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PDL 2344

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2344



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SCILIPOTI, ANGELI, BARBATO, BELTRANDI, BINETTI, BURTONE, CARELLA, CERA, CICCANTI, CIMADORO, DI GIUSEPPE, D'INCECCO, EVANGELISTI, FADDA, FAVIA, GOISIS, GRAZIANO, LAGANÀ FORTUGNO, LISI, LO MONTE, MARGIOTTA, MESSINA, MUSSOLINI, NARDUCCI, OLIVERIO, ANDREA ORLANDO, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALOMBA, PAPA, MARIO PEPE (PD), PISICCHIO, PORCINO, PORFIDIA, PUGLIESE, RAZZI, REALACCI, RIGONI, SARDELLI, STRIZZOLO, TEMPESTINI, TORRISI, TOUADI

Disposizioni per assicurare un'adeguata assistenza sanitaria ai soggetti affetti da malattie osteoarticolari croniche e autoimmuni

Presentata il 26 marzo 2009


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge ha ad oggetto il miglioramento e il potenziamento dell'organizzazione dei piani sanitari regionali e delle province autonome al fine di consentire ai malati affetti dalle cosiddette «MARICA», ossia le malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni, e dalle sindromi fibromialgiche di curarsi nel modo migliore possibile e di migliorare la propria prospettiva di vita.
      In Italia, le malattie reumatiche colpiscono più di cinque milioni di persone, cioè quasi un decimo della popolazione; le donne ne sono colpite in misura di oltre tre volte superiore rispetto agli uomini.
      Purtroppo non esistono dati epidemiologici certi, in quanto quelli a nostra disposizione derivano da rilievi parziali in alcune regioni e dall'estrapolazione di valori riportati in casistiche di altri Paesi, prevalentemente nordeuropei. Da questi dati possiamo tuttavia affermare che tali malattie colpiscono indistintamente soggetti rientranti in tutte le fasce di età, in
 

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tutte le fasce sociali e ubicati nelle diverse regioni del Paese.
      Un dato preoccupante circa il continuo e progressivo incremento di tali patologie ci giunge poi dalle associazioni nazionali che si occupano di queste patologie; dato che dovrebbe costituire un campanello di allarme e spingerci a fare delle ricerche per determinare le possibili cause di questo incremento, cercando di scoprirne, ad esempio, le relazioni con le mutevoli condizioni ambientali e l'inquinamento, anche in considerazione delle relative abitudini di vita, stili di consumo eccetera.
      Tra le malattie reumatiche, le MARICA sono caratterizzate da spiccata disabilità e da evoluzione invalidante. Esse hanno un forte impatto sociale in termini di elevata incidenza, costi economici e riduzione della qualità di vita. Per questi motivi l'Organizzazione mondiale della sanità e l'ONU hanno dedicato la decade 2000/2010 alla prevenzione e al trattamento delle malattie muscolo-scheletriche.
      I soggetti portatori di malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni presentano problematiche comuni, derivanti dalla convivenza cronica con la disabilità e dalla conseguente necessità di cure e controlli a tempo indeterminato.
      Le malattie reumatiche si distinguono in due grandi gruppi:

          le forme degenerative e funzionali (artrosi, fibromialgia), che costituiscono le affezioni più frequenti fra i pazienti reumatici in Italia;

          le forme infiammatorie e autoimmuni: artrite reumatoide, spondiliti, artrite psoriasica, lupus eritematoso sistemico, sclerodermia, dermatomiosite, sindrome di Sjiogren, patologia autoimmune in gravidanza, vasculiti e simili.

