PDL 1786
XVI LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1786
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DI PIETRO, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, CAMBURSANO, BARBATO, CIMADORO, COSTANTINI, DI GIUSEP- PE, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, GIULIETTI, MESSINA, MISITI, MONAI, MURA, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALAGIANO, PALOMBA, PIFFARI, PISICCHIO, PORCINO, PORFIDIA, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI, ZAZZERA
Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno
Presentata il 14 ottobre 2008
Onorevoli Colleghi! - Nel corso della XV legislatura il Governo presentò il 4 dicembre 2007 il disegno di legge «Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999» (atto Camera n. 3286).
La conclusione anticipata della legislatura non ne ha consentito l'esame.
Con questa proposta di legge si propone l'articolato e la relazione che ricalcano il disegno di legge atto Camera n. 3286.
La presente proposta di legge è diretta alla ratifica ed alla esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 ed è stata redatta utilizzando, ove possibile, anche il lavoro svolto dalla Commissione a tal fine insediata presso il Ministero della giustizia fino all'anno 2001 e presieduta dal Presidente Giuseppe La Greca.
Nella redazione della proposta di legge si è tenuto, altresì, conto del contributo offerto dai membri della Commissione per
la riforma del codice penale, presieduta dall'Avvocato Giuliano Pisapia, operante presso il Ministero della giustizia.
I lavori in questione hanno consentito di addivenire ad un testo il quale, anche nell'ottica di rispondere alle indicazioni rivenienti dagli organismi internazionali dei quali l'Italia è parte, si è sostanzialmente ridisegnato il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione (articolo 317 del codice penale) all'interno di quelle previste e punite dall'articolo 629 del codice penale (estorsione) e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fatti specie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale attualmente vigenti, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore. Si è, quindi, provveduto da un lato a razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse; dall'altro lato si è provveduto a conferire rilevanza anche a quelle condotte le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione e idonee ad ingenerare dubbi sulla effettiva imparzialità ed efficienza della stessa, non risultavano tuttavia in alcun modo sanzionate all'interno del sistema penale italiano. È stata, pertanto, a tale scopo introdotta la fattispecie del traffico di influenze illecite, più avanti meglio descritta, prevista specificamente dalla Convenzione di Strasburgo e volta a punire la condotta di tutti quei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo delle faccende corruttive nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, la prospettiva della lotta alla corruzione nei suoi differenti aspetti si è imposta all'attenzione della comunità internazionale che ne ha percepito l'estrema pericolosità per la democrazia, per il diritto, per le libertà fondamentali, nonché per il progresso socio-economico. L'impegno internazionale nel contrasto di tale fenomeno si è articolato sia a livello universale che a livello regionale. Nella prima prospettiva emerge l'iniziativa dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sotto i cui auspici, il 17 dicembre 1997, è stata stipulata la Convenzione sulla lotta contro la corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali. Nella seconda prospettiva primeggia una serie di strumenti giuridici adottati in sede comunitaria tra i quali si menzionano la Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee del 26 luglio 1995 (e relativo Protocollo del 27 settembre 1996), nonché la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione in cui sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea, stipulata il 27 maggio 1997. Fatti salvi i
Principes directeurs à l'intention des entreprises multinationales (1976), il primo contributo dell'OCSE alla lotta alla corruzione adottato a livello multilaterale tra gli Stati è la
Recommendation on Bribery in International Business Transactions (1994) che ha a sua volta aperto la strada alla Convenzione sulla lotta contro la corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle transazioni commerciali internazionali del dicembre 1997. Con essa gli Stati parte si sono vincolati alla prevenzione e repressione degli atti di corruzione attiva provenienti da imprese soggette alla propria sovranità e diretti anche verso paesi non firmatari, indipendentemente dall'applicazione delle loro norme penali alla corruzione passiva dei propri funzionari. A differenza degli altri strumenti internazionali qui di seguito esaminati, quindi, la presente Convenzione non si riferisce alla corruzione passiva e mira ad assicurare anzitutto una leale competitività ed un contesto in cui le relazioni commerciali transnazionali non trovino nelle tangenti, o in ogni altro vantaggio illegale offerto dalle imprese, il proprio fondamento. Tutto questo non per il tramite di una armonizzazione (né tanto meno unificazione) del diritto penale degli
Stati membri, bensì grazie ad una
functional equivalency in materia fra gli ordinamenti nazionali interessati.
