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PDL 2460

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2460



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GOISIS

Istituzione del ruolo unico dei professori universitari e del ruolo dei ricercatori nonché disciplina relativa allo stato giuridico, al reclutamento e alla valutazione dell'attività scientifica e didattica dei medesimi

Presentata il 21 maggio 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - L'università italiana soffre oggi di un diffuso nepotismo nella selezione del personale.
      Nelle università italiane insegnano, facendo sostanzialmente lo stesso lavoro, quattro diverse categorie di docenti:

          a) docenti a contratto, legati alle sedi universitarie da rapporti di lavoro precari;

          b) ricercatori, la cosiddetta «terza fascia di docenza», personale di ruolo ma con uno status meno qualificato e con stipendi inferiori, a parità di anzianità, a quelli delle due categorie di seguito elencate;

          c) professori associati, cioè docenti di seconda fascia, che hanno meno prerogative dei professori ordinari, ma che sostanzialmente esercitano le stesse funzioni e spesso, anzi, sono responsabili di corsi più importanti di quelli che sono prerogativa dei professori ordinari; anch'essi, a parità di anzianità di carriera, hanno stipendi inferiori;

          d) professori ordinari, o di prima fascia, i cosiddetti «baroni» molti dei quali sono autentiche glorie nazionali e luminari della scienza, il cui valore è messo in dubbio dal fatto che fino ad oggi la loro carriera accademica è stata inquinata da gravi fatti di nepotismo. Di ciò

 

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sono responsabili, almeno in parte, procedure di selezione basate soprattutto sull'esame dei cosiddetti «titoli scientifici», pubblicazioni la cui paternità è sovente dubbia e la cui proclamata originalità è spesso inesistente e concessa con troppa facilità da commissioni compiacenti, composte dai professori di ruolo della materia. Si determina quindi un meccanismo di cooptazione, che può anche avere aspetti positivi, ma che, di fatto, genera spesso carriere riservate a figli, parenti o amici dei professori in carica.

      La presente proposta di legge propone un metodo migliore e soprattutto più razionale che permetterebbe di ridurre la «selva selvaggia» delle figure, come quelle brevemente passate in rassegna, ispirandosi ai criteri di selezione utilizzati per altre carriere statali, quali quelle dei magistrati, dei militari e dei diplomatici. Nella magistratura e in diplomazia si entra dopo aver superato un concorso, difficile e selettivo; nei ranghi delle Forze armate gli ufficiali entrano dopo aver frequentato le accademie militari e dopo aver superato gli esami finali. Il giovane magistrato può avere incarichi anche modesti, ma è un magistrato a tutti gli effetti; il giovane diplomatico può essere inviato in una sede anche in capo al mondo e disagiata, ma rappresenta, a tutti gli effetti, l'Italia all'estero; il giovane ufficiale è un sottotenente, ma è comunque un ufficiale come il generale con tre stelle, e comunque può raggiungere il grado di generale in base alle prove che fornirà durante la sua carriera. Allo stesso modo il giovane che superi un difficilissimo esame di ammissione alla carriera accademica potrà essere un docente con lo stesso rango e con la stessa dignità dei suoi colleghi più anziani; all'inizio gli verranno assegnati una sede e un compito relativamente modesti e solo in seguito, se avrà dimostrato di valere, potrà ottenere, ad esempio, la cattedra di meccanica razionale al Politecnico di Milano o la cattedra di economia politica all'università «Bocconi» o quella di archeologia all'università «La Sapienza» di Roma.
      La legislazione vigente in materia universitaria stabilisce:

          a) l'unitarietà della funzione docente svolta dai docenti delle attuali due fasce;

          b) l'uguale garanzia di libertà didattica e di ricerca dei professori di ruolo, ordinari e associati;

          c) che lo stato giuridico dei professori associati è disciplinato dalle norme relative ai professori ordinari.

      L'unica differenza in materia di stato giuridico tra i professori delle due fasce è, pertanto, attualmente costituita dalla riserva ai professori ordinari dell'elettorato passivo per l'accesso a specifiche cariche accademiche tassativamente elencate (articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, recante il riordinamento della docenza universitaria).
      Tali incarichi, però, da un lato sono elettivi e riservati non ai professori ordinari, ma solo a quelli a tempo pieno, e, dall'altro, non differenziano l'unica effettiva e identica funzione docente svolta dai professori ordinari e associati. Ne consegue che questa sola differenza non può giustificare un diverso sostanziale trattamento giuridico tra le due fasce docenti. A parità di mansioni e di anzianità si registra un'ingiustificabile differenza di trattamento retributivo tra i professori associati e quelli ordinari.
      L'adeguamento dell'offerta formativa alle esigenze del mondo del lavoro, pur nei limiti di una riforma che ha rivelato grosse criticità soprattutto in alcune facoltà, ha portato una moltiplicazione di corsi e di competenze particolari che hanno richiesto un impegno sempre più intenso a tutte le componenti della docenza, dal professore ordinario al ricercatore universitario, molto spesso a discapito dell'impegno nella ricerca, evidenziando anche la necessità di un numero sempre crescente di docenti. Il soddisfacimento di tale necessità ha avuto un ulteriore supporto nell'uso sempre più massiccio dei contratti esterni di docenza che, nati come un utile strumento di assicurazione di competenze professionali

 

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particolari, assenti nelle università, si sono trasformati nell'unica possibilità di copertura didattica per tutte quelle facoltà con carenze di organico e con un numero ragguardevole di studenti iscritti. Tali pratiche, ancorché necessarie, si sono rivelate particolarmente onerose per i già dissestati bilanci degli atenei.
      In un quadro di obiettiva difficoltà a rendere operante la riforma didattica con l'apertura di numerosi e nuovi corsi di laurea, ai ricercatori è stato richiesto di fare la loro parte: una parte che ha trasformato il ricercatore universitario in «docente a basso costo». Dal 1980 il ricercatore universitario attende il compimento del suo status giuridico, anche per porre fine alla precarizzazione cui il citato sistema piramidale lo ha posto, creandogli stati di dipendenza sia nella didattica che nella ricerca, in controtendenza rispetto alle organizzazioni universitarie di tutti i Paesi culturalmente e industrialmente più evoluti. I contratti di ricerca a tempo determinato, infatti, hanno la funzione di rimandare il momento dell'ingresso dei giovani nei ruoli della docenza con tempi da considerare inaccettabili rispetto al naturale percorso professionale di una qualsiasi carriera - già adesso la maggior parte di coloro che aspirano a entrare nel ruolo dei ricercatori è vicina alla soglia dei cinquant'anni di età. Inoltre, tali contratti non specificano e non garantiscono elementi fondamentali che consentano a un ricercatore universitario di lavorare (autonomia, accesso indipendente ai fondi di ricerca, possibilità di accedere a un'alta qualificazione) e di costruire il suo futuro (compensi, contributi, maternità eccetera). Tutto questo, insieme alla previsione di contratti della durata di tre anni rinnovabili per altri tre, previsti a seguito della vincita di un concorso per diventare professore associato o professore ordinario, non potrà che rendere inutilmente complessa la carriera universitaria, deviando l'attenzione del ricercatore universitario dal suo lavoro e, in alcuni casi, alimentando la nascita di clientelismi e di gruppi di potere. Questo fattore, insieme all'impossibilità materiale di realizzare progetti, è già ora alla base del fenomeno della «fuga dei cervelli» all'estero, dove le posizioni che prevedono un contratto a termine sono di gran lunga meglio remunerate e valorizzate. Da parte nostra c'è la convinzione che soltanto con proposte veramente innovative e senza condizionamenti legati all'esistente, l'università potrà trasformarsi profondamente ed essere pronta ad affrontare le sfide che le si presentano, soprattutto nel confronto con gli altri Paesi europei, per continuare a essere un luogo di ricerca e di innovazione tecnologica, un ruolo fortemente compromesso da politiche miopi che hanno visto e che vedono tuttora nell'università solo una fonte di spesa e non un'occasione di investimento per il futuro.
      La presente proposta di legge è coerente con i princìpi illustrati.
      In relazione alla docenza universitaria essa propone, pertanto, l'abolizione delle attuali due fasce, atteso che esse risultano prive di ogni giustificazione logica e razionale e l'istituzione del ruolo unico dei professori universitari (articolo 2), interpretando in maniera inequivocabile «l'unicità della figura docente». L'istituzione del nuovo ruolo con nuovi impegni richiede automaticamente la messa ad esaurimento delle attuali anacronistiche due fasce e la definizione di semplici regole per il transito degli attuali professori che accettano i nuovi impegni: in sede di prima attuazione della legge, gli attuali professori ordinari, nonché gli attuali professori associati con almeno nove anni di anzianità e, man mano, gli altri professori associati, alla maturazione di tale anzianità, con conseguente valorizzazione del concetto di esperienza, divenuto imprescindibile nella più moderna metodologia didattico-scientifica.
      La figura del ricercatore universitario, nata con il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, riveste, come precedentemente ribadito, ancora più oggi, un ruolo importante nell'università come soggetto nella ricerca e nell'innovazione, specialmente in quelle facoltà votate più di altre all'impegno nella ricerca scientifica e tecnologica. Attualmente
 

