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PDL

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2744


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CENNI, ZUCCHI, AGOSTINI, ARGENTIN, BELLANOVA, BOCCIA, BOCCUZZI, BOFFA, BRAGA, BRANDOLINI, CAPODICASA, CARLUCCI, MARCO CARRA, CECCUZZI, CERA, CIRIELLO, CODURELLI, CONCIA, DE BIASI, DE PASQUALE, DI GIUSEPPE, DI STANISLAO, ESPOSITO, FADDA, FAVIA, FERRARI, FIANO, FIORIO, FONTANELLI, FRONER, GAROFANI, GATTI, GHIZZONI, GIACOMELLI, GINEFRA, GINOBLE, GNECCHI, LAGANÀ FORTUGNO, LENZI, LOSACCO, LOVELLI, LULLI, MARANTELLI, MARCHI, MARCHIONI, MARGIOTTA, MARIANI, MARROCU, MAZZARELLA, MIGLIOLI, MIOTTO, MOGHERINI REBESANI, OLIVERIO, PELUFFO, MARIO PEPE (PD), PIZZETTI, PUGLIESE, REALACCI, RUGGHIA, SAMPERI, SANI, SCHIRRU, SERVODIO, SPOSETTI, STRIZZOLO, TIDEI, TORRISI, TOUADI, TRAPPOLINO, TRAVERSA, VACCARO, VENTURA, VERNETTI, VICO, VIOLA, ZAMPA

Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare

Presentata il 29 settembre 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - Il 2010 è stato proclamato dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) «anno internazionale della biodiversità». Un'iniziativa per portare all'attenzione dell'opinione pubblica, della comunità internazionale e dei governi dei singoli Stati le problematiche relative al progressivo impoverimento ambientale del pianeta dovuto anche alla distruzione di habitat e di ecosistemi.
 

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Secondo l'ONU la diversità biologica deve essere tutelata e preservata in quanto pilastro delle civiltà e testimonianza diretta dell'evoluzione del pianeta. Appare, dunque, opportuno che, proprio nel corso di questo anno, anche il Parlamento italiano colmi un pericoloso vuoto normativo e attivi azioni concrete ed efficaci per promuovere il corretto mantenimento della diversità biologica vegetale e animale del nostro Paese. Negli ultimi decenni lo sviluppo delle attività produttive umane ha inciso profondamente sul patrimonio ecologico mondiale. Si tratta di processi che presentano alcuni risvolti negativi che rischiano di divenire irreversibili nonostante i provvedimenti assunti dagli organismi internazionali, dall'Unione europea e dai singoli Stati per la conservazione della natura e per il corretto mantenimento della diversità biologica. La riduzione della varietà delle forme viventi e degli ambienti e la semplificazione dei paesaggi, dovuta all'attività umana, per quanto concerne sia il sovra-sfruttamento delle risorse naturali, sia le alterazioni dell'ambiente, rappresentano oggi uno dei più impellenti problemi su scala mondiale, coinvolgendo direttamente sia il campo strettamente scientifico sia l'iniziativa privata e gli organi di governo.
      Anche l'attività agricola, quando è spinta dal modello produttivo industriale, è coinvolta in questo processo di deterioramento. Gli agricoltori delle diverse zone del mondo hanno operato storicamente una continua selezione sulle specie di interesse agricolo. Processi che, avvalendosi di un'ampia diversità biologica, hanno portato alla costituzione di numerosissime varietà idonee a valorizzare le risorse naturali indigene e, più recentemente, all'affermazione delle sementi selezionate che hanno sostituito gli ecotipi locali. Al di là degli innegabili benefìci conseguenti all'adozione di questi nuovi fattori produttivi, negli ultimi decenni si sta purtroppo registrando un impoverimento della base genetica, specialmente con il manifestarsi di diffusi attacchi di agenti fitopatogeni e con la mancanza di resistenza delle nuove sementi, selezionate o ibride, ai vari stress ambientali: una situazione che si evidenzia anche per le razze animali, con un forte calo della variabilità genetica tra le popolazioni allevate.
      Ad aggravare ulteriormente la situazione si aggiungono meccanismi di brevettazione che consentono la costituzione di diritti di proprietà sul materiale vivente in grado di limitare ulteriormente l'accesso alle risorse genetiche, minacciando la sottrazione alla comunità di importanti fonti di ricchezza, sia biologica sia culturale.
      I problemi esposti, insieme a quelli connessi ai princìpi dello sviluppo sostenibile, hanno sempre più, nel corso degli anni, convogliato l'attenzione del legislatore, nazionale e internazionale, sulla necessità di conservare la natura e la diversità biologica quale elemento necessario per il mantenimento generale dell'equilibrio ecologico e presupposto indispensabile per la costituzione di una banca genetica di riferimento di altissimo valore, essenziale per il progresso alimentare, medico, biologico, ambientale, agricolo e scientifico.
      Con la presente proposta di legge si vogliono rafforzare e promuovere le politiche a difesa delle risorse genetiche autoctone, mettendo a punto strumenti normativi atti a scongiurare il rischio di erosione genetica, salvaguardare, al tempo stesso, il diritto di proprietà delle comunità locali sulle razze e sulle varietà, quali espressioni del territorio e del suo patrimonio economico, sociale e culturale e quali veicoli di valorizzazione territoriale e sviluppo economico locale, sostenere e sollecitare attività di valorizzazione e promozione dello sviluppo locale legato alla biodiversità agraria.
      Il patrimonio nazionale di prodotti agricoli e alimentari relativi al settore agro-alimentare rappresenta infatti una delle maggiori ricchezze che accomuna tutte le realtà territoriali del nostro Paese. Si tratta di numerose produzioni che hanno raggiunto, negli anni, elevati standard di qualità e che hanno ottenuto riconoscimenti certificati sia a livello nazionale che comunitario. Questo comparto,
 

