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PDL 3448

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3448



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

EVANGELISTI, LEOLUCA ORLANDO

Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e all'articolo 13 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, concernenti la gestione dei fondi dell'Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo, nonché abrogazione del comma 4 dell'articolo 13 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di criteri di priorità nell'individuazione delle aree di intervento

Presentata il 30 aprile 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - È certamente necessario, ancorché ineludibile, giungere al più presto a riformare l'assetto legislativo e l'impianto della legge 26 febbraio 1987, n. 49, sulla cooperazione allo sviluppo, con l'auspicio di un approccio il più condiviso possibile, così come già accaduto nel corso della passata legislatura prima della sua anticipata conclusione. La cooperazione italiana ha bisogno di adeguarsi all'Europa per consentire che l'aiuto pubblico allo sviluppo possa essere davvero efficace e soprattutto per affrontare e risolvere le più gravi criticità che affliggono l'aiuto pubblico italiano allo sviluppo, come del resto richiesto anche da organismi internazionali e sottolineato, proprio lo scorso gennaio dalla Peer Review del 2009 promossa dal Comitato di aiuto allo sviluppo (DAC) istituito presso l'OCSE. Nel 2009 la Direzione generale nazionale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) ha elaborato e approvato il «Piano programmatico per l'efficacia degli aiuti». Il documento tenta di affrontare le aree problematiche dell'aiuto italiano, così come emergono dalla valutazione intermedia sull'efficacia del DAC del 2008. In particolare
 

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il piano italiano per l'efficacia degli aiuti affronta problemi relativi al limitato uso dei sistemi Paese, alle missioni di verifica non coordinate e all'aumento delle strutture amministrative parallele. Il DAC giudica positivamente questo piano per l'efficacia ma ritiene che la vera sfida sia la messa in opera delle 27 riforme gestionali previste in uno spazio di tempo troppo breve. Inoltre, sempre secondo il giudizio del DAC, il piano affronta solo parzialmente le sfide dell'aiuto legato o della trasparenza. Comunque, in occasione dell'imminente verifica che la Commissione europea compirà sulle modalità operative della cooperazione italiana, sarà indispensabile dimostrare di aver avviato a soluzione almeno le più gravi criticità.
      Indubbiamente non si può non considerare che, espressa in termini percentuali, la prestazione del nostro Paese è ampiamente inadeguata e non in linea con gli obiettivi di sviluppo del millennio, visto anche il progressivo depauperamento delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, pur se in linea con il trend europeo di drastiche riduzioni apportate in tale settore, fatti salvi i Paesi del Nord Europa, tradizionalmente assai virtuosi.
      Con la consapevolezza che il maggiore obiettivo da raggiungere debba essere la complessiva riforma della legislazione in materia di cooperazione allo sviluppo, recuperando magari il lavoro prodotto da quella significativa collaborazione bipartisan della scorsa legislatura, la presente proposta di legge si pone lo scopo di contribuire, attraverso piccoli passi, all'avvio di tale processo. A cominciare dall'esigenza di alcuni interventi alla disciplina vigente in materia per garantire una maggiore flessibilità temporale nell'utilizzo dei fondi accreditati per i progetti di cooperazione e per il funzionamento delle unità tecniche istituite dalla cooperazione italiana nei Paesi in via di sviluppo. Nella fattispecie l'articolo 1 prevede, alla lettera a), che le somme non erogate dalla rappresentanza diplomatica in esecuzione di specifici progetti di cooperazione possano essere temporaneamente utilizzate per spese di analoga natura derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate, in attesa della definizione delle procedure di accredito. Nello stesso tempo si intende giungere anche a un adeguamento della rendicontazione ai tempi di esecuzione dei progetti e a un superamento dell'attuale pluralità di regimi di rendicontazione a seconda della data dell'accreditamento, come previsto dalla lettera b). Inoltre, con la lettera c) viene conseguentemente previsto che il Ministro degli affari esteri, con decreto da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisca le modalità di armonizzazione del regime giuridico degli interventi di cooperazione conclusi nel 2010 e negli anni precedenti. Lo scopo della modifica proposta con la lettera d) è quello di rendere possibile l'accesso dei fondi della cooperazione italiana anche alle organizzazioni non governative non italiane che operino e siano registrate nei Paesi partner, in modo da sostenere direttamente la società civile. Infine la lettera e) autorizza le unità tecniche di cooperazione operanti nei Paesi in via di sviluppo, al pari delle rappresentanze diplomatiche, a utilizzare temporaneamente le anticipazioni di cassa per le spese di funzionamento delle suddette unità analogamente a quanto previsto dalla disciplina riguardante le spese di funzionamento accreditate alle sedi all'estero dagli altri centri di responsabilità del Ministero degli affari esteri; una misura che mira soprattutto a evitare di esporre gli uffici esteri della cooperazione italiana, a causa dei ritardi nei finanziamenti annuali, al rischio di intollerabili sospensioni dei servizi essenziali.
      L'articolo 4, conseguentemente, mira a coordinare la disposizione contenuta nell'articolo 13 della legge n. 49 del 1987 con quella recata dalla citata lettera e) che attribuisce al funzionario delegato la facoltà di utilizzare anticipazioni di cassa per il funzionamento dell'unità tecnica.
      Gli articoli 2 e 3 mirano a slegare la fornitura di crediti e derrate alimentari dalla scelta di selezione di un'impresa italiana come soggetto attuatore. Condizionare l'erogazione dell'aiuto all'acquisto
 

