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PDL 1415-A-bis

XVI LEGISLATURA


CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1415-290-406-1510-1555-1977-A-bis



RELAZIONE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE
(GIUSTIZIA)

presentata alla Presidenza il 20 febbraio 2009

(Relatore: PALOMBA, di minoranza)

sul

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro della giustizia
(ALFANO)

Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

Presentato il 30 giugno 2008

e sulle

PROPOSTE DI LEGGE

n. 290, d'iniziativa del deputato JANNONE

Disposizioni per l'informazione al Parlamento in materia di intercettazioni delle comunicazioni

Presentata il 29 aprile 2008


NOTA: Per il testo dei progetti di legge nn. 1415, 290, 406, 1510, 1555 e 1977 si vedano i relativi stampati.

n. 406, d'iniziativa del deputato CONTENTO

Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali e di pubblicità degli atti di indagine

Presentata il 29 aprile 2008

n. 1510, d'iniziativa dei deputati
TENAGLIA, VELTRONI, FERRANTI

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di intercettazione di conversazioni e comunicazioni e di pubblicità degli atti di indagine

Presentata il 21 luglio 2008

n. 1555, d'iniziativa dei deputati
VIETTI, RAO

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di intercettazione di conversazioni o comunicazioni e di pubblicazione di atti del procedimento penale

Presentata il 29 luglio 2008

n. 1977, d'iniziativa dei deputati
BERNARDINI, BARANI, BARBIERI, BELCASTRO, BRIGANDÌ, CASSINELLI, CAVALLARO, CESARIO, COSTA, DE CAMILLIS, DELLA VEDOVA, GAVA, JANNONE, LEHNER, MALGIERI, MANTINI, NANNICINI, NUCARA, PECORELLA, RAISI, SISTO, SPOSETTI, STRACQUADANIO, TEMPESTINI, TIDEI, TORRISI, VANNUCCI

Modifiche all'articolo 103 del codice di procedura penale e introduzione dell'articolo 35-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di garanzie di libertà del difensore

Presentata il 3 dicembre 2008


      

