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PDL 1220

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1220



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BELLANOVA, DAMIANO, BOCCUZZI, GNECCHI, MIGLIOLI, RAMPI

Introduzione degli articoli 603-bis, 603-ter e 629-bis del codice penale e altre disposizioni contro il grave sfruttamento dell'attività lavorativa, nonché interventi per contrastare lo sfruttamento di lavoratori irregolarmente presenti sul territorio nazionale

Presentata il 30 maggio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno dello sfruttamento della manodopera straniera utilizzata in determinati settori produttivi ha assunto dimensioni allarmanti. Un vero e proprio esercito di lavoratori senza diritti, la cui esatta consistenza numerica sfugge all'esame statistico e di cui recentemente si è occupata la stampa nazionale. Una situazione, per la verità, nota da tempo e denunciata anche dalle associazioni che si occupano di lavoratori migranti, che in più occasioni hanno documentato la situazione di sfruttamento e drammatico degrado delle condizioni di vita che i lavoratori, in particolare nel settore dell'agricoltura stagionale, sono costretti a subire: sfruttati, sottopagati, spesso anche privati del passaporto come forma di ricatto, i migranti vivono in condizioni disumane, sotto la continua minaccia di essere denunciati ed espulsi perché spesso privi del regolare permesso di soggiorno. Una situazione tale da determinare una condizione di vera e propria schiavitù, se non di diritto, di fatto. Il fenomeno del caporalato è parte costitutiva ed integrante di questo fenomeno. I «caporali» infatti svolgono la funzione di intermediazione illegale tra domanda e offerta di lavoro e costituiscono la figura di raccordo tra l'attività di organizzazione dell'ingresso clandestino di lavoratori immigrati e la collocazione degli stessi sul territorio, con particolare riguardo al loro trasporto e alla loro sistemazione in alloggi, spesso di fortuna, in condizioni igienico-sanitarie degradate ed umilianti. Il tutto gestito direttamente da organizzazioni criminali di tipo mafioso che si attribuiscono il controllo del territorio.
      Gli strumenti normativi a disposizione sono, però, estremamente carenti ed inefficaci per intervenire in maniera compiuta nei confronti del fenomeno del caporalato. Da una parte la cosiddetta «legge Biagi» sanziona l'intermediazione di lavoro non autorizzata e il datore di lavoro che occupa personale «in nero», con sanzioni amministrative, dall'altra gli articoli 600, 601 e 602 del codice penale colpiscono il reato di riduzione in schiavitù e di tratta. Manca, dunque, nel nostro ordinamento una fattispecie specifica relativa al fenomeno del caporalato, tale da farla divenire una condotta sanzionata dalla legge.
      Al tempo stesso è necessario rompere il clima di paura, e di omertà cui sono costretti i lavoratori, in maggioranza stranieri migranti, spesso privi del permesso di soggiorno e dunque maggiormente ricattabili. Sfruttati, sottopagati, spesso massacrati di botte alla minima protesta, i lavoratori extracomunitari vivono in condizioni disumane, come ha efficacemente denunciato il giornalista Fabrizio Gatti del settimanale l'Espresso. Si è inteso dunque, intervenire su questa specifica questione. I benefìci previsti dall'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero la possibilità di rilasciare uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza e integrazione sociale, sono pertanto estesi anche ai lavoratori stranieri sfruttati e alle dipendenze di caporali e datori di lavoro senza scrupoli.
      Già nella scorsa legislatura il Governo era intervenuto con una precisa proposta normativa che, superato l'esame del Senato, aveva concluso l'iter in Commissione alla Camera; la fine anticipata della legislatura non ha, purtroppo, permesso la conclusione dell'iter legislativo.
      La presente proposta di legge, che si compone di cinque articoli, riprende, pertanto, l'impianto normativo della precedente presentata dal Governo Prodi, incluse le modifiche apportate nel corso dell'esame parlamentare, incrementando al contempo l'impianto sanzionatorio mediante elevazione delle relative previsioni edittali.
      L'articolo 1, dunque, introduce una nuova fattispecie di reato contenuta nell'articolo 603-bis del codice penale, rubricato «Grave sfruttamento del lavoro», all'interno del quale si è inteso individuare in maniera definita la nozione di sfruttamento, che riguarda non solo la violenza e la sistematica violazione degli orari di lavoro, del riposo eccetera, ma anche la sottoposizione del lavoratore a condizioni igienico-sanitarie tali da esporlo lo stesso a situazioni di pericolo per la propria salute o incolumità. Viene inoltre esplicitamente punita la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti, che costituiscono ormai la condizione nella quale migliaia di lavoratori migranti sono costretti a vivere. Alla reclusione da tre a otto anni, e alla sanzione pecuniaria, si aggiungono con l'articolo 603-ter del codice penale, anch'esso introdotto dall'articolo 1 della proposta, le pene accessorie per imprenditori e caporali, che consistono nell'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti. Inoltre, la condanna per tali delitti comporta l'esclusione per un periodo di cinque anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, anche dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento.
      Dopo l'articolo 629 del codice penale si aggiunge quindi l'articolo 629-bis, relativo al caso in cui l'estorsione sia commessa nell'ambito di un rapporto di lavoro. A tale fattispecie vengono estese le pene accessorie previste dal citato articolo 603-ter del codice penale, appena illustrate.
      L'articolo 2 della proposta di legge interviene direttamente sull'articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in cui viene introdotto il nuovo comma 12-bis che prevede che «il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti usufruendo dell'intermediazione non autorizzata [...] è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa di 7.000 euro per ogni lavoratore impiegato».
      L'articolo successivo disciplina l'inserimento del reato di grave sfruttamento del lavoro, così come previsto dalla presente proposta di legge, tra quelli richiamati all'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.
      La nuova formulazione del comma 3 di tale articolo 25-septies, da ultimo modificato dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, prevede, infatti, accanto all'articolo 590, terzo comma, del codice penale, anche il nuovo articolo 603-bis, introdotto dalla presente proposta di legge, in relazione al caso di omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse in violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
      Infine, l'articolo 4 prevede la concessione del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, di cui all'articolo 18 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, che è esteso anche agli stranieri sottoposti a situazioni di grave sfruttamento come previsto dal nuovo articolo 603-bis del codice penale.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al codice penale).

