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PDL 3158

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3158



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI

Introduzione dell'articolo 251-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di applicabilità retroattiva dell'istituto dell'equa riparazione per l'ingiusta detenzione

Presentata il 1o febbraio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - L'introduzione nel nostro ordinamento giuridico dell'istituto dell'«equa riparazione per l'ingiusta detenzione», operata dagli articoli 314 e 315 del codice di procedura penale, rappresenta il riconoscimento, a livello normativo, di un principio elementare di civiltà giuridica, in base al quale a chi è privato ingiustamente della libertà personale deve essere riconosciuta una congrua riparazione per i danni morali e materiali patiti.
      Il ritardo con il quale il legislatore è pervenuto a una formulazione della disciplina dell'istituto dell'equa riparazione ha alle spalle una storia lunga e tormentata che parte dal XVIII secolo e arriva al 1988, quando, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1988, si è proceduto all'approvazione del nuovo codice di procedura penale che ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto dell'equa riparazione per ingiusta detenzione, disciplinato dai citati articoli 314 e 315. La dottrina
 

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italiana non ha mancato di rilevare come in realtà il vuoto normativo, antecedente all'entrata in vigore del codice di procedura penale, fosse grave, soprattutto in un sistema giuridico in cui la libertà personale è considerata un diritto primario. Trattasi, dunque, di una prima conquista, o forse riconquista, di un minimo di dignità del sistema complessivo. La privazione della libertà personale, bene assoluto e passibile di compressione soltanto al verificarsi di determinate condizioni prefissate dalla legge, appare infatti giustificabile (o meglio obbligata) solo a seguito di una sentenza che accerti definitivamente la responsabilità penale. L'impiego dello strumento custodiale nel corso del procedimento (indagini preliminari e giudizio), volto alla verifica dell'attribuibilità di una violazione della norma penale all'indagato-imputato, dovrebbe costituire un rimedio assolutamente estremo. Questo anche in considerazione del fatto che spesso la custodia cautelare rappresenta il vero e unico momento afflittivo dell'intera vicenda processuale. Il diritto alla riparazione spetta, quindi, a chi è stato detenuto, prima della pronuncia di un provvedimento giudiziale irrevocabile, e sorge non per il mero fatto della detenzione, bensì perché questa assume la qualificazione di ingiustizia a seguito di una sentenza irrevocabile di proscioglimento con una delle formule elencate nell'articolo 314, comma 1, del codice di procedura penale. La normativa vigente è però palesemente ingiusta e discriminatoria nel momento in cui non consente al cittadino di chiedere l'equa riparazione nel caso in cui il procedimento giudiziario che lo riguarda sia divenuto irrevocabile prima dell'entrata in vigore del codice di procedura penale. La predetta preclusione, oltre a difettare di ragionevolezza, è inaccettabile e contrasta con l'articolo 24, quarto comma, della Costituzione, che assegna un rilievo primario all'inviolabilità della libertà personale, nonché con importanti trattati internazionali che prevedono il diritto alla riparazione, quali la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, e il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966 e reso esecutivo dalla legge n. 881 del 1977.
      L'ingiustizia della detenzione è un evento fortemente traumatico per tutti, segna per sempre la personalità dell'individuo e comporta la rinuncia volontaria a tutta una serie di possibilità che vengono azzerate automaticamente: sotto questo profilo dovrebbe essere assolutamente irrilevante lo stabilire il momento in cui è intervenuta l'irrevocabilità del provvedimento giudiziale.
      La presente proposta di legge, pertanto, composta di un unico articolo, intende estendere il diritto all'equa riparazione anche nei casi in cui la custodia cautelare sia stata interamente sofferta nell'ambito di un rapporto processuale esauritosi alla data di entrata in vigore del codice di procedura penale. Al fine di assicurare la stabilità dei rapporti giuridici e la certezza del diritto, il nuovo articolo 251-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, al comma 2 prevede che in questi casi i ricorsi volti a ottenere il relativo indennizzo devono essere presentati, a pena di inammissibilità, nella cancelleria della corte di appello competente entro sei mesi dall'entrata in vigore della disposizione, e, al comma 3, che il diritto alla riparazione non è trasmissibile agli eredi.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo l'articolo 251 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:

      «Art. 251-bis. - (Domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione per procedimenti definiti prima dell'entrata in vigore del codice). - 1. La domanda di riparazione per l'ingiusta detenzione può essere proposta anche con riferimento a procedimenti giudiziari che risultano definiti con sentenza divenuta irrevocabile prima dell'entrata in vigore del codice.
      2. La domanda di cui al comma 1 deve essere presentata nella cancelleria della corte di appello competente per territorio entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
      3. Il diritto di cui al comma 1 non è trasmissibile agli eredi».


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