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in Italia ci sono oltre 30.000 ricercatori universitari in un corpo docente di oltre 60.000 unità: essi sono gli artefici della maggioranza della produzione scientifica degli atenei (considerando il personale strutturato).
      Abbiamo ritenuto doveroso istituire il ruolo dei ricercatori universitari (articolo 23), attraverso la regolazione del reclutamento, della progressione meritocratica in carriera, della mobilità, nonché dei diritti e dei doveri del ricercatore, prevedendo tre diversi profili di avanzamento nella carriera: il ricercatore, il primo ricercatore e il dirigente della ricerca.
      Procedendo nell'illustrazione degli articoli in ordine progressivo, si segnalano di seguito quelli maggiormente caratterizzanti la proposta di legge.
      L'articolo 3 prevede l'inquadramento dei docenti nei vari segmenti della struttura formativa delle università (laurea triennale, laurea specialistica e formazione post-universitaria).
      L'articolo 4 prevede la progressione di carriera in sei classi da conseguire a seguito di valutazioni periodiche complessive dell'attività svolta, allo scopo di stimolare e di accrescere le motivazioni e la produttività dei professori.
      L'articolo 5 definisce lo status giuridico dei professori universitari di ruolo. Esso delinea i compiti dei professori universitari, prevedendo obblighi di ricerca pienamente documentati. La lettera c) del comma 2 prevede che, a determinate condizioni e a seguito di valutazione comparativa, possano essere concessi ai professori periodi di congedo retribuiti e computabili per intero ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e di previdenza, da dedicare allo studio e alla ricerca.
      Le lettere d) ed e) del medesimo comma 2 prevedono la possibilità di distacco presso soggetti terzi per attività di ricerca nonché di svolgere compiti di assistenza sanitaria.
      Nel comma 5 vengono disciplinati ulteriori aspetti dell'impegno didattico. Esso è determinato dagli organismi didattici per ciascun docente ed è svolto nell'ambito del settore disciplinare di inquadramento e della facoltà di afferenza, ovvero anche in settori affini e in facoltà diverse da quelle di afferenza.
      L'articolo 6 abolisce di fatto la distinzione tra tempo pieno e tempo definito, prevedendo non solo un più ampio impegno nell'attività didattica, ma anche specifici impegni di ricerca, compiti preparatori, organizzativi e di verifica, un costante aggiornamento scientifico e la partecipazione alla vita dell'ateneo e delle sue strutture. L'attività dei docenti è quantitativamente documentata da un registro annuale, predisposto da ciascun ateneo in conformità ai propri statuti e regolamenti, da consegnare alle autorità accademiche competenti entro il 31 dicembre di ciascun anno. La mancata consegna di tale registro comporta l'irrogazione della sanzione della censura. L'attività didattica è un servizio che si rivolge agli studenti. Conseguentemente il dovere che si deve porre a carico del professore è quello di svolgere tale servizio in modo idoneo, dedicando a esso tutto il tempo che occorre, ma ovviamente non al di là di certi limiti. Si consideri che, in base alla normativa vigente, in un anno di studi universitari lo studente deve acquisire sessanta crediti, ciascuno dei quali equivale a 25 ore di lavoro di apprendimento, compreso lo studio individuale, complessivamente 1.500 ore. Se togliamo le vacanze, i giorni festivi e i giorni nei quali si svolgono esami, possono restare circa due terzi dei giorni dell'anno, ovvero 240 giorni, per lezioni, esercitazioni e seminari. Dividendo 1.500 ore per 240 giorni si arriva alla conclusione che l'apprendimento impegna lo studente per circa 6 ore e 30 minuti al giorno, delle quali almeno la metà è riservata allo studio individuale. Per l'attività cosiddetta «frontale» rimangono circa 3 ore al giorno. Se si va a modellare tale attività in base alle 120 ore, in molti casi l'apprendimento frontale dello studente supererebbe di gran lunga le 3 ore al giorno. Si possono immaginare le conseguenze: studenti che protestano perché il corso è diluito in un numero eccessivo di ore. Concludendo sul punto, rimane confermato
 

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che occorre lasciare ai consigli delle strutture didattiche di stabilire, proprio sulla base del calcolo dei crediti, quale debba essere l'impegno orario di ogni professore.
      L'articolo 7 prevede la possibilità di svolgere attività libero-professionali, incarichi presso le pubbliche amministrazioni e attività di docenza in favore di terzi, previa autorizzazione del rettore che accerta la compatibilità con l'adempimento dei compiti istituzionali e l'insussistenza di conflitti di interesse con l'ateneo. L'autorizzazione è revocata qualora emergano conflitti di interesse ovvero qualora le valutazioni periodiche abbiano esito negativo. I professori che, previa autorizzazione, svolgano attività libero-professionale non saltuaria o assumano incarichi particolarmente impegnativi in termini di tempo, sottoscrivono con l'università di appartenenza, secondo modalità deliberate da ciascun ateneo, un contratto di diritto privato che prevede la riduzione del carico didattico di cui all'articolo 6 dal 40 al 60 per cento e la contestuale riduzione del trattamento economico nella stessa percentuale. In vigenza di tale contratto, il comma 3, lettera b), stabilisce che i professori non possono ricoprire cariche accademiche.
      L'articolo 8 introduce il contratto individuale di diritto privato di durata biennale, stipulato tra i professori e le università per disciplinare gli obblighi didattici e di ricerca aggiuntivi a quelli previsti all'articolo 6, la determinazione di specifici obiettivi nell'attività didattica e di ricerca, eventuali intese circa le modalità di svolgimento di attività libero-professionale e per conto dell'ateneo in favore di terzi, nonché il corrispettivo economico accessorio di tali obblighi e obiettivi. In virtù di questo contratto, il comma 2 stabilisce che non venga più erogato l'assegno per il tempo pieno.
      L'articolo 9 ridisciplina il trattamento economico dei professori, cui corrisponde il trattamento attribuito alla neo-figura del ricercatore universitario, inquadrato, ai sensi della legge in un ruolo unico.
      Lo stipendio viene completamente ristrutturato, comprendendo una parte fissa e una parte variabile. La parte fissa comprende le seguenti voci:

          a) lo stipendio tabellare, comprensivo dello stipendio base, dell'indennità integrativa speciale e della retribuzione di anzianità;

          b) l'indennità di funzione.

      La parte variabile, computata ai fini del trattamento di quiescenza, è costituita dalle seguenti voci:

          a) contratto individuale, di cui all'articolo 8;

          b) indennità di risultato;

          c) bonus meritocratico, riservato ai ricercatori.

      Tale rimodulazione delle retribuzioni è stata delineata sul modello tedesco, il quale prevede dei minimi fissati per legge, lasciando alla contrattazione individuale la definizione, in base al rendimento, di ulteriori retribuzioni, premi e incentivi. Il legame delle retribuzioni comporta scatti biennali di anzianità a partire dall'ultima classe della rispettiva progressione economica. L'articolo 36 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, in applicazione della legge n. 312 del 1980 recante il nuovo assetto retributivo-funzionale del personale statale (articoli 71 e 72), ha stabilito che, in analogia a quanto previsto per tutti i pubblici impiegati, la progressione economica dei docenti di ruolo delle università si sviluppa in otto classi biennali di stipendio, con un aumento costante in ciascuna classe dell'8 per cento rispetto allo stipendio della classe iniziale, pari a circa il 65 per cento della retribuzione del dirigente generale di livello A dello Stato (ambasciatore). Lo stipendio del professore all'ultima classe coincideva con quello dell'ambasciatore. Pertanto, se variava la retribuzione di quest'ultimo, sarebbe variata la retribuzione di tutti i professori, dalla prima all'ultima classe.
      Nel 1984, con la legge n. 79 veniva disposto che la retribuzione dell'ambasciatore

 