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proprio in virtù di tali caratteristiche, assume quindi una duplice importante valenza: da un punto di vista finanziario, tra i primi per prodotto interno lordo come diretta espressione del «made in Italy», esso è un modello trainante dell'economia italiana in stretta sinergia con altri settori come lo sviluppo turistico, il commercio o l'artigianato. Senza dimenticare l'altro fondamentale aspetto che riguarda la crescita virtuosa e sostenibile dei piccoli centri: dal 99 per cento dei comuni di piccole dimensioni, dove risiede peraltro oltre la metà della popolazione nazionale, proviene infatti la maggior parte dei prodotti tipici certificati e pregiati.
      Queste produzioni tradizionali, espressione diretta spesso di zone tradizionalmente marginali, svolgono un ruolo insostituibile di presidio territoriale a partire dalla valorizzazione e dalla preservazione di un bacino vasto di conoscenze e di varietà genetiche che costituisce, in questi ambiti, una parte di assoluto rilievo nella preservazione delle identità delle comunità locali nonché nella salvaguardia, nella manutenzione idrogeologica e nella conformazione armoniosa del paesaggio agrario stesso. Conservare e promuovere gli ecotipi, le razze autoctone e le metodiche tradizionali di lavorazione significa, quindi, anche assicurare un futuro a quei contesti rurali di grande pregio ambientale, in particolare di collina e di montagna, spesso altrimenti destinati all'abbandono e alla disgregazione sociale. È in questo panorama di risorse e di tradizioni che emerge la necessità impellente, da parte del legislatore, di non disperdere, bensì di recuperare e di preservare questo patrimonio di biodiversità con un ordinamento di livello nazionale capace di incentivare, coordinare e ricondurre ad un sistema avente gli indirizzi internazionali nonché le norme già emanate in materia da alcune regioni. L'assenza di interventi strutturali di programmazione e di promozione sul comparto agro-alimentare rischia di causare non soltanto la mancata piena realizzazione delle sue potenzialità di sviluppo ma evidenzia, già oggi, segnali di criticità che stanno emergendo in tutta la loro gravità. Un riferimento in questa direzione riguarda oggi i noti rischi di contraffazione, ma anche di pirateria genetica: nel solo mercato degli Stati Uniti d'America, ad esempio, il valore dei prodotti alimentari italiani contraffatti risulta pari alle vendite dei prodotti originali, una problematica che è stata affrontata con risultati non ancora soddisfacenti nell'ambito delle trattative internazionali. Sulla pirateria e sull'inquinamento genetico solo pochi Stati al momento hanno provveduto a normare.
      Vale poi la pena di ricordare la complessa questione dei prezzi dei prodotti alimentari e, in particolare, della loro oscillazione, che ha contribuito in questi anni, attraverso il processo di industrializzazione di buona parte dell'agricoltura, a colpire le piccole produzioni agricole attraverso una forte concorrenza dei prodotti agricoli provenienti dalle forme intensive.
      Il patrimonio autoctono che caratterizza le produzioni tradizionali, può, inoltre, essere soggetto ad una particolare forma di erosione che si determina con l'appropriazione brevettuale di genoma da parte di privati e di grandi aziende del settore biotecnologico, senza considerare che queste stesse varietà rappresentano prima di tutto un deposito di consuetudini e di conoscenze sviluppato e tramandato nei secoli dalle comunità locali. In questo contesto deve anche essere affrontato il problema della coesistenza tra forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica, tentativo fatto con il decreto-legge 22 novembre 2004, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5, che la sentenza n. 116 del 2006 della Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale in relazione ad alcune attribuzioni legislative statali, che sono, al contrario, di competenza regionale, rendendolo, di fatto, inapplicabile. Va aggiunto a tutto questo, quanto apertosi anche con la recentissima sentenza del Consiglio di Stato (di fatto al momento impraticabile) n. 29 del 19 gennaio 2010, conseguente al ricorso di un agricoltore. Tali sentenze hanno creato un pericoloso
 

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vuoto normativo, poiché è decaduta la moratoria prevista a suo tempo in attesa delle linee guida ed è in vigore il principio della libertà di scelta dell'imprenditore e vengono però a mancare le parti operative legate alle regole tecniche di coesistenza, ambiti che tale sentenza pone a pieno titolo nella sfera di competenza delle regioni e delle province autonome. In questo contesto è utile, inoltre, segnalare che l'industrializzazione dell'agricoltura e la spinta alla massima produttività delle colture hanno richiesto la selezione e la diffusione di cultivar uniformi e standardizzate sia a livello delle loro sementi che del loro metodo di coltivazione. Le nuove varietà così costituite hanno velocemente soppiantato le numerose varietà locali esistenti. Per fare un esempio di questo fenomeno, si stima che alla fine del secolo scorso in Italia esistessero oltre quattrocento varietà di frumento, mentre nel 1996 solo otto varietà di frumento duro costituivano l'80 per cento del seme. Quest'evoluzione ha probabilmente rafforzato l'agricoltura ma ha impoverito la qualità del nostro regime alimentare, con la conseguenza che molte varietà locali sono trascurate ed esposte al rischio di estinzione. Dati preoccupanti emergono anche in relazione alle razze animali a rischio. Da uno studio diffuso il 22 maggio 2007 dalla Commissione europea emerge infatti che un mammifero europeo su sei è a rischio di estinzione; le principali minacce per i mammiferi europei sarebbero la perdita di habitat, l'inquinamento e lo sfruttamento intensivo. Una situazione allarmante che coinvolge, quindi, direttamente anche il nostro Paese. Va poi aggiunto un altro aspetto non marginale: un'azione efficace di promozione dei prodotti e delle varietà locali appare oggi auspicabile anche in relazione alle nuove politiche perseguite dall'Unione europea, che punta ad una riorganizzazione complessiva delle denominazioni di origine e che oggi ha aperto un dibattito sul futuro della politica agricola europea. È questo un processo che porterà inevitabilmente a un periodo di vuoto normativo, causato dai processi di applicazione delle nuove disposizioni, e che dovrà essere colmato da una sinergica e strutturata legislazione in materia di carattere nazionale. Tra gli obiettivi principali della presente proposta di legge emerge quindi la necessità di tutelare e di valorizzare il patrimonio genetico locale, con l'approvazione di una legge quadro capace prima di tutto di armonizzare e di promuovere gli ordinamenti regionali vigenti che hanno competenza specifica in materia.
      Negli ultimi anni infatti sono state numerose le azioni promosse dalle regioni in difesa della biodiversità agraria: programmi mirati che vanno dalle iniziative di ricerca all'emanazione di specifiche leggi in materia di risorse genetiche autoctone di interesse agrario, zootecnico e forestale. La regioni hanno operato sulla salvaguardia delle risorse genetiche partendo dalle specifiche emergenze del proprio territorio. Questo ha portato ad una prima catalogazione sistematica del germoplasma autoctono locale. Alcune regioni hanno poi da anni legiferato in materia di tutela delle risorse genetiche autoctone anche con specifiche leggi regionali. Tutte le iniziative regionali hanno riguardato essenzialmente l'individuazione delle risorse, la loro caratterizzazione morfologica e genetica, nonché la conservazione e la valorizzazione. Progetti specifici sono stati inoltre realizzati su particolari territori per il recupero di vecchie cultivar di fruttiferi e di specie erbacee. A tale fine sono stati realizzati programmi interregionali specifici sulla biodiversità e progetti territoriali o di sviluppo locale attraverso il coinvolgimento di agricoltori interessati alla conservazione e alla valorizzazione delle varietà locali.
      Le regioni che hanno promulgato leggi specifiche in materia sono la regione Toscana (nel 1997 e con una nuova legge nel 2004), la regione Lazio (nel 2000), la regione Umbria (nel 2001), la regione Friuli Venezia Giulia (nel 2002), la regione Marche (nel 2003) e la regione Emilia-Romagna (nel 2007). Alcune regioni hanno poi approvato leggi non specifiche ma che possono essere comunque collegate alle tematiche della biodiversità e alla salva
 

