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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3345 |
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 dicembre 1988, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1989, per la redazione degli studi di impatto ambientale. All'allegato I del decreto, laddove si esplicano le componenti e i fattori ambientali che dovranno essere oggetto dello studio, si fa espressamente riferimento al concetto di ecosistema con una propria struttura ed evoluzione temporale
decreto legislativo n. 152 del 2006, articoli 84 e seguenti, relativi alla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci; il decreto ribadisce il principio fondamentale di protezione degli ambienti acquatici attraverso la protezione della fauna acquatica (già stabilito dal previgente decreto legislativo n. 152 del 1999, abrogato dall'articolo 175 dello stesso decreto legislativo n. 152 del 2006); in sostanza viene espresso il concetto che la salvaguardia della vita acquatica deve essere l'«uso» da perseguire come obiettivo prioritario affinché possano essere garantiti anche tutti gli altri usi. Il criterio più opportuno per effettuare la designazione e la successiva classificazione delle acque superficiali, trattandosi di stabilire l'idoneità alla vita dei pesci, è quello basato sulla raccolta dei dati esistenti relativi alla mappatura biologica mediante macroinvertebrati e sulla definizione dell'indice biotico esteso (IBE) e alla mappatura ittica. Tali compiti sono affidati alle regioni e devono essere finalizzati alla classificazione dell'intero corpo idrico di competenza;
legge regionale dell'Emilia-Romagna 21 aprile 1999, n. 3, relativa alla riforma del sistema regionale e locale che, all'articolo 114 esplicita i contenuti del piano regionale di tutela, uso e risanamento delle acque, tra i quali si citano i seguenti:
a) individua gli obiettivi generali di risanamento dei corpi idrici regionali con riferimento ai piani e alle direttive dell'autorità di bacino nazionale e interregionale;
b) formula indirizzi generali per la determinazione delle destinazioni d'uso dei corpi idrici e delle prestazioni qualitative conseguenti;
c) definisce la disciplina generale degli scarichi delle pubbliche fognature, servite o meno da impianti di depurazione, e quelle degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature;
d) valuta a livello dell'intera regione la disponibilità di risorse idriche per gli usi ambientale, civile, agricolo e produttivo
e) determina per i diversi settori criteri di uso razionale e di risparmio della risorsa;
f) individua i comprensori deficitari e le azioni necessarie per i trasferimenti di acqua;
piano regionale di tutela delle acque della regione Emilia-Romagna approvato dall'assemblea legislativa con deliberazione n. 40 del 21 dicembre 2005 (Bollettino Ufficiale della regione - parte seconda - n. 20 del 13 febbraio 2006);
legge regionale dell'Emilia-Romagna 22 febbraio 1993, n. 11, relativa alla tutela e sviluppo della fauna ittica e alla regolazione della pesca; nella legge, che si inserisce «nel quadro delle politiche di salvaguardia degli ecosistemi acquatici e di promozione di azioni di conservazione e riequilibrio biologico» (articolo 1), il piano ittico regionale viene definito (articolo 7, comma 2) come «(...) lo strumento con cui la Regione promuove ed orienta, nei bacini idrografici, la conservazione, l'incremento e il riequilibrio biologico delle specie ittiche (...) mediante (...) la salvaguardia delle caratteristiche fisico-chimiche delle acque anche in riferimento alla direttiva CEE vigente in materia (...)»; inoltre si stabilisce (articolo 9, comma 2) che «La Carta ittica descrive le caratteristiche fisico-biologiche, le attitudini e le vocazioni bio-genetiche dei corsi d'acqua, definisce i criteri di scelta delle specie ittiche nonché degli interventi di ripopolamento e di riequilibrio ambientale per la conservazione delle specie tipiche»; al comma 2 dell'articolo 12 si chiarisce che «La gestione delle zone di ripopolamento e frega (...) è finalizzata a (...) favorire la riproduzione naturale delle specie ittiche (...)».
La normativa emanata dalla regione Emilia-Romagna è solo uno dei tanti esempi che possono essere portati per quanto concerne le disposizioni vigenti a livello regionale, ma è stata scelta proprio perché è quanto mai significativa dalle perduranti difficoltà che le norme incontrano nella fase di attuazione.
È quantomai opportuno, a questo punto, riprendere alcuni concetti fondamentali: come già detto, i macroinvertebrati acquatici, oltre a fornire precise indicazioni sullo stato di salute dei corsi d'acqua, sono l'alimento preferenziale dei pesci; solo attraverso la struttura delle comunità di macrobentos è possibile programmare un corretto ripopolamento al fine di evitare che specie ittiche vengano immesse in tratti di corsi d'acqua in cui, non essendoci adeguata disponibilità di cibo, non sono garantite la sopravvivenza e la riproduzione naturale; pertanto anche la scelta delle specie ittiche deve essere effettuata sulla base della precisa conoscenza della comunità di macroinvertebrati presenti che dà informazioni sulle capacità ittiogeniche del corso d'acqua e agevola, pertanto, una corretta programmazione del piano ittico regionale; si precisa, inoltre, che la carta ittica, non affiancata dalla mappa sulla qualità biologica dei corsi d'acqua mediante il metodo IBE, non fornisce corrette e sufficienti indicazioni sulle caratteristiche biologiche e sulle attitudini biogenetiche dei corpi idrici.