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Onorevoli Deputati! - La proposta alternativa che presentiamo all'attenzione del Parlamento nasce dalla necessità di impegnare le Camere in una riflessione rigorosa rispetto a diversi gravi aspetti legati al testo approvato dalla Commissione giustizia in merito alla proposta n. 1415, già assunta come testo base, recante: «Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche».
      È una assunzione di responsabilità di cui riteniamo di doverci far carico anche per rendere chiare all'opinione pubblica le scelte delle forze politiche rappresentate in parlamento.
      La nostra proposta alternativa si fonda su un primo fondamentale principio: quello secondo cui la legge in uno stato civile e democratico costituisce un fondamentale strumento di reciproco riconoscimento ed al contempo uno dei principali fattori di coesione ed inclusione sociale. Va da sé che per assolvere a questa funzione civilizzatrice è necessario assicurarne il rispetto; e dunque è doveroso garantirne l'effettività, oltre che ponendo mezzi e strumenti a disposizione dei soggetti chiamati ad assicurarla, anche evitando di indebolire o deprimere gli strumenti di accertamento dei reati e di scoperta dei loro autori.
      Il rispetto della legge e l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte ad essa sono principi su cui si fonda il patto sociale, e quindi la sovranità del popolo. Anche la necessaria sfida all'integrazione, che in questi anni è apparsa come necessità ineludibile pur nella solidarietà possibile, non si può che fondare sul principio del rispetto della legge da parte di tutti, senza eccezioni.
      Onorevoli colleghi, il principio del «princeps legibus solutus» è legato ad esperienze storiche passate e superate: non può essere riproposto, né può essere imposto. Non si possono creare zone franche rispetto al dovere di rispettare la legge, né si può limitare le possibilità di indagine per ottenere, di fatto, impunità di qualsiasi tipo il presente testo vuole essere perciò alternativo al tentativo di introdurre in Italia, di diritto e di fatto, l'affermazione della possibilità di scappatoie vincenti dinanzi all'obbligo del rispetto della legge.
      In questi mesi nel nostro Paese è apparso sempre più evidente quanto sia necessario intervenire affinché ai cittadini sia garantito un adeguato livello di sicurezza, rafforzando i meccanismi e gli strumenti di contrasto alla criminalità e non indebolendoli seriamente, come fa il testo in discussione.
      Continuare a soffiare sul fuoco dell'emergenza sicurezza senza fare nulla per affrontarla seriamente, ed anzi proponendo norme che di fatto depotenziano le possibilità di intervento della magistratura e delle forze dell'ordine, è una contraddizione inaccettabile. «Giocare con la paura» da parte di chi governa può essere estremamente pericoloso, tanto più se poi non si pongono in essere interventi atti a prevenire ed a reprimere effettivamente i gravi crimini che generano forte insicurezza ed allarme sociale. Così facendo si possono provocare ferite profonde nel tessuto sociale e minare le stesse ragioni ideali della convivenza civile nel nostro paese, inducendo modelli di sicurezza e di difesa sociale inaccettabili quali il ricorso alle ronde ovvero agli «sceriffi» locali o all'esercito.
      Mentre nel Paese si avverte forte la necessità di interventi a sostegno della giustizia e delle forze dell'ordine, la maggioranza di governo riduce gli stanziamenti per le forze dell'ordine e propone con il disegno di legge n. 1415 gravi limitazioni alle possibilità di indagine della magistratura!
      Perciò Italia dei Valori contrasta con fermezza la proposta della Commissione, peraltro avversata recisamente anche nelle tante audizioni di avvocati, magistrati, compreso il procuratore nazionale antimafia, operatori della sicurezza, da una parte, delle organizzazioni rappresentative della stampa, dall'altra.
      La contrastiamo con decisione proprio perché essa determina da una parte l'abbassamento della guardia dello Stato, se non il suo cedimento, dinanzi alla criminalità, la quale, se fosse approvato il testo in esame, avrebbe campo più libero prima del reato e dopo sapendo che uno strumento essenziale di indagine, come l'intercettazione delle conversazioni telefoniche, praticamente diverrebbe inutilizzabile.
      Sarebbe come se la medicina, disponendo degli antibiotici o di sofisticati strumenti di diagnosi e di cura, ritornasse agli stregoni, ai palliativi o ai placebo. O, per riferirsi alla grave limitazione dei tempi di intercettazione, potesse usare il bisturi solo per pochi minuti in interventi che ne richiedono l'uso per ore.
      Dall'altra parte, oscurando l'informazione e minacciando pesantemente i giornalisti con ammonimenti e sanzioni, determina il buio della democrazia, quale esiste solo nei regimi autoritari.
      Con il nostro testo alternativo vogliamo denunziare in maniera chiara l'evidente contraddizione del Governo e della maggioranza tra richiesta-offerta di sicurezza, peraltro solo declamata, e l'opposta scelta di depotenziare i mezzi che la consentono. Con il testo in esame, infatti, mentre - con una buona dose di ipocrisia - da una parte si amplia la platea dei reati per i quali è consentita l'intercettazione, dall'altra questa viene resa pressoché impossibile con una serie di norme-sbarramento che ergono un vero e proprio muro alla praticabilità dello strumento di ricerca della prova.
      Come si farà a reprimere i casi di violenza sessuale, di corruzione (denunciata dalla stessa Corte dei Conti come crescente e mai finita), le rapine, le estorsioni, perfino gli omicidi, con i tanti, troppi ostacoli frapposti a tali operazioni? La criminalità ringrazierà.
      E come faranno partiti come AN e Lega, che a parole dicono di voler garantire la sicurezza, a giustificare dinanzi ai loro elettori il voto favorevole ad un testo che in realtà tutto fa fuorché consentire la repressione dei reati? E già si avvertono forti scricchiolii nella maggioranza per un'insofferenza dinanzi ad un testo che deprime la difesa sociale e sul quale le stesse maggioranze nelle Commissioni che hanno espresso il parere hanno svolto severe contestazioni, come quelle rappresentate dalle Commissioni Affari Costituzionali, Cultura e Affari sociali.
      Onorevoli colleghi, la proposta di un testo alternativo nasce parimenti dalla necessità di resistere dinanzi ad un testo intriso di violazioni non solo dello spirito della Costituzione, ma anche di molteplici e specifiche disposizioni contenute nella nostra Carta fondamentale. In questo senso la proposizione di un testo alternativo ha anche il compito di ribadire quanto sia necessario difendere la nostra Costituzione e mantenerla quale insostituibile riferimento per l'attività del legislatore, che più di altri deve essere chiamato al suo costante rispetto.
      Il disegno di legge proposto dal governo nel testo licenziato dalla Commissione giustizia determina, invece, la lesione di diversi principi costituzionali, a cominciare da quello della ragionevolezza ex articolo 3 della Costituzione. Alcune considerazioni di carattere generale saranno esemplificative di quanto enunciato, salvo poi ad esplicitare meglio le violazioni in rapporto ad ogni singola disposizione.
      Appare, ad esempio, del tutto irragionevole considerare alla stregua di un'intercettazione telefonica e ambientale la ripresa televisiva in pubblico o l'acquisizione dei tabulati.
      Queste due tecniche sono usate ordinariamente dalla polizia giudiziaria per le verifiche preliminari e per l'identificazione delle persone su cui svolgere indagini. In particolare, la nuova disciplina precluderebbe l'uso delle telecamere nelle banche o negli stadi per individuare i facinorosi!
      È altrettanto irragionevole ed anche contrastante con qualsiasi logica investigativa, oltre che con il buon senso, richiedere lo stesso requisito investigativo, cioè i gravi indizi di colpevolezza, sia per un mezzo di ricerca della prova, le intercettazioni, sia per l'atto che di quella ricerca dovrebbe essere l'esito: l'eventuale misura cautelare o il rinvio a giudizio. L'introduzione di questo assurdo principio porterebbe non solo a non poter svolgere le intercettazioni, ma neanche ad emettere misure cautelari, anche quando fossero palesemente necessarie per la sicurezza dei cittadini, o a disporre il rinvio a giudizio.
      Il testo proposto dal Governo è contrastante anche con l'obbligatorietà dell'azione penale. Secondo quanto proposto, infatti, gli organi della pubblica accusa e le forze di polizia potrebbero solo svolgere indagini di stampo ottocentesco, mediante testimonianze e raccolta di prove documentali che, dinanzi al livello anche tecnologico a disposizione della criminalità organizzata ed economica di oggi, significherebbero combattere con le pietre contro armi sofisticate.
      Si avrebbe, in buona sostanza, la privazione di ogni effettività del precetto sulla obbligatorietà dell'azione penale. Ma, onorevoli colleghi, se viene svuotato il significato di quel principio, è svilito anche il diritto della vittima a chiedere giustizia che invece le assicura l'articolo 24 della Costituzione, che risulterebbe perciò conseguentemente violato se il disegno di legge proposto dalla Commissione fosse approvato.
      Rinunciando a svolgere le intercettazioni, o rendendole estremamente difficili e del tutto residuali, lo Stato rinuncia all'esercizio stesso della giurisdizione penale, una delle sue principali funzioni sovrane, in violazione degli artt. 1 e 2 della Costituzione.
      Appare poi necessario considerare, sempre sotto il profilo della coerenza costituzionale, un altro aspetto: quello della libertà di informazione. La disciplina proposta sugli obblighi di segretezza e di divieto di pubblicazione, con le conseguenti sanzioni, è infatti del tutto incostituzionale, poiché limita in modo sproporzionato il diritto di cronaca e non consente il controllo della pubblica opinione né sui titolari di cariche pubbliche, eventualmente oggetto d'indagine, né sui pubblici ufficiali che conducono le indagini, con grave e irreparabile danno per la trasparenza dell'esercizio delle pubbliche funzioni, sia politico-amministrative sia giudiziarie. Tutto ciò in evidente contrasto con l'articolo 21 della nostra Costituzione.
      Sempre con riferimento al rispetto dei principi costituzionali è ora necessario soffermarsi sui singoli precetti violati con riferimento agli specifici aspetti della proposta in esame.
      Orbene, l'articolo 1, comma 2, dice che «se il magistrato risulta iscritto nel registro degli indagati» il capo dell'ufficio provvede alla sua sostituzione ai sensi dell'articolo 53, c. 2, del codice di procedura penale».
      In questo modo l'indagato può denunciare, anche in maniera del tutto strumentale, il pubblico ministero che indaga su di lui e, per l'obbligatorietà dell'immediata iscrizione nel registro degli indagati ai sensi dell'articolo 335 dello stesso codice, automaticamente ottenerne la rimozione dall'incarico. Questa disposizione contrasta in maniera evidente con il combinato disposto di alcuni articoli della costituzione:

