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PDL 3464

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3464



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ANGELI

Modifica all'articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in materia di assistenza sanitaria agli italiani residenti all'estero che si trovano temporaneamente in Italia

Presentata l'11 maggio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! — Quale rappresentante in Parlamento dei nostri connazionali residenti all'estero ho a cuore molte problematiche che gravano nei loro confronti. E in tale senso sono già intervenuto con diversi strumenti parlamentari. Sulla base del principio di cui all'articolo 2 della Costituzione in materia di garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità, principio che richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale da parte dello Stato, nonché, dell'articolo 3 della stessa Costituzione recante l'obbligo di parità e dignità sociale del cittadino davanti alla legge, da anni si dibatte su un importante questione riguardante una nostra realtà sociale, quella, appunto, dei nostri connazionali all'estero. È necessario, infatti, che sia garantita loro la piena ed effettiva attuazione del predetto principio costituzionale della pari dignità sociale ed eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di religione, di cultura di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali del cittadino. Si evidenzia anche il disposto di cui al secondo comma dello stesso articolo 3 della Costituzione, secondo cui è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, che limitano, di fatto, la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione all'organizzazione politica economica e sociale del nostro Paese. Non possiamo dimenticare l'esistenza di «un'altra Italia», costituita dalla collettività dei connazionali stabilmente residenti all'estero, la quale ha
 

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diritto alle stesse prerogative e agli stessi diritti riservati ai cittadini italiani che vivono in Italia, nonché la necessità di assicurare loro i medesimi trattamenti in materia assistenziale e previdenziale, ai fini della tutela della loro salute e dignità sociale e dei diritti costituzionalmente sanciti che sono, di fatto, inderogabili. Già sono intervenuto per quanto riguarda la questione della concessione dell'assegno sociale (ex pensione sociale) ai connazionali che risiedono all'estero, che è sicuramente un tema che impone considerazione e adeguata trattazione, ma che purtroppo, da diverse legislature, non trova risoluzione e questo nuoce ai nostri connazionali emigrati, considerando le difficoltà, non solo economiche, che essi incontrano quotidianamente. Peraltro sono già intervenuto, nello specifico, in favore dei connazionali residenti in Argentina sia con un question time discusso presso la III Commissione il 19 gennaio scorso sia, a seguito di non soddisfacente risposta del Governo, con un'interrogazione a risposta scritta pubblicata il 26 gennaio scorso, presentata al Ministro degli affari esteri e al Ministro dell'economia e delle finanze. Ho sentito la necessità di chiedere chiarimenti al Governo sull'effettiva e rapida risoluzione della grave situazione per cui sono stati ridotti i fondi alla compagnia di assicurazione Swiss medical e alle risorse per la polizza sanitaria in Argentina rispetto all'insieme dei sussidi e degli interventi gravanti sui fondi del capitolo 3121 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, che sono erogati a tutta la rete estera dei connazionali indigenti, in misura del 23 per cento rispetto al precedente importo annuo. La riduzione dei fondi per vincoli di bilancio, confermata dal Governo, ha comportato effetti dannosi sulla platea dei beneficiari, ridotta del 40 per cento; dagli 8.320 soggetti già coperti si è passati a 5.000, con una drastica riduzione di 3.200 anziani indigenti. La riduzione è stata operata, come afferma il Governo con l'utilizzo di criteri di misura di indigenza stabiliti dall'ambasciata italiana in Argentina che hanno generato l'esclusione dalla copertura dei menzionati 3.200 connazionali, che ora sono inseriti nella lista suppletiva stilata con medesimi criteri, con danni alla loro salute e alla loro qualità di vita, poiché potrebbero trovarsi addirittura in pericolo di vita, in quanto indigenti e anziani. Tale situazione, inoltre, può determinare un pesante onere per il bilancio statale in caso di incapienza economica degli esclusi a sopperire alle spese sanitarie necessarie. Sono state pertanto chieste al Governo misure per eliminare l'ingiusta esclusione dalla copertura sanitaria di una fascia sociale cosi debole e indifesa, che potrebbe essere assistita presso gli ospedali italiani presenti in Sudamerica, a pari condizioni dei soggetti assicurati, e alla quale potrebbero essere erogati i fondi decurtati alla compagnia Swiss medical, attingendo alle risorse finanziarie già disponibili e, in particolare, a quella del citato capitolo dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, al fine di dare continuità all'assistenza sanitaria. È infatti ingiusto e discriminatorio che i connazionali indigenti già censiti e non inclusi nella polizza assicurativa con la compagnia Swiss medical – in aggiunta alle prestazioni previste dal Servizio nazionale pubblico argentino (PAMI) – possano usufruire solo per esigenze sanitarie, nell'ambito delle risorse finanziarie esistenti, dell'assistenza degli uffici consolari attraverso l'erogazione di interventi diretti.
      Ho sentito la necessità, altresì, di sanare un'altra manifesta iniquità e disparità di trattamento dei nostri connazionali residenti all'estero rispetto a chi risiede in patria; il Governo, che sta dimostrando grandi sensibilità e considerazione per la tutela dei lavoratori e della fasce indifese e indigenti della popolazione, dovrebbe auspicabilmente provvedere a garantire pari dignità e trattamento a chi onora e ha onorato la nazione in suolo straniero, lì insediandovi la propria esistenza, la famiglia, il lavoro, ma con il cuore sempre presente nella terra natìa e, pertanto, ho richiesto la concessione dell'assegno sociale che, com’è noto, è una prestazione di natura assistenziale, riservata ai cittadini italiani che hanno sessantacinque anni di
 

