Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 2607

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2607



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PICCHI

Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, per la reintroduzione del diritto di brevetto in favore delle università e degli enti pubblici di ricerca

Presentata il 14 luglio 2009


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende apportare alcune modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, di seguito denominato «codice», al fine di prevedere che la titolarità di un brevetto spetti alle università o agli enti pubblici di ricerca a cui fa capo l'inventore.
      In particolare, si sostituisce l'articolo 65 del codice, prevedendo una norma grazie alla quale all'università o all'ente pubblico di ricerca spetta il diritto al brevetto, mentre all'inventore dipendente spetta il diritto ad un equo premio (oltre al diritto di essere riconosciuto come autore dell'invenzione, secondo quanto disposto dagli articoli 62 e 63 dello stesso codice).
      Il codice è stato introdotto dal precedente Governo Berlusconi per semplificare e per riordinare le innumerevoli disposizioni in vigore ed allo stesso tempo per riordinare la materia della proprietà industriale, considerata un importante strumento per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza e per ottenere il recupero della competitività del nostro Paese nel cosiddetto «mercato globale».
      Infatti, il codice sostituisce, abrogandoli, non meno di quaranta leggi e innumerevoli provvedimenti di altro tipo, approvati dopo il fallimento dell'ultimo tentativo di un testo unitario sulla proprietà industriale che risale addirittura al 1934.
      Con il codice, la disciplina dei diritti di proprietà industriale è stata inoltre adeguata al diritto internazionale vigente nel settore, sulla base dell'Accordo sui diritti di proprietà intellettuale relativi al commercio (TRIPS) e dell'Accordo generale sulle tariffe ed il commercio (GATT) nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio, e sono state inoltre recepite alcune direttive comunitarie, con il fine
 

Pag. 2

ultimo di adattarsi e adeguarsi alla normativa internazionale più moderna, nei limiti in cui la legge delega n. 273 del 2002 attribuiva al legislatore delegato un potere di revisione della disciplina vigente. Lo sforzo compiuto con l'approvazione del codice è ritenuto quindi molto positivo e rappresenta un contributo importante alla competitività e all'economia del nostro Paese.
      È comunque necessario continuare a lavorare per avvicinare maggiormente il testo a quello della moderna legislazione sui brevetti e per migliorare ulteriormente l'efficienza del sistema della proprietà industriale nel nostro Paese.
      Pertanto si modifica la normativa sulle invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca, al fine di prevedere una disciplina organica sulle invenzioni dei dipendenti di questi organismi.
      Tale disciplina ha lo scopo generale di contribuire efficacemente al recupero della competitività delle imprese nazionali e assume una rilevanza particolare poiché sono gli sforzi soggettivi degli stessi dipendenti che si pongono, in definitiva, all'origine della capacità delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese caratteristiche del «sistema Italia», e delle loro strutture di realizzare significativi incrementi del patrimonio tecnologico nazionale.
      Questa disciplina prende corpo nell'articolo 64 del codice, rubricato «Invenzioni dei dipendenti», e ricalca la struttura della normativa previgente, in particolare gli articoli 23 e 24 del regio decreto n. 1127 del 1939, di seguito denominato «legge sulle invenzioni».
      Nell'articolo vengono definiti sostanzialmente tre casi: «invenzione di servizio», «invenzione di azienda» e «invenzione occasionale», che vengono ivi esposti brevemente per introdurre in modo più esauriente la problematica in oggetto.
      L'invenzione di servizio è definita come quell'invenzione ottenuta nell'esecuzione del rapporto di lavoro e per la quale è prevista una specifica retribuzione, l'eventuale brevetto su tale invenzione appartiene al datore di lavoro e nulla spetta al dipendente. Tale tipologia di invenzione deve pertanto far parte di specifiche mansioni dell'inventore per le quali deve essere stabilita una retribuzione specifica.
      L'invenzione di azienda è quell'invenzione basata sull'esperienza conseguita all'interno dell'azienda e realizzata nell'ambito delle mansioni oppure anche al di fuori dell'orario o del luogo di lavoro, ma senza una previsione di specifico compenso. In tale caso la titolarità sull'invenzione spetta sempre al datore di lavoro, ma al dipendente-inventore è dovuto un equo premio.
      L'invenzione occasionale è invece quell'invenzione che rientra nel campo di attività del datore di lavoro ma che avviene al di fuori del vincolo di subordinazione. In questo caso i diritti patrimoniali sull'invenzione appartengono all'inventore, ma al datore di lavoro spetta un diritto di opzione per l'uso esclusivo o non esclusivo dell'invenzione o per l'acquisto del brevetto, verso corresponsione di un canone o di un prezzo da fissare con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l'inventore ha comunque ricevuto dal datore di lavoro per pervenire all'invenzione.
      Nell'ambito della disciplina sulle invenzioni dei dipendenti, per incentivare la capacità di innovazione delle strutture pubbliche di ricerca, siano esse università o enti, è stata predisposta una nuova normativa ad hoc per le invenzioni dei dipendenti della pubblica amministrazione.
      Questa nuova normativa prende corpo nell'articolo 65 del codice, rubricato «Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca», e introduce un peculiare regime, oggetto della presente proposta di modifica, in deroga all'articolo 64, per la disciplina delle invenzioni compiute dai ricercatori dipendenti di università e delle pubbliche amministrazioni (aventi scopi istituzionali di ricerca) che prevede che i diritti patrimoniali relativi alle invenzioni del ricercatore o del dipendente appartengono in via originaria e esclusiva al ricercatore stesso (comma 1).
 

