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PDL 3566

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3566



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOBBA, RUBINATO

Disposizioni concernenti lo svolgimento di operazioni di polizia sotto copertura per l'accertamento dei delitti di corruzione e di concussione

Presentata il 22 giugno 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — La regola aurea del filosofo greco Epitteto si può riassumere nella massima: «Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capire la differenza». Troppo spesso la politica si è barricata dietro tale principio dimenticando il coraggio necessario, oggi più che mai, per riuscire a diffondere l'onestà e la trasparenza anche nell'amministrazione della res publica, ma soprattutto per renderla libera dal malcostume e quindi orientata verso la sua più aulica accezione etimologica. La trasparenza e l'onestà, infatti, sono le premesse necessarie e imprescindibili per poter essere politici e amministratori, ma soprattutto per garantire ai cittadini il rispetto della gestione del bene pubblico. Sono infatti condivisibili le affermazioni del dottor Piercamillo Davigo, consigliere della Corte di cassazione, il quale, in un libro-intervista, ha dichiarato che «gli strappi alla legalità sono di per sé un disvalore e devono quindi essere perseguiti e processati». Un disvalore che non solo attecchisce nell'economia del Paese, ma che è capace di minare anche il processo democratico, trasformandosi in una misura premiale per chi non rispetta le regole. Con la presente proposta di legge si introduce il cosiddetto «test di integrità», ovvero la possibilità di mettere alla prova il politico, l'amministratore, il funzionario pubblico o il privato, utilizzando un finto tentativo di corruzione, attraverso il controllo severo della magistratura e della polizia giudiziaria. In questo modo si vigilerebbe affinché le risorse pubbliche siano gestite in modo corretto, secondo i princìpi di onestà e trasparenza. Si ritiene, quindi, necessario consentire il controllo,
 

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attraverso provvedimenti che comunque escludano abusi di potere o comportamenti illegittimi, dell'operato dell'eletto, dell'amministratore o del funzionario pubblico, al fine di ridurre l'enorme distanza creatasi tra cittadino e politica.
      I fenomeni di corruzione e di concussione, infatti, sono ormai diventati una forma patologica della nostra società, una piaga che dilaga e che sembrerebbe essere entrata nei costumi degli italiani senza particolari ostacoli, al punto che, secondo il rapporto sul nostro Paese, reso noto il 16 ottobre 2009, da parte del Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione (GRECO), in Italia la corruzione è radicata tanto nella pubblica amministrazione quanto nella società civile, come anche nel settore privato. Le cosiddette «tangenti», sempre secondo il rapporto, sarebbero uno strumento molto consueto non solo per ottenere licenze, permessi, contratti pubblici, ma anche per garantire, ad esempio, buoni voti universitari et similia.
      Il disagio dell'Italia è evidente su scala mondiale, infatti, secondo l'indice di percezione della corruzione, conosciuto come Corruption perception index (CPI), un indicatore pubblicato annualmente a partire dal 1995 dall'organizzazione non governativa Transparency international che ordina i Paesi del mondo sulla base del livello secondo il quale l'esistenza della corruzione è percepita tra pubblici uffici e politici, l'Italia nel 2007 era al trentasettesimo posto, mentre nel 2009 è crollata al sessantatreesimo, preceduta da Cuba e dalla Turchia.
      Negli Stati Uniti d'America la repressione della corruzione è affidata al cosiddetto «entrapment», ovvero quando esiste il sospetto di corruttibilità ci si limita a sottoporre il presunto reo al test di integrità, il quale consiste nel verificare la reazione del soggetto sospetto a un tentativo di corruzione, arrestandolo se l'esito del test è positivo. Con questo metodo è stato scoperto ed arrestato anche il sindaco di Washington.
      Pur avendo una cultura, una storia e una normativa completamente diverse, anche in Italia è possibile mutuare l'esperienza americana, grazie anche alla legge 3 agosto 2009, n. 116, approvata all'unanimità in entrambi i rami del Parlamento, che ratifica la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) contro la corruzione, la quale, all'articolo 50, permette agli Stati membri di porre in essere attività sotto copertura. Questa iniziativa appare necessaria se si considera che secondo l'Europa, gli italiani ricorrono a «scorciatoie» per qualsiasi necessità che implichi l'ottenimento di un vantaggio o di una utilità, quasi fosse una forma mentis tacitamente condivisa e approvata. Una fotografia che sembra trovare la propria camera oscura negli ultimi dati della Corte dei conti, i quali evidenziano che nel solo periodo gennaio-novembre 2009, il Ministero dell'interno, i comandi dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza hanno denunciato 221 reati di corruzione, 219 di concussione e 1.714 reati di abuso di ufficio, con un notevole incremento rispetto all'anno precedente. In particolare, nel solo 2009 l'aumento di denunce al citato Corpo è stato del 229 per cento rispetto all'anno precedente e del 153 per cento è stato l'incremento per fatti relativi al reato di concussione.
      Le cause di questo malcostume, che forse Dante Alighieri avrebbe definito «meschina baratteria», non possono prescindere anche da un'interpretazione squisitamente antropologica del fenomeno e quindi dalla sfiducia nelle istituzioni, che comporta il non rispetto delle regole a scapito della collettività. Se è vero, infatti, che occorre intervenire per arginare questo fenomeno, non si può non considerare la larga maggioranza di cittadini onesti, che subiscono, loro malgrado, le conseguenze della minoranza. Infatti, secondo la relazione della Corte dei Conti sul bilancio generale dello Stato, del 2009, il costo dei fenomeni di corruzione si aggira tra i 50 e i 60 miliardi di euro l'anno gravanti sul bilancio generale dello Stato e se il dato complessivo è inquietante, ancor più drammatiche sono le conseguenze sul singolo cittadino. Infatti i circa 40 milioni di contribuenti versano pro capite 1.500 euro di «tassa occulta aggiuntiva».
 

