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PDL 3102

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3102



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DONADI, DI PIETRO, BORGHESI, EVANGELISTI, PALADINI, PORCINO

Disposizioni temporanee concernenti l'estensione della durata del trattamento ordinario di integrazione salariale per superare l'attuale situazione di crisi economica

Presentata l'11 gennaio 2010


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende aiutare le imprese e i lavoratori a guardare con fiducia al futuro in un momento di recessione economica e finanziaria che coinvolge molti Paesi e anche l'Italia, prorogando la durata del trattamento ordinario di integrazione salariale.
      Nella Relazione annuale sulle attività dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) nel 2008, presentata alle Camera dei deputati nel marzo 2009, il dottor Antonio Mastrapasqua, presidente e commissario straordinario dell'INPS, ha affermato che: «L'Istituto non è solo il più grande Ente pubblico nazionale - con un bilancio secondo solo a quello dello Stato (520 miliardi di euro tra entrate e uscite) - ma è la più grande "azienda" pubblica che opera nel nostro Paese. Un'azienda fornitrice di servizi che per natura, vocazione e missione accompagnano i cittadini lungo tutto l'arco della loro vita. L'Inps non è solo la fabbrica delle pensioni, è l'ente pubblico che trasforma in atti concreti e servizi fruibili il valore stesso della
 

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solidarietà sociale, consentendo ai cittadini, alle famiglie e alle imprese di guardare con fiducia al futuro».
      Oggi le imprese e i lavoratori hanno una reale necessità di guardare al futuro con la convinzione che, superata la recessione in corso, il mercato potrà offrire nuove possibilità di crescita e di sviluppo. Ma ciò potrà inverarsi solo se il Governo italiano, così come le istituzioni internazionali, assumerà scelte dirette a operare riforme coraggiose del mercato e delle sue regole, ben oltre quanto si è immaginato e realizzato fino ad oggi.
      Per sostenere la fiducia e le speranze delle imprese e dei lavoratori servono altresì misure che nel breve e medio periodo limitino gli ingenti danni che la crisi e le oggettive difficoltà del mercato stanno provocando al patrimonio produttivo italiano e ai lavoratori, specialmente sul piano dell'occupazione.
      In tale prospettiva, in Italia funziona un sistema volto a prevenire i licenziamenti e a mantenere i posti di lavoro, che si fonda su un supplemento salariale, la cassa integrazione guadagni, gestito dall'INPS e principalmente utilizzato dalle medie e grandi imprese dell'industria e delle costruzioni. All'interno di questo sistema ci sono due diversi regimi: la cassa integrazione guadagni ordinaria e la cassa integrazione guadagni straordinaria. In