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PDL 3062

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3062



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

SBROLLINI, BOSSA, NARDUCCI, SCARPETTI, SCHIRRU, SIRAGUSA, FEDERICO TESTA

Disposizioni per garantire la tutela dei minori nell'ambito della comunicazione radiotelevisiva e degli altri mezzi di comunicazione

Presentata il 16 dicembre 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - Alla luce delle configurazioni che assume il panorama dei nuovi mezzi di comunicazione, gli attuali sistemi di tutela si rivelano sempre più inadeguati, sia quando definiscono limiti e sanzioni che, seppure potenzialmente adeguati nei confronti di un singolo mezzo di comunicazione, rivelano in ogni caso tutte le insufficienze allorché si applicano a differenti contesti mediatici, sia, soprattutto, quando riducono la loro portata alla definizione di misure esclusivamente limitanti e sanzionatorie, trascurando l'esigenza di sviluppare competenze educative diffuse in grado di condizionare anche la qualità dell'offerta multimediale e delle modalità di fruizione da parte di bambini e di adolescenti.
      Infatti, un sistema di tutela efficace deve, al tempo stesso, dissuadere da comportamenti dannosi e promuovere comportamenti virtuosi; deve porre i vincoli e i divieti strettamente necessari, ma deve puntare anche alla valorizzazione delle opportunità positive presenti nel contesto della comunicazione di massa.
      C'è uno scarto tra l'influenza che hanno oggi i mezzi di comunicazione sulla vita dei bambini e degli adolescenti e la capacità di governare questi processi da parte di tutti, in primo luogo da parte della politica e delle istituzioni. L'approdo deve essere l'istituzione di un'autorità unica perché, indipendentemente dai linguaggi diversi, per tutti i mezzi di comunicazione esistono due preoccupazioni. La prima è quella dell'ambito della tutela: non è sufficiente un approccio negativo, perché i mezzi di comunicazione sono una grandissima opportunità di conoscenza, di cultura e di intrattenimento; allo stesso tempo, tuttavia, è necessario prevedere adeguati meccanismi di tutela per i bambini e per gli adolescenti. La seconda è
 