Pag. 3


      Inoltre, viene previsto che «Le Università e le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della loro autonomia, stabiliscono l'importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l'uso dell'invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica amministrazione, ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci» (comma 2).
      Questa norma pare incoerente per ciò che riguarda il rapporto tra l'attribuzione della titolarità esclusiva del brevetto al ricercatore/inventore e l'attribuzione del potere di determinare i canoni dei contratti di licenza stipulati tra il ricercatore/inventore e i terzi in capo all'università; infatti, si rischia di assistere a un «gioco di forza» tra università e ricercatore/inventore che può facilmente portare alla frustrazione dei rispettivi interessi. Il ricercatore risulta infatti titolare, ma l'esercizio di tale diritto viene in parte impedito dal potere dell'università di disciplinare i rapporti con i propri ricercatori e con soggetti terzi che finanziano una ricerca.
      Il comma 3 dell'articolo 65 prevede che il ricercatore/inventore «ha diritto a non meno del cinquanta per cento dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell'invenzione. Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di cui al comma 2, alle stesse compete il trenta per cento dei proventi o canoni».
      Non essendo però sanzionata la mancata comunicazione del deposito dei brevetto da parte del ricercatore/inventore, l'università o l'ente dovrebbe andare alla ricerca di informazioni (banche dati, giornali specializzati eccetera) per accertare in modo completo il proprio portafoglio brevettuale, anche potenziale.
      Il comma 4 dell'articolo 65 recita che «Trascorsi cinque anni dalla data di rilascio del brevetto, qualora l'inventore o i suoi aventi causa non ne abbiano iniziato lo sfruttamento industriale, a meno che ciò non derivi da cause indipendenti dalla loro volontà, la pubblica amministrazione di cui l'inventore era dipendente al momento dell'invenzione acquisisce automaticamente un diritto gratuito, non esclusivo, di sfruttare l'invenzione e i diritti patrimoniali ad essa connessi, o di farli sfruttare da terzi, salvo il diritto spettante all'inventore di esserne riconosciuto autore».
      Il termine quinquennale (dalla concessione) per l'acquisizione di una licenza automatica gratuita in favore dell'università in caso di mancato utilizzo del brevetto pare eccessivo considerando i tempi di obsolescenza della tecnologia, tale da scemare qualunque interesse nello sfruttamento commerciale di un'invenzione. Inoltre, l'onere attuativo posto a carico del ricercatore/inventore pubblico, a fronte della sua piena titolarità, comprende anche la necessità che quest'ultimo si sobbarchi i costi della prima fase di protezione, ossia i costi di deposito nazionale e di eventuali estensioni internazionali, le cui spese complessive per i primi anni sono di diverse decine di migliaia di euro. Considerando che non rientrano nelle competenze e nel ruolo del ricercatore pubblico la gestione di depositi brevettuali e la raccolta di capitali per il sostegno dei costi correlati né lo sviluppo di strategie e politiche di protezione dell'innovazione tecnologica, pare molto rischioso demandare all'inventore/ricercatore tali ulteriori responsabilità e può essere messa a repentaglio gravemente la stessa ricerca e lo sviluppo in seno all'ente o all'università di appartenenza.
      Infine, al comma 5 dell'articolo 65, viene previsto che «Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall'università, ente o amministrazione di appartenenza del ricercatore».
      Quest'ultima norma permette di eludere la suddetta disciplina sotto particolari condizioni (ricerche finanziate almeno in parte da privati).
      Il disposto di quest'ultimo comma sembra incoerente con quanto previsto dal comma 2 e il criterio applicabile in questo caso pare essere quello negoziale, regolando
 