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si sviluppasse in otto classi biennali dell'8 per cento (poi ridotte al 6 per cento), computate sullo stipendio iniziale. Di conseguenza sarebbero dovute variare le retribuzioni dei docenti universitari.
      Purtroppo la direzione universitaria, con apposita circolare, dispose che le retribuzioni dei docenti con classe inferiore all'ottava rimanessero agganciate allo stipendio dell'ambasciatore alla classe iniziale e quindi, ogni due anni, sarebbe variato solo lo stipendio del professore all'ottava classe e non anche lo stipendio dei professori dalla prima alla settima classe: lo Stato ha pertanto risparmiato a spese di tutti i docenti con classe stipendiale inferiore all'ottava.
      La retribuzione del professore universitario, costituita da quindici classi, anziché da otto, ha portato l'opinione pubblica a credere che il docente universitario fosse stato privilegiato, essendogli attribuite quindici classi stipendiali al posto di otto. La retribuzione del professore universitario relativa all'anno corrente risulta essere inferiore di circa il 10 per cento rispetto a quella che gli sarebbe spettata applicando alla retribuzione del 1994 il coefficiente di rivalutazione dell'Istituto nazionale di statistica relativo al periodo 1994-2009. In Italia la retribuzione mensile lorda di un professore universitario ordinario (4.830-8.259 euro) è uguale a quella di un professore ordinario dei Paesi Bassi. Invece è apparentemente inferiore, solo a fine carriera, a quella di un professore ordinario del Regno Unito (6.075-6.632 euro). Tuttavia, come giustamente è stato sottolineato, «i margini superiori del range retributivo italiano creano un "effetto ottico" che ha a che vedere con la differenza tra anzianità potenziale e anzianità reale. In effetti la struttura delle carriere italiane è molto ritardata: in Italia si diventa professori, a qualsiasi livello, più tardi che altrove, per cui i livelli retributivi più alti riportati rimangono per la maggior parte dei docenti italiani semplicemente teorici, perché non si fa a tempo a raggiungere l'anzianità sufficiente».
      L'attribuzione delle indennità e del bonus meritocratico di cui all'articolo 10 tende alla promozione e alla verifica della didattica e della produzione scientifica del professore e del ricercatore di ruolo, specie con la pubblicazione, prevista nel comma 2 dell'articolo 11, delle relazioni sulla ricerca scientifica sui siti web degli atenei interessati e sul Bollettino Ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tale procedura mira, ovviamente, alla massima responsabilizzazione degli operatori universitari a tutti i livelli sia verso il mondo scientifico sia, in generale, verso il Paese, come pure alla più ampia trasparenza della vita universitaria. Chi ottiene un esito negativo per quattro anni ha la retribuzione bloccata, non può partecipare a concorsi accademici, non può ricoprire cariche accademiche e non può essere membro di commissioni di concorso o di valutazione periodica.
      L'articolo 12 affida all'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca il compito di valutare, sulla base di criteri fissati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'efficienza universitaria, relativamente alla didattica e alla ricerca.
      Tale pratica introduce una maggiore responsabilità delle singole università nell'organizzazione del lavoro dei propri docenti e ricercatori, nei limiti del rispetto della loro libertà di insegnamento e di ricerca, rendendo «costruttivamente competitivo» il confronto tra gli atenei, incentivati a raggiungere la tanto auspicata eccellenza.
      L'articolo 13 introduce il meccanismo dell'idoneità nazionale alla docenza, il cui obiettivo è il diritto a poter essere valutato sulla propria capacità scientifica e didattica e indipendentemente dalla disponibilità di ruoli nel proprio settore disciplinare.
      L'articolo 14 attribuisce all'università la potestà di indire i concorsi per la copertura di posti di professore e di ricercatore secondo modalità che saranno stabilite con un apposito regolamento adottato in conformità ai princìpi stabiliti dall'articolo 15.
 

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      Requisito per l'ammissione ai concorsi di professore o di ricercatore è il possesso dell'abilitazione scientifica di cui all'articolo 13. Nei concorsi per posti di ricercatore universitario il requisito viene individuato nel possesso di un profilo scientifico idoneo ovvero dello status di ricercatore universitario.
      L'articolo 15 affida all'autonomia delle università l'adozione di un regolamento per la definizione delle procedure concorsuali secondo i princìpi enunciati nel comma 1, nell'intento di garantire certezze dei tempi, trasparenza e pubblicità nell'espletamento del concorso.
      Il regolamento è adottato secondo le procedure previste dall'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168, limitando, peraltro, il controllo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ai soli profili di legittimità.
      L'articolo 16 si limita a confermare l'esercizio del controllo di legittimità sugli atti concorsuali in capo al rettore, in luogo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, come nella disciplina vigente.
      L'articolo 17 istituisce gli albi nazionali di idoneità alle funzioni di professore universitario e di ricercatore dei ruoli di cui all'articolo 1, articolati per singoli settori scientifico-disciplinari, in cui sono inseriti, in ordine cronologico e sulla base della graduatoria di merito di cui all'articolo 13, comma 3, e, in caso di parità, sulla base della pregressa anzianità in ruolo e, in caso di ulteriore parità, sulla base dell'anzianità anagrafica, i candidati dichiarati idonei ai sensi del medesimo articolo 13. Al comma 2 si sottolinea che l'iscrizione all'albo non comporta alcun diritto all'inquadramento nel ruolo unico dei professori o nel ruolo dei ricercatori universitari fino alla chiamata da parte di una facoltà, dipartimento o struttura universitaria e alla successiva nomina.
      L'articolo 18 disciplina la mobilità dei professori universitari consentendo esclusivamente la partecipazione ai concorsi banditi da una sede diversa da quella di servizio e facendo salva al riguardo l'autonomia degli atenei per la mobilità interna.
      L'articolo 19 prevede la pianta organica dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo, in relazione alle esigenze dei singoli atenei. Tale pianta consente di effettuare un monitoraggio serio, onde evitare che possa esservi un sovradimensionamento dei professori rispetto agli studenti, nonché dei ricercatori rispetto alla disponibilità dei laboratori e delle strutture scientifici.
      L'articolo 20 stabilisce che la distribuzione dei professori e dei ricercatori universitari del ruolo unico nelle diverse sedi universitarie e nelle diverse aree scientifico-disciplinari sia deliberata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base di determinati parametri, indicati alle lettere a), b), c) e d) del comma 1 dell'articolo in commento.
      Le disposizioni contenute negli articoli 19 e 20 sembrano mettere «sotto tutela» gli atenei, riguardo la gestione delle risorse destinate al reclutamento. In effetti tali norme non vogliono disconoscere la capacità di ragionevolezza degli atenei nell'utilizzazione delle fonti di finanziamento, indebolendo conseguentemente l'autonomia universitaria in favore di una gestione centralizzata, ma riteniamo che tali provvedimenti siano necessari fino a quando non ci sarà una riforma del sistema di finanziamento universitario: alcuni atenei, infatti, hanno fatto un uso improprio delle risorse destinate al reclutamento, facendo ricorso ad espedienti per eludere i vincoli normativi.
      L'articolo 21 dispone che le università possano stipulare contratti di diritto privato per lo svolgimento dell'attività di ricerca con dottori di ricerca ovvero con titolari di un idoneo curriculum scientifico o professionale. Il comma 2 disciplina gli obblighi derivanti dal contratto, la retribuzione e i profili di compatibilità con l'attività lavorativa eventualmente espletata dai soggetti interessati.
      Il comma 5 precisa che i contratti in argomento non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli delle università.
 

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      L'articolo 22 autorizza le università a stipulare contratti di insegnamento con i titolari dell'abilitazione di cui all'articolo 13 per lo svolgimento dell'attività per la quale è stata conseguita l'abilitazione.
      L'articolo 23 istituisce il ruolo dei ricercatori, distinto, come già rilevato, in tre diversi profili: ricercatore, primo ricercatore e dirigente di ricerca. Analogamente a quanto previsto per i professori universitari, la progressione in carriera si sviluppa in sei classi stipendiali, cui corrispondono determinati livelli, ai sensi retributivi, dell'articolo 9.
      L'articolo 24 stabilisce i diritti e i doveri (status giuridico) dei ricercatori universitari.
      Ai ricercatori universitari è garantito il diritto di partecipazione agli organi di governo dei rispettivi atenei e delle strutture universitarie. Sono assicurate le risorse per la partecipazione all'organizzazione e al coordinamento di gruppi di ricerca e delle strutture e alle procedure di programmazione della ricerca. I regolamenti dei singoli atenei (articolo 26) individuano appositi organismi di rappresentanza elettiva dei ricercatori con compiti di consulenza scientifica e di proposta sulla programmazione della ricerca. L'accesso a ciascun profilo del ruolo di cui all'articolo 23, comma 1, avviene esclusivamente previa abilitazione di idoneità e con concorso pubblico nazionale, così come disposto dagli articoli 13 e seguenti.
      Un aspetto importante disciplinato dall'articolo 24 riguarda la garanzia, da parte degli enti pubblici di ricerca, dell'autonomia dei ricercatori nello svolgimento dell'attività scientifica e di ricerca e il rispetto dei loro valori etici. I commi 4, 5 e 6 prevedono, infatti, la tutela della titolarità della ricerca svolta e dei relativi risultati, della paternità delle invenzioni conseguenti, il sostegno alle attività di diffusione dei risultati ottenuti, nonché il diritto alla partecipazione in società per lo sfruttamento economico di eventuali brevetti e al riconoscimento da parte dell'ente di appartenenza delle competenze scientifiche e professionali di ciascun ricercatore universitario.
      I commi 8 e 9 stabiliscono il diritto del ricercatore universitario di partecipare alla programmazione della ricerca e alla definizione delle azioni per il suo supporto, il suo sviluppo, il potenziamento delle interazioni con il sistema scientifico nazionale e con quelli internazionali, nonché alla trattazione di ogni problematica relativa ai diritti e ai doveri, come quelli relativi all'accesso diretto ai finanziamenti e alla rendicontazione delle relative spese. Per le seguenti finalità, gli atenei provvederanno a istituire organismi di rappresentanza su base elettiva dei ricercatori universitari.
      Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante norme in materia di stato giuridico ed economico del ruolo dei ricercatori universitari, che prevedano una carriera articolata, meccanismi di progressione e uno stato economico consono alla figura professionale del ricercatore, in conformità ai princìpi e ai criteri direttivi desumibili dalla legge.
      L'articolo 25 detta le regole per la mobilità dei ricercatori «in entrata e in uscita» dalle università e dagli enti pubblici di ricerca. Il comma 3 stabilisce che i ricercatori degli enti siano equiparati, ai fini della mobilità, ai ruoli universitari del corrispondente profilo di ricercatore, in attuazione di quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 63 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, in tema di raccordo tra università ed enti pubblici di ricerca.
      Il comma 4 prevede infine che, ai fini dell'armonizzazione della mobilità prevista dal comma 1, la contrattazione debba armonizzare il trattamento economico del personale inquadrato nei ruoli con quello previsto dall'articolo 23 per il corrispondente profilo del ricercatore universitario.
      La questione relativa a come rendere praticabile la mobilità tra i due settori della ricerca pubblica, quello universitario e quello degli enti pubblici di ricerca è un problema esclusivamente italiano. La presente proposta di legge cerca di affrontare questo problema, rendendo più omogenei
 