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età, che risiedono stabilmente in Italia e che hanno redditi inferiori ai limiti previsti dalla legge, anche per i nostri connazionali indigenti all'estero. Dal 1o gennaio 1996 l'assegno sociale ha sostituito la pensione sociale, che continua comunque a essere erogata a coloro che, avendone i requisiti, ne hanno fatto domanda entro il 31 dicembre 1995; altrettanto noto è che un cittadino italiano, o ad esso equiparato, può fare domanda di assegno sociale quando non percepisce alcun reddito o ne percepisce uno inferiore all'importo corrente dell'assegno sociale, ha raggiunto i sessantacinque anni di età e risiede abitualmente in Italia. Ho rilevato che sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti della Repubblica di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell'Unione europea residenti in Italia e i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno. La residenza abituale in Italia è un requisito fondamentale, tanto che se il titolare di assegno sociale trasferisce all'estero la propria residenza ne perde il diritto. Dal 1o gennaio 2009, inoltre, è richiesto, per gli immigrati, l'ulteriore requisito costituito dal soggiorno legale, in via continuativa, per almeno dieci anni in Italia. Si può affermare anche che, alla pari dei cittadini italiani, comunitari (iscritti all'anagrafe comunale) ed extracomunitari (titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), nonché dei rifugiati politici e degli apolidi (titolari dei rispettivi titoli di soggiorno rilasciati dalle competenti autorità), anche i connazionali ultrassessantacinquenni nati in Italia e residenti all'estero, che sono sprovvisti di reddito, ovvero che possiedono redditi di importo inferiore ai limiti stabiliti dalla legge (italiana) e che sono, inoltre, parzialmente sprovvisti di copertura sanitaria, come in Argentina, avrebbero diritto, per motivi di equità, umanitari e di parità costituzionale, a tale prestazione di carattere assistenziale, corrisposta dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) per tredici mensilità e che prescinde dal pagamento dei contributi previdenziali, da erogare in base al reddito personale stimato in relazione al cambio valutario.
      È cosa nota che in molti Paesi esteri vivono circa 4 milioni di italiani: essi, per i più diversi motivi, si sono trovati a dover emigrare, continuando però sempre a mantenere i contatti e le loro radici con il Paese di origine. Nella maggior parte dei casi il loro duro lavoro non è stato premiato con il conseguimento di una condizione economica agiata, ma in altri casi essi hanno raggiunto posizioni economiche e sociali di rilievo, contribuendo al prestigio del nostro Paese in suolo straniero; in ogni caso essi sono tutti rimasti legati all'Italia e danno lustro ad essa con la dedizione e con l'onesto lavoro, soprattutto quelli, e sono la maggioranza, che hanno familiari in patria. Il loro legame con l'Italia si manifesta in tanti modi e uno di questi è sicuramente legato ai viaggi che intraprendono per rivedere la loro famiglia e il loro Paese. Altri ancora, in condizioni di farlo, preferiscono stabilirsi in Italia per lunghi periodi e godere i frutti del loro lavoro e la famiglia oppure, in tarda età, sentono l'umano bisogno di avere i loro cari vicini nell'ultima fase della loro vita. Per quanto possa apparire strano e nonostante l'articolo 32 della Costituzione garantisca a tutti gli italiani il diritto alla salute, questi nostri connazionali non sono adeguatamente garantiti da un punto di vista sanitario e questo genera un'altra ingiusta discriminazione che la presente proposta di legge vuole eliminare, al pari delle altre di cui si è fatta menzione. I nostri concittadini stabilmente residenti all'estero che vogliono fare rientro, per varie esigenze e periodi, in Italia, durante la loro permanenza in patria hanno diritto a una parziale e limitata forma di assistenza medica, che non garantisce in maniera stabile il loro benessere, poiché, in base alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e ai successivi decreti attuativi, si prevede la sola copertura di novanta giorni e per prestazioni urgenti. Eppure, il capo I del titolo I, della legge, recante i princìpi e gli obiettivi, all'articolo 1, stabilisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
 

