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PDL 1951

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1951



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MESSINA, DONADI, EVANGELISTI, MURA, LEOLUCA ORLANDO, PALAGIANO, PIFFARI, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI, ZAZZERA, BARBATO

Modifiche agli articoli 147, 148, 151 e 166 e abrogazione dell'articolo 150 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonché modifiche all'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di gestione del servizio idrico integrato e dei consorzi di bonifica e irrigazione

Presentata il 26 novembre 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - L'acqua è una risorsa primaria e una fonte insostituibile di vita e, pertanto, la sua fruizione è un diritto che deve essere garantito a tutti gli esseri umani.
      Nel mondo, oggi, circa un miliardo e mezzo di persone non ha accesso all'acqua potabile e, secondo stime altamente attendibili, nel giro di qualche decennio una dissennata gestione potrebbe precluderne l'accesso a circa 3 miliardi di persone, rendendo l'acqua una risorsa strategica e ponendo problemi gravi e ineludibili a livello mondiale.
      L'Italia fortunatamente è un Paese ricco di risorse idriche ma, anche alla luce di questa prospettiva internazionale e in ordine a una tutela dei diritti naturali degli esseri umani, vanno urgentemente risolti i numerosi problemi nazionali di gestione del servizio idrico.
      La riforma della gestione del servizio idrico, predisposta dalla cosiddetta «legge Galli» (legge 5 gennaio 1994, n. 36) e recepita poi dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», sebbene abbia introdotto princìpi e nozioni operative imprescindibili, quali ad esempio l'acqua come bene pubblico, il risparmio idrico e il servizio idrico integrato, ha posto nuovi e urgenti problemi che non possono essere ignorati.
      Innanzitutto la riforma ha dato avvio a un processo di privatizzazione nella gestione delle risorse idriche che contrasta palesemente con la qualifica dell'acqua come bene primario essenziale. Inoltre, il principio di bene pubblico, espresso chiaramente nella legge Galli, presupporrebbe la gestione della proprietà e dei servizi pertinenti da parte di istituzioni pubbliche e non di soggetti privati di utenti, ma questo importante principio di pubblicità non ha di fatto conformato il testo della legge. Pur enunciando tale principio base, la legge Galli fu però ispirata da esigenze strettamente economiche e funzionali. La ratio legis alla base della riforma fu infatti essenzialmente quella di generare economie di scala grazie a una riduzione della frammentazione gestionale.
      In questa direzione di razionalizzazione e di miglioramento sotto il profilo della gestione economica agiscono, senza però centrare completamente l'obiettivo, i due cardini della riforma, ossia la gestione integrata del ciclo idrico e la gestione unitaria. Se, infatti, la gestione integrata genera effettivamente una maggiore efficienza, consentendo, sotto il profilo operativo, un migliore coordinamento dei costi congiunti relativi al ciclo di captazione, adduzione, distribuzione e depurazione delle acque, la gestione unitaria all'interno dei cosiddetti «ambiti territoriali ottimali» (ATO) non ha invece funzionato altrettanto bene. La riorganizzazione in una gestione unitaria non ha infatti costituito uno snellimento e una semplificazione del sistema istituzionale in quanto la titolarità di gestione del servizio idrico è stata tolta ai comuni per essere concessa a ulteriori soggetti istituzionali costituiti per lo scopo, le cosiddette autorità d'ambito territoriale ottimale (AATO). Queste AATO non costituiscono neppure una semplificazione della gestione operativa, poiché non si occupano della gestione vera e propria che viene invece affidata ad ulteriori soggetti privati.
      È in questa catena di passaggi di competenze dagli enti locali al gestore del servizio idrico, passando per le AATO, che si creano le maggiori distorsioni: innanzitutto si attua di fatto la privatizzazione di un servizio pubblico affidandolo, mediante gara, a società di capitali che, in quanto tali, agiscono secondo logiche privatistiche e di mercato. Ciò è inconcepibile per un servizio pubblico essenziale come quello idrico, che di fatto costituisce un monopolio naturale (unicità della condotta e delle fonti) e dunque non può essere fornito in regime di reale concorrenza.
      È doveroso, poi, menzionare alcuni effetti concreti della riforma quali i numerosi casi in tutta Italia di un peggioramento del servizio e di un aumento delle relative bollette. Secondo una recente indagine di Cittadinanzattiva, associazione di consumatori, che ha preso in esame tutti i capoluoghi di provincia nel periodo compreso tra il mese di gennaio 2002 e il mese di agosto 2008, si rileva un aumento medio del 32 per cento dei costi per l'utenza. Le cause di un tale rincaro derivano certamente sia dalla ricerca di profitto di impresa dovuta all'affidamento della gestione a privati, sia dalla copertura integrale dei costi con le tariffe, che ha comportato un evidente trasferimento integrale del costo del servizio dal cittadino all'utente.
      Bisogna inoltre considerare che sulle tariffe gravano, oltre ai costi della manutenzione e dell'adeguamento delle reti, i costi degli investimenti, gli ammortamenti, la remunerazione del capitale investito, gli interessi passivi sui mutui, l'inflazione programmata e l'imposta sul valore aggiunto (IVA), nonché i costi di gestione e le spese di funzionamento di ben due organismi, la società di gestione e le AATO, concorrendo senza dubbio a un aggravio degli oneri.
