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PDL 2904

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2904



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SBAI

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di acquisto della cittadinanza

Presentata il 10 novembre 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - La disciplina in materia di cittadinanza fa oggi capo principalmente alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, «Nuove norme sulla cittadinanza», da ultimo novellata dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, in materia di sicurezza pubblica. Ai sensi di tale legge, acquistano di diritto alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani [legge n. 91 del 1992, articolo 1, comma 1, lettera a)]: si tratta della modalità di acquisizione della cittadinanza jure sanguinis, principio fondante che va assolutamente preservato. La cittadinanza non è il semplice rilascio di un attestato burocratico ma, al contrario, è il riconoscimento di appartenenza alla nazione, di integrazione nel suo popolo, di condivisione dei valori sociali e politici, di conoscenza della storia e del rispetto dei princìpi che stanno a fondamento della Costituzione e dell'ordinamento in generale, quindi è fondamentale il fatto di accettare le regole che stanno alla base del patto sociale e di fedeltà alla Repubblica italiana. Perciò il riconoscimento formale della cittadinanza non può che essere il punto di arrivo di un percorso di integrazione compiutamente realizzato da parte dello straniero, visto il crescere costante del fenomeno migratorio in cui gran parte della popolazione straniera sceglie l'Italia come Paese di adozione. Questo rende necessario combinare politiche di governo del fenomeno migratorio, sia sotto il profilo della sicurezza, sia sotto l'altro profilo dell'integrazione, attraverso un percorso ben mirato a raggiungere la piena integrazione civica, sociale e culturale, con evidenti riflessi positivi sulla stabilità nazionale. Le regole per l'acquisto della cittadinanza rappresentano uno dei nuclei fondamentali della legislazione di uno
 

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Stato; tramite esse viene stabilita la condizione giuridica di un soggetto nello Stato stesso, la sua identità etica-giuridica e civica, le modalità di partecipazione alla vita politica, l'insieme di diritti e dei doveri, visto che con la naturalizzazione si diviene parte integrante della comunità nazionale influendo sulla realtà sociale e politica, anche attraverso il diritto di voto. Occorre, quindi, disciplinare tale delicata materia nel primario interesse della nazione, viste le sue conseguenze profonde e di lungo periodo. Le ultime stime dicono che l'Italia si colloca tra i primi Paesi di immigrazione dell'Unione europea, con circa 4.500.000 stranieri regolarmente residenti. Lo stima il rapporto 2009 sull'immigrazione della Caritas/Migrantes. Per la prima volta nel 2008, anno in cui gli immigrati sono cresciuti del 13,4 per cento (+ 458.644 unità) l'Italia ha superato la media europea (6,2 per cento) per presenza di immigrati in rapporto ai residenti. I regolari sono 4.330.000, il 7,2 per cento dei residenti. Supereranno i 4 milioni e mezzo con le ultime regolarizzazioni. In quest'ultimo decennio la Spagna e l'Italia sono stati, nella Unione europea, i Paesi maggiormente interessati dall'immigrazione ed in essi ha trovato sbocco la maggior parte dei flussi. Nei due Stati si sono superati rispettivamente i 5 e i 4 milioni di immigrati (5.262.000 e 4.330.000). Diversi numeri confermano il radicamento degli stranieri nel nostro paese: 862.000 minori, di cui 500.000 nati in Italia, 600.000 figli di stranieri che studiano nelle nostre scuole, di cui 72.000 nati da genitori stranieri (il 12,6 per cento delle nascite registrate in Italia) e 222.521 matrimoni misti. Numeri simili, nell'ambito dei Paesi CE, dunque, per quanto riguarda la rilevanza del fenomeno, ma diversi rispetto all'articolazione dello stesso da Stato a Stato. Occorre, infatti, considerare l'esperienza storico-politica di altri Paesi europei (come la Germania e i Paesi Bassi). La Germania, dopo aver intrapreso la strada della cittadinanza come strumento funzionale all'integrazione, rispetto alle politiche attuate, per fronteggiare le problematiche di disgregazione sociale da esse determinate, ha gestito il fenomeno dell'immigrazione e la riforma della cittadinanza in maniera ragguardevole, nel rispetto sia dello Stato accogliente da parte dello straniero, che deve rispettarne la Costituzione, con giuramento, e la struttura politico-sociale, dimostrando con certificazione le competenze linguistiche ovvero con un apposito esame con una prova scritta per dimostrare la padronanza della lingua scritta e parlata, sia rendendo celeri, in favore dello straniero, i tempi dell'integrazione e della concessione della cittadinanza, concessa dopo otto anni di regolare residenza. La disciplina della concessione della cittadinanza, riguardando la fissazione di regole basilari (padronanza della lingua; conoscenza dei fondamenti istituzionali, civici e giuridici; assenza di condanne penali; lavoro stabile e regolare; disponibilità di alloggio e di reddito adeguati ai fabbisogni familiari) per la sua acquisizione si colloca come momento finale di un lento e graduale, ma progressivo, percorso di integrazione; l'elemento fondante diviene quindi quest'ultima, motore centrale di un lealismo civico e di requisiti basilari che non derivano dal semplice riconoscimento del diritto alla cittadinanza ma, anzi, ne sono il presupposto come appartenenza reale alla comunità nazionale, fase finale di una compiuta effettiva integrazione lungi dall'essere uno strumento per favorire l'inserimento dei lavoratori extracomunitari o degli stranieri in genere. In tal senso si citano altri casi di importanti Paesi europei, quali la Francia e il Regno Unito, interessati anch'essi da rilevanti processi di riforma della normativa sulla cittadinanza. In Gran Bretagna, ad esempio, la recente riforma restringe significativamente i margini di concessione della cittadinanza e introduce un modello interessante che punta a valorizzare il profilo qualitativo della presenza dello straniero sul territorio dello Stato. Sintomatico è anche il caso francese in cui il Ministero competente in materia ha assunto la denominazione di «Ministero per l'immigrazione e l'identità nazionale» sulla linea voluta dal Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy che, nel promuovere
 