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dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale.
      La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
      Il servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio. L'attuazione del servizio sanitario nazionale compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini (...)».
      L'articolo 19, inoltre, rubricato «Prestazioni delle unità sanitarie locali» recita: «Le unità sanitarie locali provvedono ad ero gare le prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di medicina legale, assicurando a tutta la popolazione i livelli di prestazioni sanitarie stabiliti ai sensi del secondo comma dell'articolo 3.
      Ai cittadini è assicurato il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura nei limiti oggettivi dell'organizzazione dei servizi sanitari.
      Gli utenti del servizio sanitario nazionale sono iscritti in appositi elenchi periodicamente aggiornati presso l'unità sanitaria locale nel cui territorio hanno la residenza.
      Gli utenti hanno diritto di accedere, per motivate ragioni o in casi di urgenza o di temporanea dimora in luogo diverso da quello abituale, ai servizi di assistenza di qualsiasi unità sanitaria locale.
      I militari hanno diritto di accedere ai servizi di assistenza delle località ove prestano servizio con le modalità stabilite nei regolamenti di sanità militare.
      Gli emigrati, che rientrino temporaneamente in patria, hanno diritto di accedere ai servizi di assistenza della località in cui si trovano».
      Per effetto, però, del decreto del Ministro della sanità 1o febbraio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 119 del 23 maggio 1996, norma, certamente, di rango inferiore rispetto al dettato della legge n. 833 del 1978, e a efficacia continuativa fin dal 1995, tali periodi sono circoscritti e la copertura viene così sostanzialmente ridotta non coprendo più le reali esigenze di permanenza dell'emigrato in Patria. Per chiarezza espositiva, si riporta quanto ha disposto tale decreto, creando, a quindici anni di distanza, quasi uno status normativo sostitutivo del disposto del citato articolo 19, comma 6, della legge n. 833 del 1978: «Articolo 1. – 1. A decorrere dall'anno 1995, per le prestazioni ospedaliere urgenti per malattia, infortunio e maternità, erogate – ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33 – ai cittadini stranieri non assicurati al Servizio sanitario nazionale, devono essere corrisposte dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, in base alle disposizioni vigenti, le tariffe determinate dalle regioni e province autonome, ai sensi dell'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, così come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517.
      2. Le regioni e le province autonome, che alla data di entrata in vigore del presente decreto, non abbiano adottato i provvedimenti di determinazione delle nuove tariffe secondo le prescrizioni del soprarichiamato articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, applicano, in via transitoria, le tariffe fissate con decreto del Ministro della sanità emanato in data 14 dicembre 1994, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 24 dicembre 1994.
      Articolo 2. – 1. Le tariffe, determinate ai sensi del precedente articolo, si applicano altresì per le prestazioni ospedaliere urgenti erogate a cittadini italiani non residenti in Italia e non assicurati al Servizio sanitario nazionale.
      2. Ai cittadini italiani residenti all'estero, titolari di pensione corrisposta da enti previdenziali italiani o aventi lo status di emigrato, certificato dall'ufficio consolare italiano competente per territorio, le prestazioni ospedaliere urgenti sono erogate a titolo gratuito e per un periodo
 

