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PDL N. 2717

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2717



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BUCCHINO, ANGELI, BERARDI, DI BIAGIO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, RICARDO ANTONIO MERLO, NARDUCCI, PICCHI, PORTA, RAZZI, TREMAGLIA, BRESSA, SERENI, VINCENZO ANTONIO FONTANA, ANTONINO FOTI, TAGLIALATELA

Modifiche all'articolo 66 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, in materia di riduzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in favore dei cittadini italiani residenti all'estero iscritti nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero

Presentata il 24 settembre 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, di seguito «tassa sui rifiuti», (articolo 62 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507) ha per presupposto il «possesso» o la «detenzione» di locali atti a produrre rifiuti. Sono trascorsi sedici anni dalla riforma dei tributi locali e talvolta si riscontrano vere e proprie aberrazioni nell'applicazione della tassa sui rifiuti. Tra queste quella più eclatante è l'integrale tassabilità degli immobili di proprietà di cittadini italiani residenti all'estero e iscritti nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE). In base al dettato della legge vigente fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 507 del 1993, la semplice detenzione di un locale, se allacciato ai servizi a rete (acqua, gas, energia elettrica) consentiva al comune di imporre il tributo per il semplice fatto della sua potenziale utilizzabilità. Su tale orientamento si era affermata un'incontrastata consuetudine interpretativa giurisprudenziale e amministrativa che vi intravedeva una presunzione «legale» assoluta di idoneità del locale a produrre rifiuti, senza alcuna possibilità per il contribuente di
 

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provare il contrario. Si riteneva inammissibile, in pratica, qualsiasi prova fondata «sull'assenza o sulla ridotta presenza umana».
      Il citato articolo 62 del decreto legislativo n. 507 del 1993, al comma 2, ha innovato la previgente normativa prevedendo che «Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base a elementi obiettivi direttamente rilevabili o a idonea documentazione». Il senso di questa norma è stato pienamente colto dal Dipartimento delle entrate - Direzione centrale per la fiscalità locale del Ministero delle finanze, che nella circolare n. 95/E del 22 giugno 1994, nell'illustrare la normativa asserisce che «il comma 2 dell'articolo 62 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, menziona esplicitamente i casi di esonero o di esclusione dalla tassa per la sussistenza di condizioni obiettive che impediscono la presunzione di rifiuti riguardanti: a) la natura o l'assetto delle superfici (ad esempio luoghi impraticabili o interclusi o in abbandono, non soggetti a manutenzione o stabilmente muniti di attrezzature che impediscono la produzione dei rifiuti); b) il particolare uso delle superfici (ad esempio locali non presidiati o con presenza sporadica dell'uomo o di produzione a ciclo chiuso, depositi di materiali in disuso o di uso straordinario, o di cumuli di materiali alla rinfusa, superfici destinate o attrezzate esclusivamente per attività competitive o ginniche sempreché secondo la comune esperienza non comportino la formazione di rifiuti in quantità apprezzabile eccetera); c) l'obiettiva condizione di non utilizzabilità immediata (ad esempio alloggi non allacciati ai servizi a rete, in analogia a quanto previsto dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994, o non arredati ovvero superfici di cui comunque si dimostri il permanente stato di non utilizzo) (...) la mancata indicazione delle predette circostanze nella denuncia comporta soltanto l'inversione dell'onere della prova a carico dell'utente, che può produrla anche successivamente con diritto a sgravio o restituzione del tributo».
      In altre parole, la legge ha dato al contribuente, compreso il residente all'estero, il diritto di vincere la presunzione di tassabilità o di tassabilità integrale dando la prova contraria citando l'esempio di «locali non presidiati o con presenza sporadica dell'uomo» e anche il diritto di produrre la prova anche successivamente all'originaria denuncia, con diritto di sgravio o di restituzione del tributo.
      Non era difficile cogliere, a decorrere dal 1994, l'ampiezza dell'innovazione per i proprietari di unità immobiliari in Italia residenti all'estero.
      Nonostante ciò i precetti contenuti nel comma 2 dell'articolo 62 del decreto legislativo n. 507 del 1993 non hanno sorprendentemente finora mai trovato piena attuazione (alcuni comuni hanno solo introdotto riduzioni o agevolazioni fiscali per i residenti all'estero). Infatti i princìpi legislativi e i princìpi giuridici applicativi espressi dall'allora Ministero delle finanze, e in precedenza indicati, sembravano sufficienti a statuire l'esenzione dal pagamento della tassa sui rifiuti dei proprietari di unità immobiliari in Italia residenti all'estero in grado di provare «il non presidio o la presenza sporadica dell'uomo» nei locali di loro proprietà. In realtà, anche successivamente all'entrata in vigore della normativa di riforma del 1993, questi princìpi hanno stentato a farsi strada nella giurisprudenza di merito e di legittimità e nonostante i precetti contenuti nel citato articolo 62 del decreto legislativo n. 507 del 1993, essi non hanno ancora trovato attuazione concreta nella casistica della Corte Suprema.
      Di fronte a un quadro giuridico così incerto - da una parte il decreto legislativo n. 507 del 1993 e la citata circolare ministeriale n. 95/E del 1994, dall'altra le pronunce della Corte di cassazione - gli italiani residenti all'estero proprietari di
 

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unità immobiliari in Italia non locate, e che pur tuttavia utilizzano solo per brevi periodi di vacanza, continuano a pagare il tributo integrale sui rifiuti. Ai comuni è concessa la facoltà (articolo 66 del decreto legislativo n. 507 del 1993) di ridurre la tariffa di un importo non superiore ad un terzo nei confronti dell'utente che risieda o abbia la dimora, per più di sei mesi all'anno, in località fuori del territorio nazionale.
      Conseguentemente si rende necessario modificare il citato articolo 66 del decreto legislativo n. 507 del 1993, per rendere inequivocabile il diritto ad una sostanziale riduzione dalla tassa sui rifiuti in favore di cittadini italiani proprietari di unità immobiliari in Italia residenti all'estero e iscritti nell'AIRE, che utilizzano la loro abitazione per periodi molto brevi nel corso dell'anno e che producono, quindi, rifiuti solidi urbani assolutamente irrilevanti ai fini della raccolta e dello smaltimento.
      La presente proposta di legge intende perciò introdurre una riduzione obbligatoria del 70 per cento della tariffa relativa alla tassa sui rifiuti applicata dai comuni in favore dei cittadini italiani proprietari di abitazione in Italia, residenti all'estero e iscritti nell'AIRE in ragione delle particolari condizioni d'uso e dell'effettivo utilizzo che essi ne fanno, prevedendo contestualmente l'abrogazione della norma vigente che prevede la riduzione facoltativa di un importo non superiore ad un terzo della medesima tariffa.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 66 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) la lettera a) del comma 4 è abrogata;

          b) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

      «4-bis. La tariffa unitaria è ridotta del 70 per cento nei confronti dei cittadini italiani iscritti nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero per l'unità immobiliare posseduta in Italia e adibita ad abitazione, a condizione che non risulti locata o concessa in comodato».


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