particolare, la cassa integrazione guadagni ordinaria viene utilizzata quando un'impresa riduce o sospende l'attività dei lavoratori a causa di eventi transitori o dovuti alla temporanea difficoltà del mercato. La cassa integrazione guadagni ordinaria può essere utilizzata per gli operai, gli impiegati e i quadri delle imprese industriali in genere e delle imprese industriali e artigiane del settore edile, ma non per i dirigenti. L'indennità di cassa integrazione guadagni ordinaria è l'80 per cento del totale delle retribuzioni per ora non lavorata e viene versata per la durata massima di tredici settimane consecutive. In circostanze eccezionali, la cassa integrazione guadagni ordinaria può essere utilizzata per la durata massima di cinquantadue settimane, entro un periodo di due anni.
      La presente proposta di legge, per sostenere i livelli di occupazione nel breve e medio periodo, introduce una misura straordinaria in materia previdenziale disponendo l'estensione della cassa integrazione guadagni ordinaria da cinquantadue fino a centoquattro settimane. Si tratta di una misura limitata nel tempo, perché vi si può accedere fino al 31 dicembre 2010, ma certamente significativa, perché ne potranno usufruire i dipendenti delle imprese più direttamente colpite dalla crisi.
      Va sottolineato che l'adozione di questa misura, anche se temporanea in quanto straordinaria, non è di tipo assistenzialistico, ma semplicemente è intesa a far sì che ai lavoratori e alle imprese venga restituita parte di quell'"assicurazione" sul lavoro che va sotto il nome di cassa integrazione guadagni e che le imprese pagano con proprie risorse ben oltre la misura che sarebbe necessaria proprio per far fronte a situazioni di difficoltà del mercato come quella attuale, sostenendo il reddito dei lavoratori in una situazione temporanea di riduzione o annullamento della produzione. La cassa integrazione guadagni ordinaria, attiva presso l'INPS, alla fine dell'anno 2007 segnava un attivo di oltre 10 miliardi di euro. Trattandosi di soldi versati dalle imprese, è evidentemente opportuno e doveroso provvedere affinché, in un momento di grave difficoltà, essi tornino a vantaggio dei lavoratori e delle stesse imprese.
      È sufficiente dare uno sguardo ai bilanci dell'INPS degli ultimi cinque anni, fino all'ultimo attualmente disponibile (anno 2007), per evincere che i contributi versati annualmente dalle imprese per la cassa integrazione guadagni ordinaria si attestano su una media di 2,58 miliardi di euro, mentre le prestazioni erogate dalla cassa ammontano in media a 0,41 miliardi di euro l'anno. Il discorso non cambia neppure se si guarda alla cassa integrazione guadagni straordinaria - concessa in ipotesi diverse da quella ordinaria - per la quale i contributi versati dalle imprese negli ultimi anni sono stati di circa 0,9 miliardi di euro,
 