L'approccio comunitario al tema in esame è, invece, partito dall'esigenza di tutelare l'integrità del proprio patrimonio - con la Convenzione del 26 luglio 1995 relativa agli interessi finanziari comunitari - per giungere - con la menzionata Convenzione del 1997 - a rendere criminali non solo le condotte lesive dell'integrità delle finanze comuni, ma anche quelle pregiudizievoli al corretto svolgimento della funzione pubblica comunitaria. Attraverso, ad esempio, la individuazione delle fattispecie di corruzione attiva e di corruzione passiva, la precisazione della competenza della Corte di Lussemburgo per la risoluzione delle controversie insorte circa l'interpretazione o l'applicazione delle convenzioni del 1997 ed individuando la responsabilità delle persone giuridiche, gli organi comunitari hanno voluto indicare ai paesi membri i settori necessitanti il più immediato intervento per contrastare il fenomeno delittuoso in questione.
Accanto alle due prospettive tracciate dai sistemi normativi di cui s'è detto, si pone l'opera realizzata dal Consiglio d'Europa e rivolta ad una schiera di paesi comprensiva (e più ampia) di quella dei paesi dell'Unione europea. Le strategie di lotta alla corruzione individuate dal Consiglio d'Europa, pur da leggersi unitamente agli sforzi prodotti nel medesimo settore dalle Organizzazioni di cui sopra, hanno delle peculiarità che si ritiene giustifichino l'attenzione che qui di seguito verrà loro dedicata.
Muovendo dalle riflessioni maturate in seno alla 19
a Conferenza dei ministri europei della Giustizia tenutasi a Malta nel giugno 1994, il Consiglio d'Europa si è attivato contro la corruzione sia con l'istituzione - nello stesso anno - del Gruppo multidisciplinare sulla corruzione (GMC), che con l'adozione - nel 1996 - di un articolato «Programma d'azione contro la corruzione» che costituisce il fondamento giuridico delle attività consiliari in tale direzione. Lo sviluppo di queste attività si è realizzato gradualmente, per tappe, ma è pacifico che a partire dal secondo vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'ottobre 1997 il menzionato Programma ha ricevuto un decisivo impulso politico facendo così della lotta alla corruzione uno degli obiettivi prioritari ed essenziali del Consiglio. L'approccio del Consiglio d'Europa in questo settore è caratterizzato dalle seguenti peculiarità: innanzitutto la multidisciplinarità, in quanto ci si è resi conto del fatto che la corruzione è un fenomeno multiforme che richiede azioni di tipo differente, non solo giuridico. L'attività del Consiglio d'Europa è volta infatti al miglioramento delle regole che reggono la vita pubblica, soprattutto per quel che riguarda la tutela dell'integrità, ossia dell'imparzialità, della pubblica amministrazione sulla base di un tessuto sociale quanto più solido. Tenuto conto della complessità del fenomeno da affrontare, il Consiglio d'Europa ha inteso approntare un ampio ventaglio di strumenti giuridici tendenti a una reciproca complementarità. Va da sé ovviamente che la credibilità dei mezzi de
quibus è priva di consistenza in mancanza di un adeguato sistema di valutazione del rispetto degli obblighi giuridici da essi derivanti. In tale prospettiva il Consiglio d'Europa ha ritenuto opportuno raccordare questi strumenti a un unico organo di controllo: il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO). Per venire incontro, infine, alla diversità delle situazioni nazionali si è cercato di facilitare la penetrazione degli (spesso più rigidi)
standard normativi sia articolando la facoltà di apporre riserve all'atto di adesione, che configurando le procedure del meccanismo di controllo in modo tale da renderle quanto più possibile adattabili al tipo di disposizioni interessate. Da un punto di vista normativo il citato Programma d'Azione si pone all'origine di ben cinque strumenti adottati dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa. In primo luogo, ed in esito ad approfonditi lavori volti a definire un quadro comune per le strategie nazionali anticorruzione, il Comitato dei Ministri, il 6 novembre 1997, ha adottato la risoluzione (97) 24 relativa ai
venti princìpi direttivi per la lotta alla corruzione che precisano i settori in cui un intervento statale è indispensabile per un'efficace strategia globale di lotta al fenomeno in questione. Questi princìpi si inquadrano in una prospettiva generale preventiva e nel contempo di promozione di «condotte etiche», libertà dei
mass media, trasparenza dei meccanismi decisionali, controllo dei conti, codici di buona condotta dei funzionari, finanziamento dei partiti e delle campagne elettorali. La volontà degli autori, trasfusa anche nel tenore letterale delle norme stesse, impedisce di affermare la vincolatività giuridica dei princìpi, ma ciononostante è evidente il peso politico degli stessi, elaborati da un consesso che riunisce i vertici dei paesi membri del Consiglio d'Europa.
