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PDL 2888

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2888


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GOZI, FARINONE, GARAVINI, CASTAGNETTI

Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea

Presentata il 5 novembre 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - Dopo l'esito positivo del secondo referendum irlandese sulla ratifica del Trattato di Lisbona, reso esecutivo dall'Italia con la legge n. 130 del 2008, diventa sempre più probabile l'entrata in vigore del Trattato, probabilmente dal 1o gennaio 2010.
      In questo contesto assume una portata prioritaria e urgente la definizione delle modalità di applicazione delle disposizioni del Trattato aventi implicazioni per i Parlamenti nazionali.
      Il rafforzamento del ruolo dei Parlamenti nazionali è indubbiamente uno degli elementi più innovativi e significativi del processo di riforma istituzionale dell'Unione europea.
      Con il nuovo articolo 12 del Trattato sull'Unione europea, i Parlamenti nazionali sono menzionati per la prima volta nel testo dei trattati - e non più nei soli protocolli - entrando quindi a far parte a pieno titolo dell'architettura istituzionale e dello spazio politico europeo.
      Il nuovo ruolo dei Parlamenti nazionali si sostanzia, anzitutto, nell'esercizio di poteri di intervento diretto nel processo decisionale europeo, espressamente previsti dal Trattato di Lisbona e dai Protocolli ad esso allegati.
      Occorre poi considerare che il Trattato implica un più generale rafforzamento, in ciascun ordinamento nazionale, del ruolo di indirizzo e di controllo dei Parlamenti nei confronti dei rispettivi Governi.
      Questo processo, come indicato con chiarezza anche dalla sentenza della Corte costituzionale tedesca del 30 giugno 2009, si impone affinché si eviti un'erosione irreversibile delle proprie competenze ai
 

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legislatori nazionali dal momento che il Trattato di Lisbona ha rafforzato le competenze dell'Unione europea e la sua capacità di azione.
      La citata ratifica da parte dell'Italia del Trattato di Lisbona, alla luce della sua imminente entrata in vigore, richiede, dunque, una revisione della legge n. 11 del 2005, che regola attualmente i rapporti tra il Governo e le due Camere; non solo per riadattare talune definizioni e riferimenti al Trattato di Lisbona, ma anche per ridefinire e per rafforzare forme di coordinamento e di raccordo tra le Camere e l'esecutivo nei processi decisionali dell'Unione europea.
      Per quanto concerne l'attuazione dei nuovi poteri di intervento diretto dei Parlamenti nazionali nel processo decisionale dell'Unione europea, previsti dal Trattato di Lisbona, appare necessario un adeguamento del quadro legislativo interno almeno sotto i seguenti profili:

          1) rafforzare il dialogo e il confronto tra le Camere e il Governo ai fini di favorire il dibattito e di aumentare la consapevolezza sulla crescente importanza della politica europea;

          2) migliorare la partecipazione diretta delle Camere al dialogo politico con le istituzioni comunitarie e favorire l'attuazione delle disposizioni del Trattato sulla «vita democratica dell'Unione»;

          3) stabilire che il Governo fornisca alle Camere informazioni e valutazioni specifiche per un esercizio tempestivo e adeguato dei propri poteri, in particolare ai fini del controllo di sussidiarietà;

          4) prevedere che il Parlamento autorizzi il Governo ad acconsentire all'uso di quegli strumenti (revisioni semplificate, cosiddette «clausole passerella»), dai quali può derivare un'estensione delle competenze dell'Unione europea e una modifica di quanto previsto dai trattati;

          5) introdurre specifiche procedure per il coinvolgimento delle Camere in passaggi di particolare importanza, quale la presentazione dei programmi nazionali di riforma per la Strategia di Lisbona e del programma di stabilità;

          6) migliorare la qualità e assicurare la tempestività dell'attuazione della normativa dell'Unione europea in Italia, alla luce della possibilità, prevista dal Trattato, di una rapida e perfino diretta condanna degli Stati inadempienti al pagamento di un'ammenda pecuniaria.

      Nell'attuare questi obiettivi occorre evitare un approccio minimalista, ristretto all'attuazione delle specifiche norme del Trattato di Lisbona, e cogliere piuttosto l'occasione per un radicale riassetto degli strumenti di partecipazione delle Camere alla formazione e all'attuazione delle politiche dell'Unione europea.
      Non va trascurato, infatti, che un maggiore protagonismo dei Parlamenti nella definizione della posizione nazionale nel momento di formazione del diritto dell'Unione europea migliora la capacità complessiva dei Paesi di partecipare al processo di integrazione europea; un dato, questo, già acquisito e consolidato nell'esperienza di numerosi Stati membri dell'Unione europea, pur aventi diverse tradizioni politiche e giuridiche e dimensioni, quali i Paesi scandinavi, il Regno Unito, l'Austria, i Paesi bassi, gran parte dei nuovi Stati membri e, da qualche anno, la Germania.
      Infatti, legando la fase di formazione delle decisioni dell'Unione europea a quella del loro recepimento o della loro attuazione nell'ordinamento interno si crea un circuito virtuoso che, per un verso, assicura, migliori e più consapevoli rappresentazione e tutela dell'interesse nazionale, e che per un verso, rimuove alla radice gli ostacoli a un pieno e tempestivo adeguamento alla normativa dell'Unione europea una volta adottata.
      L'attuazione del Trattato di Lisbona deve dunque contribuire a far superare quella prassi negativa che fino ad ora ha caratterizzato l'azione italiana e che viene esplicitata efficacemente da L. Gianniti («Ruolo dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea», in occasione del

 

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Convegno organizzato dalla LUISS, Centro studi sul Parlamento, Roma, 25 giugno 2009), laddove afferma che il Trattato di Lisbona «potrebbe spingere il Parlamento a piegarsi al duro compito di contribuire alla costruzione del diritto europeo (...) senza dare inizialmente carta bianca al Governo nei negoziati che segnano la fase ascendente, salvo poi svegliarsi e inutilmente al momento del recepimento o, peggio ancora, nella risposta da dare (necessariamente a rime obbligate) a procedure di infrazione».
      Il superamento di tale prassi corrisponde, quindi, a un preciso interesse nazionale e mira, altresì, a rafforzare il peso, la credibilità e l'influenza dei rappresentanti del nostro Paese nelle sedi negoziali dell'Unione europea.
      Seguendo questo approccio - che lega l'attuazione dei poteri di intervento diretto delle Camere al rafforzamento del loro raccordo con il Governo - è inoltre possibile conseguire un ulteriore risultato: stemperare il rischio di un'interpretazione dei nuovi poteri in senso meramente antagonista od oppositivo verso le istituzioni dell'Unione europea.
      Esemplare in questo senso è il meccanismo per il controllo da parte di ogni Parlamento nazionale circa il rispetto del principio di sussidiarietà: se correttamente applicato tale strumento, anziché tradursi in un potenziale ostacolo all'iniziativa legislativa delle istituzioni dell'Unione europea, non solo indurrà i Governi a essere più attenti agli indirizzi dei rispettivi Parlamenti nella formazione della posizione nazionale nella fase ascendente, ma potrà risolversi anche in un rafforzamento del dialogo politico con la stessa Commissione europea; quest'ultima potrà, infatti, utilizzare i rilievi e le osservazioni espressi fin dal momento di formazione dell'iniziativa e rendere più agevole il suo successivo iter, in vista di un più efficace e semplice recepimento.

Contenuto e struttura della proposta di legge.