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      Gli italiani che lavorano e che pagano le imposte nel 2008 hanno versato nelle casse dell'erario circa 163 miliardi di euro; ne consegue che i 50-60 miliardi di euro non dovuti avrebbero ampiamente coperto circa un terzo del valore dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF). Cioè ogni italiano avrebbe potuto pagare in meno un terzo delle imposte che ha versato allo Stato. Non solo. Gli stessi 50-60 miliardi di euro indicati dalla Corte dei conti quantificano l'effetto della corruzione sull'economia italiana, ravvisabile in opere pubbliche e servizi più onerosi, ritardi nell'amministrazione pubblica, tanto da far «ragionevolmente temere che il suo impatto possa incidere sullo sviluppo economico del Paese anche oltre le stime effettuate dal servizio Anticorruzione e Trasparenza del Ministero della funzione pubblica». Senza considerare che, inevitabilmente, i fenomeni corruttivi trovano terreno fertile nella criminalità organizzata, favorendone il radicamento e l'espansione.
      Nel nostro Paese la corruzione è favorita da alcuni aspetti specifici del sistema amministrativo, come la non trasparenza, l'inefficienza e l'eccessiva burocrazia e i territori più a rischio risultano quelli in cui «maggiori sono le opportunità criminali in considerazione del PIL pubblico più elevato, delle transazioni a rischio quantitativamente più numerose e del maggior numero di dipendenti pubblici», come la Lombardia, la Sicilia, il Lazio e la Puglia. Infatti, secondo la classifica delle regioni in cui la Corte dei conti ha emesso il maggior numero di citazioni in giudizio per danno erariale, dopo il primo posto della Toscana, con 21 citazioni dove è in corso l'indagine sugli appalti relativi al G8, seguono la Lombardia con 18, la Puglia con 11, la Sicilia con 10, l'Umbria con 7, il Piemonte ugualmente con 7, Trento con 5, la Calabria con 4, il Lazio con 3, l'Abruzzo con 2, l'Emilia Romagna parimenti con 2, il Friuli Venezia Giulia e la Liguria con 1.
      Come sottolineato dal procuratore generale della Corte dei Conti, Dott. Mario Ristuccia, nella relazione presentata nel corso della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario, il 17 febbraio 2010, le conseguenze di comportamenti criminosi sempre più radicati, al punto di rischiare di diventare quasi prassi, sono notevoli soprattutto se si considera la «flessione della fiducia che la collettività ripone nelle amministrazioni e nelle stesse istituzioni del Paese».
      È quasi un circolo vizioso dove la sfiducia verso le istituzioni comporta fenomeni di malcostume, che a loro volta generano nuova disaffezione da parte dei cittadini.
      Le norme esistenti non risultano, quindi, in grado di spezzare questa catena e di favorire in primis un cambio di mentalità che faccia della trasparenza l'unica soluzione possibile per trasformare quel circolo statico in una staffetta virtuosa.
      Gli stessi operatori del diritto e la giurisprudenza ammettono la necessità di una riforma normativa in grado di dare strumenti più idonei e atti a contrastare realmente i fenomeni corruttivi. Infatti, secondo l'autorevole parere del dottor Davigo, occorre «ripensare una parte della legislazione nella prospettiva di togliere le occasioni (...). Bisogna creare l'interesse a essere onesti», ma soprattutto è giunto il tempo di «drastiche riforme».
      Nella legislatura corrente è già stato fatto un primo fondamentale passo, come già accennato, attraverso l'approvazione della citata legge n. 116 del 2009. Tale provvedimento, presentato al Senato della Repubblica già nella XV legislatura dal gruppo del Partito Democratico, fissa dei punti cardine dai quali non si può prescindere nel novellare le disposizioni vigenti, ma soprattutto per garantire un approccio fermo e deciso per contrastare i fenomeni corruttivi.
      In particolare il citato articolo 50 della Convenzione dell'ONU contro la corruzione, relativo alle tecniche speciali di investigazione, al comma 1, dispone che «(...) ciascuno Stato, nei limiti consentiti dai principi fondamentali del proprio ordinamento giuridico interno, (...) adotta le misure necessarie, con i propri mezzi, a consentire l'appropriato impiego da parte delle autorità competenti della consegna
 