          l'articolo 25, 1o comma (dal quale si desume il principio per il quale il giudice precostituito per legge non può essere rimosso dalla trattazione del processo a lui affidato);

          l'articolo 107, 1 e 4 comma, per il quale i magistrati (compreso il P.M.) sono inamovibili per motivi diversi da quelli previsti nell'ordinamento giudiziario (e la norma in esame esula da tale previsione) ed al P.M. sono assicurate le garanzie stabilite dall'ordinamento giudiziario (e nessuna norma prevede che l'indagato possa escludere unilateralmente dal processo un pubblico ministero);

          l'articolo 112, per il quale il pubblico ministero designato ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, non potendo esserne distratto «ad libitum» dalla persona nei confronti della quale sono in corso le indagini finalizzate all'esercizio dell'azione penale medesima;

          l'articolo 27, c. 2, per il quale l'imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva, mentre la norma in questione fa discendere conseguenze sin dalla iscrizione (atto dovuto) nel registro degli indagati, e quindi senza alcun vaglio giudiziario;

          l'articolo 111, per il quale la legge assicura la ragionevole durata del processo (principio col quale contrasta la disposizione in questione, che comporterebbe la possibilità che successive ed indefinite denuncie da parte dell'indagato possano impedirne la celere conclusione a causa della rimozione dello stesso dall'indagine e della sua ripresa ad opera di altro magistrato).

      Da questi principi costituzionali combinati, che tutelano volta a volta tanto la funzione quanto chi la esercita, emerge nitidamente che è costituzionalmente illegittima ogni disposizione che consente a chi è sottoposto ad indagine o è già parte in un processo penale di determinare unilateralmente se un magistrato deve o non deve esercitare la funzione giudiziaria nei suoi confronti. Esattamente quello che propone invece il testo del disegno di legge sostenuto dalla maggioranza.
      Agli stessi motivi di incostituzionalità soggiace la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 2, lettera b), con riferimento all'ipotesi in cui «il capo dell'ufficio ed il magistrato assegnatario risultano indagati per il reato di cui all'articolo 379-bis del codice penale».
      Evidentemente affetta da illegittimità costituzionale è pure la disposizione di cui all'articolo 3, comma 1, che modifica il comma 2 dell'articolo 114 del codice di procedura penale. Essa determina il «buio tombale» su tutte le notizie comunque qualificate (pubblicazione integrale, parziale o per riassunto o del relativo contenuto) relative ad atti di indagine preliminare, «anche se non sussiste più il segreto».
      Tale disposizione contrasta in particolare con le seguenti disposizioni costituzionali:

          l'articolo 3 per irragionevolezza (ad esempio, essa contrasta con i principi del processo penale accusatorio in cui il segreto è funzionale al procedimento ed alle indagini; di modo che esso non ha più ragione di esistere quando il segreto c.d. interno non sussiste più perché gli atti sono stati portati a conoscenza delle parti). Essa, infatti, contraddice l'articolo 329, comma 1, dello stesso codice per il quale gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero sono coperti dal segreto «fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza». E contrasta con il comma 7 dell'articolo 114 per il quale «è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto»;