Dal quadro normativo esposto si evince che esiste una lacuna legislativa che ostacola una più agevole e corretta applicazione delle normativa vigente in materia di salvaguardia degli ecosistemi acquatici. Riteniamo, pertanto indispensabile regolamentare il rilevamento delle caratteristiche biologiche dei corsi d'acqua al fine di poter usufruire di dati utili alla corretta gestione del patrimonio ambientale.
1. La mappatura biologica consiste nella raccolta di macroinvertebrati acquatici e nella definizione di un indice, denominato indice biotico esteso (IBE), costituito da cinque classi di qualità, ognuna con un preciso colore di riferimento o con un'opportuna retinatura per la rappresentazione cartografica, e realizzato secondo le modalità di cui all'articolo 3.
1. La mappatura biologica mediante applicazione dell'IBE è effettuata esclusivamente per gli ambienti di acque correnti superficiali, fatta eccezione per le acque di sorgenti da nevai e per le acque salmastre o in prossimità delle foci.
1. I dati dell'IBE devono essere raccolti in una scheda approvata ai sensi del comma 3.
2. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è nominata una commissione composta da tre membri scelti tra professori universitari di comprovata esperienza nel settore della mappatura biologica, individuati sulla base di designazioni effettuate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, allo scopo di definire, sulla base del più aggiornato manuale di applicazione e dei prevalenti orientamenti scientifici oltre che dell'esperienza maturata negli altri Paesi dell'Unione europea, le norme tecniche di applicazione dell'IBE.
1. Ai fini di cui alla presente legge le unità di studio sono costituite dai bacini idrografici come definiti dall'articolo 54, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
2. Qualora vi sia la necessità di effettuare studi particolareggiati in relazione a una determinata problematica ambientale emergente, le unità di studio possono essere costituite in deroga a quanto stabilito al comma 1.
1. La mappatura biologica deve essere effettuata annualmente in due diversi periodi idrologici, corrispondenti alla condizione di magra e di morbida fluviale nelle stazioni di campionamento appartenenti alla rete di primo grado, individuata da ciascuna provincia, in base alle indicazioni fornite dalle regioni in relazione al rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici superficiali, nell'ambito dei piani di tutela delle acque di cui agli articoli 121 e seguenti del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Con frequenza triennale, ma comunque nei due periodi idrologici individuati ai sensi del periodo precedente, deve essere effettuata la mappatura biologica su una rete di maggiore dettaglio, comprendente anche le aste dei sottobacini minori, definita sulla base dei primi due anni di
1. Per quanto concerne la rete dei canali di bonifica, la mappatura biologica deve essere realizzata annualmente in due diversi periodi idrologici artificiali, corrispondenti alle fasi di apertura e di chiusura dei canali, e secondo una rete di stazioni che sono concordate di concerto con gli enti di bonifica territorialmente competenti.
1. La mappatura biologica mediante applicazione dell'IBE non deve essere eseguita nei seguenti casi:
a) in prossimità dell'immissione di uno scarico o di un affluente, in quanto deve sempre essere rispettata una distanza di sicurezza che garantisca il completo rimescolamento dell'immissione con il corpo ricevente;
b) nel periodo immediatamente successivo ad una piena, naturale o artificiale, o ad una secca, in quanto devono essere rispettati i tempi di ricolonizzazione della fauna invertebrata;
c) nei bacini artificiali creati dagli sbarramenti fluviali; in tali casi la mappatura biologica può essere effettuata immediatamente a monte del bacino o a valle dello sbarramento.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità per la raccolta e per la sintesi dei dati rilevati durante ogni attività annuale di mappatura biologica, individuano gli uffici ai quali affluiscono i dati e le procedure di controllo delle strutture preposte all'effettuazione della mappatura e alla formazione degli addetti, nonché le modalità relative alla pubblicazione degli stessi dati, assicurandone la maggior diffusione possibile.
1. Le competenze in materia di mappatura biologica spettano alle strutture pubbliche preposte al controllo ambientale. Il gruppo che realizza il lavoro di campagna deve essere composto da un minimo di due persone, di cui almeno una in possesso di laurea in scienze biologiche o in scienze naturali ovvero in scienze ambientali.
2. Possono effettuare la mappatura biologica i dipendenti delle strutture pubbliche che hanno maturato un'esperienza almeno biennale, comprovata da corrispondenti lavori nel settore. A tale fine, i medesimi dipendenti sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento. Qualora la struttura pubblica non sia in grado di effettuare la mappatura biologica in quanto il proprio personale non risponde ai requisiti di cui alla presente legge o è carente, ovvero la stessa struttura è impegnata in altre indagini, la provincia competente provvede ad affidare l'incarico a soggetti privati in grado di costituire un gruppo di lavoro composto da un minimo di due persone, di cui almeno una in possesso di laurea in scienze biologiche o
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