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PDL 2004

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2004



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PALAGIANO, MURA, EVANGELISTI, MESSINA, ROTA, CIMADORO, DI GIUSEPPE, LEOLUCA ORLANDO, PIFFARI, RAZZI, ZAZZERA

Disposizioni concernenti la responsabilità professionale del personale sanitario nelle strutture ospedaliere e per il controllo della qualità del servizio sanitario

Presentata l'11 dicembre 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge ha l'obiettivo di regolamentare la responsabilità professionale del personale medico nelle strutture ospedaliere. Ogni anno in Italia vengono intentate migliaia di cause contro medici e strutture ospedaliere. La maggior parte di queste riguarda richieste di risarcimento di danni per errore del medico, molte altre sono cause penali. Procedimenti giudiziari che, il più delle volte, si trascinano per decenni, non portando ad alcun risultato concreto e penalizzando sia il medico che il paziente.
      L'errore professionale, per ragioni statistiche, fa parte dell'arte medica. Proprio grazie all'analisi dell'errore la professione si è evoluta e ha raggiunto quei livelli di progresso, nella tecnica e nella teoria, che oggi la caratterizzano. L'errore medico non è quindi sintomo di «malasanità», a meno che non sia conseguenza di negligenza, imprudenza o imperizia.
      In quasi tutti i Paesi d'Europa esiste una «cultura dell'errore». Nella legislazione comunitaria, infatti, a differenza di quella italiana, la responsabilità sanitaria è regolata da una normativa che definisce dettagliatamente l'atto medico. L'unico strumento di cui i medici dispongono per evitare provvedimenti restrittivi è la firma del «consenso informato» (l'autorizzazione del paziente a effettuare una qualsiasi terapia o esame dopo essere stato correttamente informato sulle caratteristiche, sulle implicazioni e sulle conseguenze della terapia o dell'esame). In Italia, il consenso informato costituisce il fondamento della liceità dell'attività sanitaria.
      Sono circa 28.000 le cause intentate ogni anno per presunti errori medici nel nostro Paese: un numero davvero elevato se riferito alla popolazione sanitaria e che contribuisce a ingolfare le già congeste aule dei nostri tribunali. Si calcola che le richieste complessive di risarcimento di danni ammontino a 2,5 miliardi di euro. Una cifra alta che comporta una conseguente lievitazione dei premi assicurativi: 500 milioni di euro è il costo complessivo dei premi assicurativi delle strutture sanitarie e 413 milioni di euro è l'esborso globale dei risarcimenti di danni per responsabilità civile da parte delle istituzioni medico-sanitarie. Secondo recenti statistiche verrebbe risarcito un malato su tre.
      Risulta oggi difficile nel nostro Paese stabilire con certezza quante delle azioni intentate contro i medici siano di natura civile e quante siano di natura penale. L'unico dato certo è che le cause aumentano a dismisura e che, in ogni caso, i due terzi dei medici vengono assolti dopo un lungo «calvario» giudiziario. Segno che, anche secondo chi giudica, l'errore professionale non deriva, nella maggior parte dei casi, da incompetenza.
      Il medico, di fronte a questo forte aumento di contenzioso giudiziario nei propri confronti, è spesso costretto a ricorrere alla cosiddetta «medicina difensiva»: quell'insieme di regole non scritte e di comportamenti che, anziché essere finalizzati alla tutela della salute del paziente, tendono alla salvaguardia giuridica del medico stesso, che non è più libero nelle scelte diagnostiche o terapeutiche.
      La medicina difensiva, inoltre, comporta un ulteriore onere per le finanze dello Stato attraverso un duplice meccanismo: l'eccessiva prescrizione di esami, indagini o trattamenti al paziente «a rischio» o la cessione della responsabilità professionale, che viene girata ad altri colleghi, afferenti a branche affini, a cui viene inviato il paziente per indagini suppletive e spesso inutili. In alcuni casi, come nella disciplina ostetrico-ginecologica, conseguenza della medicina difensiva è l'eccessivo ricorso al taglio cesareo, che, in alcune regioni d'Italia, come la Campania, raggiunge e supera il 60 per cento dei parti.
      Il tutto, naturalmente, comporta costi non indifferenti per il sistema sanitario, per il medico stesso e, conseguentemente, per il paziente. Da ciò deriva anche la riluttanza con cui le assicurazioni offrono polizze professionali a medici afferenti a particolari branche «a rischio», come la chirurgia, la ginecologia e ostetricia, l'ortopedia e la rianimazione. In ogni caso i costi assicurativi aumentano e inevitabilmente anche il costo che il paziente dovrà sostenere per una visita specialistica aumenterà. Uno spreco di risorse economiche che, conseguentemente, va a scapito di chi ne ha davvero bisogno.
