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PDL 2579

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2579



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato VASSALLO

Modifiche agli articoli 114 e 133 della Costituzione in materia di province e di città metropolitane

Presentata il 2 luglio 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - Ormai da molti anni, per non dire da sempre, si discute sull'opportunità di sopprimere le province o di ripensarne il ruolo nell'assetto complessivo del nostro sistema delle autonomie.
      La presenza della provincia nella Costituzione non deriva, com'è noto, da ferme convinzioni dei costituenti. La Seconda Sottocommissione aveva inizialmente approvato un testo dell'articolo 107, poi diventato articolo 114, secondo il quale «Il territorio della Repubblica è ripartito in Regioni e Comuni. Le province sono circoscrizioni amministrative di decentramento regionale». La Commissione dei 75 si era limitata ad aggiungere le parole «e statale». Al momento dell'esame in sessione plenaria divennero poi dirimenti le preoccupazioni che venivano dalla periferia di un possibile «sommovimento» delle popolazioni residenti nei comuni capoluogo che si temeva avrebbero perso, con il venir meno delle province, anche la loro funzione sociale di centri aggregatori.
      Sia nelle scorse legislature, sia nell'attuale, sono state presentate numerose iniziative legislative volte a sopprimere questo ente, più di recente alimentate dal dibattito sui «costi della politica». E in effetti le strutture burocratiche e politiche provinciali generano costi probabilmente non giustificati dalle funzioni che esse effettivamente svolgono.
      L'ente provinciale, così come attualmente configurato, risulta, d'altro canto, incompatibile con l'istituzione delle città metropolitane.
      Si aggiunga che le attuali province finiscono per insistere su confini spesso irrazionali sotto il profilo economico-sociale. Si va dalla provincia di Torino con
 

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trecentoquindici comuni a quella di Prato con sette comuni; dai quasi quattro milioni di abitanti della provincia di Roma ai quasi novantamila abitanti della provincia di Isernia.
      Inoltre, gli interventi tesi a promuovere il decentramento delle funzioni amministrative varati nell'ultimo decennio non sono stati accompagnati da una razionalizzazione del sistema delle autonomie. Al contrario, sono sorti una miriade di enti funzionali che si sono sovrapposti a ben quattro o cinque livelli generali di governo: quello statale, quello regionale, quello provinciale, quello comunale, a cui si aggiungono le comunità montane o, nelle città maggiori, le circoscrizioni, cui si aggiunge, inoltre, l'eventuale istituzione delle città metropolitane.
      Pare dunque necessario affrontare con decisione il tema attraverso una revisione dell'articolo 114 della Costituzione che in parte recuperi l'ispirazione originariamente prevalsa tra i costituenti.
      Non paiono peraltro condivisibili i progetti di legge, presentati nell'attuale legislatura, volti, da un lato, a sopprimere del tutto l'ente provinciale e, dall'altro, a lasciare inalterato, per il resto, il testo dell'articolo 114 della Costituzione.
      L'articolazione in tre livelli di governo substatali non può essere completamente superata (in Europa è un elemento costante), ma va ripensata in rapporto ai comuni e alle «loro» competenze. Questo vale, con specificazioni, tanto per la città metropolitana quanto per la provincia.
      Quanto alle città metropolitane, la presente proposta di legge costituzionale intende sottrarle all'indeterminatezza che oggi caratterizza taluni tentativi di definirne l'identità. Tentativi che paiono voler dare alla città metropolitana talvolta il ruolo di una «provincia rafforzata» o di una sorta di «unione rafforzata tra comuni». La presente proposta di legge costituzionale intende invece qualificare la città metropolitana in maniera inequivoca come istituzione di governo di rango comunale la quale, servendo un'area urbana sufficientemente vasta (ma omogenea e integrata), da un lato, può svolgere le funzioni oggi proprie della provincia e, dall'altro, si articola in enti di decentramento, i municipi, più prossimi ai cittadini.
      Le province sono invece concepite come enti per l'esercizio di funzioni di area vasta e «soggetti di coordinamento e di collaborazione dei Comuni». La soppressione pura e semplice delle province è una prospettiva tanto poco credibile da apparire un manifesto dietro il quale rischia di celarsi un assoluto immobilismo, mentre esse possono essere credibilmente ripensate come enti di secondo grado, finalizzate allo svolgimento di funzioni proprie dei comuni, così come eventualmente anche di funzioni delegate dalle regioni, ovvero conferite ai comuni a condizione che vengano esercitate «attraverso» la provincia.
      Nella delimitazione delle province, così ridefinite nelle loro funzioni, diventano necessarie maggiori flessibilità e aderenza alle specifiche caratteristiche del territorio oltre che del sistema amministrativo locale.
      Non sono la stessa cosa i grandi comuni pugliesi, i piccoli comuni della Lombardia o i micro-comuni del Piemonte. La modifica costituzionale proposta aspira a promuovere un assetto dei poteri locali nel quale governo regionale e governi locali costituiscano per quanto possibile un sistema unitario, evitando sia chiusure municipalistiche sia nuovi «centralismi». A tale proposito pare necessario affidare l'istituzione e la delimitazione delle province al legislatore regionale, ma nell'ambito di princìpi stabiliti dalla legge della Repubblica (finalizzati soprattutto a evitare una proliferazione delle province purtroppo già in atto), e a in ogni caso solo nelle regioni con più di cinquecentomila abitanti. L'esistenza di regioni di dimensioni minori, fatta naturalmente salva la specialità del Trentino-Alto Adige, verrebbe così maggiormente giustificata e valorizzata affidando all'ente regionale, come del resto già avviene in Valle d'Aosta, anche le competenze della provincia.
      La stretta connessione tra comuni e provincia dovrebbe trovare naturalmente riscontro in una specifica modalità di
 

