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PDL 1304

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1304



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ANGELA NAPOLI

Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso dei figli

Presentata il 17 giugno 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - L'affidamento condiviso è stabilito da una legge relativamente recente (legge 8 febbraio 2006, n. 54), che la Camera dei deputati approvò con voto pressoché unanime in data 7 luglio 2005 e che il Senato della Repubblica licenziò pure concordemente pochi mesi dopo, rinunciando a introdurvi le modifiche che a molti erano apparse opportune, ossia, in sostanza, a fondare più rigorosamente e ineludibilmente il diritto del minore all'affidamento a entrambi i genitori: l'esigenza di condurre in porto la riforma rese necessario lasciare il testo inalterato, rimandando gli eventuali interventi a quanto avrebbe suggerito la prova stessa sul campo.
      E, in effetti, il primo biennio di applicazione ha già fornito gli elementi necessari in tal senso.
      Questa proposta di legge nasce, dunque, dalle problematiche a suo tempo intuite e si fonda su uno studio dell'associazione nazionale Crescere Insieme, che della legge ha monitorato le disfunzioni applicative ed elaborato i correttivi (Marino Maglietta, «Affido condiviso: un anno di vita tra difficoltà e scarsa conoscenza», Editoriale di Guida al Diritto, (10) 2007, pagine 10-12; e «L'affidamento condiviso dei figli. Guida alla nuova legge», Franco Angeli Editore, 2006) dopo aver ampiamente contribuito alle sue stesura e promozione.
      Come è noto, nel mondo occidentale il principio della bigenitorialità è affermato e applicato con sempre maggior vigore e incisività, a partire dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, firmata e ratificata anche dall'Italia ai sensi della legge n. 176 del 1991. Nel nostro Paese, tuttavia, solo assai faticosamente, con un lavoro di quattro legislature, si è riusciti a far passare come forma privilegiata l'affidamento condiviso. E, analogamente, la sua concreta applicazione incontra sensibili ostacoli, non a causa di una cattiva risposta dell'utenza (ad esempio di un dilagare del contenzioso che, si sosteneva, avrebbe dovuto paralizzare i tribunali), bensì a causa di resistenze culturali degli «operatori», peraltro favorite in alcuni casi da oggettive difficoltà di lettura del testo, mancando in alcuni fondamentali passaggi la non diretta e inequivoca prescrittività delle norme.
      In effetti, il primo periodo di applicazione della nuova legge ha consentito di osservare un'estesa disomogeneità dei provvedimenti, che non riguarda soltanto gli aspetti in cui la norma può effettivamente presentare delle ambiguità, ma si presenta anche là dove il messaggio del legislatore, pur essendo limpido, si pone in contraddizione con gli orientamenti giurisprudenziali in precedenza maggioritari. Non va dimenticato, infatti, che l'affidamento condiviso ha ribaltato la scala di priorità adottata per decenni nei tribunali italiani, ove si era abituati a considerare l'affidamento a un solo genitore come la forma da privilegiare, poiché più adatta a limitare i danni che i figli subiscono dalla separazione dei genitori: adatta, in particolare, a contenere la conflittualità. Un concetto discutibilissimo: sembra logico ritenere, al contrario, che sia proprio l'affidamento esclusivo a non poter essere stabilito quando il conflitto è acceso, poiché prevede che le decisioni del quotidiano siano assunte dal genitore affidatario anche quando i figli si trovano presso l'altro genitore: nulla di più provocatorio e intrinsecamente adatto a creare rancori, anche dove non ci fossero. Tuttavia, tale radicato pregiudizio ha comportato, a suo tempo, che l'alternativa all'affidamento esclusivo, l'affidamento congiunto, venisse adottata solo in un numero assai ridotto di casi, ossia quando la conflittualità era bassa. L'affidamento condiviso avrebbe dovuto risolvere tale limitato ricorso a forme di affidamento a entrambi i genitori, sia per l'esplicita priorità ad esso assegnata - prevedendo che un genitore possa essere escluso dall'affidamento solo per sue personali e comprovate carenze, pericolose per il figlio - sia in quanto, a differenza dell'affidamento congiunto, prevede anche l'esercizio separato della potestà per le decisioni ordinarie, che elimina ogni preoccupazione per i casi di elevata conflittualità. Tuttavia, così non è stato, quanto meno per quanto riguarda gli aspetti sostanziali dei provvedimenti.