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quella della promozione dello sviluppo autonomo dei bambini e degli adolescenti, delle loro opportunità, del sostegno alla scuola, alle famiglie e ai servizi. I mezzi di comunicazione, per l'influenza che hanno assunto, costituiscono effettivamente un punto di riferimento importante, per cui è necessario assumere una responsabilità comune nei confronti di queste generazioni e delle loro famiglie.
      C'è bisogno di una dimensione pubblica perché il ruolo educativo venga svolto da più soggetti e in modo convergente. Il servizio pubblico radiotelevisivo ha un grande ruolo: c'è un ruolo pubblico nel servizio pubblico e poi c'è una rilevanza pubblica delle televisioni private. Quindi, quando si tratta di bambini e di adolescenti, dobbiamo concepire il servizio pubblico come un sistema complesso, in cui va inserito sia il servizio pubblico che la rilevanza pubblica dei servizi privati. Negli Stati Uniti d'America il servizio radiotelevisivo è stato privatizzato, ma sono state poste regole molto precise per quanto riguarda il rapporto tra bambini e adolescenti e mezzi di comunicazione.
      Un altro punto di riferimento è una citazione di Popper, uno degli esponenti più eminenti del pensiero liberale. In una delle sue ultime interviste egli delinea efficacemente l'importanza del ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo per quanto riguarda il rapporto tra bambini e adolescenti e mezzi di comunicazione. Dice Popper: «La televisione ha, specialmente per i ragazzi, il valore di un'autorità morale e svolge quindi un ruolo educativo; alcuni sostengono che questa tesi sia in contrasto con l'idea liberale secondo cui non bisogna educare le persone, ma informarle, ma nel caso della televisione il distinguere tra educare e informare non è soltanto falso ma decisamente disonesto. Questo ideale, sedicente liberale, è stato inventato ad hoc per non rivedere e trasformare il mondo della televisione. Il liberalismo classico, sotto tutte le sue forme, ha sempre accordato una grande importanza alla necessità di controllare il potere, la televisione ha un immenso potere educativo e questo potere può far tendere la bilancia, dal lato della vita o dal lato della morte, dal lato della legge o da quello della violenza. È evidente che si tratta di cose terribili».
      Se queste tesi hanno un senso è evidente che dobbiamo vedere qual è l'interesse generale da tutelare, a partire dalla responsabilità primaria del servizio pubblico radiotelevisivo. L'interesse generale è qualcosa che deve essere considerato un bene comune del Paese e, cioè, i bambini e gli adolescenti.
      Lo sviluppo armonico del soggetto bambino o adolescente, quindi della concezione del bambino o dell'adolescente, come persona, fa sì che questo debba essere concepito come un bene comune. C'è la famiglia, c'è la scuola: allo stesso tempo, i mezzi di comunicazione svolgono un ruolo decisivo e quindi la tutela - come promozione della persona del bambino o dell'adolescente - ha a che fare con l'allargamento delle opportunità di crescita, senza porre una frattura tra mercato ed educazione. Non bisogna però pensare che l'educazione passi solo attraverso certi generi: la distinzione di qualità non è per generi, perché i comportamenti, l'identità, gli stili, i gruppi e le tribù si formano attraverso tutto ciò che governa la quotidianità del tempo libero. I modelli sociali e culturali si formano, infatti, lungo una molteplicità di generi e di programmi, di varietà, di fiction, di reality show, di talk show e di trasmissioni di attualità.
      La riflessione sul tema della tutela dei minori rispetto alla pubblicità - che si inscrive all'interno della più ampia questione del rapporto tra mezzi di comunicazione e infanzia - presuppone la consapevolezza dell'evidente sproporzione tra l'influenza che vecchi e nuovi mezzi di comunicazione hanno sull'educazione e sulla veicolazione di comportamenti e di stili di vita verso le giovani generazioni e una struttura di promozione e di tutela che è ad oggi disarticolata, priva di una reale efficacia e della necessaria organicità.
      Il mezzo televisivo - quindi anche la pubblicità - può costituire una fonte di pericolo per i minori nella misura in cui rende loro difficile discernere la finzione
 