          l'articolo 21, che tutela il diritto di informare e di essere informati, che verrebbe vulnerato nel caso di buio assoluto su fatti talmente rilevanti da essere diventati oggetto di indagine e che potrebbero riguardare beni di primaria importanza, come la salute (recenti e drammatici casi giudiziari hanno portato all'attenzione situazioni di gravi abusi che la cittadinanza aveva il diritto di conoscere) o la libertà sessuale;

          l'articolo 10 in relazione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata dall'Italia, che a sua volta tutela appunto la libertà di espressione, la quale comprende «la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni» senza ingerenze, disposizione che la Corte europea di giustizia ha applicato con particolare energia a tutela del dovere di informare soprattutto quando le notizie riguardino i titolari di poteri pubblici (da ultimo nel «caso Dupuis»).

      L'articolo 4 presenta, poi, un'inaccettabile irragionevolezza nel comma 2 laddove prevede che le intercettazioni tra presenti possano essere effettuate solo se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa. Tale disposizione produce gravissime limitazioni all'attività di indagine in quanto impedisce forme tradizionali di intercettazione ambientale in luoghi come le caserme o i commissariati, i parlatoi o altri luoghi di ritrovo delle carceri, o altri luoghi pubblici, ove per definizione non può essere in atto alcuna attività criminosa, ovvero in cose di pertinenza di sospettati, come gli autoveicoli, nei quali non necessariamente vi è fondato motivo di ritenere che si stia svolgendo un'attività criminosa. Inoltre la medesima disposizione subordina l'autorizzazione alla sola eventualità in cui «si stia svolgendo» un'attività criminosa e non anche si sia svolta, o possa svolgersi, un'attività criminosa o anche rivolta al conseguimento del prezzo, del prodotto o del profitto della stessa.
      Tutto ciò comporta la lesione del dettato costituzionale degli articoli 1 e 2 in quanto si limitano gravemente le funzioni della giurisdizione e della sicurezza, proprie della sovranità e poste a garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, con particolare riguardo alle vittime.
      Parimenti irragionevole e lesiva delle disposizioni costituzionali sopra richiamate è la sottoposizione ad autorizzazione dell'intercettazione di «immagini mediante riprese televisive». Infatti, in tal modo si assimila, irragionevolmente ad altre, in cui c'è una captazione di conversazioni, una ipotesi in cui tale captazione non c'è, come quando si fa il c.d. «pedinamento fotografico o cinematografico» ovvero si riprendono manifestazioni sportive o tumulti, ovvero semplicemente si piazzano, per motivi di sicurezza, telecamere all'esterno di banche, supermercati o altri luoghi di afflusso. Se è vero che la giurisprudenza assimila gli elementi così acquisiti alle prove documentali e non alle intercettazioni, a maggior ragione è peregrina ed ambigua la previsione di tali operazioni accanto alle intercettazioni, per il rischio che possano essere considerate del tutto irragionevolmente assimilate alla stessa disciplina.
      Anche l'articolo 5 contiene numerose disposizioni contrarie al dettato costituzionale:

          a) la richiesta dell'esistenza di «gravi indizi di colpevolezza» come presupposto per l'autorizzazione all'intercettazione viola l'articolo 3 della Costituzione per irragionevolezza. Infatti, si tratta del medesimo presupposto richiesto dall'articolo 273 del codice di procedura penale perché taluno possa essere sottoposto a misure cautelari. Orbene, non è affatto ragionevole pretendere l'esistenza dello stesso requisito sia per l'emissione di una misura cautelare, sia per l'attivazione di un mezzo di ricerca della prova il cui risultato dovrebbe costituire elemento per la valutazione dell'esistenza del medesimo presupposto. Se non ci sono gravi indizi di colpevolezza non si possono emettere misure cautelari; se si limitano le intercettazioni non si possono acquisire i gravi indizi di colpevolezza. Si pensi ad un omicidio: scoperto il cadavere non si potrebbero disporre intercettazioni se non ci sono già gravi indizi di colpevolezza, che, se già ci fossero, legittimerebbero l'emissione di un provvedimento di misura cautelare senza necessità di intercettazioni. La ricerca della prova, comprese le intercettazioni, serve dunque ad individuare gli indagabili o ad orientare gli inquirenti verso di essi, e non ad intervenire a certezza raggiunta. Peraltro, tale limitazione rischia di vulnerare il diritto di difesa tutelato dal secondo comma dell'articolo 24 della Costituzione con riferimento ai casi in cui la difesa stessa potesse avere interesse a far emergere telefonate da essa ritenute decisive che verrebbero ad essere precluse dalla disciplina prevista nel testo portato in aula;

          b) l'estrema limitatezza del tempo in cui si possono eseguire le intercettazioni (al massimo sessanta giorni complessivi) ne limita irragionevolmente la potenzialità, sia con riferimento a quanto si diceva al punto a), sia in relazione all'obbligo di terminare le intercettazioni magari proprio nel momento nel quale si stesse venendo a capo di un'indagine per gravi reati (la mancanza di un termine è prevista solo per i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, ma non anche per tantissimi altri gravi reati, compreso l'omicidio);