      È inutile introdurre nel nostro ordinamento il concetto di federalismo fiscale, come strumento di responsabilità e di abbattimento della spesa, se poi, invece di razionalizzare tale spesa, si creano nuovi inutili enti, che servono solo a remunerare i membri dei rispettivi consigli di amministrazione. Applicare il concetto di federalismo significa, invece, sopprimere gli enti inutili e non crearne di nuovi, cosa che può essere realizzata affidando direttamente agli enti locali la gestione delle risorse idriche.
      Meritano, infine, una menzione le gravi anomalie createsi, soprattutto al sud, con gare di appalto andate deserte e con sindaci che erano contemporaneamente appaltatori all'interno dell'AATO e soci dell'impresa appaltatrice, in una preoccupante commistione tra affari e politica. Si sono manifestati, inoltre, anche alcuni episodi di ribellione spontanea in alcuni comuni che hanno reagito all'attuazione del dettato legislativo con il rifiuto di consegnare reti e impianti alla società di gestione.
      Anche questi episodi vanno analizzati con la dovuta attenzione e, sebbene con la presente proposta di legge non si intenda mettere in discussione tutto l'impianto legislativo vigente, bisogna prendere atto dell'esistenza di alcune difficoltà relative ai meccanismi di attuazione della normativa vigente che vanno modulati e rodati in maniera migliore, anche in vista della prossima scadenza della moratoria (30 novembre 2008) per la messa a gara di tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica, tra cui anche il servizio idrico, inopinatamente incluso dalla legge n. 133 del 2008, di conversione del decreto-legge n. 112 del 2008.
      In conclusione, per garantire una migliore tutela degli utenti e un maggiore controllo del cittadino sulla gestione di un servizio pubblico, la presente proposta di legge prevede di attuare una maggiore distinzione tra la funzione di gestione della risorsa idrica e la funzione più strettamente di gestione dello stesso servizio.
      Tale distinzione si attua lasciando all'AATO essenzialmente la funzione di coordinamento (articolo 148, novellato comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006) dei comuni che ricadono all'interno del territorio di sua competenza. Dovendo l'AATO occuparsi, pertanto, solo della gestione della risorsa, il novellato articolo 147 dello stesso decreto legislativo prevede di ridisegnare i confini dell'AATO solo su base idrografica e più precisamente sul principio di unità di bacino, evitando una sovrapposizione e una confusione con gli ambiti di competenza delle autorità amministrative. La gestione vera e propria del servizio è invece demandata ai comuni, come prevede la modifica all'articolo 148, comma 2, del citato decreto legislativo, che estende a tutti i comuni una possibilità tra l'altro già prevista dalla normativa in vigore per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti.
      In vista dell'attuazione dei princìpi di federalismo fiscale e per generare ulteriori possibilità di razionalizzazione e di economia, l'articolo 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al nuovo comma 5-bis, concede inoltre, una maggiore autonomia di scelta tra una gestione singola o associata con altri comuni, secondo le forme previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      Le ulteriori modifiche previste dalla presente proposta di legge sono semplici aggiornamenti tecnici conseguenti al cambiamento di gestione già descritto: l'articolo 150 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 è abrogato in quanto viene meno l'affidamento con gara, e l'AATO non delibera più sulle forme di gestione, che sono invece, come abbiamo visto, scelte autonomamente dai comuni nell'ambito di quanto previsto all'articolo 148.
      La modifica al comma 1 dell'articolo 151 dello stesso decreto legislativo consente una precisazione terminologica in quanto nel testo di legge originario il gestore è il soggetto a cui viene affidata, mediante gara, la gestione del servizio idrico integrato, mentre con le modifiche apportate per gestore si intende l'amministrazione comunale oppure i soggetti a cui l'amministrazione dà in affidamento diretto il servizio, ossia società a capitale interamente pubblico controllate dagli stessi comuni o altri soggetti costituiti da forme di associazione di più comuni.
      Le modifiche al medesimo articolo 151, comma 2, lettere b) e m), precisano che la durata dell'affidamento e l'obbligo di restituzione delle infrastrutture idriche sussistono solo nel caso di gestione in affidamento e non quando questa sia operata direttamente dall'amministrazione comunale che è titolare della gestione.
      La disposizione introdotta nello stesso articolo 151, comma 2, lettera n), reintroduce una clausola di garanzia venuta meno con l'abrogazione del comma 5 e la conforma alla programmazione economica dei comuni che ha cadenza triennale.
      Infine, è necessario spendere qualche parola sulla modifica all'articolo 166 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006, che entra nel merito della gestione delle acque e dei servizi operata dai consorzi di bonifica e irrigazione. Il principio che si vuole proporre è che, se un terreno non è servito direttamente da canali di irrigazione, il proprietario non deve essere tenuto a versare alcun canone al consorzio. Se infatti non si può parlare strettamente di danno, si può però parlare di un disservizio del consorzio perché un terreno agricolo non servito da canali di irrigazione non è messo in condizione di essere produttivo come, invece, accade per un terreno servito da canali.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 147, comma 2, le lettere b) e c) sono abrogate;