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i meccanismi di reclutamento dei ricercatori universitari.
      L'articolo 26 definisce le aree scientifico-disciplinari e la loro revisione periodica, cui gli enti pubblici di ricerca devono provvedere ai fini dell'armonizzazione della mobilità di cui all'articolo 25.
      L'articolo 27 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a decorrere dal 2010, un fondo integrativo per il finanziamento dei progetti di ricerca di rilevante interesse, con una dotazione annua di 200 milioni di euro. I fondi per i progetti di ricerca universitaria (comma 2) sono ripartiti tra le varie strutture organizzative di primo livello secondo criteri generali resi noti nel bilancio preventivo. L'attribuzione dei finanziamenti ai singoli gruppi di ricerca ovvero a progetti di ricerca individuale è fatta in base alla valutazione dell'interesse della ricerca proposta. Qualora si tratti di ricerche individuali e il richiedente sia in servizio presso l'ateneo da più di tre anni, è valutata anche la produttività scientifica dell'ultimo triennio secondo criteri determinati da un apposito regolamento universitario.
      L'articolo 28 contiene norme transitorie.
      In conclusione, con la presente proposta di legge si riconoscerà facilmente la dignità del docente universitario e del ricercatore universitario, non secondo uno schema burocratico fino ad ora portato avanti da una cultura che non trova più rispondenza in un contesto di modernità della nostra civiltà, ma secondo la rilevanza della dignità di essere docenti e ricercatori innanzitutto.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Disposizione generale).

      1. Per il conseguimento dei loro fini istituzionali le università si avvalgono dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo.

Art. 2.
(Istituzione del ruolo unico dei professori universitari).

      1. Il ruolo dei professori universitari è unico ed è costituito dai professori reclutati ai sensi delle disposizioni della presente legge.
      2. L'accesso al ruolo unico dei professori universitari avviene mediante pubblici concorsi su base nazionale con cadenza triennale, regolati dalle disposizioni vigenti per l'accesso alla fascia dei professori universitari ordinari.
      3. Lo stato giuridico ed economico dei professori universitari del ruolo unico è disciplinato dalle disposizioni vigenti per i professori universitari ordinari.
      4. In sede di prima attuazione della presente legge sono inquadrati nel ruolo unico di cui al presente articolo i professori universitari di ruolo della prima fascia od ordinari e i professori universitari di ruolo della seconda fascia o associati, previsti dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, i quali hanno maturato, alla data di entrata in vigore della presente legge, un'anzianità giuridica nel ruolo non inferiore a nove anni.
      5. I professori universitari associati in servizio che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non hanno maturato l'anzianità richiesta dal comma 4 conservano la posizione in ruolo e lo stato

 

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giuridico ed economico in godimento e maturano il diritto all'inquadramento nel ruolo unico dei professori universitari nella sede universitaria di appartenenza all'atto del raggiungimento di tale anzianità. La fascia dei professori universitari associati è trasformata in contingente ad esaurimento.
      6. Nelle disposizioni di legge e di regolamento vigenti, le espressioni: «professore universitario di prima fascia od ordinario» e «professore universitario di seconda fascia o associato» si intendono sostituite dalla seguente: «professore universitario di ruolo».

Art. 3.
(Inquadramento dei professori universitari di ruolo).

      1. Le università effettuano, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le operazioni di inquadramento dei professori universitari nel ruolo unico di cui all'articolo 1 della medesima legge e determinano, entro i successivi sei mesi, il relativo organico, globalmente e per ogni settore scientifico-disciplinare, ai sensi dell'articolo 17, comma 99, della legge 15 maggio 1997, n. 127, all'interno di ciascuna facoltà, nei corsi di laurea triennali, nei corsi di laurea magistrale o nei corsi per la formazione superiore post-universitaria.
      2. Gli inquadramenti di cui al comma 1 sono effettuati in relazione alle esigenze didattiche e scientifiche delle strutture di didattica e di ricerca, anche in considerazione delle tipologie e delle disponibilità delle strutture stesse, tenendo conto anche dei posti di ruolo ancora ricoperti dai professori di prima e di seconda fascia. Su richiesta dei docenti e in ragione delle esigenze delle suddette strutture, gli inquadramenti previsti dal citato comma 1 possono essere aggiornati dopo tre anni di insegnamento.
      3. Nella predisposizione del bilancio annuale le università determinano la quota da destinare per l'anno accademico

 

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successivo alle spese per il personale, tenendo conto anche degli eventuali maggiori oneri derivanti dall'inquadramento dei professori universitari in servizio. In via eccezionale e per giustificati motivi, gli eventuali maggiori oneri derivanti dall'inquadramento dei professori universitari nel ruolo unico, accertati in sede di predisposizione del bilancio preventivo, possono essere coperti, su richiesta, utilizzando le quote di riequilibrio del fondo per il finanziamento ordinario delle università.
      4. Le disposizioni della presente legge acquistano efficacia dal 1o gennaio 2010.

Art. 4.
(Progressione in carriera dei professori universitari di ruolo).

      1. La progressione in carriera dei professori universitari di ruolo si sviluppa in sei classi. Allo sviluppo in classi corrisponde la progressione economica di cui all'articolo 9.
      2. All'atto della nomina in ruolo il professore universitario è inquadrato nella prima classe; alle classi successive alla prima si accede ogni quattro anni previa procedura di valutazione ai sensi dell'articolo 11.

Art. 5.
(Status giuridico dei professori universitari di ruolo).

      1. Lo status giuridico dei professori universitari di ruolo è disciplinato, per quanto non diversamente previsto dalla presente legge, dagli articoli 7, 8, 9, 10, 13, 14, 17 e 19 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382, e successive modificazioni. Gli articoli 6, 16 e 18 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980 sono abrogati.
      2. I professori universitari di ruolo esercitano, con adeguata presenza nella sede universitaria, attività di insegnamento, con i connessi compiti preparatori,

 

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organizzativi e di verifica; provvedono a un costante aggiornamento scientifico personale; partecipano alla vita dell'ateneo e delle sue strutture; assicurano le attività di tutoraggio e di orientamento degli studenti; organizzano attività interdidattiche con il settore professionale, attraverso modalità di cooperazione con il settore pubblico e privato. In particolare essi:

          a) hanno l'obbligo di svolgere attività di ricerca scientifica, ove necessario nell'ambito del coordinamento dipartimentale o interdipartimentale e comunque nel pieno rispetto della libertà individuale di orientamento culturale e metodologico. L'attività deve essere documentata periodicamente, secondo termini e modalità determinati dai regolamenti di ateneo;

          b) hanno il diritto e il dovere di partecipare agli altri organi accademici, in conformità alle disposizioni di legge e di statuto vigenti in materia;

          c) possono fruire, compatibilmente con la programmazione delle attività didattiche e di ricerca, subordinatamente all'assolvimento degli obblighi didattici negli anni accademici precedenti e a seguito di una procedura di valutazione comparativa delle richieste, di periodi di congedo retribuito, computati per intero ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e di previdenza, per attività di ricerca, di aggiornamento scientifico e di insegnamento all'estero, nel limite massimo di due anni ogni decennio;

          d) possono essere distaccati presso soggetti terzi per lo svolgimento di attività di ricerca, e possono partecipare a società ai sensi degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e successive modificazioni;

          e) svolgono compiti di assistenza sanitaria, i cui costi sono posi a carico del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