      Di nessuna di queste patologie è nota la causa. Gli innumerevoli studi condotti sembrano avvalorare l'ipotesi di una predisposizione genetica del sistema immunitario (HLA) che, se stimolato da fattori ambientali (ad esempio microrganismi), potrebbe innescare una reazione infiammatoria anomala, rivolta verso strutture biologiche del medesimo organismo (autoimmunità), con la caratteristica dell'autoperpetuazione del fenomeno.
      Ciò si tradurrebbe in una condizione infiammatoria cronica e sistemica, dato che le cellule del sistema immunitario (globuli bianchi) e gli auto-anticorpi circolano nel sangue. Tutti gli organi e apparati possono essere colpiti dal processo infiammatorio nelle malattie autoimmuni.
      Possiamo dire quindi che, anche se da una parte conosciamo poco relativamente ai fattori di rischio e ai fattori eziologici direttamente coinvolti nello sviluppo della patologia, i fattori ambientali, molto probabilmente di natura virale, e gli stessi fattori di predisposizione genetica possono comunque creare un substrato su cui si può instaurare la malattia.
      Il nome diverso impiegato per classificare queste malattie spesso sottolinea il caratteristico coinvolgimento di un organo o di un apparato.
      In alcune di queste malattie il coinvolgimento articolare è preponderante, e vengono quindi denominate artriti.
      L'artrosi va progressivamente aumentando di frequenza con il progredire dell'età, anche se il vero meccanismo per il quale tale correlazione si verifica è tutt'oggi poco conosciuto. È infatti ancora irrisolto il problema della distinzione anatomica fra artrosi senile ed invecchiamento fisiologico della cartilagine articolare.
      Nelle poliartriti croniche (artrite reumatoide, artrite psoriasica e spondiliti) si determina una progressiva alterazione distruttiva della struttura anatomica articolare che induce, nel corso degli anni, la perdita della normale capacità di movimento.
      Alla invalidità si giunge, in una elevata percentuale di casi, dopo lunghi periodi di sofferenza, con persistente dolore e tumefazione di molteplici articolazioni.
      Alcuni studi hanno documentato che già entro i primi tre mesi il 25 per cento dei malati presenta erosioni come danno

 

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potenzialmente irreversibile e che entro un anno il 60 per cento dei pazienti presenta questo tipo di alterazioni: è fondamentale quindi agire per tempo.
      L'artrite reumatoide è la malattia più frequente e più studiata di questo gruppo. Dopo dieci anni di malattia, oltre il 25 per cento dei soggetti colpiti ha abbandonato il posto di lavoro per incapacità allo svolgimento delle funzioni richieste. Si determina frequentemente un progressivo isolamento del paziente, con grave perdita del suo apporto sociale. Nel corso degli ultimi anni è profondamente mutato l'approccio terapeutico e oggi sono disponibili nuovi farmaci che rendono possibile modificare, in molti casi, l'evoluzione invalidante della malattia. È oggi condivisa l'opinione che il destino del malato di artrite reumatoide possa essere modificato da una diagnosi precoce e dall'impostazione di una tempestiva terapia anti-reumatica aggressiva.
      Nei soggetti anziani può comparire in modo acuto una condizione infiammatoria sistemica che determina dolore e severo impaccio al movimento, tanto che i soggetti colpiti non sono più in grado di svolgere attività prima ben tollerate. Si tratta della polimialgia reumatica che, talvolta, può associarsi, negli anziani, all'esordio di artrite reumatoide. In rari casi questa malattia, molto responsiva ai cortisonici, è associata ad una infiammazione vasculitica delle arterie temporali e viene definita arterite temporale. Se non tempestivamente curata può causare cecità.
      I malati di spondilite presentano una progressiva riduzione della capacità di movimento della colonna vertebrale. Questa malattia colpisce malati giovani e, una volta subentrata l'anchilosi, il danno è irreversibile. Spesso la diagnosi è tardiva perché il dolore alla schiena non è acuto, insorge di notte, ma regredisce con il movimento ed è un sintomo frequente nella popolazione generale. Per la diagnosi è necessario eseguire alcuni esami di laboratorio che documentino lo stato infiammatorio e la presenza di un peculiare assetto genetico HLA. I cardini della terapia delle spondiliti poggiano sull'impiego continuativo di farmaci anti-infiammatori e anti-reumatici e su un intenso e costante programma chinesiterapico.
      Il riscontro di spondilite è frequente anche nei soggetti portatori di artrite psoriasica, dove tuttavia è tipico il coinvolgimento artritico di articolazioni periferiche, come nell'artrite reumatoide. La presenza di psoriasi, o di familiarità per questa malattia dermatologica, il riscontro di artrite, in genere asimmetrica, a grandi e piccole articolazioni, unitamente al riscontro di una condizione infiammatoria sistemica agli esami di laboratorio, permettono la diagnosi. L'evoluzione di questa malattia, che determina erosione e deformazione delle articolazioni, è invalidante in molti casi, come nell'artrite reumatoide.
      Tra le MARICA, le connettiviti sistemiche sono le malattie in cui il meccanismo autoimmune è meglio definito. In queste malattie sono rilevabili, mediante indagini di laboratorio, anticorpi rivolti contro il proprio stesso organismo (autoimmunità) che sono direttamente responsabili della patologia. In genere sono coinvolti molteplici organi e apparati, con conseguente insufficienza della loro funzione.
      Nel lupus eritematoso sistemico l'esordio della malattia rappresenta spesso il momento più critico della sua storia, ma non mancano possibili riacutizzazioni anche durante il decorso. In molti casi, si rende indispensabile il ricovero ospedaliero del paziente per la necessità dell'intervento di una équipe multispecialistica. Infatti, il possibile coinvolgimento di organi vitali, come i reni, il sistema nervoso centrale, il midollo osseo, con grave riduzione di globuli bianchi, rossi e piastrine, rappresentano emergenze mediche che è possibile affrontare solo con terapie da gestire in ospedale. Febbre, stanchezza, riduzione di peso, dolori articolari diffusi ed eritema vasculitico della cute esposta al sole sono i sintomi più frequentemente lamentati dai malati all'esordio della malattia. In genere, la terapia cortisonica e anti-reumatica è in
 