L'altro strumento elaborato in base al citato Programma d'azione è il modello di codice di condotta per i pubblici dipendenti presentato come annesso alla raccomandazione R(2000)10 del Comitato dei Ministri adottata l'11 maggio 2000. In questa sede pare doversi brevemente accennare al fatto per cui tale normativa, strutturata in ventotto articoli, ha una triplice funzione. Essa è anzitutto volta a determinare il quadro deontologico all'interno del quale si deve realizzare il servizio pubblico. In siffatta prospettiva poi si definiscono le regole comportamentali dei pubblici funzionari e le corrispondenti aspettative di coloro i quali entrano in contatto con la pubblica amministrazione e questo infine nel quadro di un rafforzamento delle norme, anche anticorruzione, fissate dalla legislazione nazionale dei paesi che vogliono adottare questo strumento. A tal punto per completezza, e prima di passare all'esame degli strumenti convenzionali relativi alla lotta alla corruzione e all'accordo istitutivo del GRECO, sembra opportuno ricordare brevemente che il Programma d'azione ha costituito terreno ideale per la proliferazione di interessanti iniziative, ormai ben avviate, sorte
a latere ed ancora in modo complementare rispetto alla attività normativa in esame. Si tratta delle conferenze annuali dei servizi specializzati nella lotta al fenomeno della corruzione; del programma cosiddetto OCTOPUS portato innanzi di concerto con la Commissione europea contro il crimine organizzato; e, infine, del Programma contro la corruzione e il crimine organizzato nell'Europa sud-orientale (PACO). Conformemente agli obiettivi definiti dal Programma di azione e sulla base di un mandato interinale
ad hoc, un gruppo di lavoro del GMC ha iniziato ad elaborare un progetto di Convenzione nel febbraio 1996, giungendo al termine dell'anno successivo a sottoporre al GMC un testo tendenzialmente definitivo. Nell'aprile 1998 il Comitato dei Ministri ha deciso di consultare l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa in ordine al progetto stesso, incaricando al contempo il GMC di riformularlo in adesione alle osservazioni che sarebbero state apportate dall'Assemblea e dal Comitato europeo per i problemi della criminalità (CDPC). Così integrato il progetto è stato sottoposto al Comitato dei Ministri che, il 4 novembre 1998, lo ha adottato quale Convenzione rendendone possibile la sottoscrizione e la ratifica a partire dal successivo 27 gennaio. Tale normativa, tra le meglio articolate in materia, è volta non tanto a definire unitariamente il fenomeno della corruzione, quanto invece a colpire determinate situazioni in cui la corruzione si esplica e questo sulla base di elementi ricorrenti. La Convenzione penale, composta da quarantadue articoli, prevede l'incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva tanto di funzionari nazionali (articoli 2 e 3), quanto di funzionari stranieri (articolo 5), internazionali e sovranazionali (articoli 9-11); di corruzione attiva e passiva nel settore privato (articoli 7 e 8); del cosiddetto traffico di influenza (articolo 12); del riciclaggio dei proventi di atti di corruzione (articolo 13), nonché l'incriminazione di infrazioni spesso connesse a fenomeni di corruttela, quali le infrazioni contabili (articolo 14). Nel tentativo di confezionare uno strumento adeguato al raggiungimento degli obiettivi fissati, in sede redazionale si è deciso di inserire nella Convenzione disposizioni riguardanti sia gli aspetti procedurali e
sanzionatori della lotta al fenomeno, sia la possibilità di creare all'interno di ciascun ordinamento giuridico degli organi specializzati - sia per formazione ricevuta che per ambito operativo - nella materia in questione. Gli Stati aderenti sono infatti tenuti ad approntare sanzioni e misure efficaci e dissuasive, inclusa la privazione della libertà personale a fini di estradizione. Anche le persone giuridiche in quanto tali diverranno giuridicamente responsabili delle infrazioni ad esse ascritte e saranno pertanto sanzionabili, anche in sede penale. In base all'articolo 32 la Convenzione penale è entrata in vigore in data 1
o luglio 2002, ossia il primo giorno del mese successivo alla scadenza del trimestre decorrente dalla data dell'avvenuto deposito del quattordicesimo strumento di ratifica presso il Segretario generale del Consiglio d'Europa.
Tra gli obiettivi della proposta di legge vi è anche quello di rispondere alle osservazioni reiterate nei confronti del nostro Paese dall'OCSE secondo cui sarebbe necessario modificare la normativa vigente nell'ordinamento italiano in tema di reati contro la pubblica amministrazione, in particolare per quanto concerne la punibilità, nell'ambito delle operazioni economiche internazionali, del soggetto che indebitamente offra o prometta denaro per conseguire un vantaggio ingiusto. Nella nostra legislazione questa condotta corrisponde allo schema della corruzione propria, la quale prevede la punibilità del pubblico funzionario e del privato che si avvantaggia della condotta contraria ai doveri d'ufficio. Il codice penale, però, prevede anche l'ipotesi di cui all'articolo 317 (concussione), ai sensi del quale la punibilità del privato è esclusa se lo stesso è stato costretto od indotto alla dazione predetta dal pubblico funzionario; la norma in questione non distingue tra condotte rivolte al conseguimento di un vantaggio indebito o meno, prevedendo in ogni caso la punibilità del solo pubblico ufficiale.