          c) nei procedimenti contro ignoti l'autorizzazione è subordinata alla richiesta della persona offesa quando riguardi le utenze o i luoghi nella disponibilità di essa. In tal modo si privatizza irragionevolmente l'esercizio dell'azione penale quando, magari, si procede per gravi reati perseguibili d'ufficio. Senza contare le ipotesi di reati plurioffensivi o di reati che offendono la collettività o lo Stato e non esiste quindi una persona offesa in senso tecnico. E senza contare che spesso la persona offesa non è libera di dare il consenso o esprimere una richiesta, come quando essa stessa è vittima di reati persecutori a diverso sfondo;

          d) in tutti i suddetti casi si verifica anche la lesione del dettato costituzionale degli articoli 1 e 2 in quanto si limitano gravemente le funzioni della giurisdizione e della sicurezza, proprie della sovranità e poste a garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, con particolare riguardo alle vittime.

      Anche l'articolo 8 presenta rilievi di evidente incostituzionalità. Nel consentire l'utilizzazione di intercettazioni lecitamente disposte in altro procedimento solo per i reati previsti nell'articolo 51, comma 3-bis, e non anche per gli altri in relazione ai quali è consentita l'intercettazione, pur se gravi come la corruzione, l'estorsione o i reati di violenza in materia sessuale o il traffico illecito di sostanze stupefacenti, quella disposizione abbatte in maniera enorme le difese della collettività mediante la negativa incisione sulla sovranità e sull'esercizio delle funzioni della giurisdizione e della sicurezza.
      Un ragionamento analogo occorre svolgere per l'articolo 9 nella parte in cui fa diventare inutilizzabili le intercettazioni se il fatto risulta diversamente qualificato. Se l'intercettazione era stata legittimamente disposta ed effettuata, i suoi risultati devono essere sempre utilizzabili nello stesso procedimento anche quando le conclusioni delle indagini possano far configurare giuridicamente un fatto come diverso. Tra l'altro, diversamente facendo si determinerebbero anche delle serie ed irragionevoli diseconomie processuali: un procedimento legittimamente finora svoltosi cadrebbe nel nulla pur dopo che si fosse accertato che comunque un reato è stato commesso da parte dell'indagato.
      La disposizione dell'articolo 15, abrogativa del secondo comma dell'articolo. 147 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, determina poi una lesione del diritto all'informazione come già sopra specificato in ordine al contenuto dell'articolo 2, comma 1, in assenza di necessità di segretezza al di fuori dei casi specificamente previsti per ragioni di sicurezza o di moralità pubblica.
      L'articolo 20 contrasta, infine, con numerose disposizioni costituzionali:

          con l'articolo 110, in rapporto all'articolo 104, in quanto, facendo dipendere esclusivamente dalla decisione del ministro - e cioè dell'autorità politico-amministrativa - il concreto esercizio della giurisdizione, deborda dalla semplice organizzazione dei servizi relativi alla giustizia per incidere sull'esercizio della giurisdizione, sostanzialmente limitando l'indipendenza e l'autonomia del della magistratura. Le procure, in sostanza, dipenderebbero dal Ministro che ne potrebbe seriamente limitare l'operatività;

          con l'articolo 112 in quanto la limitatezza dei mezzi posti a disposizione degli inquirenti (ed il Ministro della giustizia potrebbe teoricamente ripartirli in modo da limitare le indagini soprattutto in particolari uffici, ove magari si indaga su potenti uomini politici o su vaste reti criminali) di fatto pone limitazioni all'esercizio dell'azione penale;

          con gli articoli 1 e 2 in quanto può aversi una grave limitazione dell'esercizio di funzioni pubbliche essenziali e sovrane quali la giurisdizione e la sicurezza, con particolare riferimento alle (potenziali) vittime.