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guardia delle risorse genetiche agrarie: si tratta della regione Campania, della regione Veneto e della regione Liguria. Esaminando questi ordinamenti emergono princìpi generali e definizioni comuni: tali leggi hanno infatti definito gli strumenti necessari per l'individuazione, la definizione, la caratterizzazione, la conservazione e la valorizzazione delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, zootecnico e forestale.
      In sintesi, i sistemi di tutela istituiti dalle varie leggi regionali, sono basati essenzialmente su quattro punti principali: l'individuazione della risorsa genetica e la sua caratterizzazione; l'iscrizione a un apposito repertorio o registro regionale; la conservazione in situ (sul territorio) ed ex situ (in laboratorio); la valorizzazione. Per ottenere le finalità appena citate sono stati istituiti alcuni strumenti normativi collegati sinergicamente tra loro: i registri regionali; la banca regionale del germoplasma; i coltivatori custodi; la rete di conservazione e sicurezza.
      Oltre alle normative regionali, esistono sulla tematica trattati e convenzioni internazionali che hanno indirizzato le politiche nazionali in materia: ci si riferisce innanzitutto alla Convenzione sulla biodiversità, fatta a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 e resa esecutiva dalla legge 14 febbraio 1994, n. 124. L'accordo ha richiesto ai Paesi firmatari di sviluppare piani e programmi per la conservazione della biodiversità e per l'uso sostenibile delle risorse e ha definito le politiche principali per un'efficace conservazione ex situ e in situ della biodiversità, indicando alle singole nazioni una serie di obiettivi sulla base dei quali è necessario elaborare opportune strategie. L'Unione europea ha poi cercato di perseguire delle misure agroambientali (prima con il regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, e attualmente con il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005), proseguendo con i programmi di sviluppo rurale, nonché di sostenere economicamente gli agricoltori che coltivavano o allevavano specie in via di estinzione.
      Proseguendo cronologicamente, un altro documento rilevante, a livello internazionale è la IV Conferenza tecnica internazionale sulle risorse fitogenetiche, svolta a Lipsia nel 1996, dove centocinquanta Paesi hanno formalmente adottato il «Piano di azione globale per la conservazione e l'uso sostenibile delle risorse fitogenetiche etiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura», il cui principale obiettivo è la realizzazione di un efficiente piano nazionale sulla conservazione e sull'uso sostenibile di tali risorse. Merita poi un'ampia considerazione il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) che rappresenta il nucleo fondamentale delle norme di diritto internazionale indirizzate a tutelare la biodiversità anche in relazione allo sviluppo delle biotecnologie. Tale Trattato coordina e promuove le iniziative dei singoli Paesi in tema di gestione delle risorse fitogenetiche sulla biodiversità agricola, sulla sicurezza alimentare e sullo sviluppo sostenibile. La conservazione della diversità fitogenetica diviene quindi un vincolo giuridico per gli Stati; si incentiva l'utilizzazione più ampia delle risorse fitogenetiche e una distribuzione equa dei relativi benefìci. Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, adottato a Roma il 3 novembre 2001 dalla trentunesima riunione della Conferenza della FAO, è stato reso esecutivo dal Parlamento italiano con la legge 6 aprile 2004, n. 101. Il Trattato è diretto a coordinare e a promuovere la convergenza delle iniziative dei singoli Paesi in materia di accesso e di gestione delle risorse fitogenetiche con i seguenti obiettivi: riconoscere l'enorme contributo degli agricoltori alla diversità delle colture che alimentano il mondo; attuare un sistema completo che permette l'accesso agli agricoltori, agli allevatori e agli scienziati che usano il materiale fitogenetico; condividere i benefìci derivanti dall'utilizzo di questo materiale fitogenetico con i Paesi di origine.
 