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televisiva dalla realtà, così come lo spot dal resto della programmazione.
      Da tali considerazioni non deriva un acritico rifiuto della pubblicità in quanto tale, ma la necessità di prevedere un sistema di regole volto a garantirne un uso corretto. Dal punto di vista giuridico ciò si traduce nell'esigenza di prevedere una serie di norme più omogenee, efficaci e vincolanti di quelle in vigore.
      Sotto il profilo del diritto interno il primo intervento generale in materia di tutela dei diritti dei minori di fronte al mezzo televisivo si ritrova nella legge 6 agosto 1990, n. 223, che perviene, su recepimento delle indicazioni comunitarie contenute principalmente nella direttiva 89/552/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 1989, (direttiva cosiddetta «televisione senza frontiere»), a sancire talune limitazioni ai soggetti che a vario titolo svolgono attività radiotelevisiva. Tali interventi delineano un quadro di tutela specifico fondato sul più generale statuto dei diritti dei minori, di cui al combinato disposto degli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, alla cui stregua il «favor minoris» deve essere inteso quale esigenza di promozione dei diritti dei minori in quanto cittadini la cui coscienza è in formazione.
      Ulteriori norme si sono succedute in materia: si pensi in particolare all'articolo 8, comma 1, della stessa legge n. 223 del 1990, secondo cui era vietato l'inserimento nei programmi di cartoni animati della pubblicità televisiva; all'articolo 3, comma 5, della legge n. 122 del 1998, in base al quale i programmi per bambini, di durata programmata inferiore a trenta minuti, non potevano essere interrotti da pubblicità o da televendite; e, attualmente, all'articolo 37, comma 6, del testo unico della radiotelevisione di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, secondo cui i programmi religiosi e quelli per bambini, di durata programmata inferiore a trenta minuti, non possono essere interrotti dalla pubblicità o dalla televendita. Da segnalare inoltre, nella prospettiva della self-regulation che sempre più si afferma anche nel nostro ordinamento, il Codice di autodisciplina pubblicitaria, emanato fin dal 1966 sulla base di un accordo tra operatori del settore i quali non solo si sono impegnati a rispettarlo ma anche a inserire un'apposita clausola di rinvio al Codice stesso nei contratti da loro stipulati con i terzi, in modo da estenderne l'efficacia anche «ultra partes». Di tale Codice si segnalano in particolare l'articolo 11, che si riferisce espressamente alla tutela dei minori, e l'articolo 28-bis, che sancisce il divieto di pubblicità ingannevole relativamente a giocattoli, giochi e prodotti educativi per bambini.
      Un'importanza particolare riveste poi il Codice di autoregolamentazione TV e minori del 1997 - come novellato nel 2002 - che è tra l'altro espressamente richiamato dalla legge n. 112 del 2004, così integrando con le proprie prescrizioni il precetto legislativo. In base al Codice, le emittenti si impegnano a «aiutare gli adulti, le famiglie e i minori a un uso corretto e appropriato delle trasmissioni televisive» [(princìpi generali, lettera b)]; a promuovere campagne di sensibilizzazione «per un uso consapevole del mezzo televisivo con particolare riferimento alla fruizione familiare congiunta» (articolo 5, punto 5.2); a «collaborare col sistema scolastico per educare i minori a una corretta ed adeguata alfabetizzazione televisiva, anche con il supporto di esperti di settore» [(princìpi generali, lettera c)]. L'efficacia di tali disposizioni è assicurata peraltro non solo da un articolato sistema sanzionatorio, ma anche e soprattutto dall'apposito Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Tv e minori.
      Come può evincersi da questa breve descrizione, il susseguirsi di norme volte a tutelare i minori dai rischi della pubblicità, in assenza di un disegno organico e sistematico, ha reso il quadro normativo in materia estremamente farraginoso, poco chiaro e a un tempo carente in molti settori. Ne deriva inevitabilmente la scarsa efficacia delle disposizioni vigenti in materia, tanto più grave ove si consideri l'incidenza che la televisione ha nella vita dei bambini, al punto da rappresentarne il passatempo preferito.
 