Pag. 4

il rapporto contrattuale secondo differenti logiche di sfruttamento.
      Un'applicazione letterale di questa normativa nel suo complesso rischia di interrompere, o per lo meno di ostacolare, il percorso di innovazione che la maggior parte degli atenei italiani ha già autonomamente intrapreso con iniziative atte alla gestione della proprietà intellettuale e allo sviluppo di programmi per la protezione della propria innovazione tecnologica, sulla falsa riga della gestione degli atenei americani, ad esempio istituendo uffici di rapporti con le imprese e fondando imprese di spin-off per partecipare più attivamente nel campo della ricerca e per poter collaborare in modo incisivo con i committenti.
      In dottrina sono emersi numerosi dubbi di legittimità costituzionale, in particolare riguardo alle disparità di trattamento tra organizzazioni di ricerca private e pubbliche e tra i dipendenti di esse e anche a causa delle disparità di trattamento tra le invenzioni brevettabili e gli altri risultati della ricerca universitaria protetti secondo le norme del codice (articolo 38: registrazione per disegni e modelli; articolo 86: modelli di utilità; articolo 89: topografie dei prodotti a semiconduttore; articolo 111: nuove varietà vegetali).
      Rilevanti sono poi le questioni pratiche e applicative, tra le quali si ricorda come le università vengono private di una possibile fonte di autofinanziamento: infatti il ricercatore «pubblico» diventa titolare esclusivo nonostante i supporti e i mezzi tecnici siano messi a disposizione e pagati dall'università o dall'ente.
      La disciplina introdotta con l'articolo 65 riproduce per i primi quattro commi la disciplina dell'articolo 24-bis della legge sulle invenzioni, introdotto dall'articolo 7 della legge 18 ottobre 2001, n. 383; il comma 5 è stato invece introdotto ex novo nel Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2004.
      Prima dell'entrata in vigore della legge n. 383 del 2001, i rapporti in materia di invenzioni dei dipendenti pubblici e quelli dei dipendenti privati erano disciplinati in modo sostanzialmente analogo a quello della legge sulle invenzioni.
      Questo nuovo regime per le invenzioni nate in seno al settore pubblico ha preso le mosse dal riscontro delle difficoltà con cui le invenzioni prodotte dal mondo accademico e negli enti pubblici di ricerca si traducono in momenti di concreta innovazione e sviluppo. Secondo parte della dottrina la ratio della norma dovrebbe ravvisarsi nella volontà di favorire la valorizzazione economica delle invenzioni, attribuendone la titolarità a soggetti maggiormente interessati allo sfruttamento economico e cioè ai ricercatori, così da attivare un processo virtuoso volto ad alimentare la spinta economica.
      Il primo di una serie di tentativi per modificare questa nuova norma introdotta nel 2001 è avvenuto con la presentazione al Senato della Repubblica di un disegno di legge nel 2002 (atto Senato n. 761, recante «Disposizioni concernenti la scuola, l'università e la ricerca scientifica») che sanciva, all'articolo 3, l'attribuzione dei brevetti alle università. Questo disegno di legge è stato approvato al Senato della Repubblica ma, alla Camera dei deputati (atto Camera n. 2238) ha subìto modifiche sostanziali e non è mai stato approvato definitivamente.
      Successivamente, il Governo ha presentato una prima bozza (datata novembre 2003) del codice, così come previsto dalla legge delega n. 273 del 2002, in specie all'articolo 15, dove le invenzioni dei dipendenti pubblici e privati venivano disciplinate dagli articoli 64 e 65 che riproducevano sostanzialmente l'articolo 3 del citato atto Senato n. 761. Il Governo, dopo aver raccolto ed esaminato tutte le richieste di modifiche e le osservazioni pervenute dagli «addetti ai lavori» all'emanando codice nel suo complesso, ne ha presentato una seconda bozza nel febbraio 2004 che conteneva, tra l'altro, gli articoli 64 e 65 parzialmente modificati. Infine, il codice veniva approvato e pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2005, senza le modifiche agli articoli 64 e 65, cioè il codice è entrato in vigore con la previgente
 