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      Il concetto chiave del Trattato, perno essenziale della disciplina in materia, è rappresentato dalla sovranità dello Stato sul germoplasma secondo i princìpi di sostenibilità e di conservazione delle risorse fitogenetiche locali.
      L'Italia è, tra i Paesi del Mediterraneo, uno dei più ricchi in varietà locali, soprattutto orticole e frutticole, ma anche in varietà cerealicole e foraggere, oltre che in varietà animali. Per ognuna delle specie di appartenenza occorre quindi individuare e mettere a punto la migliore strategia di conservazione in situ ed ex situ e di reintroduzione sul territorio in caso di rischio di estinzione. Accanto alle leggi regionali è fondamentale che si definiscano le linee guida generali nazionali atte a fornire un sostegno tecnico ai soggetti preposti alla tutela delle risorse genetiche a rischio di estinzione al fine di consentire una gestione unitaria e uguali standard nelle strategie di conservazione e di valorizzazione nel rispetto delle specificità territoriali. Tali linee guida scaturiscono da precise attribuzioni legislative che individuano nello Stato il soggetto promotore di funzioni specifiche in materia di coordinamento delle attività relative all'attuazione della citata Convenzione sulla biodiversità del 1992.
      In particolare, la legge 8 luglio 1986, n. 349, attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare funzioni specifiche in materia di coordinamento delle attività relative all'attuazione della citata Convenzione sulla biodiversità; di redazione e di gestione del Piano nazionale sulla biodiversità; di attuazione di accordi internazionali per la biodiversità forestale; di formulazione di linee guida per la gestione forestale sostenibile; di coordinamento delle attività relative all'attivazione e alla gestione del Piano nazionale sulla biodiversità. In ottemperanza alla citata legge n. 349 del 1986, il Ministero dell'ambiente, nel 1994, ha emanato «Le linee strategiche per l'attuazione della convenzione di Rio de Janeiro e per la relazione di un Piano nazionale sulla biodiversità» con l'obiettivo prioritario di realizzare una rete integrata di centri per la conservazione ex situ del germoplasma, utilizzando come punti nodali le strutture esistenti e gli istituti specializzati.
      Per il settore agricolo, un ulteriore punto di riferimento nazionale è rappresentato dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, che affida al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il compito di svolgere azioni «di disciplina generale e di coordinamento nazionale (...) [per la] salvaguardia e tutela delle biodiversità vegetali e animali, dei rispettivi patrimoni genetici» (articolo 2, comma 2).
      Indirizzi rafforzati dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 2009, n. 129, che attribuisce al Dipartimento delle politiche competitive del mondo rurale e della qualità - Direzione generale della competitività per lo sviluppo rurale del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali la salvaguardia e la tutela dei patrimoni genetici delle specie animali e vegetali. Una serie di atti che promuovono quindi, a livello nazionale, i processi tecnici per favorire l'implementazione del citato Trattato internazionale sulle risorse citogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, prevedendo apposite risorse logistiche e finanziarie ai fini della conservazione, della caratterizzazione e dell'uso delle risorse citogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura.
      Va poi segnalato, per importanza e competenza, il decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2006, n. 78, recante «Attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche». Tale normativa definisce la nozione di «materiale biologico» classificando ciò che è brevettabile e ciò che non lo è. La normativa esclude, infatti, dalla brevettabilità le invenzioni «il cui sfruttamento commerciale è contrario alla preservazione dei vegetali e della biodiversità ed alla prevenzione di gravi danni ambientali». In particolare si fa qui riferimento alle «varietà vegetali e le razze animali, nonché i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali» [articolo 4, comma 1, lettera e)]
 

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e alle «nuove varietà vegetali rispetto alle quali l'invenzione consista esclusivamente nella modifica genetica di altra varietà vegetale, anche se detta modifica è il frutto di procedimento di ingegneria genetica» [articolo 4, comma 1, lettera f)]. Il citato decreto-legge n. 3 del 2006 prevede, inoltre, che la valutazione di brevettabilità è assegnata all'Ufficio italiano brevetti e marchi che può, a sua volta, richiedere il parere del Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie. Un ulteriore riferimento normativo è rappresentato dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 18 aprile 2008, recante «Disposizioni applicative per la commercializzazione di sementi di varietà da conservazione», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 26 maggio 2008. La finalità del decreto è quella di definire le modalità per la conservazione e per l'utilizzazione sostenibile di risorse citogenetiche minacciate da erosione genetica mediante la coltivazione e la commercializzazione in situ di sementi e di specie di varietà adatte alle condizioni naturali locali, rafforzando e promovendo, quindi, il riconoscimento di quel patrimonio genetico che ha un legame con la cultura, con la storia e con la tradizione di un territorio e stabilendone i requisiti per l'identificazione, le modalità per preservarne l'estinzione, gli impieghi, le restrizioni e le procedure di valutazione. Un altro obiettivo di questo decreto, in relazione al decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46, che ha previsto l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Registro nazionale della varietà da conservazione, è quello di armonizzare e di mettere a sistema le disposizioni in materia già approvate da alcuni ordinamenti regionali, sopperendo al tempo stesso, a livello nazionale e quindi in ogni area del Paese, all'assenza di politiche specifiche per la corretta preservazione delle specie agricole minacciate dall'erosione genetica.
      Infine merita ampia considerazione il citato Piano nazionale sulla biodiversità, redatto nel mese di febbraio 2008 dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il cui obiettivo generale è quello di «coordinare l'insieme delle iniziative e dei rapporti con gli organismi nazionali ed internazionali che si occupano di biodiversità in agricoltura; nonché di dare alle regioni e province autonome, chiamate all'attuazione del Trattato FAO, concrete risposte alle problematiche emerse al fine di tentare di introdurre un sistema nazionale di tutela della biodiversità agraria, capace di riportare sul territorio, in modo efficace, gran parte della biodiversità scomparsa o a rischio di estinzione, a vantaggio della tutela dell'ambiente, di un'agricoltura sostenibile e dello sviluppo rurale». Il Piano definisce, in questa direzione, un metodo comune di lavoro e di approccio alla tutela della biodiversità agraria vegetale e animale, condiviso tra tutti i soggetti operanti nel settore pubblico e privato e nel mondo della ricerca (come ad esempio università e istituti pubblici o privati) in modo tale da rendere omogenei gli interventi specifici e confrontabili i risultati, a partire dalla promozione di una metodologia comune per individuare le risorse genetiche autoctone animali e vegetali, nonché per uniformare terminologie, strumenti di intervento, strategie di valorizzazione e iniziative di ricerca e di sperimentazione.
      Un'ulteriore parte della presente proposta di legge riguarda alcuni strumenti atti a incentivare la conoscenza, su vasta scala, della Rete nazionale e del Registro nazionale delle varietà e delle razze locali e in particolar modo, l'utilizzo e la commercializzazione degli alimenti provenienti da questa filiera produttiva e, conseguentemente, dall'attività dei coltivatori custodi, nonché la promozione di sistemi di sviluppo locale incentrati sui temi del cibo e delle produzioni agricole. Un primo strumento è caratterizzato dalla promozione della biodiversità agricola e alimentare attraverso l'attivazione di veri e propri percorsi formativi e didattici, accessibili anche in via telematica mediante un apposito sito web del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, grazie ai quali i turisti e i visitatori potranno
 