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      Sul versante europeo si segnalano nuove iniziative riguardo la tutela dei minori nelle trasmissioni televisive. Il 21 aprile 2009 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2009)185) che provvede alla codificazione della normativa comunitaria vigente relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, cioè della citata direttiva 89/552/CEE, come da ultimo modificata dalla direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, (direttiva sui servizi di media audiovisivi).
      Il capitolo V della citata direttiva 89/552/CEE è specificamente dedicato alla tutela dei minori. In particolare, prevede che gli Stati membri adottino misure atte a garantire che le trasmissioni delle emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, in particolare programmi che contengano scene pornografiche o di violenza gratuita. Tali provvedimenti si applicano anche gli altri programmi che possono nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, a meno che la scelta dell'ora di trasmissione o qualsiasi altro accorgimento tecnico possano far escludere che essi di norma assistano a tali programmi. Inoltre, qualora tali programmi siano trasmessi in chiaro, gli Stati membri assicurano che siano preceduti da un'avvertenza acustica ovvero siano identificati mediante la presenza di un simbolo visivo durante tutto il corso della trasmissione.
      In base alla direttiva, inoltre, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che le comunicazioni commerciali audiovisive non arrechino pregiudizio fisico o morale ai minori e pertanto non li esortino ad acquistare o a locare un prodotto o un servizio sfruttando la loro inesperienza o credulità, né li incoraggino a persuadere i loro genitori o altri ad acquistare i beni o i servizi pubblicizzati, né mostrino senza motivo minori che si trovano in situazioni pericolose. Le comunicazioni commerciali audiovisive per le bevande alcoliche non devono rivolgersi specificatamente ai minori né incoraggiare il consumo smodato di tali bevande. La delega al Governo italiano per il recepimento della direttiva è contenuta nell'articolo 26 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008).
      Come dimostra l'indagine sul rapporto tra bambini, mass media e pubblicità curata da GfK Eurisko e Terre des Hommes, svolta su un campione di 1.400 soggetti tra mamme e bambini e presentata il 28 ottobre 2009, il «guardare la televisione» costituisce l'attività preferita dal 29 per cento del campione, mentre «giocare con amici in casa o fuori» interessa il 22 per cento e la lettura solo il 2 per cento. Mentre i genitori dichiarano di esercitare un controllo sull'esposizione dei figli alla televisione, sia limitando i tempi di fruizione che scegliendo i programmi nella fascia serale, la televisione si riafferma come il mezzo più gradito dai bambini (il 64 per cento dei bambini dai due ai cinque anni di età, l'86 per cento dei bambini tra i sei e i dieci anni di età e l'84 per cento dei bambini tra gli undici e i tredici anni di età).
      In particolare la pubblicità televisiva continua a raccogliere tra i bambini il gradimento più elevato (69,5 per cento), mentre risulta decisamente meno interessante la pubblicità sugli altri mezzi: giornalini e riviste (25 per cento), affissioni (17 per cento), radio (11 per cento), internet (10 per cento).
      Per quanto riguarda i danni della pubblicità sulla salute dei minori, in base agli studi condotti da ricercatori del National Bureau of Economic Research (NBER) con il finanziamento dei National Institutes of Health (NIH), pubblicati il 28 marzo 2009 dal «Journal of Law and Economics» dell'università di Chicago, il divieto di spot di fast food nei programmi per bambini e per i ragazzi ridurrebbe il tasso di obesità del 18 per cento nei bambini e del 14 per cento negli adolescenti statunitensi. Non a caso, gli spot pubblicitari nei programmi per bambini sono vietati in molti Paesi, anche europei, quali in particolare Svezia, Norvegia e Finlandia.
 