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controllata e, laddove ritenuto opportuno, di altre tecniche speciali di investigazione, quali la sorveglianza elettronica o di altro tipo e le operazioni di polizia sotto copertura, entro il suo territorio, e a consentire l'ammissibilità in tribunale della prova così ottenuta».
      Proprio in ottemperanza al citato articolo 50, attraverso la presente proposta di legge si introduce e si disciplina l'attività di polizia sotto copertura volta ad indagare ed acquisire prove, atte ad essere utilizzate in giudizio, per i delitti di corruzione, concussione, nonché di ricettazione, riciclaggio e reimpiego del prezzo o profitto di tali reati. Si tratta di consentire una peculiare attività, quella sotto copertura, già prevista nella legislazione vigente per contrastare determinate fattispecie criminose, quali il traffico di sostanze stupefacenti, la pornografia, il terrorismo internazionale, con particolare riguardo al traffico di armi. L'ufficiale di polizia giudiziaria, in incognito, entra in contatto con soggetti privati, amministratori ovvero funzionari pubblici, i quali nel porre in essere le proprie attività risultano non trasparenti. All'articolo 1 della proposta di legge, infatti, si prevede la possibilità di operazioni di polizia sotto copertura qualora, dal controllo incrociato di dati sensibili, risultino sperequazioni tra il tenore di vita e il reddito apparente del soggetto, oppure arrivino segnalazioni a seguito di controlli patrimoniali da parte dell'organo competente, ovvero si riscontrino anomalie nelle pratiche patrimoniali, fiscali, tributarie o relative a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, al rilascio di concessioni, di autorizzazioni o di nulla osta da parte della pubblica amministrazione.
      L'ufficiale di polizia giudiziaria, ovvero gli ausiliari ad esso collegati e coinvolti nell'operazione, necessariamente pongono in essere comportamenti perseguibili penalmente; per questo, all'articolo 2, sono state previste cause di non punibilità non solo per l'attività in senso stretto, ma anche relativamente all'utilizzo di documenti falsi e quindi si prevede, da parte del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri interessati, l'emanazione di un decreto che disciplini in modo armonioso e puntuale, nonché coordini, a fini informativi e operativi, gli organismi investigativi coinvolti, quali la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri e il Corpo della guardia di finanza.
      Al fine di garantire una maggiore tempestività e competenza delle operazioni, si è deciso di valorizzare i comandi provinciali e regionali degli organi competenti, previa autorizzazione della procura della Repubblica presso il capoluogo di distretto dove l'operazione sotto copertura avrà luogo, ovvero dove avverrà la parte prevalente della stessa operazione. La preventiva autorizzazione da parte del procuratore della Repubblica garantisce un controllo rigoroso dell'operazione dal suo inizio ed evita abusi o la possibilità di porre in essere comportamenti illegittimi.
      All'articolo 4 si prevede che i reati di corruzione e di concussione si perfezionano anche qualora la richiesta, l'offerta o la promessa di denaro o di altra utilità provenga da un ufficiale di polizia giudiziaria ovvero da un ausiliare a lui collegato, fatta salva l'autorizzazione del procuratore della Repubblica. Questa disposizione si è ritenuta necessaria per evitare di vanificare il lavoro svolto dalla polizia giudiziaria in quanto, in mancanza di tale norma, anche se l'attività delittuosa fosse autorizzata da un organo competente, si concretizzerebbe la fattispecie di cui all'articolo 49 del codice penale.
      L'articolo 5 prevede la possibilità di ritardare l'esecuzione di provvedimenti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo o custodia, qualora ciò sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione dei responsabili dei delitti di corruzione o concussione, ricettazione, riciclaggio e reimpiego del prezzo o profitto di tali reati.
      Infine, all'articolo 6, si stabilisce che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture possa richiedere le operazioni di polizia sotto copertura, al fine di dare seguito, in modo più tempestivo, alle segnalazioni ricevute, qualora idonee.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Operazioni di polizia sotto copertura).