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approfondire la conoscenza di questo comparto, delle sue finalità, dei suoi «attori» principali e dei suoi prodotti. Si tratta di un'iniziativa, che deve essere attuata dal coordinamento sinergico tra Stato e regioni e che riveste molteplici ruoli.
      Essa da', innanzitutto, la possibilità a tutti i cittadini, senza dimenticare la scuola, di poter conoscere le varietà animali e vegetali, tutelate dalla presente proposta di legge, direttamente nei luoghi di origine e quindi nelle coltivazioni e negli allevamenti «in situ» e «on farm» (in fattoria). Una possibilità di fruizione personale che valorizza l'attività degli agricoltori e crea, inoltre, i presupposti per uno sviluppo, potenzialmente elevato, di un turismo legato al settore e di una commercializzazione dei prodotti alimentari che possa superare le nicchie di mercato per affacciarsi verso una distribuzione maggiormente capillare. In questa direzione si può ricordare che il turismo enogastronomico produce un fatturato annuo di circa 5 miliardi di euro e si conferma uno dei motori della vacanza «made in Italy». Al tempo stesso questo tipo di promozione potrà far conoscere la preziosa attività degli allevatori custodi e incentivare l'accesso, soprattutto da parte delle giovani generazioni, a questo tipo di attività che permette il recupero dello straordinario patrimonio animale e vegetale del territorio italiano. Un altro strumento promosso dalla presente proposta di legge riguarda poi l'istituzione delle comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare. Si tratta di accordi tra agricoltori, coltivatori custodi, gruppi di acquisto, istituti scolastici e universitari, centri di ricerca, associazioni e piccole e medie imprese del primo settore che hanno come finalità lo studio, il recupero e la trasmissione di conoscenze su varietà vegetali e su razze locali, nonché la realizzazione e la promozione di sistemi economici locali che hanno alla base pratiche colturali biologiche e ambientalmente sostenibili. Si cerca, pertanto, di creare fruitori consapevoli, orientati da una scelta strategica che sappia associare cultura millenaria e rispetto delle risorse naturali. Il consumatore, in questo modo, può divenire a tutti gli effetti «co-produttore» ed entrare nel sistema virtuoso di tutela e di promozione della biodiversità.
      Le Comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare traggono spunto da esperienze portate avanti in tutto il mondo in questi anni dalla rete di «Terra Madre», promossa dall'associazione «Slowfood», ove le comunità del cibo riuniscono nuclei di persone che producono, trasformano, distribuiscono e consumano cibo di qualità e sono fortemente legate a un territorio dal punto di vista storico, sociale e culturale.
      È alla luce dei princìpi e delle finalità espressi, oltre che della necessità di stabilire una normativa quadro che integri e che metta a sistema la legislazione regionale, gli indirizzi di carattere internazionale e gli ordinamenti nazionali in materia, che si ribadisce ancora una volta l'esigenza, da parte del legislatore, di emanare una legge specifica in materia di valorizzazione e di tutela della agrobiodiversità.
      Va comunque premesso che la maggior parte delle competenze in materia appartiene alle regioni e che la redazione delle linee guida inerenti l'elaborazione di criteri uniformi di ordine nazionale deve necessariamente prevedere l'approvazione concertata della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      Si illustrano ora nel dettaglio gli articoli della presente proposta di legge.
      L'articolo 1 stabilisce l'oggetto e la finalità della legge che stabilisce i princìpi, le finalità e gli strumenti idonei per l'istituzione di un Sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare.
      Si prevede il sostegno mirato sia da parte dello Stato verso le regioni e le province autonome, sia da parte degli enti territoriali preposti verso gli agricoltori interessati, per promuovere azioni di tutela e progetti mirati a sostegno della valorizzazione e della tutela della biodiversità agraria e alimentare.
 

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      Conseguentemente si prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le regioni e le province autonome promuovano progetti tesi alla trasmissione delle conoscenze acquisite soprattutto nei confronti dei giovani agricoltori, degli studenti e dei consumatori, attraverso attività di formazione e iniziative culturali.
      L'articolo 2 istituisce l'Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo, con l'obiettivo di aggiornare l'elenco delle varietà e razze locali correttamente individuate e caratterizzate presenti sul territorio, di consentire la diffusione delle informazioni e di ottimizzare gli strumenti e i finanziamenti impiegati nella gestione delle risorse genetiche. Tale articolo stabilisce anche che le varietà e razze locali iscritte all'Anagrafe non sono brevettabili né iscrivibili a nessun registro nazionale o comunitario esistente in materia.
      L'articolo 3 istituisce la Rete nazionale del germoplasma composta dai centri regionali di raccolta per la conservazione ex situ del germoplasma vegetale e animale e dalle Reti nazionali dei coltivatori custodi e degli allevatori di popolazioni animali a rischio di estinzione e di diminuzione genetica.
      L'articolo 4 istituisce le Reti nazionali dei coltivatori custodi e degli allevatori di popolazioni animali a rischio di estinzione e di diminuzione genetica, prevedendo il supporto della Rete nazionale del germoplasma per sperimentare, tra l'altro, nuove metodologie di conservazione in situ e on farm.
      L'articolo 5 delega al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali l'approvazione delle linee guida per la gestione della biodiversità agraria e alimentare, da applicare su tutto il territorio nazionale. Le regioni e le province autonome, sulla base delle linee guida, definiscono un sistema comune di individuazione, di caratterizzazione e di valutazione delle varietà e razze locali presenti nei rispettivi territori, al fine di redigere schede descrittive delle principali varietà e razze locali delle quali si richiede l'iscrizione nell'Anagrafe di cui all'articolo 2.
      L'articolo 6 introduce misure specifiche per la conservazione delle razze locali, individuate dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, che prevedono, tra l'altro, la messa a sistema dei programmi di recupero, di conservazione e di ricerca sulla biodiversità animale di interesse zootecnico. Tali programmi vengono attuati nelle diverse regioni e province autonome con la finalità di redigere un inventario completo, di definire le linee guida per la conservazione delle razze locali in situ, ex situ e on farm, di individuare metodi di valutazione e di contenimento della perdita di variabilità genetica animale sulle razze locali non a rischio di estinzione, nonché di organizzare le reti nazionali di cui all'articolo 3.
      L'articolo 7 istituisce il Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare, il cui compito è quello di realizzare un collegamento stabile e operativo tra lo Stato, le regioni e le province autonome, promuovendo lo scambio di informazioni e di competenze, per la realizzazione e per l'integrazione dei progetti nei differenti livelli territoriali. Il Comitato è presieduto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali o da un suo delegato, ed è costituito da sei rappresentanti delle regioni e delle province autonome, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con funzioni di coordinamento, da un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
      L'articolo 8, oltre a ribadire la tutela delle varietà vegetali presenti nell'Anagrafe nazionale, istituita dall'articolo 2, esclude dalla brevettabilità le varietà dalle quali discendono le sementi, le produzioni contraddistinte dai marchi di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta o di specialità tradizionale garantita e da cui discendono i prodotti agroalimentari tradizionali riconosciuti dal Ministro delle politiche agricole alimentari
 