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una politica dell'«immigrazione scelta e non subìta», ha presentato l'identità nazionale come un insieme di valori non negoziabili, quali la democrazia, la Repubblica e l'eguaglianza tra uomo e donna e, associandola al tema dell'immigrazione, ha voluto ribadire come essa non debba essere messa in questione dall'identità degli immigrati accolti in Francia. Bisogna anche considerare lo sviluppo storico di queste due nazioni, in quanto in Francia e in Gran Bretagna la legislazione in materia di cittadinanza è storicamente collegata al loro statuto di ex potenze coloniali, che poneva rilevanti problemi di integrazione dei cittadini provenienti, appunto, dalle ex colonie. Il semplice indicatore del decorso del tempo di stabile residenza (che per individui provenienti dalle ex colonie può essere abbreviato in alcuni Paesi), è abbastanza approssimativo, sia che sia fisso per tutti sia che venga reso variabile: si rende opportuno definire criteri di carattere qualitativo per integrare il criterio della durata e in questo senso agisce la riforma approvata nel Regno Unito, che non solo rende più restrittivi i criteri per l'ottenimento della cittadinanza, ma, soprattutto, introduce un'articolazione del procedimento in funzione delle specifiche situazioni soggettive dei richiedenti (motivi di famiglia, di lavoro, di asilo politico eccetera), con i criteri di earned citizenship (cittadinanza meritata) e di active citizenship (cittadinanza attiva), in base ai quali il conseguimento della cittadinanza è subordinato al rispetto di alcuni vincoli e comportamenti (ad esempio, lo svolgimento di attività d'interesse sociale e di volontariato determina una riduzione del tempo necessario). Ci sono quindi, in tali Paesi, alcune fattispecie per l'abbreviazione dei termini che fanno presumere una più rapida integrazione dell'aspirante cittadino, aggiungendosi al tradizionale criterio «cronologico». Possono assumere rilevanza altri elementi come quello, ricorrente in molti Paesi, della verifica della conoscenza della lingua e delle fondamentali nozioni di storia e di diritto costituzionale, nonché quello della stabilità della condizione sociale ed economica del richiedente tramite il possesso di un lavoro regolare dal quale trarre un reddito fiscalmente dichiarato sufficiente per il mantenimento proprio e della famiglia. Questi elementi vuole introdurre la presente proposta di legge, tenendo presente il fatto che il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di seguito «testo unico», all'articolo 9, riguardante il «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo», che ha sostituito la carta di soggiorno dall'8 gennaio 2007, ai sensi della novella disposta dal decreto legislativo n. 3 del 2007, al comma 1 già prevede che «Lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati nell'articolo 29, comma 3, lettera b) [relativo ai ricongiungimenti] e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio, può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1». Inoltre, sempre l'articolo 9, al comma 2, dispone che «Il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è a tempo indeterminato ed è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta». Quindi, tale permesso di soggiorno andrebbe valutato come requisito per l'ottenimento della cittadinanza, più che il semplice permesso di soggiorno a termine e con rinnovi, di cui all'articolo 5 del medesimo testo unico. L'articolo 9 dispone altresì, al comma 2-bis, recentemente introdotto dalla lettera i) del comma 22 dell'articolo 1 della legge n. 94 del 2009, in materia di sicurezza pubblica, che «Il rilascio del permesso di soggiorno
 