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      Sarebbe auspicabile un intervento anche nel nostro Paese in tali materie, considerando peraltro che l'Italia detiene il triste primato europeo del numero di bambini sovrappeso od obesi; un fenomeno alla cui crescita la pubblicità concorre, inducendo nei minori l'abitudine a mangiare quello che viene definito «junk-food». Secondo l'indagine «Okkio alla salute», realizzata su iniziativa del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e presentata l'8 ottobre 2008, in Italia il 23,6 per cento dei bambini è sovrappeso e il 12,3 per cento è obeso; più di un bambino su tre ha un peso superiore a quello che dovrebbe avere per la sua età. Riportando questi valori a tutta la popolazione di bambini di età compresa tra sei e undici anni si giunge a una stima di più di un milione di bambini sovrappeso od obesi in Italia.
      I dati presentati dalla Società italiana di pediatria (SIP) nell'audizione svoltasi presso la Commissione parlamentare per l'infanzia dell'11 settembre 2008 sull'influenza della televisione sui comportamenti degli adolescenti, dimostrano come la visione della TV incida fortemente sulle abitudini alimentari dei bambini. Più televisione si guarda, più si mangiano solo le cose che piacciono (46,1 per cento versus 26,4 per cento), più aumenta nettamente il consumo di merendine confezionate (25,8 per cento versus 15,2 per cento), mentre cala considerevolmente il già basso consumo di verdura (23,4 per cento versus 36 per cento) e aumenta il consumo di dolci (25,1 per cento versus 20,2 per cento) e di salumi (32,5 per cento versus 27,5 per cento).
      A questo si aggiunge l'invadenza della pubblicità. La SIP ha iniziato dal 2000, prima occasionalmente, ora sistematicamente, a monitorare l'affollamento pubblicitario nella fascia oraria pomeridiana che, ai sensi dei tanti codici di autoregolamentazione che si sono succeduti negli anni, dovrebbe risultare «protetta». Prendendo come riferimento l'emittente televisiva «Italia 1» (scelta perché risulta essere la più seguita dai giovanissimi nella fascia oraria pomeridiana), nelle settimane osservate nel 2007 la media di spot pubblicitari (nella fascia oraria 15.30-18.30) risulta essere di 47 spot all'ora per una durata complessiva di 15.36 minuti ogni ora (oltre il 25 per cento del tempo). La durata media dello spot è di 20 secondi. Questo significa che uno spettatore che avesse guardato per due ore al giorno l'emittente televisiva «Italia 1», nella fascia oraria compresa tra le 15.30 e le 18.30, avrebbe visto, in un anno, oltre 33.500 spot pubblicitari, di cui circa 5.200 che pubblicizzano alimenti. Le medesime rilevazioni erano state effettuate dalla SIP già nel 2000 e nel 2004 e con la stessa simulazione - si è passati dai 26.000 spot del 2000 ai 31.500 del 2004, fino agli attuali 33.600. I dati del 2008, aggiornati al secondo quadrimestre, indicano un ulteriore aumento.
      Per il test di confronto (durato due settimane) è stata scelta la rete RaiTre che è «tra le reti Rai quella più attenta ai ragazzi». Risultato: nella settimana del 12 luglio, Italia 1 ha trasmesso 647 tra spot e trailer di altri programmi televisivi contro i 53 di RaiTre, e nella settimana del 13 dicembre, gli spot e i trailer di Italia 1 sono stati 672 contro i 44 di RaiTre. Dalle dodici alle quindici volte di più.
      Secondo una ricerca condotta per conto della COOP dall'università di Roma Tre in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia, presentata il 7 giugno 2007, un bambino italiano che guarda una media di tre ore di televisione al giorno subisce circa 32.850 pubblicità di alimenti nell'arco di un anno; in sostanza una ogni cinque minuti (una ogni 10 minuti nel resto d'Europa). Un massiccio bombardamento che è stato monitorato nel corso dell'indagine «In bocca al lupo. La pubblicità e i comportamenti alimentari dei ragazzi», che ha tenuto sotto osservazione in Italia sei reti televisive, le tre reti della RAI-Radiotelevisione Italiana Spa e le tre reti di Mediaset, nella fascia oraria 16.00-19.00. In complesso, sono state sottoposte a analisi ventiquattro reti televisive in undici Paesi europei. Dallo studio è emerso che la situazione italiana appare peggiore della media europea. Le differenze numeriche tra i Paesi considerati sono significative: la Svezia, ad esempio,
 