      In coerenza con l'approccio richiamato, la presente proposta di legge si prefigge il compito di innovare profondamente le disposizioni vigenti in materia, di cui alla legge n. 11 del 2005, con riguardo sia alla disciplina del processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea sia all'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
      In considerazione della complessità e dell'articolazione degli interventi prospettati, la proposta di legge mira alla sostituzione integrale della legge n. 11 del 2005 anziché alla sua semplice novella.
      In particolare la presente proposta di legge, oltre agli adeguamenti nei riferimenti alle disposizioni e agli istituti del Trattato di Lisbona, determina, rispetto alla disciplina vigente, le seguenti innovazioni:

          1) finalità (articolo 1). Viene eliminata la specifica finalità di adempiere mediante il recepimento delle decisioni-quadro, adottate nell'ambito della cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale (lettera c) del comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 11 del 2005). La modifica si rende necessaria in vista della nuova architettura costituzionale disegnata dal Trattato di Lisbona, in quanto la soppressione dell'attuale struttura per pilastri dell'ordinamento europeo, con particolare riguardo al cosiddetto «terzo pilastro» che attiene allo «spazio di libertà, sicurezza e giustizia», comporterà un ampliamento delle materie oggetto di procedura legislativa ordinaria di codecisione del Parlamento europeo, ricomprendendo in essa proprio la cooperazione giudiziaria civile e penale, e tale rafforzamento dell'intervento comunitario comporterà, inevitabilmente, l'eliminazione dello strumento delle decisioni-quadro in materia giudiziaria civile e penale;

          2) comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea (articolo 2). Tale organo viene istituito e viene potenziato, rispetto a quello previsto dalla legge n. 11 del 2005, non solo nelle sue funzioni ma anche nel suo organico, con un aumento da venti a cento unità del suo contingente massimo. Si precisa, infatti, che - in

 

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aggiunta alle venti unità attuali - il Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea (CIAUE) può avvalersi di un ulteriore contingente massimo di ottanta unità. Entro tale contingente complessivo possono essere assegnati al CIAUE dipendenti pubblici, anche in posizione di aspettativa, comando, fuori ruolo o in altre analoghe posizioni previste dai rispettivi ordinamenti, nonché, nel limite del 25 per cento del predetto contingente complessivo, collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, non reperibili con il ricorso al personale in servizio desumibili da specifici attestati culturali e professionali, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. Per accrescere il ruolo del CIAUE si precisa che esso concordi le linee politiche del Governo ai fini della formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell'Unione europea nonché del puntuale adempimento dei compiti previsti dalla legge e che si riunisca almeno una volta al mese. Infine, per garantire l'effettività dell'attività del Comitato, si stabilisce che tra i suoi membri vi sia anche il rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea ovvero il rappresentante permanente aggiunto. Trattasi di una proposta basata sulle migliori esperienze europee e, in particolare, su quella francese;

          3) rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea (articolo 3). Al fine di rafforzare il ruolo di coordinamento generale dei rapporti dell'Italia con le istituzioni dell'Unione europea, soprattutto nei negoziati in seno al Consiglio dell'Unione europea, la rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea è posta alle dipendenze funzionali e sotto la direzione del Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, del Ministro per le politiche europee. La rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea coopera con il CIAUE;

          4) partecipazione del Parlamento al processo di formazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea (articolo 4). In base alla disciplina vigente di cui all'articolo 3 della legge n. 11 del 2005, il Governo già trasmette alle Camere gli atti e i progetti di atti che esso riceve dalle istituzioni dell'Unione europea (circa 5.600 atti l'anno). Tuttavia tale trasmissione è di difficile gestione per le Camere in assenza di una segnalazione e di una valutazione da parte del Governo dei profili di reale interesse per l'Italia. Viene perciò introdotta l'innovazione dell'obbligatoria «segnalazione motivata» da parte del Governo sugli atti di particolare rilevanza trasmessi.
      In aggiunta alla mera trasmissione dei documenti dell'Unione europea, si dispone, inoltre, che entro quindici giorni dalla trasmissione di un progetto di atto legislativo dell'Unione europea, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee presenta alle Camere una relazione su ciascuna proposta legislativa che dia conto del fondamento della competenza dell'Unione europea, del rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità, dello stato o delle prospettive dei negoziati, delle eventuali osservazioni espresse da soggetti già consultati nonché dell'impatto sull'ordinamento, sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull'attività dei cittadini e delle imprese. La suddetta relazione può essere altresì richiesta da ciascuna Camera per il tramite del Presidente del Consiglio dei ministri ovvero del Ministro per le politiche europee anche su altri atti o progetti trasmessi ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 4.
      Oltre all'informazione all'atto della trasmissione dei progetti di atti dell'Unione europea, si prevede un flusso continuo di informazioni nel corso di tutto il processo decisionale dell'Unione europea, con particolare riferimento all'andamento dei negoziati in seno al Consiglio dell'Unione europea.
      L'intero articolo è di particolare rilevanza perché è volto a qualificare i contenuti dei flussi informativi da parte del Governo al Parlamento;

          5) riserva di esame parlamentare (articolo 5). Si intende qui rinnovare un istituto

 

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già contemplato nella legge n. 11 del 2005 e fino ad oggi quasi mai utilizzato. Si stabilisce, a tale fine, che la riserva non sia apposta automaticamente per il solo effetto dell'avvio dell'esame parlamentare di un progetto di atto dell'Unione europea, ma su richiesta delle Camere che dovranno quindi valutare, in ragione dell'importanza della materia, se imporre al Governo di sospendere ogni presa di posizione in seno al Consiglio dell'Unione europea. Tale previsione va nella direzione prospettata dal parere della Giunta per il Regolamento della Camera dei deputati dello scorso 6 ottobre, che prevede espressamente che, ai fini dell'apposizione della riserva, la Commissione parlamentare di merito chieda al Presidente della Camera dei deputati, all'atto dell'effettivo avvio dell'esame (e non in base alla semplice iscrizione all'ordine del giorno della Commissione), di darne comunicazione al Governo;

          6) attuazione degli atti di indirizzo delle Camere (articolo 6). La previsione qui introdotta costituisce una profonda innovazione rispetto all'impianto della legge n. 11 del 2005, che pone il Parlamento italiano in una posizione comparabile a quella dei principali ordinamenti degli altri Stati membri dell'Unione europea. Tale disposizione, peraltro, è sostanzialmente riprodotta nel testo del disegno di legge comunitaria 2009 approvato dalla Camera dei deputati e attualmente in corso di esame al Senato della Repubblica (atto Senato n. 1782). In primo luogo si codifica l'obbligo costituzionale del Governo di assicurare che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'Unione europea sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere su ogni atto e questione relativi all'Unione europea. Al fine di garantire il controllo sull'effettiva applicazione della norma, si stabilisce l'obbligo per il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero per il Ministro per le politiche europee di riferire regolarmente alle Camere del seguito dato ai suddetti indirizzi. Nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarvisi, il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero il Ministro per le politiche europee riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta;

          7) programma nazionale di riforma (articolo 7). In considerazione della particolare importanza dell'attuazione in Italia della Strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione si dispone che il Presidente dei Consiglio dei ministri ovvero il Ministro per le politiche europee assicuri le tempestive consultazione e informazione delle Camere nella predisposizione dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione della citata Strategia nonché delle relazioni annuali di attuazione. Il progetto di programma nazionale di riforma è trasmesso, prima della sua presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari, che possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo secondo le disposizioni contenute nei rispettivi Regolamenti parlamentari. Anche questa disposizione è già contenuta nel citato atto Senato n. 1781;

          8) programma di stabilità (articolo 8). Tenuto conto dell'importanza del programma di stabilità - che disegna la cornice vincolante di finanza pubblica entro la quale deve muoversi l'azione di Governo e Parlamento - si prevede l'obbligo per il Ministro dell'economia e delle finanze di trasmettere alle Camere, prima della presentazione al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, il programma di stabilità di cui all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, nonché i relativi aggiornamenti. I competenti organi parlamentari possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo in merito al programma di stabilità secondo le disposizioni contenute nei rispettivi Regolamenti parlamentari. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce tempestivamente ai competenti organi parlamentari dell'esito dell'esame del programma da parte del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea;

 

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          9) procedura di revisione semplificata del Trattato che istituisce la Comunità europea (articolo 9). L'attivazione della cosiddetta «clausola passerella» ha effetti rilevanti per i Parlamenti nazionali, determinando il passaggio di nuove materie alla maggioranza qualificata e alla procedura legislativa ordinaria. A tale scopo il Trattato di Lisbona già prevede il veto dei Parlamenti nazionali sulle decisioni assunte al riguardo. Appare tuttavia opportuno, alla luce di quanto disposto in altri ordinamenti e in particolare in quello tedesco dopo la citata sentenza della Corte costituzionale del 30 gennaio 2009, prevedere anche un meccanismo di intervento preventivo, stabilendo che il Governo trasmetta alle Camere una tempestiva informazione sulle iniziative assunte dal Consiglio europeo per l'attivazione della «clausola passerella». Se entro trenta giorni dalla trasmissione delle informazioni le Camere approvano atti di indirizzo in merito, il Governo assicura che il voto dell'Italia in sede di Consiglio europeo sia coerente con gli indirizzi stabiliti dalle Camere;