      1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 50 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 2 della presente legge, il procuratore della Repubblica competente può autorizzare le operazioni di polizia sotto copertura di cui al comma 2 del presente articolo, al fine di accertare i reati di corruzione attiva o passiva e di concussione.
      2. Ai fini della presente legge, per operazioni di polizia sotto copertura si intendono operazioni di polizia giudiziaria attuate nell'ambito di indagini relative ai reati di cui al comma 1, nonché ai reati di ricettazione, di riciclaggio e di reimpiego del prezzo o del profitto relativo ai reati di cui al medesimo comma 1, volte all'acquisizione di elementi di prova relativi ai medesimi reati e consistenti:

          a) nell'attività di offerta, acquisto, ricezione, sostituzione od occultamento di denaro, di documenti, di beni ovvero di altre utilità o cose oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere i reati di cui all'alinea, nonché in azioni che in qualsiasi modo ostacolano l'individuazione della provenienza delle suddette utilità o che ne consentano l'impiego;

          b) nell'utilizzo di documenti, identità o indicazioni di copertura, anche al fine di attivare o di entrare in contatto con soggetti o con siti nelle reti di comunicazione; in attività prodromiche o strumentali alla realizzazione dei reati di corruzione e di concussione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, il rilascio di concessioni, di autorizzazioni e di nulla osta da parte della pubblica amministrazione, fatte salve le disposizioni dell'articolo 3.

 

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Art. 2.
(Cause di non punibilità).

      1. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri e al Corpo della guardia di finanza che, nell'ambito di operazioni di polizia sotto copertura, pongono in essere le attività di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a) e b).
      2. Nell'ambito delle operazioni di polizia sotto copertura gli ufficiali di cui al comma 1 possono avvalersi di soggetti ausiliari, ai quali si applica la causa di non punibilità di cui al medesimo comma.

Art. 3.
(Procedura).

