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PDL 1871

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1871



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
ARACRI, ANGELUCCI, BIANCONI, DI CAGNO ABBRESCIA, TOMMASO FOTI, GHIGLIA, HOLZMANN, LAFFRANCO, MOFFA, PROIETTI COSIMI, SIMEONI

Disposizioni per il riconoscimento di un ulteriore indennizzo ai cittadini, agli enti e alle società italiani titolari di beni, diritti e interessi perduti a seguito di provvedimenti emanati dalle autorità libiche

Presentata il 5 novembre 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Il problema degli indennizzi ai cittadini italiani che hanno subìto la confisca dei loro beni in Libia è ancora insoluto dopo quasi quarant'anni.
      Gli aventi diritto hanno fino ad ora beneficiato, dopo una modesta legge di acconto (scalare nella misura media del 15 per cento, legge n. 1066 del 1971) soltanto di alcuni provvedimenti di carattere parziale e provvisorio che, nel corso degli anni, sono stati emanati in favore di tutti i cittadini italiani per beni perduti all'estero (legge n. 16 del 1980, legge n. 135 del 1985, legge n. 98 del 1994).
      A distanza di quasi quarant'anni, non si può lasciare ancora aperta la parte relativa alle rivendicazioni patrimoniali dei cittadini italiani espulsi dalla Libia nel 1970, previa confisca dei loro beni.
      L'atto fondamentale nella sistemazione post-bellica dei rapporti italo-libici è costituito dall'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Regno Unito di Libia (con relativi scambi di note) concluso a Roma il 2 ottobre 1956 con un trattato bilaterale, e successivamente ratificato dal Parlamento italiano con la legge 17 agosto 1957, n. 843.
      L'Accordo assicurava la continuità della permanenza della comunità italiana residente nel Paese, garantendo il libero e diretto esercizio dei suoi diritti (articolo 9).
      Il cambiamento di regime, avvenuto in seguito al colpo di Stato del 1o settembre 1969, e l'ascesa del colonnello Gheddafi al potere portarono, in pochi mesi, all'adozione di misure via via più restrittive nei confronti della collettività italiana, fino al decreto di confisca del 21 luglio 1970, emanato per «restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori (...) in acconto dei danni coloniali».
      Quanto ricordato avvenne in violazione del diritto internazionale e, specificamente, del citato Accordo italo-libico del 1956, nonché delle risoluzioni dell'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) relative alla proclamazione di indipendenza che garantivano i diritti e gli interessi della comunità italiana.
      Giova ricordare che, da parte del Governo italiano, per ragioni politiche non si ritenne di sottoporre ad arbitrato la situazione determinatasi con i provvedimenti adottati dalle autorità rivoluzionarie libiche a seguito degli eventi del 1969, così come prevedeva l'articolo 17 del menzionato Accordo italo-libico del 1956. Né il Governo italiano ritenne, per le medesime valutazioni politiche, di denunciare nella sede dell'ONU quei provvedimenti delle autorità libiche così palesemente violativi della risoluzione dell'Assemblea generale del dicembre 1950.
      In tutti i successivi contatti con il Governo libico alla ricerca di un'intesa per i molti superiori interessi che legano i due Paesi, sul piano energetico, politico e commerciale in senso ampio, non risulta sia stato mai affrontato in sede bilaterale il problema del risarcimento di quei beni, diritti e interessi così illegalmente e indiscriminatamente confiscati con la citata normativa libica del 1970.
      Al contrario, con i due provvedimenti a firma del Ministro degli affari esteri italiano Dini e del suo omologo libico Muntasser nel luglio 1998, l'Italia ha definitivamente omesso di menzionare la questione relativa a questi risarcimenti, rinunciando così di fatto ad ogni possibile ulteriore pretesa.
      Al di là di ogni valutazione sulle azioni od omissioni di politica estera italiana nei confronti della Libia, da quanto esposto può trarsi la conclusione dell'obbligo sostitutivo, pieno e ineludibile del Governo italiano di risarcire, in misura integrale e comprensiva del valore degli avviamenti commerciali, degli interessi e della svalutazione monetaria, i beni, i diritti e gli interessi perduti dalla comunità italiana presente in Libia e successivamente costretta a lasciare il Paese.
      In questa direzione dopo la citata legge n. 1066 del 1971, emanata in attesa di «accordi internazionali», è stato adottato un altro provvedimento normativo italiano a beneficio dei cittadini rimpatriati dalla Libia (ci si riferisce alla legge 5 aprile 1985, n. 135, che ha ampliato e modificato la legge 26 gennaio 1980, n. 16). Si tratta, tuttavia, di provvedimenti del tutto insufficienti, poiché la cifra globale corrisposta fino ad oggi agli aventi diritto, a quasi quarant'anni dalla confisca, ammonta a circa 300 miliardi delle vecchie lire (di cui 32 miliardi circa corrisposti tra il 1972 e il 1979, in base alla legge «di acconto» n. 1066 del 1971; 86 miliardi circa corrisposti tra il 1980 e il 1985, in base alla legge n. 16 del 1980; 168 miliardi circa corrisposti tra il 1985 e il 1988, in base alla legge n. 135 del 1985, e 10-15 miliardi circa corrisposti fino al 2000, in base alla legge n. 98 del 1994).
      Partendo dal valore accertato di 400 miliardi di lire nel 1970 dei beni confiscati, risulta che con le leggi di acconto in trentotto anni è stata corrisposta una cifra che non raggiunge nemmeno il valore nominale, mentre, d'altra parte, il valore totale dell'indennizzo ancora da corrispondere è pari a circa 3 miliardi di euro, cifra insostenibile per lo Stato italiano.
      L'obiettivo della presente proposta di legge è dunque quello di chiudere la vicenda in modo simbolico, ma dignitoso, prevedendo un ulteriore coefficiente di rivalutazione pari al 3,5, con uno stanziamento di 350 milioni di euro da ripartire in più annualità. Si porrà così fine ad una ingiustizia che ha colpito una categoria di nostri concittadini che non ha certo demeritato.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Ai cittadini, agli enti e alle società di nazionalità italiana rimpatriati dalla Libia, per i quali la legge 6 dicembre 1971, n. 1066, ha previsto la concessione di anticipazioni per beni, diritti e interessi perduti a seguito dei provvedimenti emanati dalle autorità libiche a decorrere dal 1o settembre 1969, e che hanno altresì beneficiato delle disposizioni di cui alle leggi 26 gennaio 1980, n. 16, 5 aprile 1985, n. 135, e 29 gennaio 1994, n. 98, è corrisposto un ulteriore indennizzo.
      2. Ai fini della corresponsione dell'indennizzo di cui al comma 1 è fissato un ulteriore coefficiente di rivalutazione del  3,5.

Art. 2.

      1. Agli effetti dell'articolo 1 sono valide le domande già presentate dagli aventi diritto, se confermate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 3.

      1. La liquidazione degli indennizzi calcolati ai sensi dell'articolo 1 è effettuata dai competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze.

Art. 4.

      1. Le pratiche già respinte per carenza di documentazione sono prese nuovamente in esame, su domanda degli interessati, da parte della Commissione interministeriale prevista dall'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 114, al fine di acquisire ogni elemento utile integrativo della documentazione mancante.

Art. 5.

      1. Agli indennizzi corrisposti ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni dell'articolo 11 della legge 5 aprile 1985, n. 135, e dell'articolo 1, comma 4, della legge 29 gennaio 1994, n. 98.

Art. 6.

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2014, si provvede, per gli anni 2008, 2009 e 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Per gli anni dal 2011 al 2014 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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