      Tuttavia, l'errore professionale può verificarsi anche in campo diagnostico, durante alcuni esami invasivi, e in fase terapeutica attraverso la somministrazione di farmaci impropri o con effetti collaterali indesiderati. Anche i «medici di famiglia» non sono esclusi dalla responsabilità dell'errore sanitario. Molte delle denunce che pervengono ogni anno nei tribunali sono, infatti, accuse di «ritardata diagnosi». I pazienti, spesso, si appellano al rispetto delle cosiddette «linee guida» da parte del medico. Le linee guida sono raccomandazioni o procedure indicative da seguire per formulare una diagnosi e per prescrivere cure, ma non rappresentano linee di condotta obbligatorie e univoche. Ciascun Paese possiede numerose linee guida riferibili alle diverse specialità, ma nell'ambito di una stessa branca medica possono coesistere anche diverse linee guida che rispondono a varie società scientifiche. Spesso la denuncia per «ritardata diagnosi» si basa proprio sulla presunta attenzione alle linee guida che il medico avrebbe dovuto avere, non considerando magari che la «regola» a cui si fa riferimento appartiene a un altro Paese o semplicemente a un'altra società scientifica.
      A monte del problema c'è lo sgretolamento del rapporto fiduciario tra medico e paziente: un paziente che si sente sempre in pericolo e un medico che si sente comunque in difficoltà e che perde la serenità con la quale dovrebbe svolgere la propria professione.
      Proprio a questo proposito, il Consiglio d'Europa ha sollecitato gli Stati membri a produrre nuove norme sulla responsabilità medica, invitandoli a realizzare sulle controversie generali degli errori medici una politica che prediliga la mediazione e la conciliazione rispetto al ricorso immediato alle vie processuali.
      In questa direzione si muove la presente proposta di legge, finalizzata ad attenuare la pressione psicologica e l'animo, a volte vendicativo, del paziente nei confronti dei sanitari e ad accelerare la soluzione delle vertenze giudiziarie. Non si propone, quindi, un «salvacondotto» per la categoria medica o di far diventare quella dei medici una casta, né si propone una depenalizzazione dell'errore. In particolare, con la presente proposta di legge, si fanno ricadere tutte le responsabilità per danni occorsi nelle strutture ospedaliere sugli enti stessi, secondo il principio accettato dalla più recente giurisprudenza che l'attività del sanitario (medico, infermiere, ostetrica) è solo una parte di una più complessa prestazione, nell'ambito di un assetto organizzativo che ha come compito istituzionale l'erogazione di servizi sanitari.
      L'istituzione del regime di obbligatorietà dell'assicurazione per le strutture ospedaliere può offrire alle parti, che si trovano in rapporto potenzialmente conflittuale, un livello più accettabile di tutela, favorendo la rapida risoluzione di numerosi contenziosi, con auspicabile soddisfazione del danneggiato e delle imprese di assicurazione, che non vedrebbero protratte all'infinito le loro vertenze giudiziarie.
      In conclusione, la presente proposta di legge si pone semplicemente due obiettivi: accelerare i tempi delle cause e le procedure per l'ottenimento del risarcimento, nonché garantire ai medici e ai pazienti un iter giudiziario giusto in ogni sua fase.
      La presente proposta di legge consta di cinque articoli.
      L'articolo 1 stabilisce che, per danni subiti dai pazienti che chiedono assistenza (ricovero o altre prestazioni sanitarie) a una struttura ospedaliera, pubblica o privata, sia quest'ultima a rispondere civilmente. Si è estesa tale responsabilità anche alle attività diagnostiche e ambulatoriali delle stesse strutture.
      L'articolo 2 dispone l'obbligatorietà della stipula dell'assicurazione per la responsabilità civile da parte delle strutture ospedaliere e del personale medico in esse operante.
      L'articolo 3 prevede l'azione diretta del danneggiato nei confronti della compagnia di assicurazione, al fine di accelerare il più possibile le vicende di responsabilità professionale dei sanitari e di chiedere, in questa fase, che il giudizio venga deferito a un collegio arbitrale. Il componimento bonario della controversia costituisce condizione di procedibilità per proporre un'azione giudiziaria in sede civile.
      L'articolo 4 prevede la possibilità di ricorrere all'arbitrato per la soluzione delle controversie, al fine di creare un canale di risoluzione rapida delle vertenze anche in assenza di accordo tra danneggiato e compagnia di assicurazione. A tale via alternativa si applicano le norme del codice civile, con indicazione del termine perentorio di conclusione dei lavori in centottanta giorni, eventualmente estensibili, previo accordo tra le parti, qualora la vicenda si presenti particolarmente complessa.
      L'articolo 5 prevede la facoltà delle parti di chiedere al collegio arbitrale insediato una pronuncia secondo equità. Questa eventualità dovrebbe riguardare le vertenze minori, che sarebbero così risolte definitivamente in tempi brevi.
      L'articolo 6 prevede, infine, l'istituzione di commissioni regionali per il controllo sul funzionamento del Servizio sanitario nazionale e sulla qualità delle prestazioni erogate.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Responsabilità per danni occorsi in strutture ospedaliere).