      3. I professori universitari di ruolo sono titolari dell'elettorato attivo per ogni carica accademica e sono componenti di

 

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diritto dei consigli delle strutture didattiche e dei dipartimenti.
      4. La destinazione dei posti di ruolo, le chiamate degli idonei nonché i trasferimenti relativi ai professori universitari sono deliberati dai dipartimenti, che deliberano con la partecipazione dei medesimi professori universitari.
      5. Ferma restando l'unicità della qualifica dei professori universitari di ruolo, come definita nei commi da 1 a 3, a ogni professore universitario corrisponde uno specifico profilo di capacità professionale. Le università riservano, per le specifiche esigenze organizzative delle strutture didattico-scientifiche, l'esercizio delle funzioni di direzione e di coordinamento ai professori universitari selezionati mediante criteri stabiliti dagli statuti, basati sui meriti acquisiti e sui risultati raggiunti in attività didattico-scientifiche, in compiti organizzativi interni e nella partecipazione agli organi collegiali e di governo degli atenei e, a parità di merito, sull'anzianità di ruolo.

Art. 6.
(Carico didattico dei professori universitari di ruolo).

      1. I professori universitari di ruolo sono tenuti a dedicare al proprio insegnamento, sotto forma di lezioni e di esercitazioni di seminario, di laboratorio o di clinica, un numero di ore settimanali adeguato alla natura e alla complessità dell'insegnamento nonché a tenere lezioni settimanali almeno per tre giorni. In ogni caso, ciascun ateneo è tenuto ad assicurare un equilibrio interno per quanto concerne la diminuzione o l'aumento del carico didattico. Gli impegni didattico-scientifici sono attribuiti ai professori universitari secondo le disposizioni del regolamento didattico di ateneo e sono esercitati nell'ambito del settore scientifico-disciplinare di inquadramento o di settori affini nella facoltà di afferenza e in altre facoltà dell'ateneo, nonché in un altro ateneo o in un ente di ricerca con il quale l'università

 

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di appartenenza ha stipulato un'apposita convenzione.
      2. I professori universitari di ruolo inquadrati nei corsi di laurea triennale sono tenuti allo svolgimento di almeno sessanta ore annuali di lezioni cattedratiche e di almeno sessanta ore annuali di esercitazioni. Le sessanta ore di esercitazioni possono essere ridotte nella misura del 50 per cento quando ai docenti è affidato un secondo corso di insegnamento o un secondo modulo didattico.
      3. I professori universitari di ruolo inquadrati nei corsi di laurea magistrale sono tenuti allo svolgimento di almeno sessanta ore annuali di lezioni cattedratiche e di almeno sessanta ore annuali di attività seminariali.
      4. I professori universitari di ruolo inquadrati nei corsi di formazione superiore post-universitaria sono tenuti allo svolgimento di almeno ottanta ore annuali di attività seminariali e di almeno trenta ore annuali di lezioni cattedratiche.

      5. I docenti di cui ai commi 2, 3 e 4 sono inoltre tenuti a documentare almeno trecento ore di attività connesse agli obblighi didattici, compresa la partecipazione alle commissioni di esame e alle commissioni di laurea.
      6. L'attività dei docenti di cui al presente articolo è documentata da un registro annuale, predisposto da ciascun ateneo in conformità ai propri statuti e regolamenti, da consegnare alle autorità accademiche competenti entro il 31 dicembre di ciascun anno. La mancata consegna del registro comporta l'irrogazione della sanzione della censura.

Art. 7.
(Attività libero-professionale e altri incarichi dei professori universitari di ruolo).

      1. Fermo restando il divieto dell'esercizio dell'industria e del commercio, i professori universitari di ruolo possono esercitare, previa autorizzazione ai sensi del comma 2, attività libero-professionale, nonché svolgere incarichi per conto di

 

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amministrazioni pubbliche e attività di docenza retribuita in favore di terzi.
      2. L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal rettore che, sentiti il preside di facoltà e il direttore del dipartimento interessati, accerta la compatibilità delle attività con l'adempimento dei compiti istituzionali del professore universitario di ruolo e l'insussistenza di conflitti di interesse con l'ateneo.
      3. L'autorizzazione è revocata qualora emergano situazioni di conflitto di interesse, ovvero qualora le valutazioni di cui all'articolo 11 abbiano esito negativo. I professori universitari di ruolo che, previa autorizzazione, svolgono attività libero-professionale non saltuaria o che assumono incarichi particolarmente impegnativi in termini di tempo, sottoscrivono con l'università di appartenenza, secondo modalità deliberate da ciascun ateneo, un contratto di diritto privato che prevede la riduzione del carico didattico di cui all'articolo 6 dal 40 al 60 per cento e la contestuale riduzione del trattamento economico nella stessa percentuale. In vigenza di tale contratto:

          a) ai professori universitari non si applicano i commi da 7 a 13 dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

          b) i professori universitari non possono ricoprire cariche accademiche.

      4. Gli atenei regolano le attività professionali e gli altri incarichi dei professori universitari di ruolo in conformità ai criteri generali definiti ogni quadriennio con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo parere, espresso entro trenta giorni dalla richiesta, della Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), del Consiglio nazionale universitario (CUN), del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU) e dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e delle competenti Commissioni parlamentari.

 

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Art. 8.
(Contratti individuali di diritto privato).

      1. Le università, nell'ambito della propria autonomia statutaria, possono prevedere meccanismi di differenziazione della componente individuale della retribuzione dei professori universitari, di cui all'articolo 9. A tale fine le università possono stipulare con i professori universitari di ruolo che non svolgono attività libero-professionale né ricoprono incarichi esterni di cui all'articolo 7, un contratto individuale di diritto privato, di durata biennale, eventualmente rinnovabile, che prevede:

          a) il conseguimento di specifici obiettivi nell'attività didattica e di ricerca, correlati in modo particolare alla programmazione di ateneo;

          b) lo svolgimento di obblighi didattici e di ricerca, aggiuntivi a quelli previsti all'articolo 6;

          c) eventuali intese circa le modalità di esercizio dell'attività libero-professionale e di docenza retribuita in favore di terzi;

          d) lo svolgimento di attività per conto dell'ateneo in favore di terzi.

      2. Ai professori universitari di ruolo che sottoscrivono un contratto ai sensi del comma 1 non spetta l'assegno aggiuntivo per il tempo pieno.

Art. 9.
(Trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo).

      1. Il trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo di cui all'articolo 23 è costituito da una parte fissa e da una parte variabile.
      2. La parte di retribuzione fissa corrisponde al trattamento economico di base ed è correlata all'impegno e allo svolgimento delle attività didattiche e scientifiche

 

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di cui all'articolo 6. Essa è costituita dalle seguenti voci:

          a) stipendio tabellare, comprensivo dello stipendio base, dell'indennità integrativa speciale e della retribuzione di anzianità;

          b) indennità di funzione di cui all'articolo 10.

      3. La parte di retribuzione variabile è costituita dalle seguenti voci:

          a) contratto individuale di diritto privato di cui all'articolo 8;

          b) indennità di risultato di cui all'articolo 10;

          c) bonus meritocratico di cui all'articolo 10 riservato esclusivamente ai ricercatori universitari di ruolo.

      4. Lo stipendio base annuo, comprensivo della tredicesima mensilità e corrispondente alla sesta classe stipendiale, attribuita ai professori e ai ricercatori universitari all'atto della nomina nel rispettivo ruolo unico di cui alla presente legge, è di 50.000 euro.
      5. Il trattamento economico spettante ai professori e ai ricercatori universitari di ruolo inquadrati nella prima classe stipendiale è pari al 72 per cento dello stipendio corrisposto per l'inquadramento nell'ultima classe stipendiale.

      6. A partire dal conseguimento della seconda classe stipendiale, il trattamento economico di cui al comma 5 è incrementato del 4 per cento.
      7. Dopo il conseguimento dell'ultima classe stipendiale, la progressione economica avviene con scatti biennali di anzianità pari al 2,50 per cento.
      8. L'importo del trattamento economico stabilito ai sensi del presente articolo è sottoposto a revisione triennale, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base degli incrementi retributivi conseguiti dai dirigenti di seconda fascia appartenenti al ruolo dei dirigenti dello Stato

 

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di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
      9. In sede di prima attuazione della presente legge, i professori universitari ordinari e associati e coloro che saranno nominati nel ruolo unico di cui alla medesima legge a seguito di procedure di reclutamento già bandite alla data di cui all'articolo 3, comma 4, sono inquadrati, con decorrenza dalla predetta data, nella classe stipendiale corrispondente al trattamento economico in godimento ovvero, qualora compreso tra due classi, alla classe immediatamente superiore.
      10. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell'ambito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici del personale universitario docente e di ricerca, indicano le somme da destinare per il riequilibro del trattamento economico di cui al presente articolo.