L'OCSE ha più volte fatto rilevare nelle raccomandazioni rivolte all'Italia ed agli altri Stati parte che deve essere assicurata la punibilità di tutte le ipotesi sussumibili nello schema della corruzione, quanto meno sotto il profilo dell'ingiusto vantaggio conseguito dal privato, essendo irrilevante a questo scopo l'eventuale costrizione o induzione asseritamente subita dal soggetto ad opera del pubblico ufficiale (si vedano, al riguardo, le conclusioni del
Working Group on Bribery in International Business Transactions con riferimento allo stato di implementazione in Italia delle disposizioni della Convenzione OCSE: «
a major issue for the Working Group was Italy's non-implementation of the Phase 2 Recommendation to amend its legislation to exclude the defence of concussione from the offence of bribing a foreign public official. In Phase 2, the Working Group had serious concerns about this defence, which the Court of Cassation stated applies when a payment is made in response to serious psychological pressure to avoid the undue exercise of public powers that will probably cause serious economic loss. The Working Group felt in Phase 2 that this kind of pressure could be broad enough to cover cases involving a payment to obtain or retain business where substantial outlays have already been made»).
Anche l'articolo 2 della Convenzione di Strasburgo, come sopra accennato, impone di rivedere la non punibilità del concusso - quanto meno nelle ipotesi di concussione per induzione - poiché richiede di assoggettare a sanzione penale la promessa, l'offerta o la dazione, diretta o indiretta, di un vantaggio indebito ad uno dei propri funzionari pubblici, per sé o per altri, perché compia o si astenga dal compiere un atto nell'esercizio delle sue funzioni.
In questo quadro, la soluzione più ragionevole è apparsa essere quella di unificare le fattispecie di concussione per induzione, corruzione propria ed impropria, antecedente e susseguente, e di ricondurre la fattispecie di concussione per costrizione al delitto di estorsione. Così l'articolo 3, comma 1, lettera
d), della proposta di legge provvede ad abrogare gli articoli 317, 318, 319-
bis, 320, 321 e 322-
bis del codice penale, mentre la lettera
e)
del comma 1 dello stesso articolo introduce la nuova fattispecie unica del delitto di corruzione (articolo 319 del codice penale); la fattispecie in oggetto prevede la punibilità del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, con la reclusione da quattro a dieci anni. Nel medesimo articolo sono previste anche specifiche pene per il corruttore, il quale è punito per la promessa o la dazione di cui sopra con la reclusione da due a sei anni; se queste ultime condotte sono finalizzate a remunerare un atto dell'ufficio o del servizio già compiuti dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, la pena nei confronti del corruttore è, invece, quella della reclusione da tre mesi a un anno. Tale sistema sanzionatorio consente innanzitutto di stigmatizzare in maniera più evidente le condotte del funzionario pubblico che riceva denaro o altra utilità in relazione agli atti del proprio ufficio; d'altro canto prevede un trattamento sanzionatorio più lieve nei confronti del privato, in ragione della circostanza che non costituisce soggetto detentore di una funzione pubblica, ed una pena ancora più lieve nei casi in cui l'atto sia conforme ai doveri d'ufficio ed, inoltre, sia stato già posto in essere, condotta attualmente priva di sanzione penale nei confronti del privato. È, inoltre, prevista una specifica diminuzione di pena (fino alla metà) per il caso in cui il corruttore sia indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto; tale disposizione consente di valorizzare adeguatamente le peculiarità di tutte quelle situazioni in cui il privato, pur non risultando - materialmente o psicologicamente - costretto alla dazione indebita, pur tuttavia è alla stessa indotto ad opera del pubblico ufficiale, dell'incaricato di pubblico servizio o della particolare situazione sussistente nell'ambito della pubblica amministrazione di riferimento (condizione già individuata da giurisprudenza e dottrina come «concussione ambientale»). In tali casi, quindi, è apparso opportuno dare il giusto risalto a tale condizione psicologica soggettiva del privato, la quale, pur non raggiungendo il livello di una vera e propria coartazione della volontà, ne costituisce comunque una limitazione; la applicabilità della circostanza attenuante è stata, però, circoscritta al solo caso in cui la condotta sia stata finalizzata ad evitare il pericolo di un danno ingiusto, non apparendo opportuno che della stessa possa beneficiare anche chi, pur in un contesto di particolare diffusione del fenomeno corruttivo, tenda al raggiungimento di profitti o vantaggi a lui altrimenti non spettanti.