      Onorevoli colleghi, siamo dunque di fronte ad una miriade di disposizioni che si pongono in contrasto con la costituzione. Il profilo di incostituzionalità del disegno di legge su cui la Commissione ha dato mandato al relatore di riferire in Aula è talmente marcato che si potrebbe delineare, nel suo insieme, un approccio del tutto anticostituzionale!
      E non meno pregnanti e demolitarie sono le osservazioni contenute nel parere fornito al Ministro della giustizia da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, che si intendono qui richiamate e delle quali si è tenuto doveroso conto nella redazione del testo alternativo accompagnato dalla presente relazione e nella formulazione degli emendamenti al testo proposto per l'Aula.
      È dunque su questo che, onorevoli colleghi, dobbiamo riflettere, al di là degli schieramenti di oggi. È davvero questa la disciplina che volete? Pensate di essere eterni e di governare sempre?
      Il testo alternativo proposto si ispira all'idea, propria di Italia dei Valori, che la normativa in vigore va benissimo, salvi alcuni aggiustamenti migliorativi, perché contempera al meglio le esigenze investigative e quelle garantiste, le esigenze dell'informazione con quelle di tutela della riservatezza.
      Le disposizioni da noi proposte, dando per sostanzialmente confermata l'attuale disciplina, contengono solo l'adeguamento o il rafforzamento di alcuni principi contenuti nel vigente codice di procedura penale senza incorrere in alcun vizio di illegittimità costituzionale.
      All'articolo 1 l'obbligo di astensione o la sostituzione sono conseguenti al rinvio a giudizio del magistrato per il delitto di cui all'articolo 379-bis del codice penale, e non alla semplice iscrizione nel registro degli indagati, sfuggendosi così al possibile automatismo in presenza di denuncie pretestuose da parte degli indagati.
      All'articolo 2, comma 2, si prevede la facoltà di pubblicazione nel contenuto di atti non più coperti dal segreto, in armonia con quanto previsto nell'articolo 329 sulla definizione degli atti coperti dal segreto.
      È consentita altresì la pubblicazione nel contenuto di richieste e di atti non più coperti dal segreto interno per essere stati portati a conoscenza dell'indagato o del suo difensore, quali le richieste e le ordinanze in materia di misure cautelari, consentendosi però la pubblicazione solo per riassunto delle parti inerenti intercettazioni di conversazioni.
      Si prevede, quindi, il divieto della pubblicazione e della diffusione dei nomi e dell'immagine dei magistrati solo nel corso delle indagini preliminari, essendo invece pubbliche le udienze dibattimentali.
      Si prevede, poi, il divieto di pubblicazione per gli atti relativi ad intercettazioni o a flussi comunicativi dei quali sia stata ordinata la distruzione.
      Infine, viene fatto conseguire al rinvio a giudizio, e non solo alla semplice iscrizione nel registro degli indagati, il dovere del procuratore della repubblica di informare gli organi disciplinari, alla cui autonomia viene affidata l'eventuale decisione di assumere provvedimenti secondo gli specifici ordinamenti professionali.
      All'articolo 3 si prevede l'estensione ai reati societari, fiscali e finanziari del novero dei reati per i quali può essere disposta l'intercettazione.
      Inoltre, per quanto riguarda le intercettazioni ambientali (fra presenti) si escludono limitazioni, ampliandosi anzi la previsione dei casi in cui possono essere disposte nei luoghi di cui all'articolo 614 del codice penale ai casi in cui l'attività criminosa si sia svolta o stia per svolgersi o in cui si stia conseguendo il prezzo, il prodotto o il profitto del reato.
      All'articolo 4 si rende esplicito che gli indizi possano essere desunti anche dal contenuto di conversazioni o comunicazioni intercettate nel medesimo o in altro procedimento.
      Si prevede che il pubblico ministero trasmetta al giudice per le indagini preliminari, insieme alla richiesta di autorizzazione alle intercettazioni, solo la parte del fascicolo contenente gli atti necessari, integrandolo eventualmente sulla base di una richiesta del giudice medesimo.
      Nei procedimenti contro ignoti non si prevede la richiesta della persona offesa per l'intercettazioni di utenze o nei luoghi di sua pertinenza. Si prevede che essa debba essere avvertita, salvo che ciò non pregiudichi le indagini. E si prevede che possa sempre essere la documentazione riguardante il traffico delle conversazioni o delle comunicazioni.
      Si prevede, poi, la disciplina del tempo in cui possono svolgersi le intercettazioni e delle proroghe entro il termine di scadenza delle indagini preliminari, prevedendosi altresì che l'ulteriore autorizzazione possa essere concessa anche nel provvedimento di proroga della durata delle indagini preliminari.
      Si prevede altresì che nell'attività di intercettazioni possa esservi l'ausilio di un ufficiale o di agenti di polizia giudiziaria.
      Si specifica meglio il regime di cui al comma 5 dell'articolo 267 del codice di procedura penale.
      All'articolo 5 si recepiscono alcune indicazioni contenute nel testo approvato in commissione.
      All'articolo 6 si danno disposizioni inerenti la conservazione della documentazione.
      All'articolo 7 si prevede la facoltà dei difensori di prendere visione del contenuto integrale dell'intercettazione.
      All'articolo 8 si disciplina la segretezza della documentazione inerente le intercettazioni non acquisite al procedimento o illecitamente formate.
      All'articolo 9 si specifica che le utenze del difensore possono essere intercettate se essi stessi sono sottoposti ad indagine.
      All'articolo 10 si interviene sul delitto di rivelazione illecita di segreti inerenti ad un procedimento penale.
      All'articolo 11 si interviene su modifiche alla legge sulla stampa, recependosi indicazioni contenute nel testo proposto all'Aula.
      All'articolo 12 si interviene sulle spese di gestione in materia di intercettazioni.
      All'articolo 13 si interviene su modifiche in materia di protezione dei dati personali.

(Relatore: PALOMBA, di minoranza)

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TESTO ALTERNATIVO DEL RELATORE DI MINORANZA (*)
(ai sensi dell'articolo 79, comma 12, del Regolamento)

Articolo 1.
(Modifiche all'articolo 53 del codice di procedura penale).

        1) All'articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) dopo le parole «a), b), d) ed e) aggiungere le seguenti "nonché se il magistrato è stato rinviato a giudizio per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale in relazione al procedimento assegnatogli per avere rivelato elementi coperti dal segreto»;

            b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il procuratore generale procede allo stesso modo se il capo dell'ufficio e il magistrato assegnatario risultano rinviati a giudizio per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale in relazione al procedimento trattato dal loro ufficio.

(Alternativo all'articolo 1 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 2.
(Modifica all'articolo 103 del codice di procedura penale).