      Infatti, nel biennio di vita della nuova normativa si è assistito al proliferare di sentenze in cui l'affidamento condiviso veniva illegittimamente negato per motivi non direttamente attribuibili al soggetto da escludere, ma esterni, come la reciproca conflittualità, l'età dei figli o la distanza tra le abitazioni. E una volta aperta una così grave falla sul piano della legittimità ne sono seguite prevedibili conseguenze sul piano del merito, come negare l'affidamento condiviso per una distanza di 12 chilometri (tribunale di Locri) e stabilirlo con il padre che vive in Spagna e la madre in Abruzzo (tribunale per i minorenni de L'Aquila). Con il che il danno torna ad assumere un carattere generale: la perdita per il cittadino della certezza dei diritti.
      Allo stesso modo è stato travisato, o non compreso, un altro essenziale e qualificante aspetto della legge: il mantenimento diretto, nel quale i due genitori, entrambi affidatari, sono ambedue impegnati a fornire personalmente al figlio i beni e i servizi che gli abbisognano. È questo lo strumento essenziale per rendere effettivo il diritto dei figli a un contatto significativo con entrambi i genitori, appartenente alla quotidianità. È anche lo strumento per gratificare il figlio rassicurandolo sull'interesse che ciascuno dei genitori ha per lui attraverso l'assolvimento di compiti di cura a contenuto economico, nonché per liberargli gli spazi ricreativi che altrimenti sarebbe costretto a riservare all'incontro con uno dei genitori. Di tutto questo, purtroppo, la giurisprudenza non si sta ricordando e sono rarissimi, eccezionali, i provvedimenti che prendono in considerazione la valenza relazionale e sociale del mantenimento diretto. Al di fuori di questi pochi casi si rimane all'assegno, un sistema che può far comodo, nella migliore delle ipotesi, solo agli adulti. Il giudice risparmia lo sforzo di individuare e di ripartire compiti di cura e, conseguentemente, i capitoli di spesa; il genitore che riceve l'assegno può farne quello che vuole; e l'obbligato, se non ha a cuore i figli, se la cava dando una tantum una disposizione alla banca. Ragioni che scavalcano nella nostra giurisprudenza i motivi relazionali contrari già visti, ai quali è da aggiungere la scarsissima propensione dell'obbligato a versare all'aborrito ex partner, come lui affidatario, un contributo che non deve a lui, ma ai figli. Con il risultato di un'altissima percentuale di inadempienze, a danno anche queste essenzialmente della prole. E tutto ciò, si osservi, a dispetto dell'evidente indicazione del legislatore, il quale non a caso al primo comma dell'articolo 155 del codice civile ha sostituito al termine «mantenimento», presente come diritto-dovere di entrambi i genitori nell'articolo 30 della Costituzione, quello di «cura», visibilmente più ampio, e al quarto comma ha lasciato all'assegno una funzione solo integrativa o perequativa, laddove recita: «Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità (...)».
      La logica impone che se il mantenimento indiretto, mediante assegno, è un sistema straordinario, al quale si ricorre solo limitatamente al rispetto della proporzione tra oneri e risorse, ciò vuol dire che la via ordinaria è il mantenimento diretto.
      Così pure, in molti tribunali si considera inevitabile per il giudice l'omologazione di affidamenti esclusivi concordati tra le parti senza che vi siano indicate le ragioni di pregiudizio a carico del genitore da escludere. Si tratta di un'evidente violazione del diritto indisponibile del minore a un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori di cui al citato primo comma dell'articolo 155 del codice civile: ma in molti casi questo è sfuggito all'attenzione dei soggetti competenti.
      Forse, tuttavia, la più insidiosa forma di non applicazione della legge n. 54 del 2006 consiste nello stabilire nominalmente l'affidamento condiviso, al quale però vengono dati contenuti pressoché identici a quelli di un affidamento esclusivo, soprattutto attraverso l'introduzione della figura del «genitore convivente», di origine esclusivamente giurisprudenziale. Si può vedere un esempio, ex multis, di questo orientamento nella sentenza del tribunale di Napoli (16 gennaio 2007, estensore Casaburi) che così configura un affidamento «condiviso»: «Resta fermo che i minori devono risiedere stabilmente presso solo uno dei genitori [cosiddetta "residenza privilegiata"], con conseguente necessità di stabilire le modalità di incontro con l'altro genitore [sicché, in definitiva, l'affido condiviso non è realmente diverso da un ben strutturato affido monogenitoriale]. (...) Pertanto, (...) va disposto che i figli minori, affidati congiuntamente ai genitori, risiederanno in via privilegiata presso la madre. (...) Il padre potrà vederli e tenerli con sé a fine settimana alterni, dalle 10 del sabato (o dalla fine della scuola) alle 21 della domenica: un pomeriggio infrasettimanale, dalla fine della scuola alle 21 (...), una settimana consecutiva nel periodo natalizio (...), ad anni alterni per le intere vacanze pasquali, 3 settimane consecutive d'estate».