Il sistema trova, quindi, una sua intrinseca coerenza attraverso le ulteriori modifiche apportate alla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione; la lettera
f) del comma 1 dell'articolo 3 prevede, infatti, una rivisitazione della fattispecie della corruzione in atti giudiziari, eliminando l'attuale riferimento alla finalità di «favorire o danneggiare una parte in un processo penale, civile o amministrativo»; l'espressa previsione di un dolo specifico nella fattispecie in oggetto impedisce, di fatto, la reazione penale dinanzi a condotte gravemente lesive del buon andamento dell'amministrazione della giustizia, ed ha imposto la nuova formulazione dell'articolo 319-
ter del codice penale.
La lettera
g) del comma 1 dell'articolo 3 contiene, poi, la nuova formulazione dell'istigazione alla corruzione (articolo 322), coerente con la unificazione delle fattispecie corruttive; la lettera
l), sostituendo l'attuale articolo 323-
bis del codice penale, provvede ad aumentare i possibili effetti di riduzione della pena consentiti dalla circostanza attenuante ivi prevista per i casi di particolare tenuità; l'innalzamento della pena per il delitto di corruzione e l'unificazione di tutte le possibili fattispecie ad essa riconducibili hanno, infatti, imposto la previsione di detta circostanza onde poter consentire di adeguare la pena inflitta al caso concreto.
La lettera
q) riconduce espressamente la attuale ipotesi di concussione per costrizione al fenomeno della estorsione, prevedendo una specifica circostanza aggravante, con pena da sei a venti anni di reclusione, per il caso in cui «la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni» (articolo 629, secondo comma, del codice penale).
Sempre nel quadro delle modifiche apportate al codice penale, si è osservato che l'articolo 12 della Convenzione europea impone la punizione tanto dell'erogatore quanto del ricevente somme di danaro o utilità diverse per l'esercizio di vantata influenza impropria su un pubblico funzionario (
trading in influence). La fattispecie coincide solo parzialmente con il reato di millantato credito attualmente previsto dall'articolo 346 del codice penale, perché richiede la punizione anche del soggetto erogatore, nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di credito vantato anche nei confronti di incaricato di pubblico servizio non impiegato.
Si è quindi provveduto (articolo 3, comma 1, lettera
m), a novellare l'articolo 346 del codice penale, allo scopo di contemplare tutte le fattispecie che secondo le previsioni della Convenzione debbono essere incriminate. Di conseguenza, la rubrica è stata modificata denominando la figura criminosa, in luogo di «millantato credito», «traffico di influenze illecite».
Tutte le pene edittali proposte tengono conto, oltre che delle necessità inerenti ai rapporti estradizionali, oggetto di specifiche disposizioni della Convenzione (articoli 19 e 27), dell'obbligo, contenuto nell'articolo 19 della Convenzione, di prevedere, nei confronti dei reati previsti dallo strumento internazionale, «sanzioni e misure effettive, proporzionate e dissuasive, che includano (...) sanzioni privative della libertà».
Si è, poi, inteso recuperare la possibilità di emersione del fenomeno corruttivo in precedenza demandata alla fattispecie di concussione ed alla conseguente non punibilità del privato oggetto della stessa, attraverso la previsione di una speciale circostanza attenuante (articolo 3, comma 1, lettera
p), a mente della quale «la pena prevista per i delitti di cui agli articoli 319, 319-
ter e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o altre utilità trasferite».
Inoltre, quanto allo statuto penale dei funzionari internazionali, si è dovuto prendere atto che la legge 29 settembre 2000, n. 300, limita la rilevanza ai fini della punibilità secondo la legge italiana da una parte ai soli fatti che coinvolgano funzionari comunitari e funzionari degli Stati membri dell'Unione europea e, dall'altra, quando si tratta di funzionari di altre organizzazioni internazionali o di Stati esterni all'Unione, ai soli fatti collegati ad operazioni economiche internazionali, mentre la Convenzione di Strasburgo adotta un approccio più generale.
In questo quadro, la soluzione più appropriata è apparsa essere quella di equiparare in via generale - così assicurando la tutela penale di tali funzionari anche in quanto persone offese nel quadro di altre ipotesi criminose - alle figure del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio le persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti nell'ambito di Stati esteri ovvero di organizzazioni internazionali.