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mentre le prestazioni erogate sono state inferiori a 0,4 miliardi di euro. La tabella che segue mostra l'andamento delle entrate dell'INPS relative alla cassa integrazione guadagni e quello degli importi erogati: i dati rendono chiaro che in cinque anni il saldo attivo complessivo della cassa integrazione guadagni supera 13 miliardi di euro, di cui ben 10 miliardi di euro riguardano la cassa integrazione guadagni ordinaria:

(in milioni di euro)
    
2003 2004 2005 2006 2007
CIG ordinaria: contributi 2.329 2.564 2.514 2.636 2.878
prestazioni 379 471 516 422 278
saldo +1.950 +2.093 +1.998 +2.214 +2.600
CIG straordinaria: contributi 826 848 886 937 998
prestazioni 300 379 404 505 424
saldo +527 +469 +482 +432 +574
CIG ordinaria + straordinaria: contributi 3.156 3.412 3.400 3.573 3.876
prestazioni 679 850 920 927 702
saldo +2.477 +2.562 +2.480 +2.646 +3.174

      Fonte: Relazione generale sulla situazione economica del Paese trasmessa al Parlamento dal Ministro dell'economia e delle finanze.

      Perché dunque l'INPS non dovrebbe restituire ai lavoratori, per integrare e sostenere il loro reddito, parte di quanto le imprese hanno pagato proprio per fronteggiare crisi e recessioni come quella attuale? Non è una domanda retorica.
      Nelle dichiarazioni riportate dalla stampa nello scorso settembre, lo stesso presidente dell'INPS dottor Antonio Mastrapasqua ha reso noti i dati relativi alla cassa integrazione guadagni per il mese di agosto 2009, che ha registrato un calo per il terzo mese consecutivo (- 40,6 per cento rispetto al mese di luglio), anche se continua a crescere in termini assoluti se paragonata agli anni precedenti. Il presidente dell'INPS ha fornito anche l'aggiornamento sul cosiddetto «tiraggio», evidenziandone il dato positivo. Il tiraggio indica la durata dei periodi di cassa integrazione guadagni ordinaria, straordinaria e in deroga utilizzati effettivamente dalle imprese, rispetto a quelli autorizzati, cioè richiesti dalle imprese e negoziati. La differenza tra i due valori è importante: la cassa integrazione guadagni effettivamente utilizzata, cioè i cui trattamenti sono materialmente erogati dall'INPS, è circa un terzo rispetto al totale degli interventi autorizzati. Sul fronte della cassa integrazione guadagni ordinaria, che qui interessa, a fronte di 351.000 ore autorizzate nel periodo gennaio-agosto 2009, le ore effettivamente utilizzate sono state solo 230.000, con un tiraggio del 65,52 per cento (fonte: dati INPS). Nello stesso periodo del 2008 il tiraggio era stato del 73,13 per cento. Questo significa che per ogni 100 ore che l'INPS ha autorizzato per quest'anno, le imprese hanno utilizzato solo 65 ore, mentre nello stesso periodo del 2008 ne avevano utilizzate 73.
      I dati diffusi dall'INPS mostrano un aumento del valore delle ore della cassa integrazione guadagni effettivamente utilizzata dalle imprese: nel periodo gennaio-agosto 2009 l'aumento è stato del 567 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008, a fronte però di un aumento del 633 per cento

