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PDL 1974

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1974



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GRIMOLDI, GOISIS

Modifica all'articolo 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, in materia di riserva dell'esercizio delle attività proprie della professione di psicologo

Presentata il 2 dicembre 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La maggior parte della gente comune, senza aver mai letto un libro di psicologia, senza sapere nemmeno che cosa è il metodo scientifico o avere una preparazione culturale adeguata, quando assiste ad eventi di vita quotidiana dà una spiegazione basata su osservazioni occasionali e casuali, sull'osservazione dei singoli casi, spesso non generalizzabili, o su interpretazioni individuali e soggettive. Una psicologia spicciola, non scientifica, e quindi priva di attendibilità. Non si può non riconoscere che questo modo superficiale di fare psicologia ha portato in passato ad illuminare gli aspetti sconosciuti dell'animo umano, ma è sempre mancata una «trattazione» ordinata, omogenea e completa. Un esempio di fare psicologia sono gli stereotipi, che si basano sulla tendenza ad estendere le qualità o i difetti di pochi individui a tutta una categoria; le donne sono chiacchierone, gli avvocati sono imbroglioni, i liguri sono avari, e così via. Anche i filosofi, soprattutto nel passato, si sono inoltrati nei complessi labirinti della mente e del pensiero umano basandosi unicamente sulle proprie capacità di introspezione. Quasi tutti i grandi sistemi filosofici, da Aristotele a Immanuel Kant, hanno avuto al loro interno una sezione dedicata alla psicologia. Ma anche questo modo di fare psicologia non era e non è scientifico. È mancato quasi sempre il momento della verifica, la preoccupazione di dimostrare la fondatezza delle proprie tesi. Anche se talvolta ha portato ad interessanti teorie o a spiegare molto bene certi processi mentali, nel complesso ha denotato grossi limiti. Era un modo di fare psicologia troppo fondato sul giudizio soggettivo e sulle possibilità di introspezione del singolo individuo. Inoltre, quasi sempre il pensiero dell'autore si è rivelato troppo legato alla società o frutto del tempo in cui il filosofo era vissuto.
      La psicologia scientifica non si basa, come quella filosofica, su opinioni soggettive, su «intuizioni geniali» di un singolo pensatore, ma è quella che utilizza il metodo scientifico applicandolo allo studio del comportamento umano e sociale. Tutti possono proporre degli enunciati, formulare delle teorie, ma poi devono essere capaci di dimostrarle. Né ci si può basare sull'assunto che il libro o la teoria che ha avuto più successo sia quello giusto, perché non sempre è così. Il successo di un'opera è legato al concorso di molti fattori, non ultimo il fatto di essere in sintonia con il pensiero o la cultura dominanti all'epoca in cui essa è pubblicata (o alla pubblicità che le si è data). Non sono rare le opere che sono rimaste incomprese, solo perché in anticipo sui tempi. Lo stesso libro di Freud L'interpretazione dei sogni, quando fu pubblicato, riuscì a vendere appena cinquecento copie. Non è nemmeno da prendere in considerazione l'ipotesi che lo studioso che ha più titoli accademici o che ricopre cariche di maggior prestigio è quello più attendibile. Anche se spesso, in Italia, se una cosa è detta da un ricercatore valente, ma sconosciuto, è sistematicamente ignorata, mentre se è presentata da uno dei tanti cattedratici pieni di titoli, trova subito vasta eco presso i mezzi di informazione, anche se non corrisponde a precisi criteri scientifici.
      La vera psicologia è un'altra: è quella che adotta il metodo scientifico, quella la cui preoccupazione costante è la verifica. È quella che, utilizzando il metodo delle altre scienze naturali, si preoccupa di trovare le leggi che permettono di spiegare e prevedere i fatti comportamentali.
      Il presente progetto di legge nasce da un dato oggettivo, cioè l'assoluta mancanza di coordinamento fra ordini professionali italiani in merito alle pronunce giudiziali derivanti da esposti, fatti dai vari consigli dell'ordine per esercizio abusivo della professione di psicologo.
      Certamente, dalla poca giurisprudenza in nostro possesso, si apprezza come vi sia per il magistrato procedente una difficoltà oggettiva di comprendere quali siano gli atti tipici che caratterizzano la professione di psicologo, non essendo affatto esaustiva o sufficiente la norma che regola l'esercizio della professione in senso stretto. Questo dato ha due riflessi pratici di non poco rilievo. In merito all'esercizio abusivo della professione, si apprezza come al momento stiano nascendo professioni contigue che, per mancanza di conoscenza della materia, vengono assimilate a quella di psicologo (ad esempio mediatore, esperto in reflexing, pranopsicoterapeuta eccetera). Tale situazione ingenera, sia nei potenziali pazienti che nella società, un equivoco di fondo difficilmente sanabile, posto che la professione di psicologo non può e non deve essere sostituita da attività che con tale materia non hanno nulla a che fare.       La modifica proposta all'articolo 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, intende conseguentemente specificare che l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità, nonché le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito sono atti tipici che solo lo psicologo può compiere, avendo fatto un percorso di studi che deve essere compiuto al fine dell'esercizio della professione di psicologo.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «1-bis. Lo svolgimento delle attività indicate al comma 1 è riservato agli psicologi iscritti all'albo di cui all'articolo 4».


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