      1. Dopo l'articolo 603 del codice penale sono inseriti i seguenti:

      «Art. 603-bis. - (Grave sfruttamento del lavoro). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque induce taluno, mediante approfittamento di una situazione di inferiorità o di necessità, a prestare attività lavorativa caratterizzata da grave sfruttamento è punito con la reclusione da tre a otto anni e con la multa da 4.000 a 9.000 euro per ogni lavoratore.
      Ai fini del primo comma, costituiscono indici di grave sfruttamento:

          a) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato, la grave e sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria o alle ferie;

          b) la sussistenza di gravi o reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personali;

          c) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.

      La pena per il fatto di cui al primo comma è la reclusione da cinque a dieci anni e la multa da 6.000 a 10.000 euro per ogni lavoratore se tra le persone soggette a grave sfruttamento vi sono minori degli anni diciotto o cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea o apolidi irregolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, in numero superiore a quattro.

      Art. 603-ter. - (Pene accessorie). - La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis comporta l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese e il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario o di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nonché i relativi subcontratti.
      La condanna per i delitti di cui al primo comma comporta altresì, quando il fatto è commesso da soggetto recidivo ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3), l'esclusione per un periodo di cinque anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, anche dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento».

      2. Dopo l'articolo 629 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 629-bis. - (Pene accessorie). - La condanna per il delitto di cui all'articolo 629, quando il fatto è commesso nell'ambito di un rapporto di lavoro, comporta l'applicazione delle pene accessorie previste all'articolo 603-ter».

Art. 2.
(Disciplina sanzionatoria).

      1. Dopo il comma 12 dell'articolo 22 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

      «12-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri irregolarmente soggiornanti, usufruendo dell'intermediazione non autorizzata di cui agli articoli 4, comma 1, lettera c), e 18, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa di 7.000 euro per ogni lavoratore impiegato».

      2. La condanna per il delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dal comma 1 del presente articolo, comporta l'applicazione delle pene accessorie di cui all'articolo 603-ter, del codice penale, introdotto dall'articolo 1 della presente legge.
      3. All'articolo 25-quinquies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, lettera b), le parole: «e 600-quinquies» sono sostituite dalle seguenti: «600-quinquies e 603-bis»;

          b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. La sanzione pecuniaria di cui alla lettera c) del comma 1 si applica all'ente anche in relazione al delitto di cui all'articolo 22, comma 12-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286»;

          c) al comma 2, dopo le parole: «lettere a) e b),» sono inserite le seguenti: «e nel comma 1-bis,»;

          d) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. Per i delitti di cui all'articolo 603-bis del codice penale e di cui all'articolo 22, comma 12-bis, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è esclusa in ogni caso dall'ambito delle sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, del presente decreto la sospensione delle attività concernenti cicli biologici agricoli o di allevamento del bestiame».

      4. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste per le infrazioni concernenti un rapporto di lavoro che riguardi un lavoratore straniero irregolarmente soggiornante nel territorio dello Stato sono raddoppiate.

Art. 3.
(Modifica all'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

      1. All'articolo 25-septies, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, le parole: «al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma, del codice penale commesso» sono sostituite dalle seguenti: «ai delitti di cui agli articoli 590, terzo comma, e 603-bis del codice penale commessi».

Art. 4.
(Modifica all'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

      1. All'articolo 18, comma 1, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo le parole: «legge 20 febbraio 1958, n. 75,» sono inserite le seguenti: «o di cui all'articolo 603-bis, terzo comma, del codice penale,».

Art. 5.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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