          10) partecipazione delle regioni e degli enti locali alla formazione della normativa dell'Unione europea (articoli 10, 11 e 12). Gli articoli 10 e 12 riproducono, rispettivamente, con alcuni adeguamenti, gli articoli 5 e 6 della legge n. 11 del 2005. L'articolo 11 traspone nella sede legislativa appropriata quanto disposto dall'articolo 5 della legge n. 131 del 2003 (soppressione dell'articolo in esame contenuto nella cosiddetta «legge La Loggia», per inserirlo nella legge specifica in materia comunitaria). La disposizione concerne l'attuazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione in materia comunitaria e, nel dare attuazione alla riforma del titolo V della parte seconda della stessa Costituzione, prevede un rafforzamento della partecipazione alle attività del Consiglio dell'Unione europea e dei gruppi di lavoro e dei comitati dello stesso Consiglio e della Commissione europea dei presidenti delle regioni e delle province autonome nelle delegazioni del Governo. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono quindi direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti comunitari. La loro partecipazione avviene secondo modalità da concordare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni», che tengano conto della particolarità delle autonomie speciali e, comunque, tali da garantire l'unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del capo delegazione designato dal Governo. Nelle delegazioni del Governo deve essere prevista la partecipazione di almeno un rappresentante delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Nelle materie che spettano alle regioni ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, il capo delegazione, che può essere anche un presidente di giunta regionale o di provincia autonoma, è designato dal Governo sulla base di criteri e di procedure determinati con un accordo generale di cooperazione tra Governo, regioni a statuto ordinario e a statuto speciale stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni. In attesa o in mancanza di tale accordo, il capo delegazione è designato dal Governo. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo può proporre ricorso davanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi anche su richiesta di una delle regioni o delle province autonome. Il Governo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto dalla Conferenza Stato-regioni a maggioranza assoluta dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome;

          11) nomina dei componenti italiani di istituzioni e di organi dell'Unione europea (articolo 13). In analogia a quanto previsto in altri ordinamenti, si stabilisce che le Camere si esprimano, ai fini della nomina dei componenti italiani di istituzioni e di

 

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organi dell'Unione europea, sulle proposte o sulle designazioni operate dal Governo. Il parere è previsto per tutti i casi in cui il Trattato di Lisbona preveda che la nomina sia effettuata sulla base di designazioni, proposte o accordi tra i Governi nazionali e riguarda, pertanto, i componenti italiani della Commissione europea, i giudici e gli avvocati generali italiani della Corte di giustizia delle Comunità europee e i giudici del Tribunale di primo grado, i membri italiani della Corte dei conti europea e i componenti del Consiglio di amministrazione della Banca europea per gli investimenti. Non si prevede, invece, il parere sulla nomina dei membri del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale, posto che nella procedura di designazione si tiene conto, secondo procedure specifiche, delle indicazioni, rispettivamente, delle regioni e degli enti locali e delle parti sociali;

          12) nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni (articolo 14). L'articolo 14 modifica la procedura e i criteri per la nomina dei componenti italiani del Comitato delle regioni tenuto conto che - a fronte dell'attuale attribuzione di ventiquattro membri all'Italia di cui all'articolo 263 del Trattato istitutivo dalla Comunità europea - il Trattato di Lisbona demanda al Consiglio dell'Unione europea la determinazione del numero di componenti spettante a ciascuno Stato. Ciò rende inapplicabili i criteri di ripartizione tra le autonomie regionali e locali previsti dall'articolo 6-bis vigente della legge n. 11 del 2005. Pertanto si demanda la ripartizione a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, secondo criteri che assicurano la rappresentanza delle assemblee legislative regionali;

          13) legge europea (articolo 16). L'unica modifica dell'articolo in esame rispetto all'articolo 8 vigente della legge n. 11 del 2005 è volta a ridenominare la legge comunitaria quale «legge europea», al fine di utilizzare una terminologia maggiormente conforme al Trattato di Lisbona;

          14) contenuti della legge europea (articolo 17). La prassi applicativa ha dimostrato che il «contenuto proprio della legge comunitaria», quale parametro fondamentale ai fini dell'ammissibilità degli emendamenti alla legge comunitaria, ha finito per portare a un'indebita inclusione, nelle leggi comunitarie, di disposizioni non direttamente intese all'attuazione di obblighi comunitari. L'articolo in esame è quindi volto a eliminare dal contenuto proprio della legge europea, quale definito dall'articolo 9 della legge n. 11 del 2005, le disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti in contrasto con gli obblighi dell'Unione europea, ferma restando la possibilità di includere tali modifiche qualora siano conseguenza di sentenze di organi giurisdizionali dell'Unione europea o di procedure di infrazione; si tratta, quindi, di non inserire nel contenuto proprio della legge europea tutte quelle norme modificative e correttive della legislazione nazionale che, seppur giustificate da un intento legislativo migliorativo, dovrebbero invece trovare una più corretta collocazione in provvedimenti diversi dalla legge europea in quanto non oggetto di adeguamento obbligatorio alla normativa dell'Unione europea;

          15) misure urgenti per l'adeguamento a obblighi dell'Unione europea derivanti dall'apertura di procedure d'infrazione o di sentenze degli organi giurisdizionali dell'Unione europea (articolo 18). L'articolo 10 della legge n. 11 del 2005 viene riformulato al fine di precisare che - al di fuori della legge europea con la quale si continua a garantire il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea - l'adozione di provvedimenti, anche urgenti, possa avvenire solo e unicamente se dettati dalla necessità di fare fronte a obblighi statali di adeguamento improrogabili, quali quelli derivanti dall'apertura di una procedura d'infrazione ovvero da una sentenza degli organi giurisdizionali dell'Unione europea, e solo qualora la scadenza di tali obblighi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge europea relativa all'anno in corso. Pertanto, lo strumento ordinario per il periodico adeguamento all'ordinamento

 

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dell'Unione europea resta la legge europea; tuttavia, il Governo conserva la possibilità di poter agire anche al di fuori di questa cornice, ma solo nell'ipotesi di obblighi di adeguamento particolarmente stringenti e la cui scadenza non è posticipabile alla data di entrata in vigore della successiva legge europea. Si vuole così, da un lato, evitare che il vigente articolo 10 della legge n. 11 del 2005 possa consentire uno svuotamento di fatto della legge europea annuale, a causa di una tendenza, ormai in via di affermazione nella prassi, in favore della sistematica presentazione di più provvedimenti nel corso dell'anno, nei quali, talvolta senza alcuna urgenza o necessità, si anticipa, e nello stesso tempo si frammenta, l'adeguamento dell'ordinamento nazionale a quello dell'Unione europea, attraverso l'inserimento di disposizioni che potrebbero essere ordinariamente recepite con la legge europea annuale e, da un altro lato, si vuole garantire, attraverso la possibilità riconosciuta al Governo di adottare provvedimenti anche urgenti, di fare fronte alle norme dell'articolo 228 del Trattato istitutivo della Comunità europea che prevedono una procedura che conduce alla sentenza di condanna della Corte di giustizia delle Comunità europee in tempi assai più rapidi; la modifica apportata permetterà al Governo un intervento legislativo maggiormente tempestivo e tale da fronteggiare in maniera efficace gli esiti sanzionatori delle procedure d'infrazione;

          16) relazioni annuali al Parlamento (articolo 25). Riprendendo il testo dell'articolo 15 della legge n. 11 del 2005 e le modifiche ad esso apportate dal citato atto Senato n. 1781, si perviene allo sdoppiamento della relazione del Governo alle Camere: le relazioni che il Governo trasmette alle Camere sono due ogni anno, non una come stabiliva la legge n. 11 del 2005, una programmatica sugli orientamenti e sulla priorità e l'altra di rendiconto.
      La prima relazione deve essere presentata entro il 31 dicembre di ogni anno e indica: gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire nell'anno successivo con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'Unione europea, tenendo anche conto delle indicazioni contenute nel programma legislativo e di lavoro annuale della Commissione europea e negli altri strumenti di programmazione legislativa e politica delle istituzioni dell'Unione europea. Nell'ambito degli orientamenti e delle priorità particolare e specifico rilievo è attribuito alle prospettive e alle iniziative relative alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne dell'Unione europea; gli orientamenti che il Governo ha assunto o che intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi dell'Unione europea, a documenti di consultazione ovvero ad atti preordinati alla loro formazione, già presentati o la cui presentazione è prevista per l'anno successivo nel programma legislativo e di lavoro della Commissione europea; le strategie di comunicazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.
      La seconda relazione deve essere presentata entro il 31 gennaio di ogni anno e riguarda i seguenti temi: gli sviluppi del processo di integrazione europea registrati nell'anno di riferimento, con particolare riguardo alle attività del Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea, alle questioni istituzionali, alla politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea nonché alle relazioni esterne dell'Unione europea, alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni e agli orientamenti generali delle politiche dell'Unione europea; la partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario con l'esposizione dei princìpi e delle linee caratterizzanti la politica italiana nei lavori preparatori e nelle fasi negoziali svolti in vista dell'emanazione degli atti normativi dell'Unione europea; l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, con riferimento anche alle relazioni della Corte dei conti europea per ciò che concerne l'Italia; il seguito dato e le iniziative