Art. 10.
(Indennità di funzione, indennità di risultato e bonus meritocratico).

      1. L'indennità di funzione, di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b), corrisponde a un trattamento retributivo aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico che gli atenei fissano con proprio regolamento e la cui entità è determinata con apposito decreto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
      2. L'indennità di risultato, di cui all'articolo 9, comma 3, lettera b), corrisponde a un trattamento economico aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti, valutati secondo parametri di efficacia, di appropriatezza e di efficienza, nonché all'efficacia nella realizzazione dell'integrazione tra attività didattica e scientifica, ai sensi dell'articolo 11.
      3. Il bonus meritocratico di cui all'articolo 9, comma 3, lettera c), è pari a tre classi di stipendio ed è elargito fino a un

 

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massimo di tre volte nel corso della carriera esclusivamente ai ricercatori universitari di ruolo di cui all'articolo 23, senza pregiudizio per la fruizione dei normali scatti biennali, per l'eccellenza scientifica raggiunta nelle ricerche o nell'organizzazione e nel coordinamento di attività scientifiche. A tal fine il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca bandisce ogni quattro anni una gara di merito, indicando i criteri per la formulazione delle domande e per la formazione ed il funzionamento delle commissioni di esame. Può essere giudicato meritevole non più di un terzo degli appartenenti allo stesso settore disciplinare, indipendentemente dal numero di domande presentate.

Art. 11.
(Promozione e valutazione periodica dell'attività didattica e scientifica dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo).

      1. Ai fini della progressione di classe stipendiale e dell'assegnazione delle indennità di funzione e di risultato, nonché del bonus meritocratico, di cui agli articoli 9 e 10, i professori e i ricercatori universitari di ruolo sono tenuti a presentare, con cadenza triennale, ai consigli di facoltà a cui appartengono una relazione sul lavoro didattico e scientifico svolto, corredata della relativa documentazione. Tali atti devono essere depositati presso la facoltà di appartenenza e resi consultabili.
      2. Le relazioni sul lavoro scientifico svolto, individuali e collettive, predisposte dalle facoltà universitarie e dagli atenei, sono pubblicate sui siti web dei singoli atenei interessati, nonché sul Bollettino Ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      3. La produttività scientifica dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo, unitamente ad una valutazione di qualità, efficacia ed efficienza della didattica, costituiscono parte integrante della valutazione triennale delle università di cui all'articolo 12.

 

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      4. I professori e i ricercatori universitari di ruolo che al termine della valutazione effettuata ai sensi del presente articolo riportano un giudizio negativo sono soggetti al blocco della carriera e dello stipendio e non possono presentare, per il successivo quadriennio, domanda per l'ottenimento di fondi da parte di enti pubblici di ricerca, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di università e di amministrazioni locali. In particolare, nel medesimo quadriennio, i professori universitari non possono ricoprire le funzioni di rettore, di preside, di presidente di consiglio di corso di laurea, di direttore di dipartimento o di istituto ovvero di scuole di specializzazione, né possono essere membri di commissioni di esame nei pubblici concorsi per posti di professore o di ricercatore universitario di ruolo. In caso di reiterato giudizio negativo, i professori e i ricercatori universitari di ruolo sono trasferiti ad altre carriere del pubblico impiego secondo criteri stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale dei settori interessati e il CUN.

Art. 12.
(Valutazione dell'efficienza delle università).

      1. Ogni tre anni è effettuata una valutazione dell'efficienza delle singole università, considerate nelle loro articolazioni interne in facoltà e in dipartimenti.
      2. La valutazione di cui al comma 1 è effettuata in relazione alla didattica e alla ricerca, sulla base di criteri fissati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in modo anche differenziato secondo le diverse aree scientifico-disciplinari. Tali criteri devono comunque comprendere l'entità della didattica effettuata e la qualità della medesima, valutata in maniera vincolante anche dagli studenti, nonché i risultati dell'attività di ricerca sotto il profilo quantitativo e qualitativo

 

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in relazione a standard internazionali.
      3. I dati sulla valutazione delle attività delle università effettuate ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmessi dall'ANVUR al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      4. In relazione ai risultati della valutazione effettuata ai sensi del presente articolo, sono applicati parametri correttivi per la destinazione delle risorse finanziarie alle singole università. In merito, l'ANVUR formula le relative proposte al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Art. 13.
(Abilitazione per l'ammissione ai concorsi a posti di professore e di ricercatore universitari di ruolo).

      1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il CUN e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, determina con uno o più decreti, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le norme relative alle procedure per il conseguimento dell'abilitazione per l'ammissione ai concorsi a posti di professore e di ricercatore universitari di ruolo, distinti per settori scientifico-disciplinari e scientifico-tecnologici.
      2. I decreti di cui al comma 1 devono comunque prevedere:

          a) l'articolazione delle procedure di cui al comma 1;

          b) le modalità e le procedure per la formazione delle commissioni di abilitazione, assicurando in ogni caso l'elettività dei componenti, la loro esclusiva appartenenza alla comunità scientifica e tecnologica nazionale ed eventualmente internazionale, la durata biennale e la non rinnovabilità del mandato;

          c) i termini entro i quali le commissioni devono esprimere il proprio giudizio su ciascun candidato, nonché le condizioni e le modalità per la revoca e per la sostituzione dei commissari;

 

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          d) le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni, compresi i giudizi espressi su ciascun candidato dai singoli commissari;

          e) le modalità e i termini per la presentazione delle domande di ammissione al giudizio di abilitazione;

          f) i criteri generali, preventivi e resi pubblici, in base ai quali le commissioni sono tenute a operare, comprese le modalità di individuazione dei titoli in relazione ai diversi settori scientifico-disciplinari e scientifico-tecnologici e la loro valutazione;

          g) la determinazione di requisiti scientifici e professionali minimi per l'ammissione al giudizio di abilitazione, nonché dei criteri per l'utilizzazione, ai fini della valutazione dei titoli, di indicatori riconosciuti in ambito scientifico internazionale.

      3. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede, altresì, alla definizione di una graduatoria degli idonei sulla base del numero di giudizi positivi ricevuti da ciascun candidato. I giudizi formulati dai singoli commissari sono pubblicati sul sito web dei singoli atenei interessati, nonché sul Bollettino Ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Art. 14.
(Copertura dei posti vacanti nei settori della didattica e della ricerca).

      1. Alla copertura dei posti vacanti di professore e di ricercatore universitari di ruolo, per i quali è prevista la relativa copertura finanziaria, le università provvedono mediante pubblico concorso secondo procedure da determinare, nell'ambito della loro autonomia statutaria e regolamentare, in conformità alle disposizioni della presente legge.

      2. Ai pubblici concorsi per professore universitario di ruolo sono ammessi, rispettivamente, i professori universitari ordinari e associati in servizio presso le

 

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università italiane e gli studiosi italiani e stranieri in possesso dell'abilitazione di cui all'articolo 13.
      3. I soggetti di cui al comma 2 possono concorrere solo per posti banditi da un ateneo diverso da quello di appartenenza.
      4. Ai concorsi per la selezione ai diversi profili di ricercatore universitario di ruolo di cui all'articolo 23 possono partecipare i ricercatori universitari in servizio presso le università italiane, i professori e gli studiosi italiani e stranieri in possesso di adeguata qualificazione scientifico-professionale.

Art. 15.
(Procedure concorsuali).

      1. Le università disciplinano le procedure concorsuali ai fini della copertura dei posti di cui all'articolo 14 con apposito regolamento, approvato dagli organi competenti, in conformità a quanto disposto dai rispettivi statuti. Il regolamento deve, in ogni caso, prevedere:

          a) l'indizione di specifici bandi per un numero determinato di posti e per settori scientifico-disciplinari;

          b) le modalità e le procedure per la formazione delle commissioni di concorso, la cui composizione deve comprendere esclusivamente membri esterni all'ateneo;

          c) l'individuazione dei membri esterni mediante sorteggio, che garantisca adeguata pubblicità delle operazioni, nell'ambito dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo di comprovata esperienza nel settore scientifico-disciplinare per il quale il concorso è bandito ed eventualmente di settori affini;

          d) i termini per l'espletamento dei concorsi, nonché le condizioni e le modalità per la revoca e per la sostituzione dei commissari;

          e) le forme di pubblicità dei lavori della commissione, compresi i giudizi espressi su ciascun candidato dai singoli commissari;

 

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          f) i criteri generali, preventivi e resi pubblici, in base ai quali le commissioni sono tenute a operare, comprese le modalità di accertamento delle capacità didattiche e della professionalità del candidato, nonché le modalità di individuazione dei titoli e delle pubblicazioni e della loro valutazione, e la relativa attribuzione del punteggio, suddiviso rispettivamente per l'attività scientifica e didattica e per l'eventuale servizio svolto nel medesimo ambito.