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e forestali. Con questa norma si stabilisce di fatto il diritto dello Stato e delle comunità locali a tutelarsi da eventuali rischi di inquinamento genetico e da forme di «agro-pirateria».
      L'articolo 9, in conformità all'ordinamento dell'Unione europea, che prevede un regime di coesistenza tra coltivazioni tradizionali e coltivazioni geneticamente modificate, istituisce un apposito fondo, al fine di tutelare la biodiversità di interesse agricolo e di corrispondere indennizzi ai produttori agricoli per fare fronte a eventuali danni subiti.
      Con l'articolo 10 viene introdotto un concetto innovativo: la possibilità cioè, in deroga alla normativa vigente, per coloro che producono in loco le varietà disciplinate dalla legge di effettuare la vendita diretta di tali prodotti rimuovendo il limite di modica quantità. L'obiettivo è favorire la diffusione e la riproduzione di questi semi, ovviamente escludendo la possibilità di vendere a soggetti che possono essere parte della filiera commerciale delle sementi. Il medesimo articolo disciplina inoltre il libero scambio di tali varietà all'interno della Rete nazionale dei coltivatori custodi.
      Con l'articolo 11 sono istituiti, dallo Stato, dalle regioni e dalle province autonome, gli itinerari della biodiversità agraria e alimentare al fine di valorizzare e di trasmettere le conoscenze acquisite in materia. Nello specifico viene disposto che siano realizzate mappe nazionali, visionabili anche su internet, delle varietà e delle razze locali iscritte all'Anagrafe nazionale, delle Reti nazionali, dei punti di vendita diretta nonché dei centri di conservazione o didattici. Il presente articolo dispone inoltre che siano realizzate campagne promozionali periodiche di tutela e di valorizzazione delle biodiversità agrarie e alimentari, nonché di informazione e promozione degli itinerari.
      L'articolo 12 prevede che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni e le province autonome, anche con il contributo delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dei consorzi di tutela e di altri soggetti riconosciuti, promuovano l'istituzione di comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare. Si tratta di creare dal basso, dagli ambiti locali, un circuito di difesa e di tutela della biodiversità agraria e alimentare, riproponendo la centralità della qualità dell'agricoltura e dell'alimentazione, e promuovendone una conoscenza adeguata e creando circuiti virtuosi e di filiera corta, attraverso azioni coordinate con tutta la popolazione.
      L'articolo 13, infine, pone l'accento sulla necessità di incentivare la ricerca pubblica in materia di biodiversità agraria e alimentare; in particolare stabilisce che il piano triennale di attività del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura comprenda interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, nonché sulle tecniche e sulle pratiche idonee a salvaguardarla, tutelarla e promuoverla.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto e finalità).

      1. La presente legge stabilisce i princìpi per l'istituzione di un Sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare finalizzato alla tutela del territorio da fenomeni di spopolamento, di estinzione e di erosione genetica delle varietà e razze locali autoctone e non, alla tutela e alla conservazione delle colture rurali e delle popolazioni animali locali, alla tutela delle tecniche agronomiche che hanno consentito alle popolazioni la conservazione del paesaggio e delle varietà locali, nonché alla tutela delle varietà e delle razze locali dal rischio di contaminazioni da inquinamento. Il sistema è costituito dalla Rete nazionale del germoplasma, di cui all'articolo 3, dalle Reti nazionali degli agricoltori e degli allevatori custodi, di cui all'articolo 4 e dall'Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo, di cui all'articolo 2.
      2. Lo Stato sostiene e incentiva le azioni di tutela della biodiversità agraria e alimentare nonché le azioni previste nell'ambito dei piani di sviluppo rurale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano conformi alle finalità della presente legge.
      3. Ai fini della valorizzazione e della trasmissione delle conoscenze sulla biodiversità agraria e alimentare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sostengono anche le attività degli agricoltori tese al recupero delle varietà e razze a rischio di estinzione, ed allo svolgimento di attività di prevenzione e di gestione del territorio necessarie al raggiungimento degli obiettivi di conservazione della biodiversità agraria.
      4. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero del

 

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l'istruzione, dell'università e della ricerca, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovono progetti tesi alla trasmissione ai giovani agricoltori, agli studenti e ai consumatori delle conoscenze acquisite in materia di biodiversità agraria e alimentare, attraverso adeguate attività di formazione e iniziative culturali.

Art. 2.
(Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo).

      1. È istituita l'Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo, di seguito denominata «Anagrafe», al fine di aggiornare l'elenco delle varietà e razze locali individuate e caratterizzate presenti sul territorio e delle iniziative locali ad esse legate, di consentire la diffusione delle relative informazioni e di ottimizzare le risorse impiegate nella gestione delle risorse genetiche.
      2. L'iscrizione all'Anagrafe di una varietà o razza locale è subordinata all'assolvimento di un'istruttoria, all'esistenza di una corretta caratterizzazione e individuazione della risorsa e di una sua adeguata conservazione presso l'area di origine, di seguito denominata «in situ», della sua conservazione presso specifici centri di conservazione o didattici, di seguito denominata «ex situ» o della sua conservazione in fattoria, di seguito denominata «on farm», nonché all'indicazione corretta del luogo di conservazione nella Rete nazionale del germoplasma di cui all'articolo 3 e alla possibilità o meno di generare materiale di moltiplicazione. In mancanza anche di uno solo dei suddetti dati non si può procedere all'iscrizione all'Anagrafe.
      3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che hanno già un repertorio o un registro delle razze e varietà locali sono inserite di diritto all'Anagrafe.
      4. Gli enti di ricerca comunicano tempestivamente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i risultati delle ricerche effettuate su una determinata

 

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varietà o razza locale autoctona del territorio di competenza delle medesime regioni e province autonome.
      5. Le varietà e le razze locali iscritte all'Anagrafe sono riconosciute giuridicamente come vecchie varietà o razze. Le varietà non sono brevettabili, non sono oggetto di protezione tramite una privativa dell'Unione europea o nazionale per ritrovati vegetali e sono ascrivibili nei cataloghi dell'Unione europea e nazionale delle varietà solo come «varietà da conservazione».
      6. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con il Comitato permanente di cui all'articolo 7, con proprio decreto, definisce le modalità di istituzione e di funzionamento dell'Anagrafe.