      Nel disposto della sentenza si rileva che il modello dell'affidamento esclusivo non solo è riprodotto nei fatti - come nella quantificazione dei tempi di contatto o nella facoltà, anziché nell'obbligo, dei contatti padre-figli - ma ne viene esplicitamente e con compiacimento esibita la teorizzazione. In questo modo, dunque, si riproduce l'antico modello del «genitore affidatario», con all'incirca le sue stesse funzioni e opportunità. Ciò, evidentemente, è l'esatto contrario di ciò che si è proposta la riforma del 2006, introdotta per sostituire al modello monogenitoriale quello bigenitoriale, mediante una normativa che evita accuratamente di distinguere i genitori sotto il profilo della convivenza con i figli. Si pensi al menzionato primo comma dell'articolo 155 del codice civile: «(...) il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori] (...)». Una chiarissima enunciazione di principio, dal carattere anche prescrittivo, ribadita al secondo comma, dove si dice che il giudice «(...) determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore (...)», anziché «stabilisce presso quale dei genitori i figli vivranno».
      La ragione di questo favor giurisprudenziale per il modello esclusivo sembra risiedere essenzialmente in una non corretta comprensione della ratio della riforma, che riposa in una personale lettura del concetto di «interesse del minore». In pratica, si tende a contrapporre e a sostituire al concetto di bigenitorialità, privilegiato dal legislatore quale elemento fondante di tale interesse e garante della «stabilità affettiva», il concetto di «stabilità fisica», che attribuisce la medesima funzione all'unicità della collocazione abitativa, e così facendo si giustificano gli esigui tempi di contatto stabiliti per il genitore «esterno». Una tesi ampiamente e convincentemente contestata in dottrina. Si veda, ad esempio, la posizione di Pierferdinando Casula, presidente del tribunale di Rimini (relazione presentata ad Ancona il 4 dicembre 2006 presso il corso di perfezionamento in diritto di famiglia): «In sostanza l'interesse del minore rileva unicamente nell'ambito della regola di bigenitorialità e quindi non esiste un interesse del minore tout-court puro e semplice: l'interesse del minore è la bigenitorialità, questo dice il nostro legislatore, questo è l'interesse del minore, nell'ambito di questo codificato e giuridicamente cogente principio legislativo di definizione dell'interesse del minore».
      Si tratta, del resto, di commenti negativi alla prassi esposta, che giungono coralmente anche dall'universo femminile. In perfetta sintonia con le posizioni dell'Associazione «Donne separate» (Genova), molto concretamente la presidente di «Arcidonna», Valeria Ajovalasit, ha criticato «l'inadeguatezza della legislazione in materia di affidamento dei figli di genitori separati, che tende a produrre un rapporto asimmetrico tra i genitori circa i compiti di cura verso i loro bambini. Asimmetria che si ripercuote negativamente sulla crescita e sull'educazione dei minorenni (...). È innegabile, infatti, che ancora oggi i carichi familiari continuino a gravare in gran parte sulle spalle delle donne, tanto per la cura della casa che per quella dei figli (...)». Per concludere che «la normativa sull'affidamento dei figli va rivista equilibrando diritti e doveri dei padri e delle madri» (comunicazione al Convegno «Affidamento condiviso dei figli e pari opportunità genitoriali» Palermo 21 e 22 maggio 2008).
      In aggiunta, un'accoglienza del nuovo indirizzo così parziale e disomogenea pone l'Italia in serio imbarazzo di fronte al trend che si manifesta con sempre maggiore evidenza negli altri Paesi del mondo occidentale, nei quali i princìpi della bigenitorialità sono affermati e applicati con crescenti vigore e incisività. Si veda, ad esempio, il caso del Belgio dove, per iniziativa del vice primo ministro, madame Onkelinx, è stato introdotto e privilegiato addirittura l'affidamento paritetico: legge 18 luglio 2006, basata sulla doppia residenza, ispirata agli stessi concetti della legge francese 4 marzo 2002, n. 305, sulla «résidence partagée» (residenza alternata), ma più avanzata di questa, poiché prevede che i tempi di permanenza presso i due genitori siano circa uguali.
      Anche questo è un tema che la normativa italiana non poteva ignorare, anche se, prudentemente, in questa proposta di legge si è voluta limitare l'innovazione all'indicazione in sentenza di un doppio domicilio.