 

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delle ore autorizzate dall'INPS sulla base delle richieste ricevute.
      Si tratta di impennate vistose, anche se molto distanti, in termini assoluti, dai valori registrati nelle fasi acute delle crisi degli anni tra il 1980 e il 2000. Nel solo 1984 le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate furono oltre 800 milioni, nel 1993 circa 549 milioni, mentre nel 2008 sono state 223 milioni.
      Partendo dai dati illustrati e incrociandoli con gli altri che abbiamo a disposizione è possibile svolgere una precisa analisi dell'allarme avvertito dalle imprese nell'attuale momento di crisi, su cui incide fortemente il dato economico-finanziario del contesto italiano, già oggetto di molte ricerche. In particolare qui si richiamano i risultati di un Focus pubblicato dall'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori sulla crisi in Italia (Crisi. Misure e strategie nazionali a confronto, luglio 2009).
      La struttura economica dell'Italia è molto simile a quella di gran parte dei Paesi europei più avanzati. Il settore terziario rappresenta infatti i due terzi del prodotto interno lordo (pari a circa il 69 per cento); in particolare, i punti di forza risultano essere il commercio e il turismo. Circa il 29 per cento del reddito nazionale si deve invece all'industria e il rimanente 2 per cento circa deriva dalle attività agricole. Una peculiarità del sistema italiano è costituita dal modello dei «distretti industriali», radicati all'interno di un territorio ben definito e costituiti dal fitto tessuto di aziende di dimensioni medio-piccole, ognuna specializzata in una specifica fase della filiera produttiva: accanto alle piccole e medie imprese sono presenti anche grandi gruppi industriali.
      I principali settori dell'industria italiana sono quelli agro-alimentare, metalmeccanico, del tessile-abbigliamento, del design industriale e della produzione di mobili e complementi di arredo: si tratta di settori che non solo incidono notevolmente in termini di fatturato, occupazione e numero di imprese, ma che sostengono anche l'esportazione italiana nel mondo fornendo un significativo contributo alla bilancia commerciale del nostro Paese.
      L'economia mondiale, che fino a circa due anni fa aveva conosciuto una fase eccezionalmente prolungata di crescita sostenuta, sta ora attraversando un periodo di grande instabilità. La crisi manifestatasi nell'estate del 2007 nel mercato dei mutui immobiliari americani si è rapidamente estesa a tutti i comparti della finanza. I primi segnali di inversione di tendenza nel ciclo economico italiano si sono registrati già alla fine del 2007, ma nell'ultimo trimestre del 2008 il prodotto interno lordo è sceso dell'1,9 per cento rispetto al trimestre precedente: è stato il calo più forte dalla recessione degli anni 1974-1975. A tale tendenza ha contribuito il netto ridimensionamento delle esportazioni e degli investimenti: in particolare le esportazioni hanno subìto una riduzione del 7,4 per cento mentre gli investimenti, soprattutto in macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, hanno visto un calo dell'8,9 per cento. Anche i consumi delle famiglie si sono ridotti circa dell'1 per cento. Il rapporto dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sull'Italia (giugno 2009) prevede che nell'anno in corso il prodotto interno lordo subirà una caduta del 5,3 per cento, ma già dal 2010 ci sarà una lieve ripresa economica con un tasso di crescita dello 0,4 per cento. Inoltre tale rapporto prevede, sempre per la fine del 2009, un calo dei consumi del 2,4 per cento, che rimarrà invariato nel corso del 2010, mentre gli investimenti fissi subiranno un crollo del 16 per cento (- 20 per cento per macchinari ed equipaggiamenti) per tornare a crescere dell'1,3 per cento nell'anno successivo. Per il commercio estero si prevede che le esportazioni scenderanno del 21,5 per cento e le importazioni del 20,2 per cento, con una tendenza negativa anche nel 2010 (rispettivamente - 0,7 per cento e - 0,2 per cento).
      Gli effetti della crisi sono ricaduti anche sull'economia reale: già dal terzo trimestre del 2007 si è infatti registrato un calo del tasso di occupazione, tendenza che si è protratta fino ad oggi quasi ininterrottamente, con un accresciuto ricorso alla cassa integrazione guadagni.
      Per l'anno in corso si prevede l'intensificarsi dei riflessi della crisi globale e il proseguimento della fase recessiva in atto, che fino ad oggi ha determinato un calo
 