      2. Il regolamento di cui al comma 1 del presente articolo è adottato in conformità alle procedure previste dall'articolo 6 della legge 9 maggio 1989, n. 168. Il controllo del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, anche nella forma della richiesta motivata di riesame, è limitato ai soli profili di legittimità.
      3. I posti di professore universitario di ruolo previsti dall'organico di ciascun ateneo, che non sono coperti entro un triennio dalla vacanza mediante chiamata ovvero per trasferimento, sono soppressi ed è corrispondentemente ridotto l'organico di ateneo.

      4. I ricercatori universitari di ruolo vincitori di pubblico concorso abilitati e in attesa di occupazione sono inseriti in graduatorie nazionali di idoneità da cui le università possono attingere nel triennio intraconcorsuale.
      5. L'albo di idoneità alle funzioni di professore o di ricercatore universitario di ruolo, di cui all'articolo 17 può essere utilizzato anche per la copertura di posti resisi vacanti successivamente all'emanazione dei rispettivi bandi di concorso.

Art. 16.
(Procedure di nomina dei vincitori dei pubblici concorsi).

      1. Il rettore, esperito il controllo di legittimità degli atti di cui all'articolo 15, approva con decreto gli atti di ciascun pubblico concorso e nomina i vincitori.
      2. I vincitori di ogni singolo pubblico concorso sono assunti in servizio dall'università

 

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che ha bandito il concorso e per il relativo raggruppamento per il quale hanno concorso.
      3. Dopo la conferma in ruolo, stabilita con decreto rettorale, i professori e i ricercatori universitari di ruolo confermati sono sottoposti a un giudizio di valutazione dei risultati conseguiti nello svolgimento delle attività didattiche, scientifiche, tecnologiche e di servizio, ai sensi dell'articolo 11.

Art. 17.
(Istituzione degli albi nazionali di idoneità).

      1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca istituisce gli albi nazionali di idoneità alle funzioni di professore universitario e di ricercatore dei ruoli di cui all'articolo 1, articolati per singoli settori scientifico-disciplinari, in cui sono inseriti, in ordine cronologico e sulla base della graduatoria di merito di cui all'articolo 13, comma 3, e, in caso di parità, sulla base della pregressa anzianità in ruolo e, in caso di ulteriore parità, sulla base dell'anzianità anagrafica, i candidati dichiarati idonei ai sensi del medesimo articolo 13.
      2. L'iscrizione agli albi nazionali di cui al comma 1 non comporta alcun diritto all'inquadramento nel ruolo unico dei professori o nel ruolo dei ricercatori universitari fino alla chiamata da parte di una facoltà, di un dipartimento o di una struttura universitaria e alla successiva nomina.

Art. 18.
(Mobilità dei professori universitari).

      1. La disposizione di cui all'articolo 14, comma 3, non si applica ai concorsi per trasferimenti all'interno dell'ateneo.

 

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Art. 19.
(Pianta organica dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo).

      1. Con cadenza triennale e, in sede di prima attuazione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabilisce con proprio decreto, su parere conforme del CUN, la pianta organica dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo.
      2. Il numero totale e la distribuzione dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo sono stabiliti con legge, sentito il parere del CUN, sulla base delle motivate richieste dei senati accademici, i quali formulano tali richieste in considerazione delle esigenze della didattica universitaria e della ricerca scientifica espresse, rispettivamente, dai consigli dei corsi di laurea e dai consigli dei dipartimenti.

Art. 20.
(Criteri per la distribuzione dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo nelle sedi universitarie e nelle aree scientifico-disciplinari).

      1. La distribuzione dei professori universitari di ruolo nelle diverse sedi universitarie e nelle diverse aree scientifico-disciplinari è stabilita dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con cadenza triennale, sentito il parere del CUN, in base ai seguenti parametri:

          a) il rapporto numerico tra i professori universitari e la media degli iscritti dell'ultimo triennio non può superare per nessun ateneo il rapporto uno a trenta né essere inferiore al rapporto uno a dieci;

          b) l'assegnazione dei professori universitari per le diverse aree scientifico-disciplinari deve avvenire sulla base dell'addensamento numerico degli studenti quale risulta dagli esami sostenuti nell'ultimo triennio;

 

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          c) un'aliquota del 20 per cento dei posti disponibili può essere attribuita, in deroga a quanto disposto dalle lettere a) e b), in base ai piani di sviluppo della ricerca presentati dai dipartimenti ai quali è riconosciuto il carattere di rilevante interesse per lo sviluppo della ricerca scientifica oppure per l'istituzione di nuove sedi o di nuovi corsi di laurea;

          d) il numero dei professori o dei ricercatori universitari assunti ai sensi degli articoli 21 e 22 non può essere superiore a un terzo del totale dei professori universitari di ruolo.

Art. 21.
(Contratti di diritto privato per attività di ricerca).

      1. Le università, secondo le norme stabilite dai rispettivi statuti e con i vincoli derivanti dalle disponibilità di bilancio, possono stipulare contratti di diritto privato, la cui durata non può comunque complessivamente eccedere i quattro anni, rinnovabili una sola volta, per lo svolgimento di attività di ricerca. Tali contratti sono riservati ai possessori del titolo di dottorato di ricerca o di un curriculum scientifico-professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca, con esclusione dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo.
      2. I contratti di cui al comma 1 stabiliscono obblighi e retribuzione. Essi danno luogo a rapporti di lavoro subordinato, anche a tempo parziale. Il contratto non è compatibile con la partecipazione a corsi di dottorato di ricerca. Il titolare di un contratto in servizio presso amministrazioni pubbliche ha diritto al mantenimento del posto con o senza corresponsione di assegni. Non è ammesso il contemporaneo pagamento della retribuzione contrattuale e dello stipendio.
      3. Le università sono altresì autorizzate a stipulare, per specifiche prestazioni previste da programmi di ricerca, appositi contratti ai sensi degli articoli 2222 e seguenti del codice civile, compatibili anche

 

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con rapporti di lavoro subordinato presso amministrazioni dello Stato ed enti di ricerca pubblici e privati.
      4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano anche agli enti pubblici di ricerca.
      5. I contratti di cui al presente articolo non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli previsti dalla presente legge.

Art. 22.
(Contratti di insegnamento).

      1. Le università, secondo le norme stabilite dai rispettivi statuti e con i vincoli derivanti dalle disponibilità di bilancio, possono stipulare contratti di diritto privato con i titolari dell'abilitazione di cui all'articolo 13, iscritti all'albo nazionale di cui all'articolo 17, per lo svolgimento di attività di insegnamento, per la quale hanno conseguito l'abilitazione per l'ammissione ai pubblici concorsi banditi ai sensi degli articoli 14 e seguenti.
      2. I contratti di cui al comma 1, di durata quadriennale, rinnovabili una sola volta, stabiliscono obblighi e retribuzione. Quest'ultima non può comunque eccedere il trattamento in atto rispettivamente per i professori universitari di ruolo. Il titolare di un contratto in servizio presso amministrazioni pubbliche ha diritto al mantenimento del posto senza corresponsione di assegni.

Art. 23.
(Istituzione del ruolo dei ricercatori universitari).

      1. È istituito il ruolo dei ricercatori universitari.
      2. Il ruolo di cui al comma 1 è articolato nei tre diversi profili di ricercatore universitario, primo ricercatore universitario e di dirigente di ricerca universitario, corrispondenti ai diversi livelli di maturazione delle competenze scientifiche e di ricerca.

 

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      3. La progressione in carriera dei ricercatori universitari si sviluppa rispettivamente in sei classi stipendiali. Allo sviluppo in classi stipendiali corrisponde la progressione economica di cui all'articolo 9. All'atto della nomina in ruolo si è inquadrati nella prima classe stipendiale del ruolo con la rispettiva qualifica iniziale di ricercatore universitario. Alle classi successive alla prima si accede previa valutazione ai sensi dell'articolo 11.
      4. L'accesso al profilo di primo ricercatore universitario si ottiene al conseguimento della terza classe stipendiale del rispettivo ruolo.
      5. L'accesso al ruolo di dirigente di ricerca universitario si ottiene al conseguimento della quinta classe stipendiale del rispettivo ruolo
      6. Ogni ricercatore universitario è inquadrato in un'area scientifico-disciplinare. Le relative affinità sono stabilite dal senato accademico.

Art. 24.
(Status giuridico dei ricercatori universitari di ruolo).