      Analoga riflessione è stata svolta in favore della mediazione familiare, uno strumento di supporto alla coppia che ovunque nel mondo sta guadagnando consensi, ma che il Parlamento italiano aveva virtualmente eliminato dal progetto di legge iniziale nella definitiva stesura, riducendola a una blanda possibilità di segnalazione, ad ostilità già iniziate. Si pensi, viceversa, ai brillantissimi risultati ottenuti in Argentina rendendo obbligatorio un passaggio preliminare informativo presso un centro di mediazione familiare, modalità che ha fornito un picco di composizioni amichevoli delle liti altrimenti impensabile. In parallelo, d'altra parte, anche il Parlamento europeo si è mosso in favore della risoluzione alternativa delle controversie e ha approvato, mediante posizione assunta il 23 aprile 2008, una direttiva che intende facilitare l'accesso ad essa e promuoverla mediante il ricorso alla mediazione, che è incoraggiato, garantendo anche un'equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario (direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008).
      In definitiva, è apparso necessario non solo rendere del tutto impossibili un'interpretazione riduttiva della normativa e la sua sostanziale disapplicazione, ma al tempo stesso cogliere l'occasione per completare la riforma, per introdurre quelle novità, assolute o relative, che possono dare maggiore compiutezza alla recente rilettura del diritto di famiglia.
      Passando ad un'analisi puntuale dell'articolato, si osserva che il comma 1 dell'articolo 1 intende mettere fine alla non circoscritta tendenza, prima accennata, a concedere l'affidamento condiviso svuotandolo al contempo dei suoi essenziali requisiti, come il diritto del minore a un rapporto effettivamente equilibrato con entrambi i genitori, in modo che ciascuno di essi si impegni quanto l'altro nel fornirgli «cura» oltre che educazione e istruzione: condizioni che evidentemente non si realizzano se il figlio trascorre con uno di essi poco più di due fine settimana al mese, o se in sentenza si omette di stabilire per entrambi equivalenti compiti di accudimento. L'attenuazione «per quanto possibile» va intesa, ovviamente, come dovuta alla necessità di considerare quei casi in cui distanza, età o particolari impegni lavorativi dei genitori rendono materialmente impossibile una gestione paritaria; ma ciò non toglie che, ovunque realizzabile, essa debba essere assicurata al figlio.
      Il comma 2 dell'articolo 1 esprime più efficacemente la priorità dell'opzione bigenitoriale, quale mantenimento il più possibile inalterato delle condizioni antecedenti la separazione e rende più evidenti e inderogabili i limitati ambiti di applicazione dell'affidamento esclusivo (articolo 155-bis del codice civile).
      Il comma 3, alla pari del comma 1, sviluppa e rende effettiva la doppia tutela a vantaggio dei figli.
      Poiché gli inconvenienti attuali sono conseguenza diretta dell'attribuzione ai figli di un'unica appartenenza domiciliare, la nuova formulazione evidenzia la scelta in favore di due case, pur di continuare ad avere due genitori. Nel medesimo spirito il basilare comma 4 elimina la possibilità di negare ai figli la tutela di uno dei genitori quale coaffidatario, utilizzando circostanze che non possono porsi a suo carico.
      Il comma 5 si preoccupa di rendere effettivo il diritto dei figli a mantenere rapporti significativi con i due ambiti parentali al completo, ovviando al problema di una lettura dell'articolato che sembrava voler riservare ai nipoti la possibilità di tutelare il loro rapporto con i nonni a condizione di essere loro stessi ad attivarsi; cosa a dir poco problematica, visto che mancano loro la capacità di agire, nonché le risorse economiche per farlo.
      Il comma 6 precisa che nei casi di affidamento esclusivo la potestà sarà esercitata solo dal genitore affidatario normando, così, un aspetto che aveva fatto molto discutere.
      Il comma 7 rende del tutto inequivoca, e quindi ineludibile, la prescrizione in favore del mantenimento diretto, che dovrà essere stabilito ogniqualvolta sia chiesto, anche da un genitore solo. Inoltre, mette ordine nell'elenco dei parametri di cui il giudice deve tenere conto per fissare un eventuale assegno. La norma vigente, infatti, mescola ciò che serve a stabilire il costo totale del figlio con quanto serve a scalare dall'assegno perequativo, se stabilito, forme dirette di contribuzione (come il lavoro di cura). Il medesimo comma stabilisce, infine, che in caso di trascuratezza da parte di uno dei genitori questi perda la possibilità del mantenimento diretto e sia obbligato a versare un assegno all'altro.
      L'articolo 2, sia nella rubrica che nel primo comma novellato dell'articolo 155-bis del codice civile, afferma in termini prescrittivi che solo ove si verifichino determinate condizioni, l'onere della cui prova spetta all'accusa, si può escludere un genitore dall'affidamento. Pertanto resta fuori discussione che al giudice non è data facoltà di scegliere a sua discrezione tra due istituti, l'affidamento condiviso e quello esclusivo, ma solo di proteggere il minore da uno dei genitori, ove essere a lui affidato possa arrecargli pregiudizio. Il comma 3 determina le modalità di attuazione dell'affidamento esclusivo e il comma 4 chiarisce definitivamente che il mantenimento diretto è la forma da privilegiare anche in caso di affidamento esclusivo e che i genitori hanno diritto, qualitativamente, al medesimo trattamento in termini di detrazioni, assegni familiari e agevolazioni fiscali di ogni genere, a prescindere dal tipo di affidamento e dalla qualifica di genitore affidatario o non.