Pag. 5

normativa così come dettata dalla legge n. 383 del 2001. Questa scelta è stata motivata dal fatto che la seconda bozza del codice del febbraio 2004 era stata ritenuta innovativa della disciplina vigente, in riferimento agli articoli 64 e 65 e, dunque, eccedente i criteri della legge delega.
      Infine, una proposta di modifica all'articolo 65 è stata presentata con l'emendamento n. 10.205 all'articolo 10 del disegno di legge «Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (atto Camera n. 5736, XIV legislatura) presentato alla Camera dei deputati. Nella seduta del 29 giugno 2005 l'Aula di Montecitorio aveva approvato quasi all'unanimità l'emendamento citato con la sottoscrizione di deputati delle forze politiche di entrambi gli schieramenti. Tuttavia, una volta trasmesso al Senato della Repubblica, il disegno di legge non è stato mai approvato.
      In sede di conversione del decreto-legge n. 203 del 2005, recante «Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria» è stato ancora riproposto lo stesso emendamento, ma non è stato approvato.
      Un'analisi comparata in materia sottolinea il divario che si è creato tra la normativa italiana vigente e le normative estere e internazionali.
      In particolare, negli Stati Uniti d'America il trasferimento delle attività finanziate dal Governo federale alle università e agli istituti di ricerca, il cosiddetto «Bayh-Dole Act» del 1980, viene considerato uno dei fattori chiave della crescita economica e tecnologica registrata nell'ultimo ventennio in quel Paese.
      Il «Bayh-Dole Act» stabilisce che tutti gli «small business» e le organizzazioni no profit americane, incluse le università, mantengono la proprietà dei brevetti di tutte le invenzioni da esse sviluppate utilizzando fondi federali. Così facendo porta le decisioni riguardanti la commercializzazione della tecnologia fuori dal controllo delle agenzie federali americane, isolando il processo da interferenze politiche e riducendo l'ingerenza del Governo federale nel processo di sviluppo e di commercializzazione dei brevetti risultato di ricerche pubbliche.
      In specifico, la possibilità offerta alle università e alle organizzazioni no profit di offrire licenze in esclusiva a terzi ha portato le società di venture capital a investire in esse, innescando quella collaborazione tra istituti di ricerca, venture capital e imprese private che rappresenta uno dei fenomeni industriali americani più interessanti degli anni ottanta e novanta.
      Basti considerare che nel 1980 solo 25 università americane attuavano un trasferimento di tecnologia, mentre nel 1998 esse erano più di 250 riunite in un'associazione (Association of University Technology Managers - AUTM); nel periodo 1974-1984 quasi ottanta università americane hanno depositato circa 4.000 domande di brevetto (di cui circa 2.900 concessi), mentre nel solo 1993 sono state invece 139 le università che hanno visto accolto 1.557 loro domande di brevetto; tra il 1974-1984 sono state rilasciate 1.058 licenze dalle università, mentre tra il 1989 e il 1990 sono state rilasciate 1.510 licenze; nel 1986 circa 110 università hanno riportato un introito di 30 milioni di dollari dalle licenze, mentre nel 1990 circa 35 università hanno riportato un introito di 113 milioni di dollari; il contributo industriale fornito alla ricerca universitaria è passato dal 4 per cento del 1980 al 9 per cento del 1992 ed è aumentato il numero di domande di brevetto depositate dalle università; ad oggi risultano più di 3.500 le domande di brevetto pendenti da parte delle università americane.
      Il «Bayh-Dole Act» ha pertanto contribuito in maniera determinante al successo e allo sviluppo del trasferimento di tecnologia dalle università alle imprese americane, e conseguentemente ai consumatori. Chiaramente, ulteriori fattori critici dei successo sono state l'implementazione di procedure coerenti per i brevetti e un'organizzazione universitaria efficiente e indirizzata alla gestione di portafogli brevettuali per lo sviluppo economico della propria ricerca.
 