      1. La responsabilità civile per danni a persone, causati dal personale medico, occorsi in una struttura ospedaliera, pubblica o privata, è sempre posta a carico della struttura stessa e si estende a tutte le prestazioni erogate, incluse le attività ambulatoriali e diagnostiche.
      2. La struttura ospedaliera può esercitare l'azione disciplinare contro i dipendenti responsabili del danno qualora il fatto sia stato commesso con dolo o con colpa grave e la relativa sentenza sia passata in giudicato. Solo in caso di dolo o di colpa grave può essere esercitata l'azione di rivalsa nei confronti dei sanitari responsabili.

Art. 2.
(Obbligatorietà dell'assicurazione).

      1. Tutte le strutture sanitarie ospedaliere pubbliche e private, nonché il personale medico in esse operante, compresi i medici di medicina generale, non possono esercitare l'attività se non sono coperte, ai sensi della presente legge, dall'assicurazione per la responsabilità civile nei confronti degli assistiti.
      2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri e le modalità attuative, nonché i massimali idonei a garantire la copertura assicurativa di cui al comma 1. Con decreto dello stesso Ministro dello sviluppo economico si provvede annualmente alla rivalutazione dei suddetti massimali.
      3. I premi assicurativi stipulati dal personale medico in attuazione dell'obbligo di cui al comma 1 sono posti a carico dello stesso personale.
      4. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri e le modalità attuative per l'individuazione delle compagnie di assicurazione incaricate di stipulare le polizze ai sensi del presente articolo. Per le strutture ospedaliere pubbliche è altresì previsto l'obbligo di emanare un bando pubblico per l'individuazione delle compagnie di assicurazione, procedendo alla compilazione di una graduatoria basata sul rapporto tra i minori costi relativi ai premi assicurativi a parità delle garanzie offerte.

Art. 3.
(Azione giudiziaria per il risarcimento del danno).