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della fiducia delle imprese scesa ai livelli minimi storici.
      L'indagine pubblicata dall'Istituto di studi e analisi economica (ISAE) nel febbraio 2009 sull'accesso al credito delle imprese conferma l'irrigidimento dei criteri di finanziamento alle imprese manifatturiere ed estrattive (il 36 per cento delle imprese denunzia un peggioramento delle condizioni di accesso al credito). La stretta al credito ha interessato anche il settore dei servizi e del commercio e ha colpito maggiormente le piccole e medie imprese e in misura inferiore le più grandi, dal momento che le aziende della grande distribuzione commerciale hanno la possibilità di fare ricorso a diverse forme di finanziamento. Infine, al di là di tutte le previsioni che ipotizzavano maggiori rischi per le imprese del mezzogiorno, per l'ISAE sono le imprese del centro e del nord d'Italia quelle che lamentano maggiori preoccupazioni rispetto alle condizioni di credito, soprattutto quelle appartenenti al settore manifatturiero e, in alcuni casi, a quello dei servizi.
      Appaiono evidenti, dunque, le ragioni che creano un allarme diffuso tra le imprese e le spingono a rivolgersi all'INPS richiedendo l'accesso alla cassa integrazione guadagni, sebbene poi preferiscano non utilizzare la cassa richiesta o la utilizzino in misura ridotta. In tal modo si spiega agevolmente il divario tra periodi utilizzati e periodi effettivamente utilizzati, evidenziato dai dati diffusi dall'INPS. Al settimanale Panorama, nel marzo scorso, il presidente dell'INPS aveva dichiarato che: «L'incremento della cassa integrazione autorizzata è reale e notevole, ma anche i dati sul tiraggio sono un fatto e dimostrano che gli imprenditori continuano a credere nelle loro aziende nonostante le difficoltà temute. Questo vuol dire molto, perché proprio gli imprenditori, al di là di ogni previsione o di ogni polemica, hanno il polso del mercato più di altri e si comportano di conseguenza». Analizzando i dati del mese di settembre 2009 sulla cassa integrazione guadagni, lo stesso presidente dell'INPS ha poi sottolineato che l'incremento tendenziale registrato in tale mese è inferiore a quelli di luglio e agosto e che quello congiunturale (settembre su agosto), pari al 95 per cento, è il più basso degli ultimi quattro anni. Questo - ha affermato il presidente dell'INPS - starebbe a indicare «una sorta di normalizzazione della crisi». Altri segnali positivi - ha aggiunto - sono il relativamente basso ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria (per crisi o ristrutturazione aziendale), cresciuta in un anno del 131 per cento, contro il 639 per cento della cassa integrazione guadagni ordinaria, che diventa addirittura un + 890 per cento nello specifico settore dell'industria.
      È evidente, pertanto, come il settore industriale risulti particolarmente colpito dalla crisi in atto: pertanto, l'estensione della cassa integrazioni guadagni fino a ventiquattro mesi per un periodo limitato di tempo avrebbe certamente effetti benefici, in attesa che, a partire dal 2011, la situazione del mercato si stabilizzi e la produzione industriale possa tornare a crescere su livelli almeno prossimi a quelli visti negli anni scorsi. A ben vedere, leggendo i dati, una tale misura comporterebbe certamente effetti benefici anche sul piano psicologico per le imprese, le quali, sapendo di poter contare su un periodo prolungato di cassa integrazione guadagni ordinaria, nell'attuale contesto di crisi, acquisirebbero maggiore fiducia e, probabilmente, lungi dall'utilizzare effettivamente la cassa integrazione guadagni richiesta, opererebbero scelte che andrebbero nella direzione di continuare a mantenere gli attuali livelli di produzione e di occupazione, oppure li ridurrebbero in misura non molto considerevole, in attesa di un cambiamento di rotta dell'economia. Lo studio dei dati relativi al tiraggio, già oggi, conferma che esiste ed è ricorrente tale tendenza.
      Ecco quindi offerta la risposta alla domanda che ci si è posti in precedenza. Per far fronte alla crisi nel medio e breve periodo, in attesa di vedere riforme strutturali del mercato e dell'economia, inclusa la riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, è un preciso dovere quello di restituire - nel senso di mettere a disposizione - ai lavoratori e alle imprese le ingenti risorse che appartengono a loro e che sono state accantonate proprio in funzione di garanzia per i momenti di difficoltà e di recessione, come ha sottolineato
 