      1. L'esecuzione delle operazioni di polizia sotto copertura può essere disposta dal dirigente della squadra mobile, della divisione investigazione generali ed operazioni speciali della Polizia di Stato, dal comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri o del Corpo della guardia di finanza, dal comandante del nucleo regionale di polizia tributaria, dal comandante della sezione anticrimine del raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, nonché dal direttore del centro operativo della direzione investigativa antimafia, previa autorizzazione del procuratore della Repubblica presso il capoluogo di distretto nel quale devono aver luogo le operazioni medesime ovvero la loro parte prevalente. Il medesimo procuratore può autorizzare operazioni di polizia sotto copertura qualora, nel corso di attività di indagine, si riscontrino sperequazioni tra il tenore di vita e reddito di un soggetto o anomalie nelle pratiche patrimoniali, fiscali, tributarie o in quelle relative alla stipulazione dei contratti e all'emanazione dei provvedimenti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), ovvero

 

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qualora riceva segnalazioni da parte degli organi competenti.
      2. Nell'autorizzazione di cui al comma 1 il procuratore della Repubblica competente indica altresì, se necessario o se richiesto, il nominativo dell'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione di polizia sotto copertura, nonché il nominativo degli eventuali ausiliari impiegati. Nel corso dell'operazione di polizia sotto copertura l'organo richiedente l'autorizzazione di cui al comma 1 deve comunque tenere costantemente informato il procuratore della Repubblica circa le modalità di esecuzione ed i risultati dell'operazione, nonché circa i soggetti che vi partecipano.
      3. Per l'esecuzione delle operazioni di polizia sotto copertura il procuratore della Repubblica competente può autorizzare l'utilizzo temporaneo di beni mobili ed immobili e di documenti di copertura, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri Ministri interessati, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono stabilite le forme e le modalità per il coordinamento, a fini informativi e operativi, tra gli organismi investigativi di cui all'articolo 2, comma 1.

Art. 4.
(Consumazione del reato).

      1. I reati di corruzione e di concussione si intendono consumati anche qualora la richiesta, l'offerta o la promessa di denaro o di altra utilità provenga da un ufficiale di polizia giudiziaria ovvero da un ausiliare a lui collegato, autorizzati ai sensi dell'articolo 3, comma 1.

Art. 5.
(Ritardo od omissione degli atti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo o custodia).

      1. Qualora sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per

 

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l'individuazione o per la cattura dei responsabili dei reati di cui all'articolo 1, gli ufficiali di polizia giudiziaria responsabili dell'operazione di polizia sotto copertura, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, possono omettere o ritardare gli atti di arresto, perquisizione o sequestro di propria competenza dandone immediato avviso, anche telefonico, al procuratore della Repubblica che può disporre diversamente. L'autorità procedente trasmette motivato rapporto al procuratore della Repubblica entro quarantotto ore dalla ricezione dell'avviso.
      2. Per i motivi di cui al comma 1, qualora sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione dei responsabili dei reati di cui all'articolo 1, comma 2, il procuratore della Repubblica può, con decreto motivato, ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione dei provvedimenti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo e custodia.
      3. Il procuratore della Repubblica impartisce all'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione di polizia sotto copertura le disposizioni di massima per il controllo degli sviluppi dell'attività criminosa, comunicando i provvedimenti adottati all'autorità giudiziaria competente per il luogo in cui l'operazione deve concludersi, ovvero per il luogo attraverso il quale si prevede sia effettuato il transito in uscita dal territorio dello Stato, ovvero quello in entrata nel territorio dello Stato, di denaro, di beni mobili, ovvero di altre utilità.
      4. Nei casi di urgenza le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere richieste o impartite anche oralmente; i provvedimenti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo o custodia devono comunque essere emessi entro le ventiquattro ore successive all'emanazione delle disposizioni citate.
      5. Chiunque, nel corso di operazioni di polizia sotto copertura, indebitamente rivela o divulga i nomi degli ufficiali di polizia giudiziaria che effettuano le operazioni medesime o degli ausiliari a loro collegati è punito, salvo che il fatto costituisca
 

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più grave reato, con la reclusione da due a sei anni.

Art. 6.
(Modifica all'articolo 6 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

      1. All'articolo 6, comma 9, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

          «a-bis) richiedere, di propria iniziativa o su richiesta motivata di chiunque vi abbia interesse, che siano svolte attività di polizia sotto copertura;».


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