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PDL 3559

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3559



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BARBIERI

Disposizioni in materia di tutela previdenziale dei giudici di pace

Presentata il 21 giugno 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — Il crescente numero di giudici onorari impegnati in funzioni giurisdizionali, a volte anche superiore a quello rilevato dall'organico stabile della magistratura togata, ha portato ad affidare loro importanti settori della giurisdizione italiana e su di loro si confida per smaltire il carico giudiziario pendente sui tribunali italiani.
      Dai giudici di pace, ai giudici onorari aggregati, dai giudici onorari del tribunale ai giudici onorari di diverso tipo per l'espletamento di funzioni giudiziarie di carattere generale, tutti svolgono una funzione apprezzata, dedicando in via esclusiva la loro attività alla funzione di giudice, sospendendo o riducendo l'attività professionale che costituisce spesso il punto di partenza o il punto di ritorno della propria attività lavorativa.
      Il fatto che l'unica distinzione tra giudice togato e giudice cosiddetto «onorario» sia collegata solo alla durata delle funzioni non può e non deve avere alcuna influenza discriminatoria sull'identità del titolare della funzione giudiziaria, sulla sua retribuzione, nonché sui doveri e sui diritti che derivano dal ruolo che svolge nell'ambito dell'amministrazione della giustizia.
      Poiché giudici togati e giudici onorari esaminano, istruiscono e decidono controversie che riguardano, a diversi livelli, cittadini che chiedono di far valere in via giudiziaria i loro diritti, non appare giusto considerare diverso il loro status professionale.
      La natura cosiddetta «indennitaria» della retribuzione del lavoro svolto dal giudice onorario è una «fictio», tenuto conto che nella maggior parte dei casi si tratta di un impegno a tempo pieno che richiede formazione, aggiornamento, diligenza, qualità eccetera.
      Tuttavia il lavoro svolto con professionalità, costanza, dedizione e impegno è
 

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compensato solo con una retribuzione a cottimo senza salvaguardare la posizione previdenziale durante la durata dell'incarico, per cui la posizione previdenziale, ove esiste, sarebbe, con il lavoro di giudice di pace, interrotta o depauperata costringendo l'avvocato (o il soggetto diverso) a indebolire la propria posizione previdenziale.
      È evidente che l'attuale condizione giuridica dei giudici di pace e l'assenza di contribuzione previdenziale appaiono in contrasto con l'articolo 38 della Costituzione.
      Nessun rilievo può avere la durata del lavoro svolto (un anno, quattro anni o dieci anni) in quanto si tratta di lavoro retribuito cui si deve rapportare una necessaria posizione previdenziale.
      D'altra parte si tratta, come già detto, di soggetti che, per fare il giudice di pace, rinunciano spesso a svolgere un'altra attività lavorativa già inserita in uno specifico settore professionale. Gli avvocati – per l'incompatibilità sancita dalla legge – rinunciano almeno in parte a svolgere l'attività professionale e a riscuotere compensi.
      Non stiamo parlando solo di soggetti anziani già pensionati, ma anche di giovani professionisti il cui impegno giurisdizionale bisogna tutelare e incentivare.
      Occorre quindi prevedere la tutela previdenziale del giudice di pace con contribuzione a carico dello Stato e con possibilità di far valere il periodo di lavoro esplicato come giudice onorario ai fini dell'iscrizione alle casse professionali, alla stessa stregua di quanto oggi avviene per alcune funzioni pubbliche e parlamentari.
      Una possibile soluzione del problema è data dall'applicazione del principio dell'attrazione del reddito del giudice di pace nell'ambito del reddito professionale, alla stregua dell'attività svolta da amministratori, sindaci, custodi eccetera.
      È evidente che va rispettato, insieme al principio di tutela previdenziale, quello dell'unicità della posizione presso un solo ente previdenziale (per gli avvocati la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense).
      Se un avvocato o un altro professionista sceglie, nell'ambito del proprio lavoro, di diversificare la propria attività svolgendo, spesso, alternativamente la professione forense e la funzione di giudice di pace, non può né deve essere penalizzato in quanto la diversa attività che egli svolge nel tempo è sempre riferibile alla propria attività professionale.
      In un quadro di flessibilità del lavoro (di quello autonomo e di quello professionale) è necessario un intervento legislativo o ministeriale.
      Al lavoro retribuito va aggiunta, in proporzione, la contribuzione previdenziale a carico dello Stato, senza distinzione di sorta.
      La normativa deve essere ovviamente retroattiva.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'indennità di cui all'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, corrisposta ai giudici di pace nominati tra gli avvocati iscritti al relativo albo professionale è considerata a tutti gli effetti previdenziali quale reddito professionale forense.
      2. Il Ministero della giustizia provvede al rimborso, direttamente all'avvocato, dei contributi soggettivi, integrativi e di maternità, commisurati all'indennità dallo stesso versati alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, di seguito denominata «Cassa forense», e comunque entro il massimo di 1.500 euro mensili.
      3. I contributi soggettivi, integrativi e di maternità dovuti alla Cassa forense devono essere versati secondo le modalità, i termini e la periodicità previsti dalla normativa vigente.
      4. Entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i giudici di pace iscritti alla Cassa forense possono chiedere il computo, ai fini dell'accreditamento della relativa contribuzione, delle indennità percepite anteriormente e comunque entro il limite massimo di otto anni.
      5. La domanda di cui al comma 4 deve essere corredata, a pena di inammissibilità, della certificazione delle indennità ricevute in pagamento per i singoli anni. A essa deve seguire, a pena di decadenza dal diritto, entro sei mesi dalla data di comunicazione della delibera di accoglimento dell'istanza da parte della Cassa forense, il pagamento in un'unica soluzione e nei modi previsti dall'articolo 18, terzo comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, e successive modificazioni, per ogni anno dei contributi soggettivi, integrativi e di maternità dovuti in base alle