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il professor Ichino sul Corriere della sera nel mese di settembre 2009. Anzi, lo stesso ha correttamente evidenziato che i dati sul sistema della cassa integrazione guadagni evidenziano un grave squilibrio permanente tra l'entità del contributo pagato dalle imprese sulle retribuzioni lorde dei loro dipendenti e l'entità complessiva delle prestazioni erogate: per la cassa integrazione guadagni ordinaria, i contributi superano ogni anno addirittura di quattro o cinque volte l'erogazione. Oggi il contributo per questa forma di «assicurazione» ammonta al 2,20 per cento delle retribuzioni lorde a carico delle imprese con più di cinquanta dipendenti e all'1,90 per cento per le altre.
      Il costo pagato per questa «polizza» è molto alto e non trova giustificazioni, in particolare in riferimento al settore delle imprese medio-piccole, che di fatto fruiscono della cassa integrazione guadagni in misura enormemente inferiore rispetto alle imprese medio-grandi. Bisogna restituire ai lavoratori e alle imprese quanto da essi pagato per far fronte ai momenti di crisi per far sì che, come suggeriva il professor Ichino, i contributi versati dalle imprese all'INPS per la cassa integrazione guadagni non si configurino in gran parte come un'imposta sul lavoro, che attualmente si presenta come progressiva in ragione inversa delle dimensioni dell'azienda.
      In questa prospettiva non risulta affatto rassicurante quanto risposto lo scorso 14 ottobre 2009 dall'onorevole Elio Vito, Ministro per i rapporti con il Parlamento, a un'interrogazione dell'onorevole Antonio Di Pietro. Ha risposto il Ministro Vito: «Per quanto riguarda, come detto, la cassa integrazione, ci sono le rassicurazioni che ho dato all'inizio e, in conclusione, voglio dire che, per salvaguardare la base produttiva e occupazionale del settore [si trattava specificamente del settore siderurgico], sono state concentrate risorse ordinarie e straordinarie volte a finanziare nel triennio per 32 miliardi di euro, dati aggiornati allo scorso giugno, contratti di solidarietà e interventi di cassa integrazione guadagni». Molti sospetti emergono di fronte alla dichiarazione che il Governo sia dovuto intervenire per finanziare la cassa integrazione guadagni, la quale, nelle forme sia ordinaria sia straordinaria, è costituita direttamente e completamente - come si è visto - da risorse versate dalle imprese e dispone di una quantità di fondi tale che neppure una crisi più grave dell'attuale e un numero di richieste di accesso ad essa ben superiore a quelle presentate fino ad oggi, già cresciute esponenzialmente, potrebbe mettere a rischio le erogazioni determinando l'esaurimento delle risorse disponibili. E ciò rimane valido anche se il Governo distrae le risorse della cassa integrazione guadagni dal bilancio dell'INPS per coprire capitoli di spesa, magari in passivo.
      Anche se non è oggetto della presente proposta di legge, l'analisi fin qui condotta consente anche di proporre come uno degli obiettivi della riforma strutturale degli ammortizzatori sociali l'estensione del trattamento di cassa integrazione guadagni a tutti i lavoratori di tutti i settori in caso di sospensione temporanea dell'attività lavorativa, mediante una rimodulazione della cassa sia sotto l'aspetto contributivo, sia sotto quello del rischio effettivo, sia dal punto di vista della riduzione del costo del lavoro.
      La presente proposta di legge si compone di un unico articolo riguardante l'estensione temporanea del trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria al fine di consentire alle imprese il superamento dell'attuale periodo di crisi in relazione all'andamento dei mercati nazionale e internazionale.
      Il comma 1 stabilisce che le imprese possono ottenere il trattamento ordinario di integrazione salariale per un periodo, continuativo o meno, della durata massima di centoquattro settimane, corrispondenti a ventiquattro mesi. Tale previsione, di carattere generale ma straordinario, rimane in vigore fino al 31 dicembre 2010. In tal modo le imprese che, in ragione della crisi di mercato, abbiano difficoltà temporanee di mantenere invariati i livelli di occupazione e di produzione possono ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria in deroga alla legge 20 maggio 1975, n. 164.
      L'integrazione salariale ordinaria, in base alle disposizioni vigenti (articolo 6 della legge 20 maggio 1975, n. 164), può essere concessa per un periodo massimo di tre mesi consecutivi (con possibilità di
 

