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PDL 1954

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1954



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CASSINELLI, ABRIGNANI, GIOACCHINO ALFANO, BERNARDO, CAZZOLA, CONSOLO, CORSARO, COSTA, GERMANÀ, GIANCARLO GIORGETTI, LAMORTE, LEHNER, LO PRESTI, MINASSO, MORONI, PECORELLA, SCANDROGLIO, SISTO, TORRISI

Modifica dell'articolo 12 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, per l'esclusione dei dottori commercialisti e degli esperti contabili dagli obblighi in materia di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio

Presentata il 26 novembre 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - In attuazione delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE, il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, ha incluso nell'ambito di applicazione degli obblighi antiriciclaggio anche «i soggetti iscritti nell'albo dei ragionieri e periti commerciali» e «nell'albo dei dottori commercialisti».
      A seguito dell'istituzione dell'Albo unico a opera del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, destinatari della normativa antiriciclaggio devono quindi essere considerati, a decorrere dal 1o gennaio 2008, i soggetti iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
      I dottori commercialisti e gli esperti contabili sono pertanto chiamati ad adempiere agli obblighi di collaborazione attiva previsti dal decreto legislativo n. 231 del 2007. Nel dettaglio, la normativa in oggetto pone a carico di questa categoria professionale i seguenti obblighi antiriciclaggio:

          1) adeguata verifica della clientela (articoli 18 e seguenti);

          2) registrazione dei dati e conservazione delle informazioni (articoli 36 e seguenti);

          3) segnalazione delle operazioni sospette all'unità di informazione finanziaria (articoli 41 e seguenti);

          4) comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze delle violazioni degli articoli 49 e 50 dello stesso decreto legislativo (articolo 51);

          5) formazione del personale (articolo 54).