Art. 3.
(Rete nazionale del germoplasma).

      1. È istituita la Rete nazionale del germoplasma composta:

          a) dall'insieme dei centri regionali di raccolta per la conservazione ex situ del germoplasma vegetale e animale;

          b) dalle Reti nazionali degli agricoltori e degli allevatori custodi di cui all'articolo 4.

      2. La Rete nazionale del germoplasma è coordinata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dalle regioni che, d'intesa tra loro, individuano i soggetti autorizzati a svolgere le attività di cui al comma 1, lettere a) e b), tra i soggetti pubblici o privati dotati di strutture o attività idonee a garantire la conservazione delle risorse genetiche.

Art. 4.
(Conservazione in situ e on farm).

      1. Al fine di rendere più efficace il sistema di conservazione delle varietà e razze

 

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locali sono istituite una Rete nazionale degli agricoltori custodi e una Rete nazionale degli allevatori di popolazioni animali a rischio di estinzione e di diminuzione genetica, ciascuna delle quali è composta dalle singole reti locali di agricoltori e di allevatori custodi delle comunità locali iscritte in appositi registri istituiti presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      2. Le Reti nazionali di cui al comma 1 possono avvalersi del supporto della Rete nazionale del germoplasma e degli esiti di cui al comma 3 al fine di sperimentare metodologie per la conservazione in situ e on farm delle razze locali, nonché l'effettuazione del monitoraggio continuo dell'attività svolta dalle reti locali di cui al citato comma 1.
      3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali fornisce alle Reti di cui al comma 1 una lista di esperti nell'ambito delle risorse genetiche per la caratterizzazione genetica o molecolare delle varietà e razze locali.

Art. 5.
(Linee guida nazionali per la conservazione della biodiversità agraria e alimentare).

      1. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con proprio decreto, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con il Comitato permanente di cui all'articolo 7, approva le linee guida per una gestione coordinata e integrata della biodiversità agraria e alimentare su tutto il territorio nazionale, in particolare, per definire criteri omogenei necessari per l'iscrizione all'Anagrafe.
      2. Al fine di cui al comma 1, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali si avvale di esperti scelti mediante procedura ad evidenza pubblica con il compito di:

          a) individuare indicatori comuni per l'individuazione e per la caratterizzazione delle varietà e razze locali;

 

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          b) definire una metodologia comune per la caratterizzazione morfologica, genetica o molecolare delle varietà e razze locali al fine di consentire il confronto dei dati e dei risultati nonché l'uso comune dei termini e degli strumenti utilizzati a livello locale;

          c) definire le modalità per la corretta conservazione in situ ed ex situ delle varietà locali e dei loro parenti selvatici, tenendo conto delle peculiarità locali;

          d) definire le linee guida per la corretta conservazione in situ ed ex situ delle razze locali e dei loro parenti selvatici, tenendo conto delle peculiarità locali;

          e) definire i criteri per la corretta reintroduzione sul territorio delle varietà e razze locali a rischio di estinzione;

          f) individuare i criteri per l'istituzione, l'organizzazione, la gestione e la valorizzazione delle Reti nazionali di cui all'articolo 4;

          g) individuare criteri per la definizione del rischio di estinzione o di erosione genetica per le principali varietà e razze locali.

      3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base delle linee guida approvate ai sensi del presente articolo definiscono un sistema comune di individuazione, di caratterizzazione e di valutazione delle varietà e razze locali presenti nei rispettivi territori, al fine di redigere schede descrittive delle principali varietà e razze locali delle quali si richiede l'iscrizione all'Anagrafe.

Art. 6.
(Misure specifiche per la conservazione delle razze locali).

      1. Ai fini della tutela delle razze locali, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con il Comitato permanente di cui all'articolo 7 e avvalendosi di esperti scelti mediante procedura ad evidenza pubblica, provvede, entro

 

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sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con propri provvedimenti:

          a) a individuare e a mettere a sistema i programmi di recupero, di conservazione e di ricerca sulla biodiversità animale di interesse zootecnico attuati nelle regioni e nelle province autonome di Trento e di Bolzano;

          b) a redigere un inventario completo delle razze locali presenti sul territorio nazionale, allevate in situ, on farm o ex situ o crioconservate presso centri di ricerca o banche locali del germoplasma;

          c) a individuare metodi di valutazione e di contenimento della perdita di variabilità genetica animale nelle razze locali non a rischio di estinzione;

          d) a individuare e a definire criteri per l'individuazione e per la caratterizzazione fenotipica e morfofunzionale, nonché per la tipizzazione mediante la definizione di protocolli di base per l'uso di marcatori molecolari e genici delle razze locali minori;

          e) a definire linee guida e protocolli operativi per la conservazione in situ, on farm ed ex situ nonché per la crioconservazione idonei per le diverse razze considerate;

          f) a facilitare l'organizzazione delle Reti nazionali di cui all'articolo 4.

      2. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con il Comitato permanente di cui all'articolo 7, individua mediante procedura ad evidenza pubblica a livello nazionale almeno due centri di referenza specializzati nella raccolta, nella preparazione e nella conservazione di seme, di ovociti e di embrioni prelevati da riproduttori appartenenti alle razze locali a rischio di estinzione.

 

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Art. 7.
(Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare).

      1. Al fine di garantire il coordinamento delle azioni a livello statale, regionale e delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di tutela della biodiversità agraria e alimentare, è istituito il Comitato permanente per la biodiversità agraria e alimentare, senza alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.
      2. Il Comitato di cui al comma 1 è presieduto dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, o da un soggetto da esso delegato, ed è costituito da sei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, da un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con funzioni di coordinamento, da un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e da un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Qualora il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, anche su richiesta dei rappresentanti di cui al periodo precedente, lo ritenga necessario, il Comitato può essere integrato con la presenza di rappresentanti di enti e istituzioni pubblici e privati.
      3. Il Comitato di cui al presente articolo ha, in particolare, i seguenti compiti:

          a) individuare gli obiettivi e i risultati delle singole azioni contenute nel Piano nazionale sulla biodiversità agraria;

          b) raccogliere le richieste di ricerca avanzate dai soggetti pubblici e privati e trasmetterle alle istituzioni scientifiche competenti;

          c) favorire lo scambio di esperienze e di informazioni al fine di garantire l'applicazione della normativa vigente in materia;

          d) assicurare il pieno sviluppo delle iniziative nazionali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

 

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          e) raccogliere e armonizzare le proposte di intervento a livello locale e nazionale coordinando le azioni da realizzare;

          f) favorire il trasferimento delle informazioni agli operatori locali.