      1. Ai ricercatori universitari di ruolo sono garantiti la libertà di ricerca e l'autonomia professionale, nonché il rispetto dei valori etici individuali.
      2. Relativamente alle ricerche programmate nell'ambito del dipartimento di appartenenza o nelle strutture universitarie, i ricercatori universitari di ruolo sono tenuti a svolgere le attività necessarie al conseguimento degli obiettivi previsti, secondo le rispettive competenze e ferma restando la libertà di impostazione culturale e metodologica della ricerca. Sono fatti salvi i casi di obiezione di coscienza.
      3. I ricercatori universitari di ruolo hanno facoltà di svolgere ricerca libera, nel rispetto degli impegni relativi alla ricerca programmata. Le università favoriscono, inoltre, la partecipazione dei ricercatori universitari ad attività finalizzate allo sviluppo delle competenze scientifiche e all'arricchimento culturale, all'aggiornamento,

 

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allo studio e alla collaborazione scientifica presso gli enti di ricerca in Italia e all'estero.
      4. I ricercatori universitari hanno diritto a pubblicare a diffondere i risultati delle loro ricerche. I regolamenti universitari disciplinano le modalità, le situazioni, i tempi e le motivazioni attraverso i quali possono essere posti vincoli di riservatezza o di segretezza su programmi, ricerche e risultati.
      5. I regolamenti universitari prevedono, altresì, la disciplina di eventuali controversie su diritti d'autore, di invenzione e di brevetti. I diritti morali e patrimoniali relativi alle opere e alle invenzioni dei ricercatori universitari di ruolo prodotte durante l'attività di ricerca sono riconosciuti nella misura e secondo modalità definite dai regolamenti universitari e dalle disposizioni vigenti in materia.
      6. I ricercatori universitari di ruolo, singoli o associati, sono titolari della ricerca di cui sono responsabili e sono autonomi nella gestione di spesa, nell'ambito dei regolamenti universitari contabili. L'università di appartenenza garantisce le risorse necessarie allo svolgimento delle attività programmate, secondo criteri di pari opportunità e condizioni; inoltre i singoli atenei favoriscono, per le attività di ricerca, l'accesso ai programmi e alle fonti di finanziamento nazionali e internazionali. I ricercatori universitari, nell'ambito del dipartimento o della struttura di appartenenza, sono tenuti alla documentazione dei risultati e alla rendicontazione della spesa delle attività di ricerca.
      7. I regolamenti universitari disciplinano l'utilizzo di periodi di congedo retribuito o di aspettativa per studio ovvero per collaborazione scientifica o professionale con altri enti di ricerca, anche stranieri e privati.
      8. Ai ricercatori universitari di ruolo è garantito il diritto di partecipazione agli organi di governo dei rispettivi atenei e delle strutture universitarie. Sono assicurate le risorse per la partecipazione all'organizzazione e al coordinamento di gruppi di ricerca e delle strutture scientifiche
 

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e alle procedure di programmazione della ricerca.
      9. I regolamenti universitari individuano appositi organismi di rappresentanza elettiva dei ricercatori con compiti di consulenza scientifica e di proposta sulla programmazione della ricerca.
      10. L'accesso a ciascun profilo del ruolo di cui al comma 2 del presente articolo avviene esclusivamente previa abilitazione di idoneità e con pubblico concorso nazionale, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 13 e seguenti.
      11. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante norme in materia di stato giuridico ed economico del ruolo dei ricercatori universitari, prevedendo una carriera articolata, meccanismi di progressione ed uno stato economico consono alla figura professionale del ricercatore universitario, in conformità ai princìpi e criteri direttivi desumibili dalla presente legge.

Art. 25.
(Mobilità dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca).

      1. Le università possono, con l'osservanza delle norme sul trasferimento dei ricercatori universitari di ruolo, chiamare ricercatori degli enti pubblici di ricerca a ricoprire posti del corrispondente profilo. Gli enti pubblici di ricerca possono, con l'osservanza delle norme sul trasferimento dei ricercatori degli enti di ricerca, chiamare ricercatori universitari di ruolo a ricoprire posti delle corrispondenti fasce.
      2. Gli enti pubblici di ricerca, ai fini della mobilità dei rispettivi ricercatori tra i medesimi enti, possono applicare le disposizioni del comma 1.
      3. I ricercatori degli enti pubblici di ricerca sono equiparati, ai fini della mobilità, ai ruoli universitari del corrispondente profilo di ricercatore, in attuazione di quanto previsto dal secondo comma

 

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dell'articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
      4. Ai fini della mobilità prevista dal comma 1 del presente articolo, la contrattazione provvede ad armonizzare il trattamento economico del personale inquadrato nei rispettivi ruoli con quello previsto all'articolo 23 per il corrispondente profilo del ricercatore universitario.

Art. 26.
(Definizione e revisione periodica delle aree scientifico-disciplinari degli enti pubblici di ricerca per l'armonizzazione delle procedure di mobilità).

      1. Gli enti pubblici di ricerca, con appositi regolamenti e sulla base di criteri generali determinati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono alla definizione delle aree scientifico-disciplinari determinate ai sensi dell'articolo 17, comma 99, della legge 15 maggio 1997, n. 127, procedendo alle relative procedure di revisione periodica.
      2. I regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo, fatte salve le specificità degli enti pubblici di ricerca, si conformano ai princìpi previsti dalla legge 3 luglio 1998, n. 210, per la definizione dei settori scientifico-disciplinari universitari.
      3. I regolamenti di cui al comma 1 stabiliscono, in particolare:

          a) le modalità di definizione delle aree scientifico-disciplinari;

          b) le modalità di revisione periodica delle aree scientifico-disciplinari, con cadenza temporale non inferiore a sei anni;

          c) le modalità di variazione di afferenza alle diverse aree scientifico-disciplinari su richiesta degli interessati.

      4. I regolamenti di cui al comma 1 individuano, inoltre, gli organismi scientifici preposti agli adempimenti di cui al presente articolo. Tali organismi provvedono anche a predisporre e ad aggiornare

 

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liste di esperti esterni all'ente pubblico di ricerca per ciascuna area scientifico-disciplinare ai fini dell'articolo 25.
      5. La congruenza della definizione e delle revisioni delle aree scientifico-disciplinari con i criteri generali di cui al comma 1 è verificata dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che provvede con proprio decreto a stabilire le correlazioni tra le aree scientifico-disciplinari e i settori scientifico-disciplinari universitari.
      6. L'accesso a ciascun profilo corrispondente ai profili di cui all'articolo 23, comma 2, avviene esclusivamente con concorso pubblico nazionale. I pubblici concorsi sono banditi indicando le aree scientifico-disciplinari alle quali si riferiscono. Gli enti pubblici di ricerca provvedono con propri regolamenti alla definizione delle procedure concorsuali.
      7. Fermo restando il potere di indirizzo e di direttiva dei rispettivi organi vigilanti, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede a verificare che i regolamenti di cui al comma 1 del presente articolo siano conformi ai princìpi di cui alla legge 3 luglio 1998, n. 210, e ad assicurarne l'omogeneità tra i vari enti pubblici di ricerca, anche in merito a quanto stabilito all'articolo 25 della presente legge.

Art. 27.
(Fondo integrativo per i progetti di ricerca universitaria).

      1. Per la realizzazione delle finalità di cui alla presente legge è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a decorrere dall'anno 2010 un fondo integrativo per il finanziamento dei progetti di ricerca di rilevante interesse, con una dotazione annua di 200 milioni di euro.
      2. I fondi per i progetti di ricerca universitaria sono ripartiti tra le varie strutture organizzative universitarie di primo livello secondo criteri generali resi noti nel bilancio preventivo di ciascun

 

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ateneo. L'attribuzione dei finanziamenti ai singoli gruppi di ricerca ovvero a progetti di ricerca individuale è fatta in base alla valutazione dell'interesse della ricerca proposta. Qualora si tratti di ricerche individuali e il richiedente sia in servizio presso l'ateneo da più di tre anni, è valutata anche la produttività scientifica dell'ultimo triennio secondo criteri determinati da un apposito regolamento universitario.

Art. 28.
(Norme transitorie).

      1. I professori universitari straordinari, ordinari e associati, nominati nei ruoli di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e coloro che sono nominati nelle predette fasce a seguito di procedure di reclutamento già bandite, alla data di cui all'articolo 3, comma 4, della presente legge, sono inquadrati, con decorrenza dalla medesima data, nel corrispondente ruolo di cui agli articoli 2 e 23 della medesima legge, nella classe stipendiale corrispondente al trattamento economico in godimento ovvero, qualora compreso tra due classi, alla classe immediatamente superiore.
      2. I ricercatori universitari in ruolo alla data di cui all'articolo 3, comma 4, e coloro che sono nominati nelle fasce di professore associato a seguito di procedure di reclutamento già bandite alla medesima data sono inquadrati nel ruolo unico dei professori universitari, di cui all'articolo 2, e nella classe stipendiale corrispondente al trattamento economico in godimento ovvero, qualora compreso tra due classi, alla classe immediatamente superiore.


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