 

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assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere, nonché le osservazioni della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, della Conferenza Stato-regioni e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome;

          17) informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia (articolo 26). Anche in questo caso si riproduce il testo dell'articolo 15-bis della legge n. 11 del 2005 riportando le modifiche ad esso apportate dal citato atto Senato n. 1781. Rispetto alla disciplina vigente vengono in particolare ridotti da sei a tre mesi i tempi previsti per l'informativa al Parlamento sullo stato delle procedure d'infrazione alle quali è sottoposta l'Italia; nel caso delle procedure d'infrazione per mancata attuazione di precedenti sentenze, da cui possono discendere condanne pecuniarie, le informazioni sono trasmesse ogni mese. Nei casi di particolare rilievo o urgenza o su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette tempestivamente alle Camere, in relazione a specifici atti o procedure, non solo informazioni, come previsto attualmente, ma anche documenti sulle attività e sugli orientamenti che il Governo intende assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento. Si intende in tal modo porre il Parlamento nelle condizioni di prevenire o di risolvere, in una fase precoce, il contenzioso aperto in sede di Unione europea;

          18) ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee (articolo 34). Tale disposizione è volta ad allineare il nostro ordinamento alle nuove disposizioni del Trattato di Lisbona, prevedendo che qualora una delle Camere deliberi la necessità di presentare un ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee per violazione del principio di sussidiarietà, il Governo provvede alla presentazione del medesimo ricorso e assicura il pieno coinvolgimento delle Camere in tutte le fasi e gli atti del giudizio.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge disciplina il processo di formazione della posizione italiana nella fase di predisposizione degli atti dell'Unione europea e garantisce l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, di proporzionalità, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.
      2. Gli obblighi di cui al comma 1 conseguono:

          a) all'emanazione di ogni atto dell'Unione europea che vincoli la Repubblica italiana ad adottare provvedimenti di attuazione;

          b) all'accertamento giurisdizionale, con sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, dell'incompatibilità di norme legislative e regolamentari dell'ordinamento giuridico nazionale con le disposizioni dell'ordinamento dell'Unione europea.

Art. 2.
(Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea).

      1. È istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea (CIAUE), che è convocato e presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee. Al CIAUE partecipano il Ministro degli affari esteri, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all'ordine

 

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del giorno nonché il rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea ovvero il rappresentante permanente aggiunto. Il CIAUE si riunisce almeno una volta al mese.
      2. Alle riunioni del CIAUE, quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono chiedere di partecipare il presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome o un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato e, per gli ambiti di competenza degli enti locali, i presidenti delle associazioni rappresentative degli enti locali.
      3. Il CIAUE concorda le linee politiche del Governo ai fini della formazione della posizione italiana nella predisposizione degli atti dell'Unione europea nonché del puntuale adempimento dei compiti di cui alla presente legge.
      4. Il CIAUE svolge i propri compiti nel rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei ministri e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      5. Per la preparazione delle proprie riunioni, il CIAUE si avvale di un comitato tecnico permanente istituito presso il Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri, coordinato e presieduto dal Ministro per le politiche europee o da un suo delegato. Di tale comitato tecnico fanno parte direttori generali o alti funzionari con qualificata specializzazione in materia, designati da ciascuna delle amministrazioni del Governo e dalle Camere. Quando si trattano questioni che interessano anche le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il comitato tecnico, integrato dagli assessori regionali competenti per le materie in trattazione o da loro delegati, è convocato e presieduto dal Ministro per le politiche europee, in accordo con il Ministro per i rapporti con le regioni, presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
 

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di Trento e di Bolzano. Il comitato tecnico permanente si riunisce almeno una volta alla settimana. Il funzionamento del CIAUE e del comitato tecnico permanente sono disciplinati, rispettivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e con decreto del Ministro per le politiche europee.
      6. Al fine di potenziare la partecipazione del Governo italiano alla fase di formazione degli atti normativi dell'Unione europea, fermo restando quanto previsto dal comma 4-bis dell'articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, il CIAUE può avvalersi di un ulteriore contingente massimo di ottanta unità. Entro tale contingente complessivo possono essere assegnati al CIAUE dipendenti pubblici, anche in posizione di aspettativa, comando, fuori ruolo o in altre analoghe posizioni previste dai rispettivi ordinamenti, nonché, nel limite del 25 per cento del predetto contingente complessivo, collaboratori assunti con contratto a tempo determinato ed esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, non reperibili con il ricorso al personale in servizio desumibili da specifici attestati culturali e professionali, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
      7. All'attuazione del comma 5 si provvede, per quanto concerne l'utilizzo del personale comandato, in aspettativa, fuori ruolo o in un'altra analoga posizione, nel limite di spesa di 600.000 euro annui a decorrere dall'anno 2010 e, per quanto concerne il personale con contratto a tempo determinato, con contratto di collaborazione o in qualità di esperto o di consulente, nel limite di spesa di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2010.
      8. Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa complessiva di 1,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 39-ter, comma 2, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.
 

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Art. 3.
(Rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea).

      1. La rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea è posta alle dipendenze funzionali e sotto la direzione del Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, del Ministro per le politiche europee. Restano ferme le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.
      2. La rappresentanza permanente dell'Italia presso l'Unione europea coopera con il CIAUE ai fini dell'esercizio dei compiti di cui all'articolo 2.

Art. 4.
(Partecipazione del Parlamento al processo di formazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea).

      1. I progetti di atti dell'Unione europea, nonché gli atti preordinati alla formulazione degli stessi e le loro modificazioni, sono trasmessi alle Camere dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, per l'assegnazione ai competenti organi parlamentari, con l'indicazione della data presunta per la loro discussione o adozione, nonché con la segnalazione motivata sugli atti ritenuti di particolare rilevanza.
      2. Tra i progetti e gli atti di cui al comma 1 sono compresi i documenti di consultazione, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione europea.
      3. Entro quindici giorni dalla trasmissione, ai sensi del comma 1, di un progetto di atto legislativo dell'Unione europea, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee presenta alle Camere una relazione sulla proposta che dia conto del fondamento della competenza dell'Unione europea, del rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità, dello stato o delle prospettive dei

 

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negoziati, delle eventuali osservazioni espresse da soggetti già consultati nonché dell'impatto sull'ordinamento, sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull'attività dei cittadini e delle imprese.
      4. Ciascuna Camera può chiedere al Governo, per il tramite del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee, la relazione di cui al comma 3, anche su altri atti o progetti di atti trasmessi ai sensi del comma 1.
      5. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee o il Ministro di volta in volta competente informa tempestivamente i competenti organi parlamentari:

          a) sull'andamento dell'esame presso le istituzioni dell'Unione europea dei progetti di atti trasmessi ai sensi del comma 1, con particolare riferimento ai negoziati in seno al Consiglio dell'Unione europea;

          b) sugli sviluppi dell'esame dei progetti di atti normativi trasmessi ai sensi del comma 1 in seno al Consiglio dell'Unione europea, anche con riferimento alle riunioni del Comitato dei rappresentanti permanenti di cui all'articolo 207 del Trattato che istituisce la Comunità europea;

          c) sulle posizioni assunte dal Governo nell'ambito di consultazioni pubbliche avviate dalla Commissione europea;

          d) sulle altre iniziative o osservazioni indirizzate formalmente dal Governo alle istituzioni dell'Unione europea nonché sulle iniziative degli altri Stati membri di cui il Governo abbia formale conoscenza.

      6. Il Governo, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, riferisce alle Camere, illustrando la posizione che intende assumere e, su loro richiesta, riferisce ai competenti organi parlamentari prima delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea.
      7. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce ogni mese alle Camere illustrando i temi di maggiore interesse decisi o in discussione nell'ambito dell'Unione europea e informa i competenti organi parlamentari

 

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sulle risultanze delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.
      8. Sui progetti e sugli atti di cui ai commi 1 e 2 i competenti organi parlamentari possono formulare osservazioni e adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo, secondo le disposizioni dei Regolamenti delle Camere.
      9. Ai fini del presente articolo, per progetto di atto legislativo si intende la proposta della Commissione europea, l'iniziativa di un gruppo di Stati membri dell'Unione europea, l'iniziativa del Parlamento europeo, la richiesta della Corte di giustizia della Comunità europee, la raccomandazione della Banca centrale europea e la richiesta della Banca europea per gli investimenti, intese all'adozione di un atto legislativo nei casi previsti dal Trattato sull'Unione europea e dal Trattato che istituisce la Comunità europea.