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grado di determinare la remissione clinica, ma i farmaci vanno assunti per un tempo indeterminato. Un problema particolare delle malate di lupus eritematoso sistemico, tipicamente giovani, è rappresentato dalla gravidanza. Gli auto-anticorpi, soprattutto anti-fosfolipidi, possono determinare, oltre a fatti trombotici, aborti ripetuti. Le malate non sono in grado di portare a termine la gravidanza. Nella sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, primitiva o secondaria, devono essere impiegati farmaci che fino a qualche anno fa erano banditi in gravidanza. Mediante la collaborazione tra reumatologi, ostetrici e neonatologi è oggi possibile garantire un buon esito della gestazione nella maggioranza delle donne con queste malattie autoimmuni.
      La sindrome di Sjiogren colpisce prevalentemente donne ed è caratterizzata da una progressiva fibrosi delle ghiandole esocrine. La secchezza oculare determinata dalla mancata produzione di lacrime è responsabile di bruciore e di frequenti infezioni degli occhi; la carente produzione di saliva determina secchezza delle fauci, cattiva digestione e stomatiti con carie dentarie; la secchezza vaginale provoca dolore durante il rapporto sessuale ed infezioni sovrapposte. Spesso sono presenti dolori articolari e, raramente, può essere colpito il pancreas esocrino con maldigestione degli alimenti. Gli auto-anticorpi caratteristici di questa malattia possono interferire con il normale sviluppo del tessuto di conduzione dello stimolo elettrico cardiaco durante il periodo fetale. Anche nella sindrome di Sjiogren, in gravidanza, è necessario un attento monitoraggio multispecialistico. Poche terapie immunodepressive si dimostrano in grado di controllare l'evoluzione di questa malattia, che riduce notevolmente la qualità di vita dei malati.
      La sclerodermia trae il nome dalla caratteristica fibrosi della cute, che diviene dura e anelastica, e nel tempo può determinare retrazioni invalidanti. È associata al «fenomeno di Raynaud» (ischemia da vasocostrizione delle estremità, seguita da cianosi e da vasoparalisi), che determina dolore durante gli episodi acuti, scatenati soprattutto dal freddo. Il polmone è un organo bersaglio di questa malattia e rappresenta nel tempo il problema clinico di maggiore rilievo. In alcuni malati, la progressiva fibrosi interstiziale polmonare determina fatica respiratoria anche per sforzi modesti e può instaurarsi una condizione di sofferenza del cuore secondaria alla ipertensione polmonare. Inoltre, nei malati sclerodermici può essere coinvolto dalla fibrosi l'esofago, con conseguente difficoltà nella deglutizione del cibo, e talvolta si sviluppano calcificazioni multiple. L'indurimento della cute del volto fa assumere a queste persone un tipico atteggiamento amimico.
      Una rara malattia, che assume connotazioni tipiche della sclerodermia con artrite e può risultare erosiva come l'artrite reumatica e avere manifestazioni simili al lupus eritematoso sistemico, è la connettivite mista.
      Il coinvolgimento infiammatorio dei muscoli (miosite) può complicare il lupus eritematoso sistemico e la sclerodermia, ma è caratteristico della polimiosite e della dermatomiosite (in cui anche la cute è colpita da un processo infiammatorio autoimmune). Queste malattie sono rare, ma temibili. L'incapacità a sopportare lo sforzo e la compromissione dello stato generale spiccano all'esordio di queste patologie. Sono spesso necessarie elevate posologie di cortisonici e di immunodepressori per determinare il controllo dei sintomi e salvaguardare il trofismo dei muscoli che, altrimenti, sarebbero destinati ad una irreparabile degenerazione.
      Altre malattie autoimmuni, rare ma aggressive, sono rappresentate dalle vasculiti sistemiche. Tra queste si annoverano la panarterite nodosa, la sindrome di Churg-Strauss, la malattia di Takayasu e la già citata arterite temporale. Possono determinare gravi alterazioni dell'albero arterioso che, se non curate, possono minare la sopravvivenza. Una particolare competenza specialistica è necessaria per la diagnosi tempestiva di queste malattie che,
 