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di beni e servizi di imprese nel Paese donatore fa lievitare, secondo calcoli effettuati da alcune organizzazioni non governative, tra il 15 per cento e il 30 per cento (50 per cento per l'aiuto alimentare) i costi degli interventi, frenando lo sviluppo delle capacità locali, eludendo gare d'appalto, favorendo la scelta di interventi inadeguati alle esigenze locali. Nel 2001, la percentuale di aiuto italiano bilaterale legata era addirittura del 91 per cento, riducendosi poi nel 2008 al 22 per cento. L'ultimo risultato è migliore rispetto al precedente ma lontano da quel 7,9 per cento del 2005. Nonostante il miglioramento, l'Italia è il Paese europeo che lega maggiormente il proprio aiuto dopo Grecia, Portogallo e Spagna. Il dato del 2008 è comunque importante perché costituisce un criterio su cui valutare l'impegno sottoscritto dall'Italia nel 2008 a garantire un maggiore slegamento. Sfortunatamente, rispetto al dato del 2008, l'Italia ha comunicato al DAC di non poter migliorare i suoi risultati sul legamento, senza che si realizzi una modifica dell'attuale normativa, come da più parti auspicato. Nel periodo 2005-2008, il 51 per cento dell'aiuto legato era costituito da prestiti concessionali disciplinati dall'articolo 6, comma 4, della legge n. 49 del 1987. La norma non prevede esplicitamente il legamento a imprese italiane ma chiede chiaramente la concessione d'autorizzazione per effettuare acquisti in loco. La norma è stata interpretata in modo restrittivo, favorendo al massimo le imprese italiane. Nonostante garantire un maggiore slegamento dell'aiuto sia parte integrante dell'agenda internazionale dell'efficacia, il piano nazionale per l'efficacia si limita a prevedere la possibilità di esplorare altre opportunità per il maggiore slegamento, escludendo la modifica legislativa. La Peer Review del DAC invita l'Italia a una riforma legislativa sia per l'aiuto a credito sia per il dono per l'adeguamento agli orientamenti internazionali. Nell'aprile dello scorso anno, la Commissione europea ha scelto di slegare tutto l'aiuto alimentare, chiedendo agli Stati membri di adeguarsi: ciò per il nostro Paese significherebbe slegare ulteriormente del 4,5 per cento.
      Infine, l'articolo 5 sopprime il comma 4 della legge n. 69 del 2009 che favorisce indirettamente accordi di cooperazione con Paesi che hanno concluso o intendano concludere accordi di rimpatrio di immigrati.
      La cooperazione italiana potrebbe infatti riorientarsi in futuro verso Ucraina, Filippine o Cina, cioè Paesi a significativa immigrazione, per effetto della citata disposizione che prevede, appunto, modalità semplificate per interventi di cooperazione in Paesi che avessero sottoscritto accordi di rimpatrio o di collaborazione nella gestione dei flussi dell'immigrazione clandestina o di esecuzione delle pene detentive delle persone condannate in Italia presso gli istituti esistenti nei luoghi di origine.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80).