      Va aggiunto che, a differenza di altre categorie professionali, l'ambito di operatività degli obblighi antiriciclaggio comprende tendenzialmente tutte le prestazioni che i dottori commercialisti e gli esperti contabili effettuano in favore del cliente. Le uniche eccezioni sono costituite dall'esclusione dell'obbligo di adeguata verifica e di registrazione dei dati «in relazione allo svolgimento della mera attività di redazione e/o di trasmissione della dichiarazione dei redditi e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale» (articolo 12, comma 3), nonché dall'esenzione dal dovere di segnalare operazioni sospette «per le informazioni che essi ricevono da un loro cliente o ottengono riguardo allo stesso, nel corso dell'esame della posizione giuridica del loro cliente o dell'espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del medesimo in un procedimento giudiziario o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull'eventualità di intentare o evitare un procedimento, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso» (articolo 12, comma 2).
      In riferimento al quadro delineato, si deve osservare che, in questi primi anni di applicazione alle professioni, la normativa ha dato scarsissimi risultati in sede nazionale. I dati raccolti dal soppresso Ufficio italiano dei cambi rilevano che la maggioranza delle segnalazioni continua a pervenire dagli intermediari finanziari e che solo una piccola percentuale del totale è stata inviata dai professionisti destinatari della normativa antiriciclaggio. Specificatamente, nel corso del 2007 i professionisti di cui all'articolo 12 ed all'articolo 13, comma 1, lettera b), del citato decreto legislativo n. 231 del 2007 hanno inviato un numero di segnalazioni pari all'1,45 per cento del totale, facendo registrare rispetto al 2006 una lieve flessione del ruolo dei professionisti (il numero di segnalazioni inviate dai professionisti nel 2006 era pari al 2,3 per cento del totale). In dettaglio, nel 2007 le segnalazioni effettuate da dottori commercialisti e da esperti contabili sono state 47 su un totale di circa 107.000 iscritti, pari allo 0,004393 per cento dell'universo complessivo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
      A discapito dei gravosi adempimenti cui sono chiamati, l'esiguità del numero delle segnalazioni inviate dai professionisti rispetto a quelle inviate dagli intermediari finanziari dimostra come il coinvolgimento delle categorie professionali non costituisce una modalità efficace ai fini del contrasto del riciclaggio.
      Ed invero, con riguardo ai dottori commercialisti ed agli esperti contabili, l'esiguo invio di segnalazioni trova giustificazione alla luce di due ordini di ragioni.
      In primo luogo, la normativa del citato decreto legislativo n. 231 del 2007 è finalizzata alla «prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo», mentre l'attività professionale prestata dai dottori commercialisti e dagli esperti contabili in favore dei propri clienti non attiene all'intermediazione finanziaria. Ne deriva che, a differenza degli intermediari finanziari, i dottori commercialisti e gli esperti contabili, la cui attività professionale consiste tipicamente nella consulenza in materia contabile, aziendale e tributaria, non prestano la propria attività nell'ambito di operazioni che possono essere correlate a fenomeni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
      In secondo luogo, è noto che, già in vigenza della precedente normativa (decreto legislativo 20 febbraio 2004, n. 56), emanata in attuazione della direttiva 2001/97/CE, l'applicazione delle misure antiriciclaggio negli studi professionali aveva dato luogo a serie difficoltà operative, in larga parte legate all'imposizione di una disciplina inizialmente nata esclusivamente per gli intermediari finanziari, che non ha trovato idoneo adeguamento al diverso contesto operativo che caratterizza l'attività dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
      L'attuale disciplina ha confermato tale impostazione e per certi profili l'ha aggravata.
      Si osserva, infatti, che taluni dei princìpi introdotti nel «sistema di prevenzione e contrasto al fenomeno del riciclaggio» delineato dal citato decreto legislativo n. 231 del 2007, corrispondono invero ai princìpi ispiratori della legislazione comunitaria in materia di intermediazione finanziaria. Si rammenta, ad esempio, il principio della proporzionalità degli obblighi rispetto ai servizi offerti e al tipo di cliente, ovvero il principio di adeguata ed effettiva conoscenza della clientela, presenti anche nella direttiva comunitaria in materia di servizi di investimento (articolo 19 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, cosiddetta «direttiva MIFID»).
      Nel citato decreto legislativo n. 231 del 2007 si ripropone un «sistema di prevenzione» che estende ai professionisti adempimenti e modalità operativi propri di altri soggetti - gli intermediari finanziari - profondamente diversi per natura, funzioni e struttura organizzativa, giungendo addirittura ad amplificare la difficoltà di applicare la normativa de quo.
      Le disposizioni ivi previste, infatti, se attuabili nei confronti di organizzazioni strutturate come gli enti creditizi e finanziari, non sono applicabili al contesto professionale del dottore commercialista e dell'esperto contabile, costituito nella maggioranza dei casi da studi professionali di piccoli e medie dimensioni.
      Tale impostazione si pone in evidente contrasto con quanto auspicato dalla stessa direttiva 2005/60/CE nel quatantasettesimo considerando, in riferimento all'esigenza di introdurre misure idonee a realizzare «l'equilibrio a lungo termine dei costi e dei benefìci per gli enti e le persone soggetti alla normativa» e di «assicurare la coerenza con le altre norme comunitarie relative al settore in questione».
      Al contempo, il citato decreto legislativo n. 231 del 2007 non dà attuazione ai princìpi espressamente sanciti nel provvedimento di delega, laddove l'articolo 22, comma 1, lettera h), delle legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005), imponeva di «adeguare l'applicazione dettagliata delle disposizioni alle peculiarità delle varie professioni e alle differenze in scala e dimensione degli enti e delle persone soggetti della direttiva».
      Il principio generale di proporzionalità, pur se espressamente affermato dall'articolo 3, comma 4, del citato decreto legislativo n. 231 del 2007, non è stato in concreto applicato dal legislatore delegato. Né in tale senso appare sufficiente la previsione di obblighi semplificati di adeguata verifica di cui all'articolo 25 (relativi peraltro a ipotesi di scarsa significatività rispetto all'attività professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili) e la facoltà di istituire un registro della clientela in modalità cartacea (articolo 38).