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se curate con cortisonici ed immunodepressori, possono essere controllate con successo.
      Alcune persone lamentano sintomi e presentano alterazioni di laboratorio in senso autoimmune non conclamati. Quando non vi sono elementi sufficienti per diagnosticare una delle malattie autoimmuni citate, vengono classificate come connettiviti indifferenziate. Talvolta sono sufficienti farmaci immunodepressori a posologia ridotta rispetto alle connettiviti classificabili, ma si rende necessaria una sorveglianza clinica e laboratoristica per cogliere tempestivamente la possibile, ma non frequente, evoluzione in forme maggiori.
      In tutte queste malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni, il processo infiammatorio sistemico, unitamente alla presenza di taluni auto-anticorpi, rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo per aterosclerosi. Ciò giustifica la maggiore incidenza di accidenti cerebro-cardio-vascolari, che sono i veri responsabili della riduzione di aspettativa di vita in questi soggetti. Questa osservazione, di recente acquisizione, rende necessaria una maggiore attenzione, sorveglianza e terapia di queste malattie e degli aggregati fattori di rischio aggiuntivi per aterosclerosi per la prevenzione delle complicazioni cardiovascolari.
      Il trattamento di questo tipo di patologie prevede l'utilizzo di diverse categorie di farmaci. A seconda del tipo di patologia vengono utilizzati farmaci diversi, anche se è possibile dividerli in categorie. Qui prenderemo in considerazione quelli utilizzati nelle poliartriti, cioè quelle malattie facenti parte delle MARICA maggiormente invalidanti.
      Abbiamo i farmaci che servono al trattamento della mera sintomatologia, quali ad esempio gli analgesici e gli anti-infiammatori non steroidei (fans), che sono efficaci nel ridurre sia la flogosi che il dolore, ma non hanno alcun effetto sulla progressione della malattia, né sono in grado di ridurre il danno articolare (nelle poliartriti).
      Seguono i nuovi anti-infiammatori (COX2 selettivi) – che si caratterizzano per una maggiore tollerabilità a carico dell'apparato gastroenterico, a parità di tossicità renale – e infine i più conosciuti glicocorticoidi (antinfiammatori steroidei).
      E passiamo ai farmaci cosiddetti di fondo, quelli cioè che sono in grado di modificare il decorso della malattia e di migliorarne i sintomi.
      Tra i DMARD troviamo: sulfasalazina, metotrexate, leflunomide, idrossiclorochina, penicillamina, sali d'oro, ciclosporina, azatioprina.
      In caso di mancanza di risposta a tali farmaci, si ricorre oggi a dei nuovi farmaci, cosiddetti «biologici» o anti tumor necrosis factor (TNFa), la cui azione principale è caratterizzata dal blocco selettivo di citochine ritenute importanti nella sequenza patogenetica della malattia. Si tratta dell'infliximab, dell'etanercept, dell'adalimumab, dell'anakinra.
      L'utilizzo di questi farmaci ha indicazioni precise, motivate dai loro costi elevati. Diversi studi, sia osservazionali sia clinici, hanno dimostrato la netta superiorità degli anti TNFa rispetto ai farmaci tradizionali.
      Da diverse elaborazioni è emerso che il miglioramento medio dei soggetti trattati con questi farmaci è di circa il 50 per cento, e che addirittura il 30 per cento arriva alla remissione. Addirittura si ha una risposta buona e moderata in circa l'84 per cento dei pazienti, e questo per quanto riguarda l'attività di malattia. Unica nota dolente nell'utilizzo di questi farmaci è che costano molto e, proprio per questo, non vengono dispensati dal Servizio sanitario nazionale a tutti coloro che ne avrebbero bisogno, a causa della carenza di fondi regionali. Recentemente ciò è avvenuto nel Lazio, ma in passato anche in Sicilia, con la possibilità che si riproponga il problema nelle medesime e anche in tutte le altre regioni che hanno problemi di rientro della spesa sanitaria. Ciò succede ed è successo in conseguenza dell'impossibilità di valutare un budget ottimale a causa dell'assenza di un corretto rilevamento epidemiologico sul territorio.
 