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CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, le cui modalità di svolgimento sono determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca». Delle predette esperienze di altri Paesi occorre fare tesoro: del resto, molti Paesi (Olanda, Svezia e Canada) fanno dipendere la naturalizzazione non dal semplice soggiorno regolare ma dal soggiorno in forza di un permesso a tempo indeterminato, come appunto il nostro permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, che la presente proposta di legge tiene in debito conto per il rilascio della cittadinanza, e il Regno Unito, nella citata recente riforma, ha addirittura previsto un procedimento articolato in tre fasi (residenza temporanea, cittadinanza di prova, cittadinanza britannica) al fine di collegare la concessione della cittadinanza ad una verifica progressiva della stabilità e dell'irreversibilità del processo d'integrazione dell'aspirante cittadino. Questi elementi propri di altri Paesi sono importanti per evitare che, in ritardo, l'Italia si accorga di aver seguìto un percorso non corretto nei fatti, non solo limitato, cioè, all'acquisizione della cittadinanza per residenza stabile o per matrimonio, e non solo quale frutto di un radicamento sostanziale nel territorio o quale frutto di un'unione regolamentata ope legis, ma obbligatoriamente abbinato al percorso formativo di integrazione sociale, etica, civica e culturale dello straniero, il cui punto di arrivo è l'acquisto della cittadinanza. Anche la stabilità della residenza in una determinata città o provincia è certamente un sintomo di radicamento e d'integrazione più compiuto. La cittadinanza è come un meccanismo premiale per lo straniero che abbia scelto il nostro Paese, ma abbia al contempo dimostrato di volersi integrare a pieno titolo nel tessuto sociale e civile della nazione che lo ospita, requisiti da verificare, con procedure di competenza statale, concretamente e gradatamente, alla stregua di un'idoneità all'acquisizione di doveri civici; di un diploma alla cittadinanza. Per queste ragioni solo una maggiore caratterizzazione in senso qualitativo del concetto e dell'istituto della cittadinanza, nonché dei requisiti e dei meccanismi di concessione, può rendere tale istituto non solo coerente con una corretta concezione della nazione e dei suoi elementi fondamentali, ma anche funzionale alle esigenze di crescita e di rafforzamento del Paese e della sua identità attraverso l'integrazione multirazziale e multiculturale. La presente proposta di legge, infatti, vuole adeguare la nostra legge n. 91 del 1992 a questi concetti finora espressi, nonché al modello tedesco; in primo luogo, riducendo a otto anni la residenza legale nel territorio per la concessione della cittadinanza e, poi, imponendo percorsi formativi di ordine civico, linguistico, etico e culturale per favorire l'integrazione dello straniero e il rispetto della Costituzione e dell'ordinamento, nonché l'attestazione del possesso di requisiti abitativi, lavorativi e reddituali affidabili e dell'assenza di carichi penali pendenti, in linea con la legislazione vigente, per la completezza del processo di radicamento e d'integrazione. Il tutto non tralasciando i minori stranieri, sia quelli nati in Italia sia quelli ivi trovatisi per ricongiunzione familiare, che devono acquisire diritti pari a quelli dei loro coetanei, cittadini italiani, con cui condividono il ciclo scolastico e il percorso di crescita e formativo, evitando pericolose estraniazioni in cui i bambini e gli adolescenti nati da genitori stranieri si vengono a trovare, e ciò con danno psicologico sia nelle loro personalità e formazione sia nel loro futuro inserimento sociale che dovrebbe avvenire dopo il percorso d'integrazione. Ad essi va concesso il permesso di soggiorno dopo i primi cinque anni dell'assolvimento dell'obbligo di istruzione e formazione, presso istituti riconosciuti dallo Stato, e la carta di soggiorno dopo i successivi tre anni di percorso scolastico, fino alla concessione della cittadinanza al compimento regolare del ciclo dell'obbligo di istruzione e formazione, dopo otto anni. Pari diritti devono essere riconosciuti ai figli minori di
 