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proroghe trimestrali, fino a un massimo di dodici mesi, nei soli casi di riduzione di orario e non di sospensione del lavoro) o per un periodo massimo di dodici mesi non consecutivi in due anni.
      La deroga prevista dalla presente proposta di legge riguarda soltanto la durata del trattamento ordinario di integrazione salariale, che viene così prolungata, mentre rimangono invariati i presupposti e le procedure per la sua concessione. La disposizione proposta trova applicazione nei confronti non solo delle aziende che dovessero presentare una richiesta di cassa integrazione guadagni ordinaria successivamente all'entrata in vigore della legge, ma anche di quelle che alla data dell'entrata in vigore della legge avessero di fatto già completato o stessero per terminare il periodo di dodici mesi di cassa integrazione guadagni ordinaria previsto dalle disposizioni attualmente vigenti.
      Alle richieste di concessione della cassa integrazione guadagni ordinaria presentate a partire dal 1o gennaio 2011 torneranno ad applicarsi i limiti temporali previsti dalla legge 20 maggio 1975, n. 164, in attesa di una sua riforma.
      Il comma 1 prevede inoltre che, nei casi di più periodi non consecutivi di cassa integrazione guadagni, l'impresa interessata non deve superare le centoquattro settimane nell'arco di tre anni. Il triennio è il periodo di tempo preso in considerazione dalla disposizione per il conteggio delle centoquattro settimane, invece del biennio considerato attualmente dalla legge. Anche in questo caso la disposizione si applica, in deroga alla legge 20 maggio 1975, n. 164, sia alle imprese che hanno già ottenuto il riconoscimento del trattamento ordinario di integrazione salariale per periodi determinati, sia a quelle che lo richiederanno entro il 31 dicembre 2010.
      Il comma 2 stabilisce che per poter considerare trascorsa una settimana di integrazione salariale è necessario che in quella settimana l'orario di lavoro sia stato ridotto almeno del 10 per cento rispetto all'orario normale di lavoro, in ciò modificando la disciplina generalmente vigente per la cassa integrazione guadagni, che non richiede un limite minimo di riduzione dell'orario di lavoro per considerare trascorsa una settimana di integrazione salariale. Le riduzioni di ammontare inferiore sono cumulate tra loro ai fini del computo.
      Il comma 3 stabilisce che i periodi di integrazione salariale concessi, entro il 31 dicembre 2010, ai sensi dei precedenti commi non si computano ai fini dell'articolo 1, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223. Tale disposizione stabilisce che per ciascuna unità produttiva i trattamenti (ordinari e straordinari) di integrazione salariale non possono avere una durata complessiva superiore a trentasei mesi nell'arco di un quinquennio, indipendentemente dalle cause per le quali sono stati concessi.
      Il comma 4, infine, provvede alla copertura della spesa derivante dalla proroga della cassa integrazione guadagni ordinaria. Al relativo onere, per la parte rimanente dell'anno 2010, si provvede a carico del Fondo per l'occupazione, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, mentre per gli anni 2011, 2012 e 2013 si provvede mediante le risorse previste dalla legge di stabilità ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
      Si vuole sottolineare, a conclusione di quanto fin qui detto, che la copertura della spesa derivante dalla proroga della cassa integrazione guadagni ordinaria dovrebbe considerarsi meramente pleonastica, dal momento che i versamenti per tale cassa superano di gran lunga, e di miliardi di euro, le spese che la cassa sopporta. Ciononostante, la copertura si rende necessaria in quanto i contributi pagati dalle aziende per la cassa integrazione guadagni confluiscono nella Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti del bilancio dell'INPS, istituita dall'articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, a sua volta inserita all'interno del comparto riguardante la gestione dei lavoratori dipendenti ai sensi dell'articolo 21 della stessa legge. La legge prevede che gli eventuali utili di gestione presenti in tale fondo, che sono notevolissimi per quanto riguarda la cassa integrazione guadagni, possano essere impiegati per coprire voci di spesa di altra natura, con ciò potendo anche annullarsi il saldo attivo della cassa integrazione guadagni.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Fino al 31 dicembre 2010, il trattamento ordinario di integrazione salariale, di cui alla legge 20 maggio 1975, n. 164, può essere concesso per un periodo non superiore a centoquattro settimane consecutive, ovvero per più periodi non consecutivi la durata complessiva dei quali non può superare centoquattro settimane in un triennio.
      2. Ai fini del computo dei periodi massimi di godimento del trattamento ordinario di integrazione salariale, una settimana si considera trascorsa quando la riduzione di orario è stata almeno pari al 10 per cento dell'orario settimanale relativo ai lavoratori occupati nell'unità produttiva. Le riduzioni di ammontare inferiore si cumulano ai fini del computo dei predetti periodi massimi.
      3. Fino al 31 dicembre 2010, i periodi di integrazione salariale ordinaria concessi ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, in deroga all'articolo 6 della legge 20 maggio 1975, n. 164, non si computano ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223.
      4. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge si provvede:

          a) per l'anno 2010, a carico del Fondo per l'occupazione, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236;

          b) per gli anni 2011, 2012 e 2013, mediante le risorse previste dalla legge di stabilità ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.


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