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PDL 2089

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2089



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MANTINI

Modifiche agli articoli 2 e 8 e abrogazione dell'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, in materia di responsabilità civile dei magistrati

Presentata il 22 gennaio 2009


      

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Onorevoli Colleghi! - Il principio di responsabilità giuridica per i danni ingiusti determinati a terzi per dolo o per colpa grave è un cardine dell'ordinamento democratico e dello Stato di diritto.
      Questo principio deve valere per tutti, dunque anche per i magistrati che commettono errori gravi, con violazione palese di norme processuali e con travisamento della realtà dei fatti che causano spesso serie lesioni di diritti e gravissime conseguenze.
      Naturalmente non sono in discussione l'autonomia dell'attività giurisdizionale né i contenuti delle decisioni relative, che sono oggetto delle dinamiche e dei rimedi processuali previsti dai codici di rito, ma, al contrario, le condotte anomale che determinano danni ingiusti ai cittadini.
      La responsabilità dei magistrati per tali condotte non può essere solo di natura disciplinare, valutata dal Consiglio superiore della magistratura che è organo di autogoverno assai spesso influenzato dalle diverse correnti interne.
      Neppure sarebbe costituzionalmente e politicamente corretto assoggettare l'indipendenza della magistratura al Governo e agli esecutivi.
      È necessario però affiancare alla responsabilità disciplinare, in sé insufficiente, la responsabilità civile del magistrato, che commette errori rilevanti per dolo o per colpa grave, nei confronti del cittadino che ha subìto danni ingiusti.
      Nel 1987 si svolse in Italia il cosiddetto «referendum Tortora», che registrò il voto dell'80 per cento degli italiani in favore di una legge che, abrogando i vincoli legislativi allora presenti, stabilisse princìpi di responsabilità civile per i magistrati.
      Tuttavia la legge 13 aprile 1988, n. 117, che fece seguito a quel referendum, si è dimostrata a tal punto inefficace che, da quella data, si sono registrati pochissimi processi a riguardo e dagli effetti irrilevanti.
      Occorre dunque una modifica sostanziale della legge vigente per garantire effettività al principio di responsabilità civile dei magistrati, e ciò non solo nell'interesse dei cittadini, ma anche della credibilità stessa della magistratura.
      Tutti i professionisti rispondono per i danni ingiusti causati nell'esercizio delle proprie attività, così come avviene anche per i funzionari dello Stato, mentre i parlamentari dal 1993 non hanno più il filtro preventivo dell'autorizzazione a procedere per azioni nei loro confronti, a seguito della modifica dell'articolo 68 della Costituzione operata dalla legge costituzionale n. 3 del 1993.
      Perché solo per i magistrati dovrebbe essere diverso?
      Le principali modifiche alla citata legge n. 117 del 1988 previste dalla presente proposta di legge riguardano l'articolo 2 ove, tra le fattispecie di responsabilità per colpa grave, va, ad avviso del proponente, evidenziato il caso della mancata ricerca di elementi di non colpevolezza da parte del pubblico ministero, che è un principio stabilito dal codice di rito che connota la natura giurisdizionale della figura del pubblico ministero distinguendola dal mero ruolo di «avvocato dell'accusa».
      Poiché i pubblici ministeri sono dotati di risorse e di apparati di indagine sicuramente rilevanti (polizia giudiziaria, consulenti, risorse economiche e mezzi investigativi, misure incidenti sulla libertà personale eccetera), è necessario che, per non aggravare le disparità tra accusa e difesa, essi correttamente promuovano e dirigano le indagini anche nella direzione degli elementi di non colpevolezza degli indagati.
      L'altra modifica essenziale riguarda l'eliminazione del «filtro» del giudizio di ammissibilità previsto dall'articolo 5 della medesima legge n. 117 del 1988, che appesantisce oltre misura l'efficacia pratica del rimedio.
      Poiché l'azione di responsabilità è comunque rivolta verso lo Stato, in conformità dall'articolo 28 della Costituzione, e solo dalla condanna consegue un'azione di rivalsa sul magistrato colpevole, che peraltro può dare luogo ad altre tutele ove il magistrato non intervenga nel giudizio principale, appare del tutto inutile l'ulteriore cautela prevista dal citato articolo 5 che, di fatto, rende assai complessa e in sostanza impraticabile la tutela del danneggiato.
      Appare inoltre utile precisare, all'articolo 8 della stessa legge n. 117 del 1988, che la misura della rivalsa non può essere superiore a un terzo, né inferiore a un quinto dell'annualità stipendiale percepita, in modo tale da rendere più determinata l'entità della sanzione.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 3 dell'articolo 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «d-bis) la palese violazione, con condotte inescusabili, dell'obbligo previsto per il pubblico ministero di svolgere accertamenti su fatti e su circostanze in favore della persona sottoposta alle indagini, ai sensi dell'articolo 358 del codice di procedura penale».

      2. L'articolo 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, è abrogato.

      3. Al comma 3 dell'articolo 8 della legge 13 aprile 1988, n. 117, le parole: «non può superare una somma pari al terzo» sono sostituite dalle seguenti: «non può essere superiore a un terzo né inferiore a un quinto».


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