      Gli adempimenti imposti dal decreto legislativo n. 231 del 2007 presentano in ogni caso elementi di contrasto insanabile con la natura stessa dell'attività professionale di dottore commercialista e di esperto contabile, caratterizzata dal rapporto fiduciario e dall'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni acquisite nell'esercizio della professione.
      Il codice deontologico della professione impone, infatti, ai dottori commercialisti e agli esperti contabili (agli articoli 8, 10 e 11) il dovere di diligenza, di riservatezza e di lealtà. In virtù di tali princìpi è sottoposto a provvedimento disciplinare il professionista che pone in essere comportamenti che consapevolmente violano il dovere di lealtà nei confronti del proprio cliente. Inoltre, secondo il codice deontologico, è dovere fondamentale del dottore commercialista e dell'esperto contabile rispettare la riservatezza delle informazioni acquisite nell'esercizio della professione e non diffondere le stesse ad alcuno. Peraltro, al fine di prevenire condotte scorrette, l'articolo 22, comma 6, del codice deontologico prevede espressamente che «il professionista (...) non deve assumere cointeressenze di natura economico-professionale negli affari del cliente che possano compromettere la sua integrità e indipendenza».
      Il citato decreto legislativo n. 231 del 2007, nel prevedere, con riferimento all'adeguata verifica di cui agli articoli 16 e seguenti, la richiesta di identificare oltre al cliente anche il titolare effettivo, di ottenere informazioni sullo scopo e la natura del rapporto d'affari e di svolgere su di esso un controllo costante (addirittura avendo riguardo all'origine dei fondi), impone, di fatto, un'attività di indagine «investigativa», non solo non pertinente all'attività del professionista, ma anche allo stesso vietata dalla legge e dalle menzionate norme deontologiche. Si noti, infatti, che l'attività della professione di dottore commercialista e di esperto contabile contrasta di per sé con una funzione investigativa, inquisitoria e di delazione nei confronti del proprio cliente, attività che l'impianto delle norme antiriciclaggio porta insito. Trattasi di norme e di adempimenti, questi, che sovvertono princìpi consolidati dell'ordinamento delle professioni intellettuali.
      Inoltre, in riferimento all'obbligo di segnalare le operazioni sospette di cui agli articoli 41 e seguenti del citato decreto legislativo n. 231 del 2007, si rammenta che i casi di esenzione individuati dall'articolo 12, comma 2, e dai successivi chiarimenti dell'amministrazione riguardano: a) la consulenza, l'assistenza e la rappresentanza relative ai procedimenti giudiziari ivi compresi quelli tributari; b) i giudizi arbitrali e la risoluzione di controversie davanti agli organismi di conciliazione previsti dalla legge; c) gli incarichi affidati all'autorità giudiziaria. La norma appare, tuttavia, in contrasto con lo stesso decreto legislativo n. 231 del 2007, laddove, nel prevedere che l'adempimento degli obblighi antiriciclaggio scaturisca esclusivamente dalla realizzazione di «operazioni» in favore del cliente, definisce l'operazione come «un'attività determinata o determinabile, finalizzata a un obiettivo di natura finanziaria o patrimoniale modificativo della situazione giuridica esistente, da realizzare tramite una prestazione professionale» [articolo 1, comma 2, lettera l)]. L'applicazione della norma contraddice, altresì, quanto stabilito dalla normativa comunitaria, in riferimento alla violazione del diritto ad un equo processo di cui all'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 5 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955, contrasta con l'articolo 111 della Costituzione e costituisce una violazione del diritto al rispetto della vita privata (cosiddetto «diritto alla privacy») di cui all'articolo 8 della citata Convenzione.
      Da queste considerazioni, più in generale, consegue che l'attività professionale del dottore commercialista e dell'esperto contabile, che tipicamente si sostanzia nella mera consulenza in favore del cliente in materia contabile, aziendale e fiscale, non deve essere soggetta alla normativa antiriciclaggio, posto che quest'attività rimane circoscritta sul piano conoscitivo-teorico e non determina di per sé alcuna modificazione della situazione giuridica soggettiva del cliente.
      Occorre ancora evidenziare che il «sistema di prevenzione e contrasto al fenomeno del riciclaggio», così come delineato nel citato decreto legislativo n. 231 del 2007, produce ulteriori effetti distorsivi non previsti dal legislatore e sicuramente delicati per la professione di dottore commercialista e di esperto contabile.
      In riferimento alla tutela della riservatezza del soggetto segnalante di un'operazione sospetta, ad esempio, si osserva che la peculiarità del rapporto fiduciario che lega il professionista al cliente e la mancanza di una struttura organizzativa simile a quella degli enti finanziari e creditizi consente di individuare agevolmente la persona fisica che ha effettuato la segnalazione. Si potrebbe anzi dire che l'individuazione risulta automatica. Il dottore commercialista e l'esperto contabile sono, pertanto, esposti come nessun altro soggetto al rischio di possibili minacce, ritorsioni e atti ostili.
      Sul punto, sebbene la direttiva 2005/60/CE (trentaduesimo considerando) e il provvedimento di delega (articolo 22, comma 1, lettera o), della legge n. 29 del 2006) auspicassero di rafforzare i presìdi a tutela della riservatezza del segnalante, la disciplina del citato decreto legislativo n. 231 del 2007 non ha fornito alcun specifico contributo.
      Un ulteriore effetto distorsivo del sistema, che si riflette negativamente sulla professione di dottore commercialista e di esperto contabile, attiene specificamente al profilo della concorrenza dei servizi professionali, di cui agli articoli 49 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea. I clienti potrebbero essere indotti, infatti, a rivolgersi a professionisti operanti in Paesi terzi la cui legislazione in materia di antiriciclaggio è carente. Ne conseguirebbe a livello transnazionale la creazione di standard professionali diversi.
      Considerato, dunque, il contrasto delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 231 del 2007 con la legislazione comunitaria, con la Carta costituzionale e con il codice deontologico dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, e adottando una prospettiva che tenga conto dell'efficienza della legge rispetto al fine perseguito, la presente proposta di legge prevede l'esclusione della categoria dei dottori commercialisti e degli esperti contabili dai destinatari degli obblighi ivi contemplati.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 12 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, le parole: «nell'albo dei ragionieri e dei periti commerciali, nell'albo dei dottori commercialisti e» sono soppresse.


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