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massimo di novanta giorni nell'anno solare, qualora gli stessi non abbiano una copertura assicurativa, pubblica o privata, per le suddette prestazioni sanitarie
      3. Per i cittadini italiani con attività di lavoro all'estero, individuati dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 618, restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2, dello stesso decreto del Presidente della Repubblica e le direttive impartite in materia dal Ministero della sanità.
      Articolo 3 – La procedura di determinazione delle tariffe relative alle prestazioni ospedaliere urgenti, erogate ai soggetti di cui ai precedenti articoli 1 e 2, stabilita con il presente decreto, rimane valida anche per gli anni successivi al 1995, perdurando la disciplina di remunerazione delle prestazioni sanitarie ai soggetti erogatori prevista dall'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni».
      Appare, pertanto, ingiusto, a parte i rilievi sulla ratio normativa secondo cui un decreto ministeriale funga da norma di rango superiore che di fatto quasi sconfessa i princìpi della legge n. 833 del 1978, che i nostri connazionali siano penalizzati nella loro stessa patria, che tra l'altro è un Paese che eroga prestazioni in maniera stabile anche a chi non è italiano, come gli immigrati e che vi permane per i più vari motivi, sulla base della normativa vigente. Occorre perciò porre rimedio alla limitatezza del periodo di tempo riconosciuto dall'articolo 2, comma 2, del medesimo decreto, che è quantificato in tre mesi e con riferimento alle sole prestazioni ospedaliere urgenti, intervenendo anche a riforma di esso. Questo periodo e questa limitazione sono palesemente incongrui in quanto spesso molti emigrati, soprattutto se anziani, rientrano in Italia, come i nostri connazionali indigenti residenti in Argentina esclusi dalla copertura assicurativa, per periodi ben più lunghi per stare vicino ai congiunti e necessitano di cure non solo urgenti, ma legate alle normali patologie geriatriche. Pertanto la presente proposta di legge, per garantire la parità, l'eguaglianza sociale e l'equità rispetto agli stessi immigrati e ai cittadini italiani residenti in Italia, costituzionalmente sancite, nonché per assicurare il diritto alla salute e per ragioni di umanità e giustizia, modificando l'articolo 19 della legge n. 833 del 1978, garantisce il diritto a tutte le prestazioni sanitarie ai cittadini italiani residenti all'estero per tutto il periodo della loro permanenza in Italia. Tale modifica è quantomai urgente dal momento che, in base alla normativa vigente, non certo consona a uno Stato di diritto come il nostro, gli emigrati devono sostenere l'onere sia delle prestazioni ospedaliere e delle cure non urgenti sia di quelle riconosciute comunque dal Servizio sanitario nazionale superati i novanta giorni di permanenza in patria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il sesto comma dell'articolo 19 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è sostituito dal seguente:
      «Gli emigrati, che rientrino temporaneamente in patria, hanno diritto di accedere ai servizi di assistenza della località in cui si trovano. I cittadini italiani residenti all'estero, regolarmente iscritti all'anagrafe dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE), istituita ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470, possono usufruire delle prestazioni del servizio sanitario nazionale, per il periodo di permanenza in Italia, purché registrati per il medesimo periodo presso un elenco tenuto dall'azienda sanitaria locale del territorio di permanenza temporanea».


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