Art. 5.
(Riserva di esame parlamentare).

      1. Le Camere, qualora abbiano iniziato l'esame di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4, possono chiedere al Governo di apporre in sede di Consiglio dell'Unione europea la riserva di esame parlamentare. In tale caso il Governo può procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti dell'Unione europea soltanto a conclusione di tale esame, e comunque decorso il termine di cui al comma 3 del presente articolo.
      2. In casi di particolare importanza politica, economica e sociale di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4, il Governo può apporre, in sede di Consiglio dell'Unione europea, una riserva di esame parlamentare sul testo o su una o più parti di esso. In tale caso il Governo invia alle Camere il testo sottoposto alla decisione affinché su di esso si esprimano i competenti organi parlamentari.

 

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      3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica alle Camere di aver apposto una riserva di esame parlamentare in sede di Consiglio dell'Unione europea. Decorso il termine di venti giorni dalla predetta comunicazione, il Governo può procedere anche in mancanza della pronuncia parlamentare alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.

Art. 6.
(Attuazione degli atti di indirizzo delle Camere).

      1. Il Governo assicura che la posizione rappresentata dall'Italia in sede di Consiglio dell'Unione europea ovvero nelle relazioni con altre istituzioni od organi dell'Unione europea sia coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere in esito all'esame di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4 nonché su ogni altro atto e questione relativi all'Unione europea.
      2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce regolarmente alle Camere del seguito dato agli indirizzi di cui al comma 1. Nel caso in cui il Governo non abbia potuto conformarsi agli indirizzi di cui al citato comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta.
      3. Ogni sei mesi il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette alle Camere una relazione sugli indirizzi di cui al comma 2.

Art. 7.
(Programma nazionale di riforma).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee assicura le tempestive consultazione e

 

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informazione delle Camere nella predisposizione dei programmi nazionali di riforma per l'attuazione in Italia della Strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione nonché delle relazioni annuali di attuazione.
      2. Il progetto di programma nazionale di riforma è trasmesso, prima della sua presentazione alla Commissione europea, ai competenti organi parlamentari, che possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo secondo le disposizioni contenute nei rispettivi Regolamenti parlamentari.

Art. 8.
(Programma di stabilità).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette alle Camere, prima della presentazione al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, il programma di stabilità di cui all'articolo 3 del Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, e successive modificazioni, nonché i relativi aggiornamenti.
      2. I competenti organi parlamentari possono formulare osservazioni o adottare atti di indirizzo in merito al programma di stabilità di cui al comma 1 secondo le disposizioni contenute nei rispettivi Regolamenti parlamentari.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce tempestivamente ai competenti organi parlamentari dell'esito dell'esame del programma di stabilità di cui al comma 1 da parte del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea.

Art. 9.
(Procedura di revisione semplificata del Trattato che istituisce la Comunità europea).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette alle Camere una tempestiva informazione sulle iniziative assunte dal Consiglio europeo ai fini della procedura

 

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di revisione semplificata adottate ai sensi degli articoli IV-444 e IV-445 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto a Roma il 29 ottobre 2004, reso esecutivo dalla legge 7 aprile 2005, n. 57.
      2. Se entro trenta giorni dalla trasmissione delle informazioni di cui al comma 1 le Camere approvano atti di indirizzo in merito alle iniziative adottate ai sensi degli articoli IV-444 e IV-445 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto a Roma il 29 ottobre 2004, reso esecutivo dalla legge 7 aprile 2005, n. 57, il Governo assicura che il voto dell'Italia in sede di Consiglio europeo sia coerente con gli indirizzi stabiliti dalle Camere.

Art. 10.
(Partecipazione delle regioni e delle province autonome alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea).

      1. I progetti e gli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4 sono trasmessi dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro per le politiche europee, contestualmente alla loro ricezione, alla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, ai fini dell'inoltro alle giunte e ai consigli regionali e delle province autonome, indicando la data presunta per la loro discussione o adozione.
      2. Con le modalità di cui al comma 1, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie assicura alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano un'informazione qualificata e tempestiva sui progetti e sugli atti trasmessi che rientrano nelle materie di competenza delle medesime regioni e province autonome, curandone il costante aggiornamento.
      3. Ai fini della formazione della posizione italiana, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle

 

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materie di loro competenza, entro trenta giorni dalla data del ricevimento degli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4, possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro per le politiche europee, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome o della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.
      4. Qualora un progetto di atto normativo dell'Unione europea riguardi una materia attribuita alla competenza legislativa delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano e una o più regioni o province autonome ne facciano richiesta, il Governo convoca la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini del raggiungimento dell'intesa ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine, ovvero nei casi di urgenza motivata sopravvenuta, il Governo può procedere anche in mancanza dell'intesa.
      5. Nei casi di cui al comma 4, qualora lo richieda la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo appone una riserva di esame in sede di Consiglio dell'Unione europea. In tale caso il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di aver apposto una riserva di esame in sede di Consiglio dell'Unione europea. Decorso il termine di trenta giorni dalla predetta comunicazione, il Governo può procedere anche in mancanza della pronuncia della predetta Conferenza alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.
      6. Fatto salvo il caso di cui al comma 4, qualora le osservazioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano non siano pervenute al Governo entro la data indicata all'atto di trasmissione dei progetti, il Governo può comunque
 

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procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.
      7. Nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, nell'esercizio delle competenze di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, convoca ai singoli tavoli di coordinamento nazionali i rappresentanti delle regioni e delle province autonome, individuati in base a criteri da stabilire in sede di Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, ai fini della successiva definizione della posizione italiana da sostenere, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e con i Ministeri competenti per materia, in sede di Unione europea.
      8. Dall'attuazione del comma 7 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      9. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa tempestivamente le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, delle proposte e delle materie di competenza delle medesime regioni e province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea.
      10. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, prima dello svolgimento delle riunioni del Consiglio europeo, riferisce alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in sessione europea, sulle proposte e sulle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano che risultano inserite all'ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assumere. Il Governo riferisce altresì, su richiesta della predetta Conferenza, prima
 

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delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea, alla Conferenza stessa, in sessione europea, sulle proposte e sulle materie di competenza delle regioni e delle province autonome che risultano inserite all'ordine del giorno, illustrando la posizione che il Governo intende assumere.
      11. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, delle risultanze delle riunioni del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo con riferimento alle materie di loro competenza, entro quindici giorni dallo svolgimento delle stesse.

Art. 11.
(Attuazione dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, sulla partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia europea).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla formazione degli atti dell'Unione europea, partecipando, nell'ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio dell'Unione europea e dei gruppi di lavoro e dei comitati del medesimo Consiglio e della Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che tengano conto della particolarità delle autonomie speciali e, comunque, garantendo l'unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte del capo delegazione designato dal Governo. Nelle delegazioni del Governo deve essere prevista la partecipazione di almeno un rappresentante delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Nelle materie che spettano alle regioni ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione,

 

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il capo delegazione, che può essere anche un presidente di giunta regionale o di provincia autonoma, è designato dal Governo sulla base di criteri e di procedure determinati con un accordo generale di cooperazione tra Governo, regioni a statuto ordinario e a statuto speciale stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa o in mancanza di tale accordo, il capo delegazione è designato dal Governo. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      2. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo può proporre ricorso davanti alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi dell'Unione europea ritenuti illegittimi, anche su richiesta di una delle regioni o delle province autonome. Il Governo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano a maggioranza assoluta dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome.

Art. 12.
(Partecipazione degli enti locali alle decisioni relative alla formazione di atti normativi dell'Unione europea).

      1. Qualora i progetti e gli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4 riguardino questioni di particolare rilevanza negli ambiti di competenza degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie li trasmette alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Tali progetti e atti sono altresì trasmessi, per il tramite della citata Conferenza Stato-città ed autonomie locali, alle associazioni rappresentative degli enti locali. Su tutti i progetti e gli atti di loro interesse le associazioni rappresentative

 

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degli enti locali, per il tramite della medesima Conferenza Stato-città ed autonomie locali, possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro per le politiche europee e possono richiedere che gli stessi siano sottoposti all'esame della stessa Conferenza.
      2. Nelle materie che investono le competenze degli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie convoca ai tavoli di cui al comma 7 dell'articolo 10 esperti designati dagli enti locali secondo modalità da stabilire in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      3. Qualora le osservazioni degli enti locali formulate ai sensi del presente articolo non siano pervenute al Governo entro la data indicata all'atto di trasmissione dei progetti o degli atti o, in mancanza, entro il giorno precedente quello della discussione a livello di Unione europea, il Governo può comunque procedere alle attività dirette alla formazione dei relativi atti dell'Unione europea.