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trasmette solo un quindicesimo degli spot trasmessi in Polonia e circa un decimo di quelli trasmessi in Italia. Se poi entriamo nei contenuti dei messaggi trasmessi, ci accorgiamo che in Italia gli spot che pubblicizzano alimenti ricchi di zuccheri, grassi e sali - quindi ipercalorici - interessano il 36 per cento della pubblicità e ovviamente nessuno spot ammonisce circa il corretto consumo di tali cibi. Al contrario, l'idea di usare la pubblicità per insegnare a mangiare bene è una pratica utilizzata in Paesi come Spagna, Gran Bretagna, Polonia e Portogallo.
      Alla luce di queste considerazioni si ritiene di fondamentale importanza ribadire in questa sede la necessità di un sistema di limitazioni normative per la pubblicità commerciale che, mirate agli obiettivi di tutela dei minori, incidano sui contenuti della libertà d'impresa.
      Proprio per tali ragioni riteniamo di dover sancire con la presente proposta di legge, all'articolo 1, che è compito del sistema radiotelevisivo favorire il processo di formazione, di crescita e di socializzazione dei minori, promuovendo le opportunità positive offerte dai mezzi di comunicazione e tutelando la salute e l'equilibrio psico-fisico dei minori nella fruizione del messaggio pubblicitario.
      All'articolo 2 si stabilisce il divieto per le emittenti televisive pubbliche e private di trasmettere durante, all'inizio o alla fine di programmi destinati ai minori di anni dieci, messaggi pubblicitari o televendite di qualsiasi tipo, mentre durante i programmi televisivi rivolti a un pubblico di ragazzi di età compresa tra i dieci e i diciotto anni la trasmissione di pubblicità non deve superare i due minuti ogni trenta minuti di trasmissione.
      Al fine di tutelare la dignità dei bambini e degli adolescenti, si prevede il divieto per le emittenti televisive pubbliche e private di ricorrere a minori quali protagonisti di messaggi pubblicitari, spot o televendite.
      Inoltre, per evitare di indurre nei minori abitudini e comportamenti che possono essere nocivi per la loro salute e per la loro corretta formazione, si prevede il divieto di trasmettere messaggi pubblicitari riguardanti prodotti potenzialmente dannosi per i medesimi.
      Allo stesso tempo, si tenta di favorire, attraverso la concessione di agevolazioni mirate, la produzione di campagne pubblicitarie orientate al consumo di prodotti mirati allo sviluppo morale, psichico e fisico dei minori.
      Al fine di implementare la funzione - spettante all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - di selezione dei programmi televisivi destinati ai minori, l'articolo 3 istituisce, nell'ambito della stessa Autorità, la Commissione per i programmi per l'infanzia e l'adolescenza, con il compito di valutare la programmazione dei prodotti televisivi per minori. La Commissione è composta da venti esperti scelti tra psicologi, sociologi, docenti di scienze della comunicazione e rappresentanti degli insegnanti, dei genitori e dei consumatori. La Commissione dura in carica tre anni e approva un regolamento annuale per la disciplina della programmazione dei prodotti radiotelevisivi per i minori, indicando precisi criteri di qualità. La Commissione certifica la conformità del prodotto televisivo a tali criteri mediante il conferimento di un apposito «bollino rosazzurro»; i programmi privi di tale requisito di conformità non possono essere trasmessi.
      Al fine di promuovere l'educazione alla fruizione dei programmi radiotelevisivi, l'articolo 4 prevede, a decorrere dall'anno scolastico 2010/2011, la promozione, da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di progetti di sensibilizzazione degli alunni, finalizzati all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze necessarie a una responsabile e consapevole fruizione, nonché alla comprensione dei programmi televisivi. Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell'infanzia.
      L'articolo 5 reca la copertura finanziaria.
      In ragione della particolare rilevanza degli obiettivi perseguiti dalla presente proposta di legge, se ne auspica la sollecita approvazione al fine di garantire ai minori un'effettiva tutela nella fruizione dei messaggi pubblicitari.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. Il sistema radiotelevisivo, pubblico e privato, ha il compito di favorire il processo di formazione, di crescita e di socializzazione dei minori.
      2. Ai fini di cui al comma 1, la presente legge promuove le opportunità positive offerte dai mezzi di comunicazione e tutela la salute e l'equilibrio psico-fisico dei minori nella fruizione dei messaggi pubblicitari.