Pag. 6


      La Germania era l'unica rilevante eccezione al principio della titolarità istituzionale, ripristinato anche in questo Paese nel 2002 grazie a una modifica del n. 42 ArbNErfG che ha abolito lo «Hochschullehrerprivileg», per adottare una legislazione molto simile al «Bayh-Dole Act» americano, in quanto la scelta legislativa precedente non aveva favorito la diffusione dell'innovazione e il trasferimento tecnologico delle università e delle imprese. Inoltre si richiamano la normativa francese con la «Loi D'Orientation» del 1982 e la normativa spagnola con il «Ley de Patents» del 1986, e l'elenco potrebbe continuare con altri Stati, come la Gran Bretagna, il Canada, l'Olanda, il Belgio, eccetera.
      In Italia la normativa vigente in materia è stata fortemente criticata fin dalla sua introduzione dal mondo universitario, dal mondo delle imprese e dagli stessi ricercatori e si sono pronunciati in favore di una riforma le maggiori associazioni ed enti di categoria, come la Conferenza dei rettori delle universitarie italiane (con una mozione approvata all'unanimità il 12 luglio 2001) e il Consiglio dell'ordine dei consulenti in proprietà industriale (con diverse comunicazioni tramite i suoi organi di divulgazione ufficiali).
      Nello specifico, l'articolo 1 della presente proposta di legge sostituisce l'articolo 65 del codice composto da sette commi.
      L'articolo 2 sostituisce il comma 3 dell'articolo 38 del codice relativo ai disegni o modelli, introducendo un riferimento diretto agli articoli 64 e 65 del medesimo codice.
      L'articolo 3 sostituisce il comma 2 dell'articolo 89 relativo alle topografie dei prodotti a semiconduttori introducendo anche in questo caso un riferimento diretto agli articoli 64 e 65.
      L'articolo 4 sostituisce il comma 2 dell'articolo 111 relativo alle nuove varietà vegetali introducendo ancora un riferimento diretto agli articoli 64 e 65.
      In particolare, al comma 1 del novellato articolo 65 del codice viene previsto che l'università o l'amministrazione pubblica avente finalità di ricerca attivi le procedure per le brevettazioni entro sei mesi dalla comunicazione dell'autore e acquisisca la proprietà esclusiva dell'invenzione ai fini del suo sfruttamento economico; decorso tale termine la proprietà esclusiva dell'invenzione passa all'autore. Inoltre è previsto che l'inventore possa depositare personalmente il brevetto e assumerne la piena titolarità nel caso in cui le università e le amministrazioni non mostrino interesse al deposito del brevetto. All'inventore è riconosciuto il diritto di poter sfruttare il brevetto nel caso in cui, una volta che esso sia stato depositato, non venga utilizzato dalle università o dagli enti nei due anni successivi, così come spetta ad esso il diritto di prelazione nel caso l'ateneo o l'ente decida di cedere il brevetto stesso.
      In questo modo viene realizzato un compromesso bilanciato tra il diritto al brevetto dell'università o dell'amministrazione e quello dell'inventore il quale può, sotto determinate condizioni, assumersi la titolarità e gli oneri del brevetto.
      L'inventore può inoltre depositare domanda di brevetto prima del termine di sei mesi, ma è tenuto a effettuare il trasferimento del brevetto all'università o all'amministrazione che ne fa richiesta entro il termine stabilito.
      Quest'ultima norma riveste un'importanza notevole soprattutto in quei settori tecnologici ad elevata velocità di innovazione, poiché può permettere di snellire la procedura di deposito di un brevetto in seno al settore pubblico.
      Al comma 2 viene previsto che l'università o l'amministrazione che deposita il brevetto si impegni a valorizzare l'invenzione, per favorire esplicitamente il percorso di innovazione che la maggior parte degli atenei italiani ha già autonomamente intrapreso con iniziative atte alla gestione e alla valorizzazione della loro proprietà intellettuale. È chiaro che l'applicazione di quest'ultima norma risulta di fondamentale importanza per una corretta gestione e valorizzazione dell'attività inventiva anche in seno al settore pubblico.
 