Art. 13.
(Nomina dei componenti italiani di istituzioni e di organi dell'Unione europea).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, il Consiglio dei ministri e i singoli Ministri, prima di procedere, secondo le rispettive competenze, a proposte o a designazioni di componenti italiani di istituzioni e di organi dell'Unione europea ai sensi del comma 2, devono richiedere il parere dei competenti organi parlamentari.
      2. Il parere di cui al comma 1 deve essere acquisito ai fini:

          a) delle proposte di designazione di componenti italiani della Commissione europea ai sensi dell'articolo 126, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea;

 

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          b) delle proposte di nomina di giudici ed avvocati generali italiani della Corte di giustizia e dei giudici del Tribunale di primo grado, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 139 e 140 del Trattato che istituisce la Comunità europea;

          c) delle proposte di nomina di membri italiani della Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 160 B del Trattato che istituisce la Comunità europea;

          d) delle designazioni di componenti del Consiglio di amministrazione della Banca europea per gli investimenti, ai sensi dell'articolo 11 del Protocollo sullo statuto della Banca europea per gli investimenti allegato al Trattato sull'Unione europea e al Trattato che istituisce la Comunità europea;

      3. La richiesta di parere da parte del Governo deve contenere l'esposizione della procedura seguita per pervenire alla designazione o alla proposta e dei motivi che la giustificano secondo criteri di capacità professionale dei candidati e degli eventuali incarichi precedentemente svolti o in corso di svolgimento, tenuto conto dei requisiti richiesti per l'esercizio della funzione dalle pertinenti disposizioni del Trattato sull'Unione europea e dal Trattato che istituisce la Comunità europea.
      4. La richiesta di cui al comma 3 indica, altresì, il termine per l'espressione del parere parlamentare. Decorso tale termine l'organo cui compete la proposta o la designazione può provvedere anche se non è stato reso il parere dei competenti organi parlamentari.
      5. Qualora il Governo ritenga di procedere a proposte o a designazioni diverse da quelle indicate nella richiesta di parere, sottoposta all'esame di una o di entrambe le Camere, occorre acquisire un nuovo parere nel rispetto della procedura prevista dal presente articolo.
      6. La procedura di cui al presente articolo si applica, altresì, per le proposte o per le designazioni volte alla conferma di una persona in carica, anche nel caso

 

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in cui nei confronti della stessa sia già stato espresso il parere dei competenti organi parlamentari.

Art. 14.
(Nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone al Consiglio dell'Unione europea i membri titolari e i membri supplenti del Comitato delle regioni, spettanti all'Italia in base all'articolo 263 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
      2. Ai fini della proposta di cui al comma 1, i membri del Comitato delle regioni sono ripartiti tra le autonomie regionali e locali secondo criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che assicurano la rappresentanza delle assemblee legislative regionali.
      3. La proposta di cui al presente articolo è formulata previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

Art. 15.
(Partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell'Unione europea).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) i progetti e gli atti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 4 riguardanti materie di particolare interesse economico e sociale. Il CNEL può fare pervenire alle Camere e al Governo le valutazioni e i contributi che ritiene opportuni, ai sensi degli articoli 10 e 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 936. A tale fine il CNEL può istituire, secondo le norme del proprio ordinamento, uno o più comitati per l'esame degli atti dell'Unione europea.
      2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, al fine di assicurare un più ampio coinvolgimento

 

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delle categorie produttive e delle parti sociali, organizza, in collaborazione con il CNEL, apposite sessioni di studio ai cui lavori possono essere invitati anche le associazioni nazionali dei comuni, delle province e delle comunità montane e ogni altro soggetto interessato.

Art. 16.
(Legge europea).

      1. Lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, danno tempestiva attuazione agli atti giuridici dell'Unione europea.
      2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa con tempestività le Camere e, per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano degli atti normativi e di indirizzo emanati dagli organi dell'Unione europea.
      3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee verifica, con la collaborazione delle amministrazioni interessate, lo stato di conformità dell'ordinamento interno e degli indirizzi di politica del Governo in relazione agli atti di cui al comma 2 e ne trasmette le risultanze tempestivamente, e comunque ogni tre mesi, anche con riguardo alle misure da intraprendere per assicurare tale conformità, agli organi parlamentari competenti, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, per la formulazione di ogni opportuna osservazione. Nelle materie di loro competenza le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano verificano lo stato di conformità dei propri ordinamenti in relazione ai suddetti atti e ne trasmettono le risultanze

 

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alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie con riguardo alle misure da intraprendere.
      4. All'esito della verifica e tenuto conto delle osservazioni di cui al comma 3, il Presidente dei Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, entro il 31 gennaio di ogni anno presenta al Parlamento un disegno di legge recante: «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea»; tale titolo è completato dall'indicazione: «Legge europea» seguita dall'anno di riferimento.
      5. Nell'ambito della relazione al disegno di legge di cui al comma 4 il Governo:

          a) riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure di infrazione dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee relativa alle eventuali inadempienze e violazioni degli obblighi europei da parte della Repubblica italiana;

          b) fornisce l'elenco delle direttive attuate o da attuare in via amministrativa;

          c) dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è già scaduto e di quelle il cui termine di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa;

          d) fornisce l'elenco delle direttive attuate con regolamento ai sensi dell'articolo 20, nonché l'indicazione degli estremi degli eventuali regolamenti di attuazione già adottati;

          e) fornisce l'elenco degli atti normativi con i quali nelle singole regioni e province autonome si è provveduto a dare attuazione alle direttive nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province

 

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autonome di Trento e di Bolzano. L'elenco è predisposto dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome ed è trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie in tempo utile e, comunque, entro il 25 gennaio di ogni anno.

Art. 17.
(Contenuti della legge europea).

      1. Il periodico adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento dell'Unione europea è assicurato dalla legge europea annuale, che reca:

          a) disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee relative all'Italia ovvero di procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana;

          b) disposizioni occorrenti per dare attuazione o per assicurare l'applicazione, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa, degli atti del Consiglio dell'Unione europea, della Commissione europea e di altre istituzioni od organi dell'Unione europea di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 1;

          c) disposizioni che autorizzano il Governo ad attuare in via regolamentare le direttive o, ove necessario, i regolamenti delegati di cui all'articolo I-36 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto a Roma il 20 ottobre 2004, reso esecutivo dalla legge 7 aprile 2005, n. 57, sulla base di quanto previsto dall'articolo 20 della presente legge;

          d) disposizioni occorrenti per dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi dall'Unione europea;

          e) disposizioni che individuano i princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la propria competenza normativa per dare

 

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attuazione o assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

          f) disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni europee recepite dalle medesime regioni e province autonome;

          g) disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa di attuazione di normative comunitarie o di modifiche di disposizioni attuative delle medesime autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

      2. Gli oneri relativi a prestazioni e a controlli da eseguire da parte di uffici pubblici, ai fini dell'attuazione delle disposizioni della legge europea per l'anno di riferimento, sono posti a carico dei soggetti interessati, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina dell'Unione europea. Le tariffe di cui al periodo precedente sono predeterminate e pubbliche.

Art. 18.
(Misure urgenti per l'adeguamento a obblighi dell'Unione europea derivanti dall'apertura di procedure d'infrazione o di sentenze degli organi giurisdizionali dell'Unione europea).

      1. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 17, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee può proporre al Consiglio dei ministri l'adozione di provvedimenti, anche urgenti, necessari unicamente a consentire l'adeguamento ad obblighi statali derivanti dall'apertura di procedure d'infrazione o dall'adozione di sentenze da

 

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parte degli organi giurisdizionali dell'Unione europea e solo qualora la scadenza di tali obblighi risulti anteriore alla data di presunta entrata in vigore della legge europea relativa all'anno in corso.
      2. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per i rapporti con il Parlamento assume le iniziative necessarie per favorire un tempestivo esame parlamentare dei provvedimenti di cui al comma 1.
      3. Qualora gli obblighi di adeguamento di cui al comma 1 riguardino materie di competenza legislativa o amministrativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee informa gli enti interessati assegnando un termine per provvedere e, ove necessario, chiede che la questione sia sottoposta all'esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per concordare le iniziative da assumere. In caso di mancato tempestivo adeguamento da parte dei suddetti enti, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee propone al Consiglio dei ministri le opportune iniziative ai fini dell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, della Costituzione, ai sensi di quanto previsto dagli articoli 19, comma 8, 22, comma 2, e 28, comma 3, della presente legge e dalle altre disposizioni legislative vigenti in materia.
      4. I decreti legislativi di attuazione di disposizioni normative dell'Unione europea o di modifica di misure attuative delle medesime, la cui delega è contenuta in leggi diverse dalla legge europea annuale, fatti salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni della legge di conferimento della delega, ove non in contrasto con il diritto dell'Unione europea, e in aggiunta a quelli contenuti nelle norme europee da attuare, sono adottati nel rispetto degli altri princìpi e criteri direttivi generali previsti dalla stessa legge europea per l'anno di riferimento.
 