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genitori stranieri nati o entrati in Italia, ai sensi del comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 91 del 1992, come sostituito dall'articolo 1 della presente proposta di legge, che possono acquistare la cittadinanza italiana se hanno completato l'intero corso di istruzione secondaria di secondo grado presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62, ovvero un percorso di istruzione e formazione professionale idoneo al conseguimento di una qualifica professionale equipollente. Essi diventano cittadini italiani una volta completato l'intero percorso scolastico-professionale. Ove il titolo di studio conseguito nel Paese di origine non sia riconosciuto dallo Stato italiano devono completare il necessario ciclo scolastico obbligatorio. È un giusto riconoscimento che tiene conto dei requisiti didattici e professionali relativi sia all'obbligo scolastico di istruzione e formazione sia al percorso successivo. La legge n. 91 del 1992 è una legge valida nel suo impianto, ma va modificata al fine di renderla più incisiva, onde sottrarre il riconoscimento della cittadinanza a un procedimento solamente burocratico e formale e, al contrario, individuando criteri più selettivi per l'ottenimento della stessa, come già rilevato, legati alla stabilità sociale ed economica, alla fedeltà alla Costituzione (avere un lavoro e un alloggio, assenza di condanne penali e reddito fiscalmente dichiarato per il sostentamento del nucleo familiare), nonché all'integrazione culturale (conoscenza della storia, dell'educazione civica della civiltà e cultura italiana nonché della Costituzione e dell'ordinamento). Questo percorso è realizzabile in due fasi per la concessione della cittadinanza agli adulti: la presente proposta di legge individua, infatti, due scadenze temporali per la verifica dei predetti requisiti d'integrazione culturale, di cui la prima decorsi quattro anni dall'ottenimento del permesso di soggiorno in corso di validità (termine mutuato dall'articolo 9 del testo unico) e dopo il positivo superamento di una prima valutazione della formazione e dell'integrazione, che richiede la conoscenza di base dei requisiti prescritti. La seconda verifica, ha luogo dopo quattro anni dall'ottenimento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, al termine dei quali viene richiesta la verifica di una più approfondita conoscenza dei requisiti che deve essere di livello buono. Questa successiva e più complessa verifica, oltre al test di cui al predetto comma 2-bis dell'articolo 9 del testo unico, e all'elemento caratterizzante del rilascio a tempo indeterminato di tale permesso di soggiorno di lungo periodo, come culmine del processo d'integrazione, e al possesso dei requisiti lavorativi, reddituali e di assenza di precedenti penali, dà il diritto all'acquisizione della cittadinanza. Favorendo l'integrazione, nei predetti termini di «percorso della cittadinanza», sul modello europeo che culmina con la naturalizzazione, il legislatore vuole anche preservare l'integrità sociale e politica della nazione e prevenire pericolosi fenomeni di disgregazione. Inoltre si deve prevenire il pericolo che l'allargamento indiscriminato della popolazione straniera immigrata finisca per massificare indistintamente gli stranieri, invece che premiare chi di essi realmente sceglie la nostra nazione come nuova patria, con una scelta consapevole, fatta di volontà di inserimento e di accettazione piena di regole e di patti sociali ed etici, comprendendo anche i minori che s'impegnano nel conseguimento di attestati scolastici e professionali. Non dimentichiamo che il più volte citato recente intervento del Governo in materia di sicurezza pubblica con la legge n. 94 del 2009, ha dettato disposizioni stringenti per combattere l'immigrazione irregolare e la clandestinità, ma ha anche inserito, a modifica dell'articolo 4 del testo unico, l'obbligatorietà della sottoscrizione da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, ai sensi dell'articolo 5, di un apposito accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno stesso
 