Pag. 7


      Nel comma 3 è previsto che all'inventore spetta il diritto a percepire almeno il 30 per cento dei proventi derivanti dallo sfruttamento economico del brevetto depositato dall'università o dall'amministrazione in modo da incentivare lo stesso inventore nella sua opera di ricerca a vantaggio del pubblico interesse.
      Inoltre è previsto che all'inventore spetta il diritto di brevetto se l'università o l'amministrazione non ha esercitato tale dritto entro i citati sei mesi oppure che l'inventore può acquisire il diritto di sfruttare gratuitamente l'invenzione qualora l'università o l'amministrazione che ha esercitato tale diritto non ne ha iniziato lo sfruttamento entro due anni dal deposito.
      Nel comma 4 si introduce il diritto di prelazione da parte dell'inventore per l'acquisto del brevetto qualora l'università o l'amministrazione decidano, una volta depositato il brevetto, di venderlo offrendolo sul mercato.
      Nel comma 5 è prevista la possibilità per l'inventore di accollarsi le spese per l'attivazione di una procedura di deposito all'esterno qualora l'università o l'ente non dimostri interesse. L'estensione all'estero di una privativa può essere richiesta, infatti, entro l'anniversario di deposito.
      Quest'ultima norma trova giustificazione principalmente in considerazione della nuova procedura di deposito per una domanda di brevetto in Italia, come definita dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 27 giugno 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2008, e dal successivo accordo tra l'Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) e l'European Patent Office (EPO), i quali prevedono che per ogni nuova domanda di brevetto nazionale si ottenga un rapporto di ricerca ufficiale dell'EPO entro nove mesi dal suo deposito. Questo rapporto di ricerca è uno strumento utilissimo per valutare la bontà dell'invenzione brevettata e può servire per prendere decisioni in merito alle eventuali estensioni all'estero in modo più consapevole e opportuno. Pertanto, qualora l'esito di tale rapporto di ricerca sia positivo per l'estensione all'estero e l'amministrazione non intenda comunque procedere, viene data facoltà di procedere all'inventore, che assumerà di diritto la titolarità delle estensioni all'estero, rimanendo all'università o all'ente la titolarità della privativa in Italia.
      Nel comma 6 si norma il diritto conferito al comma 3 nel caso di più inventori i quali possono percepire almeno il 30 per cento dei proventi o dei canoni derivanti dallo sfruttamento del brevetto, da ripartire in parti uguali oppure in misura proporzionale al contributo di ciascuno.
      Nel comma 7 si stabilisce che le disposizioni dell'articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati, ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall'università, dall'ente o dall'amministrazione di appartenenza del ricercatore.
      Agli articoli 2, 3 e 4 si estende la norma del novellato articolo 65 del codice rispettivamente ai disegni e modelli, alle topografie dei prodotti a semiconduttore e alle nuove varietà vegetali in modo da completare in modo organico il quadro normativo di riferimento.
 