      1. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 15-ter è sostituito dal seguente:

      «15-ter. A decorrere dall'esercizio finanziario 2011, le somme non erogate dal funzionario delegato in esecuzione di specifici interventi, progetti o programmi possono essere temporaneamente utilizzate, nell'ambito della medesima sede all'estero, per spese di analoga natura derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate, in attesa della definizione delle procedure di accredito del successivo ordine di rimessa valutaria. All'atto della ricezione dei nuovi fondi accreditati, e comunque improrogabilmente entro l'anno di riferimento, è obbligatoria la sistemazione contabile della cassa temporaneamente utilizzata»;

          b) il comma 15-quater è sostituito dal seguente:

      «15-quater. Le erogazioni successive a quella iniziale sono condizionate al rilascio di un'attestazione da parte del capo missione sullo stato di realizzazione degli interventi, progetti o programmi. Entro sessanta giorni dalla chiusura di ciascun esercizio finanziario, il funzionario delegato presenta una relazione sullo stato dell'intervento, progetto o programma, accompagnata dalla distinta delle spese sostenute nell'esercizio. Entro novanta giorni dalla conclusione di ciascun intervento,

 

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progetto o programma il funzionario delegato versa all'erario le eventuali economie e presenta ai competenti uffici dell'Amministrazione degli affari esteri l'attestazione di tale versamento, la rendicontazione finale, corredata della documentazione di spesa, nonché una relazione attestante l'effettiva realizzazione dell'intervento, progetto o programma e il raggiungimento degli obiettivi prefissati. In caso di avvicendamento tra funzionari delegati, la rendicontazione è resa a cura del funzionario delegato in carica, sulla base di specifici passaggi di consegne; i relativi verbali sono allegati al rendiconto e, in caso di oggettiva impossibilità, al rendiconto è allegata una specifica dichiarazione del medesimo funzionario in carica, attestante le ragioni del mancato passaggio di consegne. In tali casi, ciascun funzionario delegato è comunque responsabile per gli atti di spesa della propria gestione»;

          c) il comma 15-quinquies è sostituito dal seguente:

      «15-quinquies. Con regolamento emanato con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di armonizzazione del regime giuridico delle rendicontazioni degli interventi, progetti o programmi di cooperazione allo sviluppo conclusi negli esercizi finanziari fino all'anno 2010»;

          d) al comma 15-sexies, primo periodo, dopo la parola: «localmente» sono aggiunte le seguenti: «e che sono registrate nel Paese»;

          e) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «15-septies. Per le spese di funzionamento delle unità tecniche di cui all'articolo 13, comma 5, della legge 26 febbraio 1987, n. 49, nelle more dell'accredito della successiva rimessa valutaria, il funzionario delegato può temporaneamente utilizzare fondi di analoga natura comunque disponibili, ove ciò sia indispensabile per assicurare la continuità

 

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dei servizi. All'atto della ricezione dei fondi accreditati, e comunque improrogabilmente entro l'anno di riferimento, è obbligatoria la sistemazione contabile della cassa temporaneamente utilizzata. I fondi di cui al presente comma sono accreditati dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri al capo della rappresentanza diplomatica».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49).

      1. Il comma 4 dell'articolo 6 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «4. I crediti di aiuto soggetti a bando di gara internazionale, nei Paesi a più basso reddito, possono assicurare il finanziamento di parte dei costi locali e di eventuali acquisti in Paesi terzi di beni inerenti ai progetti approvati e favorire l'accrescimento della cooperazione tra Paesi».

Art. 3.
(Modifica all'articolo 11 della legge 26 febbraio 1987, n. 49).

      1. Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 11 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, dopo la parola: «alimentari» sono inserite le seguenti: «acquistate prevalentemente in loco o nella regione,».

Art. 4.
(Modifica all'articolo 13 della legge 26 febbraio 1987, n. 49).

      1. All'articolo 13, comma 4, della legge 26 febbraio 1987, n. 49, le parole: «, anche per quanto riguarda l'amministrazione dei fondi di cui al comma 5,» sono soppresse.

 

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Art. 5.
(Modifica all'articolo 13 della legge 18 giugno 2009, n. 69).

      1. Il comma 4 dell'articolo 13 della legge 18 giugno 2009, n. 69, è abrogato.


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