Art. 2.
(Divieto di trasmissione).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni, è fatto divieto alle emittenti radiotelevisive di trasmettere durante, all'inizio o alla fine di programmi o di serie di programmi destinati ai minori di età inferiore a dieci anni messaggi pubblicitari, telepromozioni o televendite di qualsiasi tipo. Durante i programmi televisivi rivolti a un pubblico di minori di età compresa tra dieci e quattordici anni la trasmissione di messaggi pubblicitari non deve superare i 2 minuti ogni 30 minuti di trasmissione.
      2. È fatto divieto alle emittenti radiotelevisive pubbliche e private, nazionali e locali, di utilizzare minori di età inferiore a quattordici anni quali protagonisti di messaggi pubblicitari, di spot o di televendite.
      3. È fatto divieto alle emittenti radiotelevisive pubbliche e private, nazionali e locali, di trasmettere messaggi pubblicitari riguardanti prodotti che possono nuocere alla salute e all'equilibrio psico-fisico dei minori.

 

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      4. Sono concessi contributi per la produzione di campagne pubblicitarie finalizzate a incrementare il consumo di prodotti mirati allo sviluppo morale, psichico e fisico dei minori. A tale fine sono stanziati 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010.
      5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di concessione dei contributi di cui al comma 4.
      6. Salvo che il fatto costituisca reato, alla violazione delle disposizioni dei commi da 1 a 3 del presente articolo si applicano le sanzioni previste dall'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, e successive modificazioni.

Art. 3.
(Commissione per i programmi per l'infanzia e l'adolescenza).

      1. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni valuta la programmazione dei prodotti radiotelevisivi per i minori.
      2. Per lo svolgimento dell'attività di cui al comma 1 è istituita, nell'ambito dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la Commissione per i programmi per l'infanzia e l'adolescenza, di seguito denominata «Commissione», composta da venti membri, nominati dalla citata Autorità, scelti tra esperti del settore, psicologi, sociologi, docenti di scienze della comunicazione e rappresentanti delle associazioni degli insegnanti, dei genitori più rappresentative a livello nazionale. La Commissione dura in carica tre anni. Per l'istituzione e il funzionamento della Commissione sono stanziati 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010.
      3. La Commissione approva un regolamento per la disciplina della programmazione dei prodotti radiotelevisivi per i minori, indicando i criteri di qualità che

 

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devono essere rispettati nel loro interesse e in relazione alle diverse fasce di età e le eventuali sanzioni. Il regolamento è sottoposto a revisione con cadenza annuale.
      4. La Commissione certifica la conformità del prodotto televisivo ai criteri di qualità di cui al comma 3 mediante il conferimento di un apposito bollino, denominato «bollino rosazzurro».
      5. È vietata la trasmissione sulle emittenze radiotelevisive pubbliche e private, nazionali e locali, di prodotti destinati ai minori che non hanno ottenuto il bollino di cui al comma 4.
      6. Sono concessi contributi per la realizzazione di prodotti radiotelevisivi aventi le caratteristiche di cui al presente articolo. La concessione dei contributi è comunque subordinata al conseguimento della certificazione di conformità di cui al comma 4. Al fine di cui al presente comma sono stanziati 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010.
      7. Con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di concessione dei contributi di cui al comma 6.

Art. 4.
(Educazione alla fruizione dei programmi radiotelevisivi).

      1. A decorrete dall'anno scolastico 2010/2011, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca promuove, eventualmente sostenendoli con appositi finanziamenti disponibili negli ordinari stanziamenti di bilancio, progetti di educazione ai mezzi di comunicazione, in collaborazione con i medesimi mezzi di comunicazione, nell'ambito dell'area storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per la stessa educazione, finalizzati all'acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze necessarie a una responsabile e consapevole fruizione dei mezzi di comunicazione audiovisivi nonché a un'elaborazione critica

 

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dei loro contenuti. Iniziative analoghe sono promosse nella scuola dell'infanzia. Sono realizzate, altresì, iniziative di aggiornamento e di informazione per i docenti e per i genitori, con specifico riferimento ai rischi che possono derivare ai minori dai mezzi di comunicazione e alle potenzialità di un uso e di una fruizione corretti dei medesimi mezzi di comunicazione.

Art. 5.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 8 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, allo scopo utilizzando per gli anni 2010 e 2011 l'accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico e per l'anno 2012 l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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