        All'articolo 103 del Codice di procedura penale sono apportate le seguenti modifiche:

            a) al comma 5 sono aggiunte in fine le seguenti parole: «successivamente all'assunzione dell'incarico e salvo che non siano essi stessi sottoposti ad indagini».

(Alternativo all'articolo 2 del disegno di legge, nel testo della Commissione).


(*)  NOTA:  Nel presente testo è evidenziato, ove ricorra, con apposita indicazione in calce, il carattere alternativo dell'articolo rispetto a quello corrispondente del testo della Commissione. Gli articoli privi di indicazioni in calce devono considerarsi aggiuntivi rispetto al testo delle Commissioni. Il testo presuppone la soppressione degli articoli 9, 10, 12, 14, 15, 17, 20, 21 e 23 del testo della Commissione.

Articolo 3.
(Modifiche agli articoli 114 e 115 del codice di procedura penale).

        1. All'articolo 114 del codice di procedura penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) Al comma 2 dell'articolo 114 del codice di procedura penale, in fine, aggiungere le seguenti parole: «Ne è tuttavia consentita la pubblicazione del contenuto o per riassunto»;

            b) Dopo il comma 2 inserire il seguente: «2-bis. È consentita la pubblicazione nel contenuto delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari solo dopo che la persona sottoposta alle indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell'ordinanza stessa. Le parti che riproducono gli atti riguardanti le operazioni di cui al comma 1 dell'articolo 266 possono essere pubblicate solo per riassunto.

            c) 1-bis. Dopo il comma 6-bis dell'articolo 114 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:

        «6-ter. Durante la fase delle indagini preliminari è vietata la pubblicazione e la diffusione dei nominativi e dell'immagine dei magistrati durante la loro attività relativa ai procedimenti e processi penali loro affidati. Il divieto relativo alle immagini non si applica all'ipotesi di cui all'articolo 147, primo comma, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, nonché quando la rappresentazione dell'avvenimento non possa essere separata dall'immagine del magistrato».

            d) All'articolo 114 del codice di procedura penale, dopo il comma 7, è aggiunto il seguente: «8. È in ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione ai sensi degli articolo 269 e 271».

        2. All'articolo 115 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) Il comma 2 è sostituito dal seguente: «Con la richiesta di rinvio a giudizio per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della repubblica procedente informa immediatamente l'organo titolare del potere disciplinare per gli eventuali interventi di competenza secondo gli specifici ordinamenti professionali».

(Alternativo all'articolo 3 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 4.
(Modifica dell'articolo 266 del codice di procedura penale).

        1. L'articolo 266 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

        Art. 266. - (Limiti di ammissibilità) - 1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati:

            a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;

            b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;

            c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;

            d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;

            e) delitti di contrabbando;

          f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono;

          f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice;

          f-ter) false comunicazioni sociali, di cui all'articolo 2621 codice civile;

          f-quater) false comunicazioni sociali in danno della società dei soci o dei creditori, di cui all'articolo 2622 codice civile;

          f-quinques) operazioni in pregiudizio dei creditori, di cui all'articolo 2629 codice civile;

          f-sexties) omessa comunicazione del conflitto di interessi, di cui all'articolo 2629bis codice civile;

          f-septies) formazione fittizia del capitale, di cui all'articolo 2632;

          f-octies) infedeltà patrimoniale, di cui all'articolo 2634 codice civile;

          f-nonies) indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, di cui all'articolo 2633;

          f-decies) infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, di cui all'articolo 2635 codice civile;

          f-undecies) aggiotaggio, di cui all'articolo 2637 codice civile;

          f-dodecies) ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, di cui all'articolo 2638;

          f-terdecies) abuso di informazioni privilegiate articolo 180 del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58;

          f-quaterdecies) aggiotaggio su strumenti finanziari ex articolo 181 del D.Lgs 24 febbraio 1998 n. 58;

          f-quinquedecies) Dichiarazione infedele ex articolo 4 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

          f-sextiedecies) Omessa dichiarazione ex articolo 5 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

          f-septiedecies) Occultamento o distruzione di documenti contabili ex articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;

          f-octiedecies) Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

      2. Negli stessi casi di cui al comma 1 è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si sia svolta, si stia svolgendo o stia per svolgersi l'attività criminosa, nonché quella volta al conseguimento del prezzo, del prodotto o del profitto del reato.
      3. È sempre consentita, senza necessità di autorizzazione, la ripresa di immagini non captativa di conversazioni».

(Alternativo all'articolo 4 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 5.
(Modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale).