Pag. 8


torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica dell'articolo 65 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30).

      1. L'articolo 65 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, di seguito denominato «codice», è sostituito dal seguente:

      «Art. 65. - (Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca). - 1. In deroga all'articolo 64, quando il rapporto di lavoro intercorre con un'università o con una amministrazione pubblica avente tra i suoi compiti istituzionali finalità di ricerca, l'inventore comunica la sua invenzione all'università o all'amministrazione, alla quale spetta il diritto di chiedere il relativo brevetto entro sei mesi dalla comunicazione purché si impegni a valorizzare l'invenzione; l'inventore può depositare domanda di brevetto anche prima del termine di sei mesi, ma se entro tale termine viene esercitata l'opzione egli è tenuto a effettuare senza indugio il trasferimento della domanda all'università o all'amministrazione.
      2. Le università o le amministrazioni aventi fini di ricerca si dotano, nell'ambito delle proprie risorse finanziarie, di strutture idonee a garantire la valorizzazione delle invenzioni realizzate dai propri ricercatori.
      3. All'inventore spetta il diritto a percepire almeno il 30 per cento dei proventi derivanti dallo sfruttamento economico del brevetto chiesto dall'università o dall'amministrazione. Decorso il termine di cui al comma 1 senza che l'università o l'amministrazione abbia esercitato il diritto di chiedere il brevetto, questo spetta all'inventore. Qualora l'università o l'amministrazione

 

Pag. 9

abbia esercitato tale diritto, ma entro due anni dal deposito non ne abbia iniziato lo sfruttamento, l'inventore acquisisce automaticamente il diritto di sfruttare gratuitamente l'invenzione e di esercitare i diritti patrimoniali ad essa connessi.
      4. All'inventore spetta il diritto di prelazione per l'acquisto del brevetto qualora l'università o l'amministrazione decida, dopo il deposito del brevetto, di venderlo offrendolo sul mercato.
      5. All'inventore spetta inoltre il diritto di decidere su eventuali estensioni all'estero del brevetto da effettuare entro i termini di priorità previsti dall'articolo 4, qualora l'università o l'amministrazione si dichiari non interessata a tali eventuali estensioni.
      6. In caso di più inventori, il diritto di percepire almeno il 30 per cento dei proventi derivanti dallo sfruttamento del brevetto è ripartito tra gli autori in parti uguali, salvo che risulti una diversa partecipazione alla realizzazione dell'invenzione, nel qual caso la ripartizione avviene in misura proporzionale al contributo di ciascuno.
      7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nelle ipotesi di ricerche finanziate, in tutto o in parte, da soggetti privati, ovvero realizzate nell'ambito di specifici progetti di ricerca finanziati da soggetti pubblici diversi dall'università, dall'ente o dall'amministrazione di appartenenza del ricercatore».

Art. 2.
(Modifica all'articolo 38 del codice).

      1. Il comma 3 dell'articolo 38 del codice è sostituito dal seguente:

      «3. Qualora il disegno o il modello venga creato nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o di impiego, si applicano gli articoli 64 o 65».

 

Pag. 10

Art. 3.
(Modifica all'articolo 89 del codice).

      1. Il comma 2 dell'articolo 89 del codice è sostituito dal seguente:

      «2. Qualora la topografia venga creata nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o di impiego, si applicano gli articoli 64 o 65».

Art. 4.
(Modifica all'articolo 111 del codice).

      1. Il comma 2 dell'articolo 111 del codice è sostituito dal seguente:

      «2. Qualora la nuova varietà vegetale venga creata nell'ambito di un rapporto di lavoro dipendente o di impiego, si applicano gli articoli 64 o 65».


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su