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Questo ha determinato e rischia di determinare l'interruzione delle terapie con farmaci «biologici», con gravi conseguenze sulla salute e ripercussioni sul Servizio sanitario nazionale, in quanto a causa di questa gravissima interruzione saranno necessari ulteriori ricoveri e cure mediche aggiuntive.
      Da questa breve (rispetto alla complessità oggettiva dell'argomento) e riassuntiva esposizione, crediamo emerga e si palesi da sola la gravità di tali patologie per l'impatto che hanno sia sulla vita del soggetto affetto, sia su quella di coloro che gli sono vicino. I malati di malattie infiammatorie croniche e autoimmuni, indipendentemente dal tipo di malattia, hanno problemi quotidiani comuni. Anzitutto la convivenza, giorno dopo giorno, senza tregua, con malattie che limitano la capacità di fare ciò che gli altri fanno o ciò che, prima della malattia, poteva essere facilmente sostenuto. Il dolore, la stanchezza, la necessità di assumere quotidianamente farmaci, il frequente ricorso a strutture sanitarie, le spese sostenute per le medicine, per i viaggi verso gli ambulatori, per pagare qualcuno «che ti aiuti» a far ciò che non riesci più a fare, rappresentano solo alcuni dei crucci esistenziali di costoro. E poi la preoccupazione per il futuro, per ciò che ancor più la malattia renderà impossibile. Tutto questo genera ansia e depressione, sintomi comuni ai malati cronici che giungono ad una sorta di emarginazione, dove il pensiero della malattia ruba tanto tempo, che altrimenti potrebbe essere dedicato a progettualità e voglia di vita.
      Per questo, se riusciamo ad arrestare la malattia in uno stadio di disabilità assente o molto contenuta abbiamo dei costi annui diretti (per spesa sanitaria, ricoveri ambulatoriali e relativi farmaci) assolutamente inferiori rispetto a quelli che osserviamo al progredire della malattia. Per poter arrestare la malattia in tale stadio è necessario ottenere una diagnosi e una terapia precoci: quindi il malato reumatico dovrà disporre di una organizzazione sanitaria integrata sul territorio di residenza, organizzata a più livelli, che veda il medico di medicina generale e tutti gli specialisti coinvolti collaborare fianco a fianco.
      È il medico di medicina generale, infatti, che deve avere un sospetto precoce ed inviare allo specialista il potenziale malato reumatico.
      Si spera che, in un futuro molto vicino, siano le istituzioni, sentendo come propria questa necessità, a fare tutto il possibile affinché nella nostra società i soggetti affetti da questo tipo di patologie trovino tutto l'aiuto necessario per affrontarle.
      Una società moderna e civile non può rinunciare all'apporto inestimabile dei malati reumatici.
      Si chiede quindi:

          1) di prendere in considerazione il fenomeno delle malattie osteoarticolari e dei tessuti connettivi nel nostro Paese, particolarmente di quelle più gravi e ad alto rischio di invalidità, affinché siano messe a disposizione dei malati affetti da tali forme morbose adeguate strutture assistenziali di cura e di riabilitazione. In particolare si chiede che venga approvata al più presto una legge riguardante l'organizzazione dell'assistenza ai malati con patologie osteoarticolari e dei tessuti connettivi;

          2) di programmare progetti di ricerca nell'ambito del piano sanitario nazionale, dei piani sanitari regionali e del CNR sui vari aspetti delle malattie reumatiche (in particolare sugli aspetti epidemiologici, i costi sociali, la qualità di vita, gli handicap eccetera);

          3) di riconoscere l’handicap delle malattie osteoarticolari croniche e delle malattie autoimmuni dei tessuti connettivi e applicare ai soggetti che ne sono affetti le norme della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (legge 5 febbraio 1992, n. 104);

          4) di riconoscere ai medesimi soggetti l'invalidità ai fini dei trattamenti previsti dalla legislazione vigente;

          5) di prevedere la presenza di specialisti delle patologie in oggetto nelle

 

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commissioni di giudizio di invalidità e dei vari istituti previdenziali;

          6) di promuovere campagne promozionali di informazione della popolazione, su impulso del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e delle regioni, sulle malattie osteoarticolari croniche e autoimmuni dei tessuti connettivi, sulle misure preventive e sulle possibilità terapeutiche con spot trasmessi prima dei telegiornali nazionali;

          7) di favorire una diagnosi precoce per limitare l'evolutività di queste malattie. Per poter ottenere questo risultato, il malato deve disporre di un'organizzazione sanitaria integrata sul territorio di residenza, organizzata a più livelli e che coinvolga il medico di medicina generale e gli specialisti;

          8) di dare piena attuazione all'articolo 32 della Costituzione, che riconosce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell'individuo, facendo sì che le regioni, in applicazione di tale diritto, garantiscano la continuità terapeutica ai malati trattati con farmaci «biotecnologici», permettendo l'accesso a tali terapie a tutti coloro che ne hanno bisogno.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Definizione delle malattie osteoarticolari croniche e autoimmuni dei tessuti connettivi e finalità della legge).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispongono, nell'ambito dei rispettivi piani sanitari, progetti obiettivo, azioni programmate e altre iniziative dirette a fronteggiare le malattie osteoarticolari croniche e autoimmuni dei tessuti connettivi, che sono riconosciute malattie ad alto rischio sociale.
      2. Ai fini della presente legge sono comprese fra le malattie di cui al comma 1:

              a) le artriti croniche dell'adulto e del bambino;

              b) le connettiviti e vasculiti autoimmuni sistemiche dell'adulto e del bambino;

              c) le malattie degenerative della cartilagine e dell'osso dell'adulto e del bambino;

              d) le sindromi fibromialgiche dell'adulto e del bambino.