A ciò provvedono le lettere
n) e
o) dell'articolo 3, comma 1, che integrano rispettivamente gli articoli 357 e 358 del codice penale. Rimane in questo modo superata la frammentaria disciplina introdotta dalla legge n. 300 del 2000.
L'articolo 11 prevede, quindi, la sospensione del corso della prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari dal momento della consumazione del delitto di corruzione fino al momento dell'esercizio dell'azione penale per il predetto delitto, allorché lo stesso sia stato commesso per ottenerne l'occultamento od il mancato perseguimento.
Non si è ritenuto, infine, opportuno l'inserimento di norme sulla applicazione della legge nello spazio in relazione alle esigenze dell'articolo 17 della Convenzione in tema di giurisdizione, essendosi considerato che, alla luce dell'articolo 7, n. 5, del codice penale, la stessa Convenzione si deve ritenere
self executing sul punto.
Il nuovo assetto dei delitti contro la pubblica amministrazione ha, poi, determinato la necessità di intervenire - per evidenti esigenze di armonizzazione - sulle norme contenenti espliciti richiami ai delitti stessi, di volta in volta considerati quale presupposto per l'applicazione di pene accessorie, di ipotesi particolari di confisca, di cause ostative alla candidatura o al mantenimento di cariche elettive, e così via, di particolari disposizioni in tema di rapporto di lavoro con amministrazioni pubbliche, e così via.
L'articolo 10, infatti, apporta le necessarie modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.-231, conseguenti al nuovo assetto conferito alla disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione; viene, infatti, integralmente sostituito l'articolo 25 del predetto decreto, modificando tutti i riferimenti normativi ivi previsti e riunendo in due unici gruppi le sanzioni da irrogare nei confronti degli enti.
Il riferimento, quindi, alle abrogate disposizioni in tema di concussione e corruzione, contenuto negli articoli 32 e 32-
quinquies del codice penale (che individuano le ipotesi di applicazione, rispettivamente, delle pene accessorie dell'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e dell'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego con amministrazioni pubbliche), è stato sostituito con il richiamo alle nuove disposizioni in tema di corruzione, corruzione in atti giudiziari ed estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, del codice penale (articolo 1, lettere
a) e
b), della proposta di legge). A tale ultimo riguardo, va evidenziato che - in considerazione della particolare gravità delle (ulteriori) ipotesi di estorsione aggravata individuate nell'attuale secondo comma dell'articolo 629 del codice penale, tutte connotate dalla particolare insidiosità della violenza o minaccia posta in essere - si è ritenuto di operare, nell'odierno intervento di armonizzazione, un richiamo «indistinto» (ovvero non limitato alle ipotesi finora riconducibili alla concussione per costrizione) al novellato secondo comma dell'articolo 629.
Analoga sostituzione è stata effettuata:
all'articolo 133, comma 1-bis, delle disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, (introdotto dalla legge 27 marzo 2001, n. 97), relativo alla notifica all'amministrazione di appartenenza del decreto che dispone il giudizio emesso - in relazione ad uno dei predetti reati - nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche, enti pubblici, enti a prevalente partecipazione pubblica (articolo 4 della proposta di legge);
all'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, il quale individua i titoli di reato - tra i quali già figura l'estorsione - che impongono la confisca obbligatoria dei beni di cui il condannato non possa giustificare la provenienza (articolo 5, comma 1, lettera a), della proposta di legge: in questo caso si è ovviamente omesso il richiamo all'articolo 629 del codice penale);
all'articolo 12-sexies, comma 2-bis, del citato decreto-legge n. 306 del 1992 (introdotto dall'articolo 1, comma 220, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), il quale individua i titoli di reato per i quali, in caso di confisca di beni, trovano applicazione le norme in tema di gestione e devoluzione finale dei beni stessi, contenute nella legislazione antimafia (in particolare, negli articoli 2-novies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575). In questo caso, il richiamo al delitto di estorsione aggravata è stato limitato alle sole ipotesi finora riconducibili alla concussione per costrizione, in quanto il legislatore del 2006, nell'introdurre il
comma 2-bis dell'articolo 12-sexies del citato decreto-legge n. 306 del 1992, ha preso in considerazione nell'ambito delle numerose fattispecie delittuose implicanti la confisca obbligatoria di cui al comma 1 - unicamente i reati contro la pubblica amministrazione (articolo 5, comma 1, lettera b), della proposta di legge);
agli articoli 58, comma 1, lettera b), e 59, comma 1, lettera a), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (rispettivamente dedicati alla individuazione delle cause ostative alla candidatura a cariche elettive in comuni, province e così via, e delle ipotesi di sospensione di diritto da tali cariche). In entrambe tali ipotesi, si è peraltro ritenuto ultroneo l'inserimento del richiamo alla estorsione aggravata, essendo da un lato previsto, come autonoma causa di ineleggibilità, la condanna alla reclusione superiore a sei mesi per uno o più delitti, diversi da quelli indicati negli articoli 314 e seguenti del codice penale, commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio (articolo 58, secondo comma, lettere b) e c); dall'altro, la sospensione di diritto è autonomamente prevista in caso di condanna di primo grado, confermata in appello, a pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo (articolo 6, lettere a) e b), della proposta di legge);
all'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, in tema di trasferimento ad altro ufficio del dipendente di una delle predette amministrazioni, nei confronti del quale sia stato disposto il rinvio a giudizio (articolo 7 della proposta di legge);
all'articolo 2 del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, il quale prevede - quali soggetti attivi della nuova ipotesi di possesso ingiustificato di valori, in quella sede introdotta - gli imputati di uno dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti e puniti nei vigenti articoli da 314 a 326 del codice penale. Anche in questo caso, l'esclusivo riferimento ai predetti reati ha indotto ad inserire il richiamo all'articolo 629, secondo comma, limitatamente alle ipotesi finora riconducibili alla concussione per costrizione (articolo 8 della proposta di legge).