      1. Il danneggiato a seguito di prestazioni sanitarie ricevute nelle strutture ospedaliere per le quali, ai sensi dell'articolo 2, è prevista l'assicurazione obbligatoria ha diritto di esercitare l'azione giudiziaria per il risarcimento del danno nei confronti dell'assicuratore, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l'assicurazione stessa.
      2. La domanda di risarcimento, inviata tramite lettera raccomandata con avviso di ricevimento, deve essere corredata di idonea documentazione medica.
      3. L'assicuratore, entro centoventi giorni dalla ricezione della domanda di risarcimento, comunica al danneggiato la misura della somma offerta, ovvero i motivi per i quali non ritiene di formulare alcuna offerta; entro lo stesso termine il danneggiato è tenuto ad acconsentire agli accertamenti, ai controlli e alle verifiche che si rendano necessari.
      4. In caso di postumi non ancora consolidati, la richiesta e l'offerta possono avere carattere provvisorio. L'offerta definitiva deve essere comunicata entro novanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione con cui il danneggiato informa l'assicuratore dell'avvenuto consolidamento dei postumi.
      5. Se il danneggiato dichiara di accettare la somma offertagli, l'assicuratore deve provvedere al pagamento entro venti giorni dal ricevimento dell'accettazione per iscritto.
      6. Qualora la somma offerta sia inferiore a quella richiesta e il danneggiato non si dichiari soddisfatto del risarcimento, la compagnia di assicurazione deve comunque corrispondere tale somma entro venti giorni, fermo restando che il danneggiato può proporre azione giudiziaria per il risarcimento dell'intera somma richiesta. Tale somma è imputata alla liquidazione definitiva del danno.
      7. La risoluzione della controversia secondo le modalità di cui al presente articolo costituisce condizione di procedibilità per proporre un'azione giudiziaria in sede civile.
      8. Qualora si proceda ad azione giudiziaria civile, conseguente all'indisponibilità dell'assicuratore ad addivenire a un componimento bonario della controversia, e il giudice emetta sentenza favorevole al danneggiato, si applica a carico dell'assicuratore l'articolo 96 del codice di procedura civile.

Art. 4.
(Arbitrato).

      1. In mancanza di accordo tra le parti, anche sulla responsabilità, sull'entità del risarcimento o sul risarcimento ottenuto inferiore a quello richiesto, la controversia può essere deferita, su proposta di una delle parti, a un collegio arbitrale.
      2. La parte non proponente è tenuta a comunicare l'accettazione o il diniego del deferimento al collegio arbitrale di cui al comma 1 nel termine di trenta giorni.
      3. Il collegio arbitrale è composto da tre membri, dei quali due designati da ciascuna delle parti secondo le forme e le modalità di cui all'articolo 810 del codice di procedura civile.
      4. Ai fini di cui al presente articolo si applicano gli articoli 816 e seguenti del codice di procedura civile. Il procedimento si conclude nel termine di centottanta giorni da quello in cui è avvenuta l'ultima accettazione da parte degli arbitri, salvo che le parti, di comune accordo, concordino un prolungamento di tale termine.

Art. 5.
(Pronuncia secondo equità).

      1. Qualora la causa sia deferita a un collegio arbitrale ai sensi dell'articolo 4, le parti, di comune accordo, possono chiedere agli arbitri di decidere secondo equità. Contro tale decisione non sono ammessi mezzi di impugnazione.

Art. 6.
(Disposizioni per il controllo della qualità del servizio sanitario).

      1. Ciascuna regione, con propri provvedimenti, istituisce e organizza un sistema di ispezione e di controllo sul funzionamento del servizio sanitario e sulla qualità delle prestazioni erogate, nonché di prevenzione e di accertamento degli errori in campo sanitario, allo scopo di:

          a) verificare l'adeguatezza delle strutture sanitarie e delle loro dotazioni tecnologiche;

          b) verificare l'appropriatezza delle prestazioni erogabili e il livello di qualità e di efficacia dei trattamenti;

          c) verificare l'applicazione della disciplina in materia di consenso informato;

          d) individuare le cause di rischio nelle strutture sanitarie pubbliche e private presenti nel rispettivo territorio, attuando contestualmente un costante monitoraggio qualitativo e quantitativo del fenomeno;

          e) individuare le cause principali di incidenti e di errori sanitari e verificare in quale misura queste dipendano da carenze nella formazione del personale medico e paramedico ovvero da inadempienze o da carenze organizzative;

          f) individuare iniziative e strumenti idonei per rimuovere le disfunzioni accertate e accrescere la qualità e l'economicità del servizio, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza stabiliti dalle norme vigenti.

      2. Per i fini indicati nel comma 1 e con i provvedimenti in esso previsti, ciascuna regione istituisce una commissione per il controllo della qualità del servizio sanitario, composta da medici, esperti e professionisti delle diverse discipline specialistiche nonché da rappresentanti delle associazioni per la difesa dei diritti dei malati.
      3. Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione trasmette al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali una relazione sulle risultanze dell'attività svolta dal sistema di cui al comma 1, predisposta dalla commissione istituita ai sensi del comma 2 e approvata dalla Giunta regionale.


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