        1. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) al comma 1, in fine, aggiungere le parole «Gli indizi possono essere desunti anche dal contenuto di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo o in altro procedimento».

            b) Dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti:

        1-ter. Il pubblico ministero, insieme alla richiesta di autorizzazione, trasmette al giudice il fascicolo con gli atti necessari per il giudizio. A richiesta del giudice trasmette gli altri atti dell'indagine richiesti.
        1-quater. Nei procedimenti contro ignoti, la richiesta di intercettazione e la conseguente autorizzazione possono riguardare anche le utenze ed i luoghi nella disponibilità della persona offesa, che deve essere avvertita salvo che tale adempimento sia escluso dal provvedimento autorizzativo in quanto possa nuocere alle indagini. È sempre consentita l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni quando sia utile alle indagini per l'identificazione delle persone.

            c) Il comma 3 è sostituito dal seguente:

        «3. Il decreto del pubblico ministero che dispone che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di trenta giorni. Su richiesta del pubblico ministero, motivata anche dai risultati dell'intercettazione fino ad allora disposta, la durata delle operazioni può essere prorogata dal giudice, con provvedimento che deve esplicitare la sua autonoma valutazione, per un periodo di pari durata, e così via fino al compimento per la prima volta del termine per le indagini preliminari. Con il provvedimento che autorizza la proroga ai sensi dell'articolo 406, comma 1, il giudice, su richiesta dal pubblico ministero motivata dall'esigenza che non sia vanificata l'attività proficua per le indagini fino ad allora svolta, può contestualmente autorizzare la proroga anche delle intercettazioni con motivazione che faccia espresso riferimento alle specifiche esigenze di mantenere l'intercettazione quale strumento assolutamente necessario per la conclusione delle indagini».

            d) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

        «3-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo, 51, comma 3-bis e comma 3-quater, articolo 609-bis e gli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater e 600-quinques, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. La durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano gli stessi presupposti, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero ai sensi del comma 2. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa.

            e) al comma 4, in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «specificamente indicato quale responsabile del corretto adempimento delle operazioni cui non procede personalmente. Entrambi possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria»;

            f) Il comma 5 è sostituito dal seguente:

        «5. In apposito registro riservato tenuto dal procuratore della Repubblica o suo delegato sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l'ora di emissione e la data e l'ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni».

(Alternativo all'articolo 5 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 6.
(Modifiche all'articolo 268 del codice di procedura penale).

        1. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

        «1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. I verbali e i supporti delle registrazioni sono custoditi nell'archivio riservato di cui all'articolo 269.
      2. Il verbale di cui al comma 1 contiene l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e di cessazione dell'intercettazione; nel medesimo verbale sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all'ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione.
      3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d'appello. Le operazioni di ascolto sono compiute mediante gli impianti installati presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini»;

            b) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:

        «3-ter. Ai procuratori generali presso la corte d'appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3»;

            c) i commi 4, 5 e 6 sono sostituiti dai seguenti:

        «4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, comunque non inferiore a cinque giorni, salvo che il giudice, su istanza delle parti, tenuto conto del loro numero, nonché del numero e della complessità delle intercettazioni, non riconosca necessaria una proroga.
        5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza motivatamente il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la data di emissione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari.
        6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, hanno facoltà direttamente o tramite loro collaboratori autorizzati di prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere visione delle videoregistrazioni o cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche»;

            d) dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:

        «6-bis. È vietato disporre lo stralcio delle registrazioni e dei verbali prima del deposito previsto dal comma 4.
        6-ter. Scaduto il termine, il pubblico ministero trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al giudice, il quale fissa la data dell'udienza per l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche d'ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il giudice decide a norma dell'articolo 127»;

            e) i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:

        «7. Il giudice, qualora lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
      8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7».

(Alternativo all'articolo 6 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 7.
(Modifiche all'articolo 269 del codice di procedura penale).

        1. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) sostituire il comma 1 con il seguente:

        «1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in un apposito archivio riservato tenuto presso il procuratore della Repubblica, che procede o un suo delegato.»;

            b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

        «2. Salvo quanto previsto dall'articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione e delle stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al Giudice per le indagini preliminari che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il Giudice per le indagini preliminari decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127».

(Alternativo all'articolo 7 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 8.
(Modifica all'articolo 270 del codice di procedura penale).

        1. Al comma 1 dell'articolo 270 del codice di procedura penale aggiungere in fine le seguenti parole: «e non dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui siano state disposte».

(Alternativo all'articolo 8 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 9.
(Modifica all'articolo 293 del codice di procedura penale).

(Articolo 11 del testo della Commissione).

Non vengono proposti testi alternativi.

Articolo 10.
(Introduzione dell'articolo 329-bis in relazione all'obbligo del segreto per le intercettazioni).

(Articolo 13 del testo della Commissione).

Non vengono proposti testi alternativi.

Articolo 11.
(Modifiche al codice penale).

        1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

            a) l'articolo 379-bis è sostituito dal seguente:

        «Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). - Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti e a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
        Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.
        Chiunque, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale è punito con la reclusione fino a un anno.

            b) dopo l'articolo 617-sexies è inserito il seguente:

        «Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). - Chiunque mediante modalità o attività illecita prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni. Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato da pubblico servizio la pena è della reclusione da due a sei anni.»;

(Alternativo all'articolo 16 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 12.
(Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47).

(Articolo 18 del testo della Commissione).

Non vengono proposti testi alternativi.

Articolo 13.
(Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali).

        1. Dopo l'articolo 90 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale è aggiunto il seguente:

        «Art. 90-bis - (Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali). - 1. Entro il 31 marzo di ogni anno ciascun procuratore della Repubblica trasmette al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della Magistratura una relazione sulle spese di gestione e di amministrazione avente ad oggetto le intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell'anno precedente.

(Alternativo all'articolo 19 del disegno di legge, nel testo della Commissione).

Articolo 14.
(Modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196).

(Articolo 22 del testo della Commissione).

Non vengono proposti testi alternativi.


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