      L'articolo 3 precisa la mancanza di automatismi nella decadenza eventuale dal diritto al godimento della casa familiare, ove il genitore assegnatario si risposi o conviva more uxorio. In questo modo sarà valutato caso per caso se al figlio conviene o meno l'ingresso nella casa familiare di un nuovo adulto.
      L'articolo 4 risolve un'altra questione oggetto di intenso dibattito: l'attribuzione al figlio maggiorenne della titolarità dell'eventuale assegno che è stato stabilito per il suo mantenimento.
      La formulazione proposta permette di tutelare gli eventuali danni subiti dal genitore prevalentemente convivente, legittimando anche lui, in concorrenza con il figlio, ad attivarsi in caso di inadempienza dell'altro. Al tempo stesso lo tutela disciplinando anche i rapporti con il figlio, prevedendo che questi debba concordare con il genitore il proprio eventuale contributo alle spese e alle cure domestiche.
      L'articolo 5, comma1, rafforza la posizione del figlio minore, esaltando il peso delle sue parole ogni volta che ne è disposto l'ascolto. Stabilisce anche le modalità consigliabili per procedere all'ascolto del medesimo. Il comma 2 permette di spostare le norme sulla mediazione dal codice civile a quello di procedura civile (articolo 7 della proposta di legge).
      L'articolo 6 rende possibile reclamare i provvedimenti del giudice istruttore, che a volte creano situazioni invivibili, per modificare le quali occorre attendere la sentenza, anche per anni. La scelta del reclamo al collegio è dovuta al desiderio di tenere conto delle difficoltà logistiche che si potrebbero incontrare in talune zone optando per il reclamo alla corte d'appello.
      L'articolo 7, come rilevato, restituisce alla mediazione familiare il riconoscimento pieno che aveva ricevuto nella penultima stesura dello schema del progetto di legge della Commissione Giustizia della Camera dei deputati. L'impoverimento di tale strumento è stato concordemente biasimato da tutti gli operatori del settore, che hanno reiteratamente segnalato i vantaggi di prevedere un'informazione obbligatoria sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione prima di qualsiasi contatto con la via giudiziale.
      L'articolo 8, integrando la precedente disposizione dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile, interviene in tutte quelle situazioni in cui un genitore compie unilateralmente atti che richiedono l'accordo con l'altro (ad esempio, cambiando residenza e portando il figlio con sé, oppure iscrivendo il figlio a istituti scolastici di propria esclusiva scelta), azzerando tali iniziative, ovvero nel caso in cui abbia costruito ad arte situazioni ostative al contatto del figlio con l'altro genitore. In questo caso si è ritenuto che non sia sufficiente la previsione di un meccanismo punitivo o risarcitorio del danno, ma che vada prioritariamente disposto, ove possibile, il ripristino dello stato antecedente, ovvero interventi mirati alla restituzione o alla compensazione di quanto indebitamente sottratto o negato (si pensi, ad esempio, a giorni di frequentazione saltati).
      L'articolo 9 aggiorna alla nuova normativa la formulazione dell'articolo 317-bis, sedondo comma, del codice civile, relativo all'esercizio della potestà su figli di genitori non coniugati.
      L'articolo 10, infine, risolve il dilemma dell'attribuzione della competenza per l'affidamento dei figli di genitori non coniugati, inizialmente in dubbio tra il tribunale ordinario e il tribunale per i minorenni e che un'ordinanza della prima sezione civile della Cassazione (n. 8362 del 3 aprile 2007) ha attribuito al secondo. L'indicazione è in favore del primo, in quanto si ritiene preferibile che il dibattito si svolga in un luogo ove sono più ampie le garanzie per le parti: una precauzione che appare necessaria, atteso il principio del rispetto dell'interesse del minore che informa tutti i provvedimenti in materia.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al primo comma dell'articolo 155 del codice civile, dopo le parole: «di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi» sono inserite le seguenti: «, per quanto possibile pariteticamente,».
      2. Al secondo comma dell'articolo 155 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) le parole da: «Valuta prioritariamente» fino a: «i figli sono affidati» sono sostituite dalle seguenti: «Dispone che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori, salvo quanto previsto dall'articolo 155-bis»;