          b) all'articolo 148:

              1) al comma 2, le parole: «della gestione del servizio idrico integrato» sono sostituite dalle seguenti: «sull'attività di gestione del servizio idrico integrato spettante ai comuni»;

              2) al comma 5, le parole: «l'adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l'intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d'ambito competente» sono sostituite dalle seguenti: «la gestione unica del servizio idrico integrato spetta ai comuni, in forma singola o associata, ed è esercitata direttamente dall'amministrazione comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso comune. Sulle gestioni di cui al presente comma l'Autorità d'ambito competente esercita funzioni di regolazione generale e di controllo. Con apposito contratto di servizio stipulato con l'Autorità d'ambito competente, previo accordo di programma, sono definiti i criteri e le modalità per l'eventuale partecipazione ad iniziative promosse dalla medesima autorità»;

              3) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «5-bis. La gestione diretta del servizio idrico integrato di cui al comma 5 può essere esercitata dai singoli comuni o da più comuni associati secondo le forme previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»;

          c) l'articolo 150 è abrogato;

          d) all'articolo 151:

              1) al comma 1, dopo le parole: «gestori del servizio idrico integrato» sono inserite le seguenti: «individuati ai sensi dell'articolo 148, commi 5 e 5-bis»;

              2) al comma 2:

                  2.1) la lettera a) è abrogata;

                  2.2) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nel caso di gestori costituiti da società a totale partecipazione pubblica o di soggetti di cui all'articolo 148, comma 5-bis»;

                  2.3) alla lettera m) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nel caso di gestori costituiti da società a totale partecipazione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 148, comma 5-bis»;

                  2.4) alla lettera n), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «. La garanzia fideiussoria del gestore deve coprire gli interventi da realizzare nei primi tre anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo triennio»;

              3) al comma 3, le parole: «da allegare ai capitolati di gara» sono soppresse;

              4) al comma 7, le parole: «dell'Autorità d'ambito» sono sostituite dalle seguenti: «del comune competente»;

          e) all'articolo 166 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «4-bis. I soggetti associati ai consorzi di bonifica ed irrigazione o i conduttori di aziende agricole non servite da impianti o da canali consortili di irrigazione sono esonerati dal pagamento del canone o di ogni altra forma di contribuzione».

Art. 2.

      1. All'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, ultimo periodo, dopo le parole: «tutti i servizi pubblici locali» sono inserite le seguenti: «, ad esclusione del servizio idrico integrato,»;

          b) al comma 2, dopo le parole: «servizi pubblici locali» sono inserite le seguenti: «, ad esclusione del servizio idrico integrato,»;

          c) il comma 8 è abrogato;

          d) al comma 10, lettera d), le parole: «, nonché in materia di acqua» sono soppresse.


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