Il disposto degli articoli 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo n. 271 del 1989, e degli articoli 58, comma 1, lettera b), e 59, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dell'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, è stato, infine, integrato con l'espresso riferimento all'articolo 322 del codice penale, allo scopo di conferire autonoma rilevanza, ai fini rispettivamente previsti dalle norme in questione, anche alla fattispecie dell'istigazione alla corruzione, destinata a sanzionare nell'ottica della presente proposta di legge le condotte precedentemente qualificabili come tentata concussione per induzione.
La Convenzione pone, inoltre, il tema della specializzazione delle autorità preposte all'accertamento dei reati rilevanti in questo contesto (articolo 20), nonché quello della opportunità della previsione di specifiche misure per la raccolta delle prove, tenuto conto delle difficoltà che normalmente si incontrano nell'accertamento di questo particolare genere di condotte criminose (articolo 23). Lo strumento internazionale lascia gli Stati relativamente liberi sotto questo profilo, pur vincolandoli a condurre un'azione seria a questo riguardo. In particolare, a proposito della raccolta delle prove, il rapport explicatif che accompagna la Convenzione, fermo restando l'obbligo di creare strumenti efficaci per la raccolta delle prove, menziona la possibilità di utilizzare agenti infiltrati, cioè realizzare operazioni sotto copertura, analogamente a quanto è già previsto in tema di turismo sessuale, stupefacenti, riciclaggio.
Quanto alla raccolta delle prove, si è ritenuto di seguire il suggerimento del rapport explicatif, e quindi di prevedere le operazioni sotto copertura (articolo 12, comma 1, della proposta di legge), scelta che non appare scindibile, data la delicatezza di tale modo di procedere, da quella della specializzazione degli organi di polizia da impiegare; la norma interviene con una espressa modifica dell'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, la quale reca una disciplina unitaria per pressoché tutte le ipotesi di operazioni sotto copertura, e si inserisce nel solco della stessa prevedendo, con l'introduzione della lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 9 della citata legge n. 146 del 2006, una specifica causa di non punibilità per «gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia ed al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 319, 319-ter, 346 e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma, del codice penale commessi nell'ambito di associazioni a delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona».
La proposta di legge prevede, inoltre, (articolo 12, commi 2 e 3) due autonome ipotesi di revisione per le sentenze che siano state emesse rispettivamente:
a) sulla base di false dichiarazioni rilevanti ai sensi dell'applicazione della circostanza attenuante di cui all'articolo 360-bis del codice penale;
b) come conseguenza della commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale. In entrambi i casi il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata è obbligato a chiederne la revisione, onde rimediare per quanto possibile alle conseguenze della condotta illecita sull'esito del procedimento penale; al fine di consentire l'effettiva procedibilità del giudizio di revisione, inoltre, si è previsto che, quanto alle sentenze emesse sulla base di false dichiarazioni, «il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronunzia della sentenza di revisione». Quanto, invece, alle sentenze emesse come conseguenza della commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale «il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronuncia definitiva di condanna o applicazione di pena per il medesimo reato»; attraverso tale disciplina si conseguirà, pertanto, l'obiettivo di annullare gli eventuali effetti giudiziari favorevoli delle condotte corruttive, consentendo la revisione delle sentenze oggetto di mercimonio anche nei casi in cui sia stata già dichiarata la prescrizione del reato oggetto del relativo procedimento.