          b) dopo le parole: «determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore» sono inserite le seguenti: «fissandone il domicilio presso entrambi, salvo accordi diversi dei genitori,»;

          c) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «L'età dei figli, la distanza tra le abitazioni dei genitori e il tenore dei loro rapporti non rilevano ai fini del rispetto del diritto dei minori all'affidamento condiviso, ma solo sulle relative modalità di attuazione».

      3. Dopo il secondo comma dell'articolo 155 del codice civile è inserito il seguente:

      «Agli ascendenti è data facoltà di chiedere al giudice che sia riconosciuta e disciplinata la propria possibilità di contatto con i minori».

      4. Al terzo comma, primo periodo, dell'articolo 155 del codice civile, dopo le parole: «da entrambi i genitori» sono aggiunte le seguenti: «, salvo quanto disposto all'articolo 155-bis».
      5. Il quarto comma dell'articolo 155 del codice civile è sostituito dai seguenti:

      «Salvo accordi diversi tra le parti, ciascuno dei genitori provvede in forma diretta e per capitoli di spesa al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Le modalità del mantenimento sono concordate direttamente dai genitori o, in caso di disaccordo, dal giudice. Il costo dei figli è valutato tenendo conto:

          1) delle attuali esigenze del figlio;

          2) delle risorse economiche complessive dei genitori;

          3) del tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.

      Ai fini di cui al quinto comma, quale contributo diretto il giudice valuta anche la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
      Ove necessario al fine di realizzare il principio di proporzionalità previsto dal quinto comma, il giudice può stabilire la corresponsione di un assegno perequativo periodico. Tale assegno è automaticamente adeguato agli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), in mancanza di un'altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
      Qualora un genitore venga meno, comprovatamente, al dovere di provvedere alle necessità del figlio nella forma diretta per la parte di sua spettanza, il giudice stabilisce, a domanda, che il medesimo provveda mediante assegno da versare all'altro genitore».

Art. 2.

      1. Il primo comma dell'articolo 155-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Il giudice può escludere un genitore dall'affidamento, con provvedimento motivato, qualora ritenga che l'affidamento a quel genitore sia contrario all'interesse del minore. In ogni caso il giudice può, per gravi motivi, ordinare che la prole sia collocata presso una terza persona o, nell'impossibilità di tale soluzione, presso un istituto di educazione».

      2. All'articolo 155-bis del codice civile sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «Il genitore cui sono affidati i figli ha l'esercizio esclusivo della potestà su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate congiuntamente da entrambi i coniugi. Il coniuge cui i figli non siano affidati ha il diritto e il dovere di vigilare sulle loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.
      Le disposizioni sul mantenimento dei figli di cui al quinto comma dell'articolo 155 si applicano a prescindere dal tipo di affidamento dei figli e i genitori hanno altresì diritto al medesimo trattamento fiscale previsto dalla legge».

      3. La rubrica dell'articolo 155-bis del codice civile è sostituita dalla seguente: «Esclusione di un genitore dall'affidamento e disciplina dell'affidamento esclusivo».