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formazione degli organi provinciali, anche al fine di attenuare il peso di una rappresentanza politica che oggi appare ipertrofica e spesso inefficace come mezzo di raccordo tra i cittadini e l'ente. Pertanto, la presente proposta di legge costituzionale prevede che la provincia abbia organi di governo più «semplici» e, quindi, meno costosi, che siano espressione dei comuni in proporzione alle loro dimensioni. Più precisamente si propone che gli organi provinciali siano espressione dell'assemblea dei sindaci dei comuni del territorio, con voto ponderato in base alla popolazione dei comuni stessi. Verrebbero meno organi politici, superflui rispetto al nuovo ruolo della provincia, che diverrebbe, come già detto, un ente funzionale di coordinamento e di collaborazione dei comuni, più utile e meno costoso.
 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. La rubrica del titolo V della parte seconda della Costituzione è sostituita dalla seguente: «Le Regioni e i Comuni».
      2. I commi primo e secondo dell'articolo 114 della Costituzione sono sostituiti dai seguenti:

      «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Regioni e dallo Stato.
      Nei territori individuati dalla legge dello Stato, in sostituzione dei Comuni, sono istituite le Città metropolitane, ripartite in Municipi.
      Le Regioni, i Comuni e le Città metropolitane sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
      Con legge regionale, sulla base di parametri fissati con legge dello Stato, nelle Regioni con più di cinquecentomila abitanti, con riferimento ai territori nei quali non è istituita la Città metropolitana, sono istituite le Province, ai fini dell'esercizio di funzioni di area vasta e quali soggetti di coordinamento e collaborazione dei Comuni. Gli organi di governo delle Province sono espressi dall'assemblea dei sindaci dei Comuni del territorio, con voto ponderato in base alla popolazione dei Comuni stessi. Nelle Regioni con meno di cinquecentomila abitanti le funzioni delle province sono esercitate dalla Regione».

      3. Il primo comma dell'articolo 133 della Costituzione è sostituito dal seguente:

      «Il mutamento delle circoscrizioni provinciali è stabilito con legge regionale su iniziativa dei Comuni».


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