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PDL 2842

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2842



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOSSA, GRANATA, PEZZOTTA, SCILIPOTI, ANGELA NAPOLI, GARAVINI, SARUBBI, ZAMPA, MURER, MELANDRI

Modifica all'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai familiari conviventi di stranieri soggiornanti nel territorio nazionale

Presentata il 20 ottobre 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - L'ultimo rapporto della Caritas sull'immigrazione ha stimato che il numero complessivo di stranieri regolari (comunitari e non) residenti in Italia all'inizio del 2008 si aggirava intorno ai 3.800.000-4.000.000, con un aumento di mezzo milione rispetto al dato dell'anno precedente. Questi stranieri producono il 9 per cento del prodotto interno lordo (PIL) italiano, acquistano abitazioni, pagano le tasse e versano regolarmente i contributi all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS).
      L'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, consente il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno in corso di validità, il quale dimostri di avere reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari e un alloggio idoneo. Il permesso
 

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di soggiorno CE che consente a uno straniero strutturalmente integrato una prospettiva stabile di vita nel nostro Paese, ha una durata illimitata, sempre che, ovviamente, permangano le condizioni che ne hanno consentito il rilascio. Il senso di questo documento è, come si evince, quello di riconoscere allo straniero integrato, che lavora e che ha acquisito una consuetudine con il nostro Paese di organizzare la sua presenza in Italia in maniera stabile.
      Il permesso di soggiorno CE consente allo straniero una serie di opportunità: può fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto; può svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o che comunque riserva al cittadino; può accedere ai servizi e alle prestazioni erogati dalla pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto; può partecipare alla vita pubblica locale con le forme e nei limiti previsti dalla normativa vigente.
      Lo straniero titolare del permesso di soggiorno CE può richiedere al questore il rilascio dello stesso permesso di soggiorno per il coniuge e per i figli minori conviventi, in modo da estendere le garanzie e i diritti che gli sono riconosciuti all'intero suo nucleo familiare.
      Come si può ben capire, il significato del permesso di soggiorno CE, per quanto concerne le politiche di integrazione e di inclusione, è enorme. Esso è un'apertura di credito dello Stato verso lo straniero che si inserisce, si integra, lavora e diventa soggetto attivo del territorio nel quale vive e che, in quanto tale, ha diritto alla stabilità e alla continuità. Egli deve poter mettere radici, con la sua famiglia, nel luogo in cui risiede, evitando la «tagliola» del rinnovo del permesso di soggiorno. Il permesso di soggiorno CE certifica che la condizione di straniero va sfumando, che quella persona è un membro del corpo sociale perché lavora stabilmente, si è inserito totalmente e ha unito il suo destino a quello del Paese che lo ha accolto.
      Il dato che appare, però, sbagliato e limitante, alla luce anche dei cambiamenti in corso nell'economia del nostro Paese, è quello che riguarda i figli dello straniero che ha diritto al rilascio del permesso di soggiorno CE. Come abbiamo visto, ai sensi della normativa vigente, il titolare del permesso di soggiorno CE può estendere la possibilità del rilascio di tale documento al coniuge e ai figli, ma purché questi ultimi siano minori di età conviventi con lo stesso straniero. Nel momento in cui un figlio, pur convivente, compie diciotto anni, egli perde la possibilità di richiedere il permesso di soggiorno CE. Sostanzialmente egli perde l'opportunità di sancire un legame stabile con il nostro Paese: può richiedere un altro tipo di permesso di soggiorno, ma solo a condizione che abbia un lavoro oppure che studi. In quest'ultimo caso, il permesso di soggiorno CE deve essere rinnovato annualmente con una serie di limitazioni. Alla fine del corso di studi, l'unica alternativa possibile per restare in Italia è quella di trovare un lavoro. E in questa assurda e tragica situazione si trovano i ragazzi che hanno vissuto tutta la loro vita in Italia, che sono inseriti stabilmente nella nostra società, che hanno frequentato fin dall'infanzia la scuola italiana e che sono cresciuti, integrandosi, con gli italiani: per loro, improvvisamente, il compimento del diciottesimo anno di età si trasforma in un «certificato di instabilità».
      Nel dibattito in materia di immigrazione, sempre di viva attualità, si parla di integrazione e di accoglienza; si parla di dare nuove opportunità e di riconoscere i diritti di coloro che arrivano nel nostro Paese; ci si mobilita per educare la popolazione alla tolleranza. Gli immigrati si inseriscono nella nostra società, trovano un lavoro e mandano i loro figli a scuola. Questi ultimi crescono e studiano nel nuovo Paese, credendo di essere ormai totalmente integrati ma, al compimento dei diciotto anni, essi scoprono l'amarissima realtà: che non hanno alcun titolo alla permanenza stabile nel Paese che li ha allevati e dove sono cresciuti. Potrebbero avere un permesso di soggiorno, ma con grandi difficoltà. Quale diciottenne riesce subito ad entrare nel mondo del lavoro con un contratto regolare?
 

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Quale diciottenne non attraversa periodi di disoccupazione quando è alla ricerca del primo lavoro? Il figlio di uno straniero stabilmente inserito e in possesso del permesso di soggiorno CE, che fino al compimento dei diciotto anni poteva chiedere egli stesso tale permesso, al compimento della maggiore età, se non trova un lavoro con un regolare contratto, diventa un clandestino, anche se vive ancora con la sua famiglia. Se il ragazzo, invece, compiuta la maggiore età, si iscrive all'università - sempre che le condizioni economiche della famiglia glielo consentano - perderà comunque il diritto al rilascio del permesso di soggiorno CE, ma otterrà un altro permesso di soggiorno, che per sua natura è transitorio e limitativo. Anche in questo caso, il giovane, che è «sostanzialmente» italiano, essendo vissuto e cresciuto in Italia, si ritrova provvisorio, precario, a rischio.
      La presente proposta di legge intende sanare questo odioso e pericoloso «scivolamento» della nostra normativa. Con una modifica al comma 1 dell'articolo 9 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 si prevede di conservare il diritto al rilascio del permesso di soggiorno CE al figlio di un legittimo titolare del medesimo diritto anche se questi ha compiuto il diciottesimo anno di età, a condizione che sia ancora inserito nel nucleo familiare. Questa modifica consente al nostro sistema di evitare che il compimento della maggiore età, per i figli di stranieri stabilmente inseriti e che vivono in Italia da molti anni con un regolare lavoro, diventi una sorta di «mannaia» dei diritti. Con la presente proposta di legge, quindi, si affermano i diritti del ragazzo straniero cresciuto in Italia che, così, potrà provare a collocarsi sul mercato del lavoro, oppure a studiare, mantenendo lo status con cui è stato allevato e cresciuto e proseguendo nel percorso di integrazione avviato dai suoi genitori.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, le parole: «per sé e per i familiari di cui all'articolo 29, comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «per sé e per i seguenti familiari conviventi:

          a) il coniuge non legalmente separato e di età non inferiore a diciotto anni;

          b) i figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;

          c) i figli maggiorenni a carico;

          d) i genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero i genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati gravi motivi di salute».


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