Art. 3.

      1. Al primo comma dell'articolo 155-quater del codice civile, le parole: «Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che» sono sostituite dalle seguenti: «L'assegnazione della casa familiare è riconsiderata, a domanda, nel caso in cui».

Art. 4.

      1. Il primo comma dell'articolo 155-quinquies del codice civile è sostituito dai seguenti:

      «Dell'assegno perequativo eventualmente stabilito per il mantenimento del figlio, o degli assegni che entrambi i genitori siano obbligati a versare in conto corrente comune in favore del figlio, è titolare quest'ultimo quando diventa maggiorenne ed egli è altresì tenuto a collaborare con i genitori e a contribuire alle spese familiari, finché convivente con essi. Ove il genitore obbligato si renda inadempiente, in caso di inerzia del figlio, è legittimato ad agire anche l'altro genitore, come persona che ne subisce un danno.
      Nel caso in cui i figli siano già maggiorenni al momento della separazione personale dei genitori, ma non ancora autosufficienti economicamente, può essere chiesta l'applicazione del quinto comma dell'articolo 155 da uno qualsiasi dei genitori o dei figli».

Art. 5.

      1. All'articolo 155-sexies del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al primo comma sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e deve prendere in considerazione la sua opinione, tenendo conto dell'età e del grado di maturità. Il giudice può disporre che il minore sia sentito con audizione protetta, in locali a ciò idonei, anche fuori dell'ufficio giudiziario, e che la medesima, oltre che verbalizzata, sia registrata con mezzi audiovisivi»;

          b) il secondo comma è abrogato.

Art. 6.

      1. Al secondo comma dell'articolo 178 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In materia di separazione e di affidamento dei figli l'ordinanza del giudice istruttore è impugnabile dalle parti con reclamo al collegio».

Art. 7.

      1. Dopo l'articolo 709 del codice di procedura civile è inserito il seguente:

      «Art. 709.1. - (Mediazione familiare). - In tutti i casi di disaccordo, nella fase di elaborazione del progetto condiviso, le parti hanno l'obbligo, prima di adire il giudice e salvo i casi di assoluta urgenza o di grave ed imminente pregiudizio per i minori, di acquisire informazioni sulle potenzialità di un eventuale percorso di mediazione familiare, rivolgendosi a un centro di mediazione familiare, pubblico o privato, i cui operatori abbiano formazione specifica, nonché siano iscritti ad albi nazionali specifici, pubblici o privati, registrati nell'apposito elenco del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
      Ove l'intervento, che può essere interrotto in qualsiasi momento, si concluda positivamente, le parti presentano al presidente del tribunale il testo dell'accordo raggiunto. Gli aspetti economici della separazione possono fare parte del documento finale, anche se concordati al di fuori del centro di mediazione familiare. In caso di insuccesso le parti possono rivolgersi al giudice, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 709-ter.
      In ogni caso la parte ricorrente deve allegare al ricorso la certificazione del passaggio presso il centro di mediazione familiare o la concorde dichiarazione circa l'avvenuto passaggio.
      In caso di contrasti insorti successivamente, in ogni stato e grado del giudizio di separazione o anche dopo la sua conclusione, il giudice segnala alle parti l'opportunità di rivolgersi a un centro di mediazione familiare che abbia i requisiti indicati al primo comma. Se la segnalazione trova il consenso delle parti, il giudice rinvia la causa ad altra data in attesa dell'espletamento dell'attività di mediazione secondo le modalità di cui al citato primo comma».

Art. 8.

      1. All'alinea del secondo comma dell'articolo 709-ter del codice di procedura civile, le parole: «In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente» sono sostituite dalle seguenti: «In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, il giudice adotta prioritariamente, ove possibile, provvedimenti di ripristino, restituzione o compensazione. Inoltre, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente».

Art. 9.

      1. Il secondo comma dell'articolo 317-bis del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Se il riconoscimento è fatto da entrambi i genitori, l'esercizio della potestà spetta congiuntamente a entrambi qualora siano conviventi. Si applicano le disposizioni dell'articolo 316. Se i genitori non convivono, l'esercizio della potestà è regolato ai sensi di quanto disposto agli articoli da 155 a 155-sexies.

Art. 10.

      1. Al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 febbraio 2006, n. 54, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La competenza è attribuita in ogni caso al tribunale ordinario».


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