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(articolo 4-bis del testo unico). È importante ricordare che la stipula dell'accordo di integrazione, intendendosi ope legis per integrazione «quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società», è condizione essenziale alla concessione del permesso di soggiorno, che viene automaticamente revocato in caso di perdita integrale dei crediti, con espulsione dello straniero, il che fa dell'integrazione una condicio sine qua non per la permanenza regolare dello straniero nello Stato. La sottoscrizione di tale accordo verrà disciplinata con regolamento (da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 94 del 2009, cioè a gennaio 2010) su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988. La ratio essenziale della presente proposta di legge consiste, perciò, nella volontà di integrare la legislazione vigente e di superare l'attuale procedimento di concessione della cittadinanza, basato su condizioni esclusivamente quantitative, introducendo il meccanismo di attribuzione descritto, che, anche a fronte della riduzione del numero di anni necessari per ottenere la cittadinanza (da dieci a otto), richiede la verifica del possesso di alcuni impegnativi requisiti, in armonia con quanto deliberato dal Governo in materia di immigrazione e di sicurezza, che implichino la valutazione della qualità della presenza nel nostro Paese dello straniero e della sua volontà di intraprendere effettivamente e con successo un percorso progressivo e migliorativo d'integrazione (per gli adulti suddiviso in due distinte fasi consequenziali), e anche da parte dei bambini e degli adolescenti con l'impegno scolastico, che culmina con la concessione della cittadinanza. È un doveroso riconoscimento del fondamentale ruolo che la legge sulla cittadinanza ha nel corpus giuridico nazionale. Non a caso si richiama doverosamente anche l'articolo 10 della legge n. 91 del 1992, in cui è previsto, come condizione di efficacia del decreto di concessione della cittadinanza, un giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione, nonché di rispetto dei suoi valori fondamentali e delle leggi dello Stato. In tal modo, con la presente proposta di legge, si dovrebbero armonizzare le esigenze diverse, ma collegate, di sicurezza della nazione e di realizzazione dei processi d'integrazione, voluti anche dal Governo, ma con un percorso ulteriore e più completo che culmina nell'attribuzione della cittadinanza, come accade in altri Paesi europei. La presente proposta di legge consta di cinque articoli.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il comma 2 dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente:

      «2. Lo straniero nato in Italia che abbia frequentato integralmente il ciclo scolastico obbligatorio presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62, diviene cittadino italiano se dichiara di voler acquisire la cittadinanza italiana».

Art. 2.

      1. All'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, come modificato dall'articolo 1 della presente legge, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «2-bis. Lo straniero nato o entrato in Italia che compia il ciclo scolastico obbligatorio presso istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62, acquista la cittadinanza su richiesta del genitore esercente la potestà genitoriale ovvero del tutore. Il minore non può chiedere il ricongiungimento familiare ai sensi dell'articolo 29 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, fino al raggiungimento della maggiore età.
      2-ter. Il figlio minore di genitori stranieri entrato in Italia in un'età anche superiore a quella dell'obbligo scolastico acquista la cittadinanza quando ha completato il secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione presso gli istituti scolastici appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui all'articolo 1,

 

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comma 1, della legge 10 marzo 2000, n. 62, ovvero qualora sia in possesso di un equipollente titolo di studio conseguito nel Paese di origine e riconosciuto dallo Stato italiano».

Art. 3.

      1. La lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituita dalla seguente:

          «f) allo straniero che risiede legalmente e stabilmente da almeno otto anni nel territorio della Repubblica».