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Art. 19.
(Attuazione in via regolamentare e amministrativa).

      1. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, già disciplinate con legge, ma non coperte da riserva assoluta di legge, le direttive o, ove necessario, i regolamenti adottati da istituzioni dell'Unione europea possono essere attuati mediante regolamento se così dispone la legge europea. Il Governo presenta alle Camere, in allegato al disegno di legge europea, un elenco delle direttive per l'attuazione delle quali chiede l'autorizzazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera d).
      2. I regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo sono adottati ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con gli altri Ministri interessati. Sugli schemi di regolamento è acquisito il parere del Consiglio di Stato, che deve esprimersi entro quarantacinque giorni dalla richiesta. Sugli schemi di regolamento è altresì acquisito, se così dispone la legge europea, il parere dei competenti organi parlamentari, ai quali gli schemi di regolamento sono trasmessi con apposite relazioni cui è allegato il parere del Consiglio di Stato e che si esprimono entro quaranta giorni dall'assegnazione. Decorsi i predetti termini, i regolamenti sono emanati anche in mancanza di detti pareri.
      3. I regolamenti di cui al comma 1 si conformano alle seguenti norme generali, nel rispetto dei princìpi e delle disposizioni contenuti nelle direttive da attuare:

          a) individuazione della responsabilità e delle funzioni attuative delle amministrazioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà;

          b) esercizio dei controlli da parte degli organismi già operanti nel settore e

 

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secondo modalità che assicurino efficacia, efficienza, sicurezza e celerità;

          c) esercizio delle opzioni previste dalle direttive in conformità alle peculiarità socio-economiche nazionali e locali e alla normativa di settore;

          d) fissazione di termini e procedure, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 20, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.

      4. I regolamenti di cui al comma 1 tengono conto anche delle eventuali modificazioni della disciplina dell'Unione europea intervenute fino al momento della loro adozione.
      5. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, non disciplinate dalla legge o da regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, commi 1 e 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e non coperte da riserva di legge, le direttive possono essere attuate con regolamento ministeriale o interministeriale, ai sensi del citato articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, o con atto amministrativo generale da parte del Ministro con competenza prevalente per la materia, di concerto con gli altri Ministri interessati. Con le medesime modalità sono attuate le successive modifiche e integrazioni delle direttive.
      6. In ogni caso, qualora le direttive consentano scelte in ordine alle modalità della loro attuazione, la legge europea o un'altra legge dello Stato detta i princìpi e criteri direttivi. Con legge sono dettate, inoltre, le disposizioni necessarie per introdurre sanzioni penali o amministrative o per individuare le autorità pubbliche cui affidare le funzioni amministrative inerenti all'applicazione della nuova disciplina.
      7. La legge europea provvede in ogni caso, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera c), ove l'attuazione delle direttive o dei regolamenti comporti:

          a) l'istituzione di nuovi organi o strutture amministrativi;

          b) la previsione di nuove spese o di minori entrate.

 

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      8. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, gli atti normativi di cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme dell'Unione europea. In tale caso, gli atti normativi statali adottati si applicano, per le regioni e per le province autonome nelle quali non è ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa dell'Unione europea, perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute. I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 20.
(Attuazione in via regolamentare di disposizioni adottate dalla Commissione europea in attuazione di direttive recepite o regolamenti attuati mediante decreto legislativo).

      1. Contestualmente o dopo l'entrata in vigore di decreti legislativi, adottati per il recepimento di direttive o per l'attuazione di regolamenti per i quali è stato delegato alla Commissione europea, ai sensi dell'articolo I-36 del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, fatto a Roma il 29 ottobre 2004, reso esecutivo dalla legge 7 aprile 2005, n. 57, il potere di adottare disposizioni di attuazione, il Governo è autorizzato, qualora tali disposizioni siano state effettivamente adottate, a recepirle o ad attuarle nell'ordinamento nazionale con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 aprile

 

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1988, n. 400, e successive modificazioni, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 17 e 19 della presente legge, con le procedure ivi previste.

Art. 21.
(Attuazione delle modifiche alle direttive dell'Unione europea recepite in via regolamentare).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 22, la legge europea può disporre che, all'attuazione di ciascuna modifica delle direttive da attuare mediante regolamento ai sensi dell'articolo 19, si provveda con la procedura di cui al comma 2 del medesimo articolo 19.

Art. 22.
(Adeguamenti tecnici).

      1. Alle norme dell'Unione europea non autonomamente applicabili, che modificano modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di direttive già recepite nell'ordinamento nazionale, è data attuazione, nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, con decreto del Ministro competente per materia, che ne dà tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie.
      2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, i provvedimenti di cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme dell'Unione europea. In tale caso, i provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e per le province autonome nelle quali non è ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa

 

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dell'Unione europea e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma. I provvedimenti recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute.

Art. 23.
(Decisioni dell'Unione europea).

      1. A seguito della notificazione di decisioni adottate dal Consiglio dell'Unione europea o dalla Commissione europea, destinate alla Repubblica italiana, che rivestono particolare importanza per gli interessi nazionali o che comportano rilevanti oneri di esecuzione, il Ministro per le politiche europee, consultati il Ministro degli affari esteri e i Ministri interessati e d'intesa con essi, ne riferisce al Consiglio dei ministri.
      2. Il Consiglio dei ministri, se non delibera l'eventuale impugnazione della decisione, emana le direttive opportune per l'esecuzione della decisione a cura delle autorità competenti.
      3. Se l'esecuzione della decisione investe le competenze di una regione o di una provincia autonoma, il presidente della regione o della provincia autonoma interessata interviene alla riunione del Consiglio dei ministri, con voto consultivo, salvo quanto previsto dagli statuti speciali.
      4. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette il testo delle decisioni adottate dal Consiglio dell'Unione europea o dalla Commissione europea alle Camere per la formulazione di eventuali osservazioni e atti di indirizzo ai fini della loro esecuzione. Nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le stesse decisioni altresì sono trasmesse agli enti interessati per il tramite della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome, per la formulazione di eventuali osservazioni.

 

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Art. 24.
(Parità di trattamento).

      1. Le norme italiane di recepimento e di attuazione di norme e di princìpi dell'Unione europea assicurano la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea residenti o stabiliti nel territorio nazionale e non possono in ogni caso comportare un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.
      2. Nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell'ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producono effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento dei cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea residenti o stabiliti nel territorio nazionale.

Art. 25.
(Relazioni annuali al Parlamento).

      1. Entro il 31 dicembre di ogni anno il Governo presenta al Parlamento una relazione sui seguenti temi:

          a) gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire nell'anno successivo con riferimento agli sviluppi del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'Unione europea, tenendo anche conto delle indicazioni contenute nel programma legislativo e di lavoro annuale della Commissione europea e negli altri strumenti di programmazione legislativa e politica delle istituzioni dell'Unione europea. Nell'ambito degli orientamenti e delle priorità particolare e specifico rilievo è attribuito alle prospettive e alle iniziative relative alla politica estera e di sicurezza comune e alle relazioni esterne dell'Unione europea;

 

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          b) gli orientamenti che il Governo ha assunto o che intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi dell'Unione europea, a documenti di consultazione ovvero ad atti preordinati alla loro formazione, già presentati o la cui presentazione è prevista per l'anno successivo nel programma legislativo e di lavoro della Commissione europea;

          c) le strategie di comunicazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea.

      2. Entro il 31 gennaio di ogni anno il Governo presenta al Parlamento una relazione sui seguenti temi:

          a) gli sviluppi del processo di integrazione europea registrati nell'anno di riferimento, con particolare riguardo alle attività del Consiglio europeo e del Consiglio dell'Unione europea, alle questioni istituzionali, alla politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea nonché alle relazioni esterne dell'Unione europea, alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni e agli orientamenti generali delle politiche dell'Unione;

          b) la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea con l'esposizione dei princìpi e delle linee caratterizzanti la politica italiana nei lavori preparatori e nelle fasi negoziali svolti in vista dell'emanazione degli atti normativi dell'Unione europea;

          c) l'attuazione in Italia delle politiche di coesione economica e sociale, l'andamento dei flussi finanziari verso l'Italia e la loro utilizzazione, con riferimento anche alle relazioni della Corte dei conti europea per ciò che concerne l'Italia;

          d) il seguito dato e le iniziative assunte in relazione ai pareri, alle osservazioni e agli atti di indirizzo delle Camere, nonché le osservazioni della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano

 

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e della Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome;

          e) l'elenco e i motivi delle impugnazioni di cui all'articolo 23, comma 2.