      3. La diagnosi e la certificazione delle malattie di cui ai commi 1 e 2 sono affidate alle strutture di riferimento, alle sezioni e agli ambulatori di cui al comma 1 dell'articolo 3.
      4. Gli interventi regionali di cui al comma 1 sono rivolti:

          a) alla prevenzione primaria e alla diagnosi precoce delle malattie di cui ai commi 1 e 2;

          b) alla cura e alla riabilitazione dei soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2;

          c) ad agevolare l'inserimento scolastico, sociale e lavorativo dei soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2;

 

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          d) a favorire l'educazione e l'informazione sanitaria del malato, dei familiari e della popolazione in genere sulle problematiche cliniche e sociali delle malattie di cui ai commi 1 e 2;

          e) a provvedere alla formazione e all'aggiornamento professionale del personale socio-sanitario addetto alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle malattie di cui ai commi 1 e 2;

          f) a promuovere programmi di ricerca atti a migliorare le conoscenze sugli aspetti epidemiologici, sulla prevenzione, sulla diagnosi, sulla cura e sulla riabilitazione delle malattie di cui ai commi 1 e 2.

Art. 2.
(Interventi preventivi).

      1. Ai fini della prevenzione delle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1 e delle loro complicanze, nonché della loro diagnosi precoce e della loro cura, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano indicano alle aziende sanitarie gli interventi operativi più idonei per:

          a) individuare le fasce di popolazione a rischio;

          b) adottare strategie di diagnosi precoce;

          c) programmare gli interventi sanitari conseguenti alle attività di cui alle lettere a) e b).

      2. Le indicazioni riguardanti gli interventi operativi di cui al comma 1 sono impartite sentito l'Istituto superiore di sanità e sulla base dei criteri e delle metodologie stabiliti con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi del secondo comma dell'articolo 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
      3. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, anche sulla base dei dati rilevati dall'Istituto superiore di sanità, presenta annualmente alle Camere

 

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una relazione sullo stato delle conoscenze relative alle nuove acquisizioni scientifiche concernenti le malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1.

Art. 3.
(Compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un'organizzazione del servizio sanitario idonea a fornire ai soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1 una migliore omogeneità qualitativa e quantitativa degli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio. A tale fine, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con riferimento agli indirizzi del piano sanitario nazionale e nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, provvedono all'istituzione dei seguenti presìdi reumatologici:

          a) strutture di riferimento regionali di alta specializzazione di reumatologia e immunologia clinica, presso le quali sono affrontati gli aspetti più complessi delle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1, in particolare di quelle più gravi o più rare, per le quali occorre una struttura unitaria per la valutazione della casistica e degli indirizzi di ricerca scientifica avanzata e per la realizzazione di interventi terapeutici di elevata complessità, che richiedano l'utilizzo di strumenti ad alta tecnologia. Le strutture di riferimento di cui alla presente lettera operano preferenzialmente presso le aziende sanitarie ospedaliere o universitarie, assicurano la possibilità di ricovero ordinario e in regime di day hospital e forniscono prestazioni di tipo ambulatoriale;

          b) sezioni di reumatologia e immunologia, da istituire presso tutte le aziende sanitarie locali. Le sezioni di cui alla presente lettera svolgono una funzione di raccordo tra le strutture di riferimento di cui alla lettera a) e il territorio e forniscono

 

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i servizi di cui all'ultimo periodo della medesima lettera a);

          c) ambulatori di reumatologia istituiti a livello territoriale, preferibilmente presso i distretti di cui all'articolo 3-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