Art. 8.
(Tutela delle varietà vegetali iscritte all'Anagrafe e dei prodotti agroalimentari tutelati da marchi).

      1. Al comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2006, n. 78, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

      «f-bis) le varietà vegetali iscritte all'Anagrafe nazionale della biodiversità di interesse agricolo nonché le varietà dalle quali discendono produzioni contraddistinte dai marchi di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta o di specialità tradizionali garantite e da cui discendono i prodotti agroalimentari tradizionali».

Art. 9.
(Fondo per la tutela della biodiversità di interesse agricolo dal rischio di inquinamento genetico).

      1. Ai fini della tutela delle sementi e delle coltivazioni oggetto della presente legge dal rischio di inquinamento genetico, tenuto conto delle disposizioni dell'Unione europea che prevedono la possibilità di coesistenza tra coltivazioni tradizionali e coltivazioni geneticamente modificate, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito un apposito fondo destinato a sostenere le azioni di tutela della biodiversità di interesse agricolo e a corrispondere indennizzi ai produttori agricoli per fare fronte a eventuali danni.

 

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      2. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità di funzionamento del fondo di cui al comma 1, individuando le azioni di tutela della biodiversità di interesse agricolo da sostenere e le tipologie sanzionabili dei danni derivanti dall'inquinamento genetico, nonché l'entità delle sanzioni da applicare ai soggetti che provocano inquinamento genetico. Le entrate derivanti dalle sanzioni per inquinamento genetico sono destinate al finanziamento del fondo di cui al comma 1.

Art. 10.
(Commercializzazioni di sementi di varietà da conservazione).

      1. A coloro che producono le varietà di sementi iscritte nel registro nazionale di cui all'articolo 19-bis della legge 25 novembre 1971, n. 1096, e successive modificazioni, nei luoghi dove tali varietà hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, è riconosciuto il diritto alla vendita diretta e in ambito locale di sementi o di materiali di propagazione relativi a tali varietà e prodotti in azienda, nonché il diritto al libero scambio all'interno della Rete nazionale dei coltivatori custodi. La vendita, realizzabile solo in ambito locale e secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 29 ottobre 2009, n. 149, è possibile esclusivamente nei confronti di persone non professionalmente impegnate nella produzione di vegetali, con esclusione di coloro che moltiplicano sementi per conto di ditte autorizzate all'attività sementiera, e verso persone che ne garantiscono un uso personale e limitato e che consentono di iscriversi presso un registro ufficiale dei sostenitori della Rete nazionale degli allevatori di popolazioni animali a rischio di estinzione e di diminuzione genetica e della Rete nazionale dei coltivatori

 

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custodi, istituito presso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      2. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali provvede con proprio decreto, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad apportare le necessarie modifiche al del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 18 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 26 maggio 2008, al fine di adeguarlo a quanto disposto dal comma 1 del presente articolo.

Art. 11.
(Istituzione degli itinerari della biodiversità agraria e alimentare).

      1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono all'istituzione degli itinerari della biodiversità agraria e alimentare, accessibili mediante un apposito sito web recante le mappe nazionali delle varietà e delle razze locali iscritte all'Anagrafe, delle Reti nazionali di cui all'articolo 4, dei punti di vendita diretta nonché dei centri di conservazione o didattici.
      2. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a realizzare periodiche campagne promozionali di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare, nonché di informazione e di promozione degli itinerari di cui al comma 1, anche con riferimento alla commercializzazione dei prodotti ed, eventualmente, prevedendo l'istituzione di appositi marchi.

Art. 12.
(Comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare).

      1. Al fine di sensibilizzare la popolazione, di sostenere le produzioni agrarie e alimentari, in particolare delle Reti nazionali di cui all'articolo 4, nonché di pro

 

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muovere comportamenti atti a tutelare la biodiversità agraria e alimentare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche con il contributo delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, dei consorzi di tutela e di altri soggetti riconosciuti, promuovono l'istituzione di comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare, definite ai sensi del comma 2.
      2. Ai fini della presente legge, sono definite comunità del cibo e della biodiversità agraria e alimentare gli ambiti locali derivanti da accordi tra agricoltori locali, coltivatori custodi, gruppi di acquisto solidali, istituti scolastici e universitari, centri di ricerca, associazioni per la tutela della qualità della biodiversità agraria e alimentare, mense scolastiche, ospedali, esercizi di ristorazione, esercizi commerciali, piccole e medie imprese artigiane di trasformazione agraria e alimentare, nonché enti pubblici.
      3. Gli accordi di cui al comma 2 possono avere come oggetto:

          a) lo studio, il recupero e la trasmissione di conoscenze su varietà e razze locali;

          b) la realizzazione di forme di filiera corta, di vendita diretta, di scambio e di acquisto di prodotti agricoli e alimentari nell'ambito di circuiti locali;

          c) lo studio e la diffusione di pratiche proprie dell'agricoltura biologica e di altri sistemi colturali a basso impatto ambientale e volti al risparmio idrico, alla minore emissione di anidride carbonica, alla maggiore fertilità dei suoli e al minore utilizzo di imballaggi per la distribuzione e per la vendita dei prodotti;

          d) lo studio, il recupero e la trasmissione dei saperi tradizionali relativi alle colture agrarie, alla naturale selezione delle sementi per fare fronte ai mutamenti climatici e alla corretta alimentazione.

 

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Art. 13.
(Interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare).

      1. Il piano triennale di attività del Consiglio di ricerca e la sperimentazione in agricoltura, predisposto ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 454, prevede interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla nonché interventi finalizzati al recupero di pratiche corrette in riferimento all'alimentazione umana, all'alimentazione animale con prodotti non geneticamente modificati e al risparmio idrico.
      2. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali dispone, per ciascun anno di riferimento dello stato di previsione, una quota nell'ambito dello stanziamento di propria competenza per il finanziamento di progetti innovativi sulla biodiversità agraria e alimentare, proposti da enti pubblici e privati, individuati mediante procedura ad evidenza pubblica. Con proprio decreto, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali definisce l'entità delle risorse disponibili, le modalità di accesso alla gara e le tipologie di progetti ammissibili.


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