      3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette le relazioni di cui ai commi 1 e 2 anche alla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza dei presidenti dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle province autonome.

Art. 26.
(Informazione al Parlamento su procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso riguardanti l'Italia).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee, sulla base delle informazioni ricevute dalle amministrazioni competenti, trasmette ogni mese alle Camere e alla Corte dei conti un elenco, articolato per settore e per materia:

          a) delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee e degli altri organi giurisdizionali dell'Unione europea relative a giudizi di cui l'Italia è stata parte o che hanno rilevanti conseguenze per l'ordinamento italiano;

          b) dei rinvii pregiudiziali disposti ai sensi dell'articolo 234 del Trattato che istituisce la Comunità europea o dell'articolo 35 del Trattato sull'Unione europea da organi giurisdizionali italiani;

          c) delle procedure d'infrazione avviate nei confronti dell'Italia ai sensi degli articoli 226 e 228 del Trattato che istituisce la Comunità europea, con informazioni sintetiche sull'oggetto e sullo stato del procedimento nonché sulla natura delle eventuali violazioni contestate all'Italia;

 

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          d) dei procedimenti di indagine formale avviati dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea.

      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche europee, trasmette ogni tre mesi alle Camere e alla Corte dei conti informazioni sulle eventuali conseguenze di carattere finanziario degli atti e delle procedure di cui al comma 1. Nel caso delle procedure d'infrazione avviate ai sensi dell'articolo 228 del Trattato che istituisce la Comunità europea, le informazioni sono trasmesse ogni mese.
      3. Nei casi di particolare rilievo o urgenza o su richiesta di una delle due Camere, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee trasmette tempestivamente alle Camere, in relazione a specifici atti o procedure, informazioni e documenti sulle attività e sugli orientamenti che il Governo intende assumere e una valutazione dell'impatto sull'ordinamento.
      4. Quando uno degli atti dell'Unione europea di cui al comma 1 è posto alla base di un disegno di legge d'iniziativa governativa, di un decreto-legge o di uno schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee comunica al Parlamento le informazioni relative a tali atti.

Art. 27.
(Relazione trimestrale al Parlamento sui flussi finanziari con l'Unione europea).

      1. Il Governo presenta ogni tre mesi alle Camere una relazione sull'andamento dei flussi finanziari tra l'Italia e l'Unione europea. La relazione contiene un'indicazione dei flussi finanziari ripartiti per ciascuna rubrica e sottorubrica contemplata dal quadro finanziario pluriennale

 

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di riferimento dell'Unione europea. Per ciascuna rubrica e sottorubrica sono riportati la distribuzione e lo stato di utilizzazione delle risorse erogate dal bilancio dell'Unione europea in relazione agli enti competenti e alle aree geografiche rilevanti.

Art. 28.
(Attuazione delle direttive dell'Unione europea da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza, possono dare immediata attuazione alle direttive dell'Unione europea. Nelle materie di competenza concorrente la legge europea indica i princìpi fondamentali non derogabili dalla legge regionale o della legge della provincia autonoma sopravvenuta e prevalenti sulle contrarie disposizioni eventualmente già emanate dalle medesime regioni e province autonome.
      2. I provvedimenti adottati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano per dare attuazione alle direttive dell'Unione europea, nelle materie di propria competenza legislativa, devono recare nel titolo il numero identificativo della direttiva attuata e devono essere immediatamente trasmessi in copia conforme alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie.
      3. Ai fini di cui all'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, si applicano, per le medesime regioni e province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui all'articolo 19, comma 8, secondo periodo.
      4. Nelle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, cui hanno riguardo le direttive, il Governo

 

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indica i criteri e formula le direttive ai quali si devono attenere le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai fini del soddisfacimento di esigenze di carattere unitario, del perseguimento degli obiettivi della programmazione economica e del rispetto degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Detta funzione, fuori dai casi in cui sia esercitata con legge o con atto avente forza di legge o, sulla base della legge europea, con i regolamenti previsti dall'articolo 19 della presente legge, è esercitata mediante deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee, d'intesa con i Ministri competenti secondo le modalità di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Art. 29.
(Diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell'Unione europea).

      1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato che istituisce la Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa dell'Unione europea. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 1, del citato Trattato.
      2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 del presente articolo che si rendono responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa dell'Unione europea o che non danno tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo

 

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i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dall'articolo 19, comma 8, della presente legge.
      3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri fondi dell'Unione europea aventi finalità strutturali.

      4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, sulle province autonome di Trento e di Bolzano, sugli enti territoriali, sugli altri enti pubblici e sui soggetti equiparati, i quali si sono resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.
      5. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3 e 4:

          a) nei modi indicati al comma 6, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;

          b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 29 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

          c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato e in ogni

 

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altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

      6. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3 e 4, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.
      7. I decreti ministeriali di cui al comma 6, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.
      8. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 del presente articolo provvede il Presidente del

 

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Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.
      9. Le notifiche indicate nei commi 6 e 7 sono effettuate a cura e a spese del Ministero dell'economia e delle finanze.
      10. I destinatari degli aiuti di cui all'articolo 87 del Trattato che istituisce la Comunità europea possono avvalersi di tali misure agevolative solo se dichiarano, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e secondo le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, di non rientrare tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che sono individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea e che sono specificati nel decreto di cui al presente comma.

Art. 30.
(Sessione europea della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri convoca almeno ogni tre mesi, o anche su richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, una sessione speciale della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell'Unione europea di interesse regionale e provinciale. Il Governo informa tempestivamente le Camere sui risultati emersi da tale sessione.

 

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      2. La sessione della Conferenza di cui al comma 1, in particolare, esprime parere:

          a) sugli indirizzi generali relativi all'elaborazione e all'attuazione degli atti dell'Unione europea che riguardano le competenze regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

          b) sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni regionali e delle province autonome all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1;

          c) sullo schema del disegno di legge di cui all'articolo 16 della presente legge sulla base di quanto previsto dall'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

      3. Il Ministro per le politiche europee riferisce al Comitato interministeriale per la programmazione economica per gli aspetti di competenza di cui all'articolo 2 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

Art. 31.
(Sessione europea della Conferenza Stato-città ed autonomie locali).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee convoca almeno una volta l'anno, o anche su richiesta delle associazioni rappresentative degli enti locali ovvero degli enti locali interessati, una sessione speciale della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dedicata alla trattazione degli aspetti delle politiche dell'Unione europea di interesse degli enti locali. Il Governo informa tempestivamente le Camere e la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome sui risultati emersi durante tale sessione. La sessione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in particolare, esprime parere sui criteri e sulle modalità per conformare l'esercizio delle funzioni di interesse degli enti locali all'osservanza e all'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 1, comma 1.

 

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Art. 32.
(Utilizzo di strumenti informatici).

      1. Per l'adempimento degli obblighi di trasmissione e di informazione di cui alla presente legge il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per le politiche europee può avvalersi di strumenti informatici.

Art. 33.
(Regioni a statuto speciale e province autonome).

      1. Per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto nei rispettivi statuti speciali e nelle relative norme di attuazione.

Art. 34.
(Ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee).

      1. Qualora una delle Camere deliberi un ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso un atto legislativo dell'Unione europea per violazione del principio di sussidiarietà, il Governo provvede alla presentazione del ricorso, nei termini previsti dall'articolo 146 o dell'articolo 148 del Trattato che istituisce la Comunità europea.
      2. A seguito della proposizione del ricorso di cui al comma 1 il Governo assicura il pieno e costante coinvolgimento delle Camere in tutte le fasi e gli atti del giudizio.

Art. 35.
(Modifica, deroga, sospensione o abrogazione della presente legge).

      1. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, le disposizioni della presente legge possono

 

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essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l'esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare.

Art. 36.
(Modifiche e abrogazioni).

      1. La legge 4 febbraio 2005, n. 11, è abrogata, ad eccezione del comma 4-bis dell'articolo 2, come modificato dal comma 2 del presente articolo. Restano ferme le abrogazioni disposte dall'articolo 22 della medesima legge n. 11 del 2005.
      2. Al comma 4-bis dell'articolo 2 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, la parola: «CIACE» è sostituita dalle seguenti: «Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea».
      3. L'articolo 5 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato.

Art. 37.
(Effetti per la finanza pubblica).

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


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