Art. 4.

      1. Dopo l'articolo 9-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:

      «Art. 9-ter. - 1. L'acquisizione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è subordinata alla verifica dell'effettiva integrazione culturale, linguistica e sociale dello straniero, suddivisa in due distinte fasi temporalmente consequenziali.
      2. La prima fase della verifica di cui al comma 1 del presente articolo è attuata decorsi quattro anni dall'ottenimento del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, e prevede che lo straniero dimostri:

          a) conoscenza di base della lingua italiana, scritta e parlata. La verifica dell'integrazione linguistica accerta il possesso di una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente al livello A2 di cui al Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (CEFR) del Consiglio d'Europa;

          b) conoscenza di base della storia, dell'educazione civica, della civiltà e della cultura italiane;

 

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          c) conoscenza di base della Costituzione italiana;

          d) la frequentazione di un corso, della durata di almeno dodici mesi, finalizzato all'acquisizione e all'approfondimento delle conoscenze di cui alle lettere a), b) e c), con rilascio di un apposito attestato.

      3. La seconda fase della verifica di cui al comma 1 del presente articolo è attuata, decorsi quattro anni dall'ottenimento del «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo» ai sensi dell'articolo 9 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, e prevede che lo straniero dimostri:

          a) una buona conoscenza della lingua italiana, scritta e parlata. La verifica dell'integrazione linguistica accerta il possesso di una conoscenza della lingua italiana parlata equivalente al livello B2 di cui al CEFR del Consiglio d'Europa;

          b) una buona conoscenza della storia, dell'educazione civica e della cultura italiane;

          c) una buona conoscenza della Costituzione italiana;

          d) la frequentazione di un corso, della durata di almeno dodici mesi, finalizzato all'acquisizione e all'approfondimento delle conoscenze di cui alle lettere a), b) e c), con rilascio di un apposito attestato.

      4. A seguito del superamento della seconda fase di verifica di cui al comma 3, è concessa la cittadinanza italiana, subordinatamente alla dimostrazione del possesso dei seguenti ulteriori requisiti:

          a) certificato del casellario giudiziale dei carichi pendenti previsto dall'articolo 27 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14

 

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novembre 2002, n. 313, che attesti l'insussistenza di pendenze penali a carico dell'interessato, rilasciato dalla procura della Repubblica presso il tribunale competente per il luogo di residenza dell'interessato, fatte salve la riabilitazione o l'estinzione del reato che fanno cessare gli effetti preclusivi della condanna, nonché l'insussistenza di dichiarazione di delinquenza abituale e di gravi motivi di pericolo per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato;

          b) la disponibilità di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali;

          c) un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite, di cui alla lettera d), non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale per ogni familiare componente il nucleo. Ai fini della determinazione del reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari conviventi con il richiedente, con certificazione anagrafica attestante il rapporto familiare;

          d) un lavoro, subordinato o autonomo, o un'attività economica stabile da cui derivi un reddito fiscalmente dichiarato, comprovati documentalmente.

      5. Il Governo individua, sentite le amministrazioni competenti delle regioni interessate e degli enti locali interessati, al fine di una più completa acquisizione dei dati specifici di provenienza territoriale, le iniziative e le attività, con le relative modalità attuative, finalizzate a sostenere il processo d'integrazione culturale, linguistica e sociale dello straniero di cui al presente articolo, allo scopo determinando i titoli e gli attestati idonei a comprovare il possesso dei requisiti previsti per le fasi di verifica di cui ai commi 2, 3, e 4, nonché i casi straordinari di eventuale giustificata esenzione dal loro possesso.
      6. L'acquisizione della cittadinanza italiana, in conformità alla legislazione vigente, impegna il nuovo cittadino al rispetto,

 

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all'adesione e alla promozione dei valori di libertà, di eguaglianza e di democrazia posti a fondamento della Repubblica italiana e pertanto a non svolgere in alcun modo attività in contrasto con la Costituzione e con le leggi dell'ordinamento della Repubblica italiana».

Art. 5.

      1. Al comma 1 dell'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, le parole: «da almeno cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da almeno quattro anni».


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