      2. Nell'ambito del perseguimento delle finalità di cui all'alinea del comma 1, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano valorizzano il ruolo dei medici di medicina generale e assicurano l'integrazione multispecialistica nell'assistenza ai soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1.
      3. Nell'ambito di ogni struttura di riferimento di cui alla lettera a) del comma 1, per garantire la continuità assistenziale nelle varie fasce di età, opera una sezione di reumatologia pediatrica, diretta da un pediatra in possesso del titolo di specialista con indirizzo di reumatologia pediatrica. In fase di prima attuazione della presente legge, ai fini dell'attribuzione di responsabilità assistenziali è valutato il possesso di specifica esperienza in problematiche reumatologiche.
      4. Il collegamento tra le sezioni di cui alla lettera b) del comma 1 e le strutture di riferimento di cui alla lettera a) del medesimo comma si attua attraverso appositi accordi idonei ad assicurare la qualità e la continuità delle cure e l'ottimizzazione dei servizi erogati. Ai fini del raggiungimento di tali obiettivi e della razionalizzazione dell'accesso ai servizi, sono previste le opportune forme di raccordo tra le strutture di riferimento, le sezioni e gli ambulatori di cui al comma 1 e i medici di medicina generale.
      5. Per assicurare ai malati la massima omogeneità delle prestazioni e del percorso assistenziale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono, sentite le società scientifiche regionali e nazionali e le associazioni dei soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1, apposite linee guida diagnostiche e terapeutiche, relative alle

 

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medesime malattie, e ne assicurano la diffusione presso tutti gli operatori sanitari interessati.
      6. Le sezioni di cui alla lettera b) del comma 1, anche in collaborazione tra loro, realizzano interventi per l'educazione sanitaria degli operatori sanitari e dei cittadini, con lo scopo di diffondere una cultura della salute che tenga conto dei comportamenti e degli stili di vita, anche con riferimento all'alimentazione e all'attività fisica.
      7. Le sezioni di cui alla lettera b) del comma 1, inoltre, svolgono funzioni di raccordo e di coordinamento per il rilevamento dei dati epidemiologici, tramite la tenuta di appositi registri e banche dati, e per lo sviluppo dei modelli assistenziali più adeguati alle esigenze dei soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1, anche assicurando l'attribuzione di un codice identificativo univoco delle visite specialistiche, al fine di contribuire alla definizione del fabbisogno assistenziale sul territorio. Ai fini di cui al presente comma, le sezioni si avvalgono della collaborazione delle associazioni dei soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1.
      8. Le strutture di riferimento di cui alla lettera a) del comma 1 si avvalgono del supporto assistenziale dei servizi ospedalieri o territoriali da esse appositamente individuati nell'ambito della regione di appartenenza o, sulla base di apposite convenzioni, di altre regioni. Le medesime strutture, sulla base di piani e protocolli unitari, coordinano le funzioni e le attività concernenti i servizi di supporto per l'assistenza ai soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1.
      9. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano ai presìdi reumatologici di cui al comma 1 strutture, personale e attrezzature adeguati alla consistenza numerica dei pazienti assistiti, adulti e in età pediatrica, e della popolazione residente, sulla base di apposite valutazioni epidemiologiche o delle funzioni svolte dai vari presìdi.
 

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Art. 4.
(Tessera personale).

      1. Le strutture di riferimento e le sezioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 3 rilasciano, ai cittadini affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1, una tessera personale che attesta l'esistenza della malattia. La tessera di cui al presente comma è conforme al modello individuato con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. La tessera di cui al comma 1 riporta, nella forma più adeguata per la lettura automatizzata, le informazioni concernenti la malattia da cui il soggetto è affetto, le relative complicanze e le terapie in corso.
      3. Fino al rilascio della tessera di cui al comma 1, essa è sostituita da una certificazione rilasciata da una delle strutture di riferimento o delle sezioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 3.

Art. 5.
(Disposizioni finanziarie).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede a carico degli ordinari stanziamenti relativi al Fondo sanitario nazionale di parte corrente, nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      2. Le risorse da destinare all'attuazione della presente legge sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province

 

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autonome di Trento e di Bolzano, in base alla consistenza numerica dei soggetti affetti dalle malattie di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 1 assistiti nelle singole regioni e province autonome, alla consistenza numerica dei medesimi soggetti in età pediatrica, alla popolazione residente nonché alle documentate funzioni svolte dai presìdi reumatologici di cui al comma 1 dell'articolo 3 istituiti presso ciascuna regione e provincia autonoma, tenuto conto anche delle specifiche attività di prevenzione e di ricerca da essi svolte.
Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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