminato lavoratori in mobilità potendo avvalersi, in caso di licenziamento che non abbia carattere discriminatorio, di una tutela di carattere solamente risarcitorio. La medesima possibilità è riconosciuta alle imprese operanti in determinate regioni. L'articolo 2 prevede, invece, una revisione strutturale della disciplina del citato articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
      Il comma 5 del suddetto articolo consente, infatti, al dipendente di rifiutare la reintegrazione nel posto di lavoro e, in tal caso gli è riconosciuta la liquidazione di una penale pari a quindici mensilità di retribuzione. L'articolo 2 attribuisce tale opzione anche al datore di lavoro soccombente in giudizio, affidando al giudice il compito di stabilire la misura della penale entro un limite di quindici mensilità, così la disciplina del licenziamento individuale sarà più conforme a quanto è previsto nei Paesi europei e riportato nella tabella di seguito allegata.
 

Pag. 5

LA TUTELA DEL LICENZIAMENTO INGIUSTIFICATO NELL'UNIONE EUROPEA

Paese
Periodo di prova (durata max per impiegati)
Reintegrazione (obbligatoria per il datore)
Risarcimento del danno alternativo alla reintegra (non per i licenziamenti discriminatori)

Preavviso per la generalità dei dipendenti
Austria 1 mese   14 gg-6 mesi
Belgio 6 mesi x RAL
>33.677 euro;
12 mesi x RAL
>33.677 euro
No 6 mesi Operai 28-112 gg,
impiegati 3 mesi
ogni 5 anni
Bulgaria   Sì su richiesta
del lavoratore
  30 gg-3 mesi
Cipro 2 anni No 24 mesi 1-8 settimane
Danimarca   No 1-6 mesi 1-6 mesi
Estonia 4 mesi Sì su richiesta
del lavoratore
6 mesi 2 settimane-
4 mesi
Finlandia 4 mesi No 3-24 mesi 14 gg-6 mesi
Francia   No 6 mesi +1/10 o 2/10 della retribuzione mensile per ogni anno +1/15 o 2/15 oltre il 10o anno (indennità di licenziamento) 1-2 mesi
Germania 6 mesi Sì ma il giudice su richiesta delle parti può in alcuni casi non disporla   2 settimane-
7 mesi
Grecia   No   30 gg-24 mesi
Irlanda   No 2 anni 1-8 mesi
Italia 6 mesi 15 mesi alternativi
alla reintegrazione a scelta
del solo dipendente
15 gg-6 mesi
Lettonia 3 mesi   10 gg-1 mese
Lituania 3-6 mesi Sì ma il giudice
può condannare
al solo risarcimento
  2 mesi
Lussemburgo   No 5-25 mesi,
danno patrimoniale
500-12.500 euro
2-6 mesi.
Oltre i 5 anni di anzianità il preavviso può essere prolungato sino a 18 anni (in alternativa all'indennità di licenziamento)
Malta 6 mesi Sì solo su richiesta
del lavoratore
34.940 ma non vi è
un limite di legge
1-12 settimane
Olanda 2 mesi Sì su richiesta
del lavoratore ma
raramente disposta
Formula Cantonal Court: anzianità adattata in base all'età x retribuzione mensile lorda x fattore di correzione in base al caso concreto 1-4 mesi
Polonia 3 mesi Sì ma il giudice
può condannare
al solo risarcimento
3 mesi 2 settimane-
3 mesi
Portogallo 240 gg 15-45 gg di retribuzione per ciascun anno di servizio (minimo 3 mesi)  
Regno Unito   Sì ma il datore può rifiutare la reintegra pagando un compenso aggiuntivo Indennità per le ipotesi di esubero e un'indennità risarcitoria pari nel max a circa 90.000 euro 1-12 settimane
Repubblica
Ceca
3 mesi Sì su richiesta
del lavoratore
  2 mesi
Repubblica
Slovacca
3 mesi Sì ma il giudice
può ritenerla
non opportuna
  2-3 mesi
Romania 30 gg Sì su richiesta
del lavoratore
  30 gg
Slovenia 3 mesi Sì ma il giudice
può ritenerla
non opportuna
  30-120/150 gg
Spagna 2-6 mesi No 1-45 gg per ciascun anno
di anzianità.
Max 42 mesi
15-30 gg
Svezia 6 mesi No ma sospensione
del licenziamento
16-32 mesi o 24-48 mesi se il lavoratore ha 60 anni o più. In aggiunta danno non patrimoniale di importo variabile (da 5.400 a 10.800 euro) 1-6 mesi
Ungheria 3 mesi Sì ma il giudice può ritenerla non opportuna e condannare al solo risarcimento del danno 2-12 mesi 30 gg-1 anno

        NOTE: lavoratori non dirigenti, licenziamento non discriminatorio o di lavoratore non rientrante in una categoria protetta. Periodo senza protezione di legge. I Paesi che prevedono un'anzianità di servizio per il diritto all'indennità in caso di licenziamento sono: Danimarca (1 anno), Francia (2 anni), Germania (6 mesi), Grecia (2 mesi), Irlanda (1 anno), Regno Unito (1 anno).
        Limite di dipendenti per la protezione. In alcuni Paesi hanno diritto all'indennità i dipendenti di aziende con un numero stabilito di lavoratori: 5 in Austria, 11 in Francia, da 5 a 10 in Germania, 15 in Italia, 5 in Portogallo.

Fonte: Iuslaboris - «Il Sole 24 Ore».

 

Pag. 6


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Fatti salvi i divieti di licenziamento discriminatorio ai sensi dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, del licenziamento della lavoratrice in concomitanza del suo matrimonio ai sensi dell'articolo 35 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e del licenziamento in caso di malattia o di maternità ai sensi dell'articolo 2110 del codice civile, le disposizioni dell'articolo 18 della citata legge n. 300 del 1970, come da ultimo modificato dall'articolo 2 della presente legge, non trovano applicazione in via sperimentale fino al 31 dicembre 2012:

          a) per le nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate entro il 31 dicembre 2011, nei territori delle regioni Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Puglia, Abruzzo e Molise, nonché nelle province nelle quali il tasso medio annuo di disoccupazione, secondo i dati della rilevazione periodica delle forze di lavoro dell'Istituto nazionale di statistica riferiti all'anno precedente l'assunzione, è superiore di almeno il 3 per cento alla media nazionale risultante dalla medesima rilevazione;

          b) per i lavoratori, assunti a tempo indeterminato, che hanno maturato un'anzianità di servizio presso lo stesso datore di lavoro inferiore a due anni;

          c) per i lavoratori in mobilità assunti a tempo indeterminato dopo la data di entrata in vigore della presente legge e fino al 31 dicembre 2011.

      2. Ai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni previste dall'articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604,

 

Pag. 7

e successive modificazioni, in caso di licenziamento, anche se intervenuto in data successiva al 31 dicembre 2012.

Art. 2.

      1. Al quinto comma dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ferma restando la nullità dei licenziamenti discriminatori ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604, dall'articolo 3 della legge 11 maggio 1990, n. 108, e dall'articolo 15 della presente legge, è riconosciuta anche al datore di lavoro, soccombente in giudizio, la facoltà di corrispondere al prestatore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro un'indennità a titolo di risarcimento del danno, il cui importo è fissato dal giudice in misura non superiore a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto».


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su