 

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disposizioni vigenti alla medesima data della comunicazione.
      6. I giudici di pace, con esclusione degli iscritti all'albo professionale degli avvocati, sono tenuti all'iscrizione in un'apposita gestione previdenziale istituita presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti.
      7. Il contributo alla gestione di cui al comma 6 del presente articolo è pari al contributo pensionistico corrisposto alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, dai soggetti non iscritti a un'altra forma di previdenza.
      8. Il Ministero della giustizia provvede al rimborso, direttamente ai soggetti iscritti, dei contributi, commisurati all'indennità di cui all'articolo 11 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni, corrisposta ai giudici di pace entro il limite massimo di 1.500 euro mensili.
      9. Hanno diritto all'accreditamento di tutti i contributi mensili, relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento, i soggetti che hanno corrisposto un contributo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito stabilito dall'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233. In caso di contribuzione annua inferiore a tale importo, i mesi di assicurazione da accreditare sono ridotti in proporzione della somma versata. I contributi determinati ai sensi del presente comma sono attribuiti temporalmente all'inizio dell'anno solare fino a concorrenza di dodici mesi nell'anno.
      10. Per il versamento del contributo di cui al comma 7 del presente articolo si applicano le modalità e i termini previsti per i collaboratori coordinati e continuativi iscritti alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
      11. Ai soggetti di cui al comma 6 si applicano esclusivamente le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di calcolo del trattamento pensionistico previsti dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, per i lavoratori
 

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iscritti per la prima volta alle forme di previdenza successivamente al 31 dicembre 1995.
      12. I soggetti tenuti all'iscrizione prevista dal comma 6 comunicano all'INPS entro il 31 marzo 2004, ovvero dalla data di inizio della funzione, se posteriore, i propri dati anagrafici, il numero di codice fiscale e il proprio domicilio.
      13. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è definito l'assetto organizzativo e funzionale della gestione del rapporto assicurativo, ai sensi della legge 9 marzo 1989, n. 88, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479.
      14. Entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, i giudici di pace che hanno esercitato la funzione possono chiedere l'iscrizione alla gestione previdenziale di cui al comma 6 con effetto retroattivo o la retrodatazione degli effetti dell'iscrizione, se già iscritti, risalendo alla data di inizio della funzione e comunque non oltre il decimo anno. La domanda deve essere corredata, a pena di inammissibilità, della certificazione delle indennità ricevute per ciascun anno di esercizio della funzione.
      15. Alla domanda di cui al comma 14 deve seguire, a pena di decadenza dal diritto, entro sei mesi dalla data di comunicazione del provvedimento di accoglimento dell'istanza da parte della gestione previdenziale di cui al comma 6, il pagamento in un'unica soluzione o mediante trentasei rate mensili, uguali e consecutive, dell'importo determinato dall'INPS, che deve essere calcolato secondo le disposizioni e le aliquote vigenti per i singoli anni e comunque in misura non inferiore a 500 euro.
      16. Per quanto non disciplinato dalla presente legge trovano applicazione le norme vigenti sulla ricongiunzione e sulla totalizzazione dei contributi assicurativi, nonché, per i soli iscritti alla Cassa forense, le disposizioni di cui alla legge 20 settembre 1980, n. 576.
 

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      17. I giudici di pace titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti sono tenuti all'iscrizione alla gestione previdenziale di cui al comma 6.
      18. I giudici di pace titolari di pensione di vecchiaia a carico della Cassa forense possono chiedere i supplementi di pensione ai sensi dell'articolo 2 della legge 20 settembre 1980, n. 576, e successive modificazioni.
      19. Per i giudici di pace titolari di pensione a carico di forme previdenziali diverse dalla Cassa forense il trattamento pensionistico è incrementato con un supplemento di pensione ai sensi dell'articolo 7 della legge 23 aprile 1981, n. 155.

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