L'articolo 32 della Convenzione, infine, prevede che all'atto della ratifica gli Stati firmatari che non abbiano ancora provveduto a formalizzare la propria adesione al GRECO, ne diventeranno automaticamente membri; il Governo italiano ha comunicato in data 19 giugno 2007 al Segretario generale del Consiglio d'Europa di voler aderire al GRECO, di cui l'Italia è diventato membro a partire dal 30 giugno 2007. Dall'intervento normativo non derivano nuovi o maggiori oneri, né minori entrate, a carico del bilancio dello Stato.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, di seguito denominata «Convenzione».
Art. 2.
(Ordine di esecuzione).
1. Piena ed intera esecuzione è data alla Convenzione di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 32 della Convenzione stessa.
Art. 3.
(Modifiche al codice penale).
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 32-quater, le parole: «317, 318,», le parole: «319-bis, 320, 321,» e le parole: «322-bis» sono soppresse e dopo le parole: «501-bis,» sono inserite le seguenti: «629, secondo comma,»;
b) all'articolo 32-quinquies, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter e 629, secondo comma,»;
c) all'articolo 317-bis, le parole: «per il reato di cui agli articoli 314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «per il reato di cui all'articolo 314»;
d) gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis sono abrogati;
e) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:
«Art. 319. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a sei anni. Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto»;
f) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente:
«Art. 319-ter. - (Corruzione in atti giudiziari). Se i fatti di cui all'articolo 319 sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Se la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno»;
g) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:
«Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo.
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo»;
h) all'articolo 322-ter, primo comma, la parola: «320» è sostituita dalla seguente: «319-ter» e le parole: «anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma,» sono soppresse;
i) all'articolo 322-ter, secondo comma, le parole: «anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis, secondo comma,» e le parole: «o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322-bis, secondo comma» sono soppresse;
l) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 323-bis. - (Circostanze attenuanti). - Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici.
Se i fatti previsti dagli articoli 319, 319-ter e 322 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e
la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici»;
m) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:
«Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.
Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.
La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.
Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici»;
n) all'articolo 357, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Sono, altresì, pubblici ufficiali agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali»;
o) all'articolo 358, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Sono, altresì, incaricati di un pubblico servizio agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano attività corrispondenti a quelle degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali»;
p) dopo l'articolo 360 è inserito il seguente:
«Art. 360-bis. - (Circostanza attenuante). - La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 319, 319-ter e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite»;
q) all'articolo 629 il secondo comma è sostituito dal seguente:
«La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, ovvero se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 628».
Art. 4.
(Modifica alle norme di attuazione,di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).
1. All'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629, secondo comma,».
Art. 5.
(Modifiche al decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356).
1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322»;
b) al comma 2-bis, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 629, secondo comma, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni,».
Art. 6.
(Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).
1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)» sono sostituite dalle seguenti: «319 (corruzione), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 322 (istigazione alla corruzione) e 629 (estorsione)»;
b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629».
Art. 7.
(Modifica alla legge 27 marzo 2001, n. 97).
1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629, secondo comma,».
Art. 8.
(Modifica al decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461).
1. All'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, le parole: «317, 318, primo comma, 319, 319-ter, 320, 321, 323, secondo comma, e 326, terzo comma, prima parte,» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 323, secondo comma, 326, terzo comma, prima parte, e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma,».
Art. 9.
(Modifica alla legge 16 febbraio 1913, n. 89).
1. All'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, le parole: «truffa e calunnia» sono sostituite dalle seguenti: «truffa, calunnia ed estorsione».
Art. 10.
(Modifica al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).
1. L'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente:
«Art. 25. - (Corruzione e traffico di influenze illecite). - 1. In relazione alla
commissione dei delitti di cui agli articoli 319, 322 e 346, primo, secondo e quarto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.
2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 319-ter e 346, quinto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale.
4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno».
Art. 11.
(Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione).
1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.
2. Sono, altresì, sospesi nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate.
Art. 12.
(Attività di contrasto e norme processuali).
1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:
«b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei cara
binieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia ed al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 319, 319-ter, 346 e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma, del codice penale commessi nell'ambito di associazioni a delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona».
2. Quando risulta che è stata pronunziata sentenza di condanna o di applicazione di pena ritenuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 360-bis del codice penale per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. In caso di revoca della sentenza di applicazione di pena, la corte ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice che l'ha pronunziata. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronunzia della sentenza di revisione.
3. Quando è accertato, con sentenza definitiva di condanna o applicazione di pena, che è stata pronunziata sentenza in conseguenza del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata
ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronuncia definitiva di condanna o applicazione di pena per il medesimo reato.
Art. 13.
(Autorità centrale).
1. In relazione alle norme contenute nel capitolo IV della Convenzione, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 29 della Convenzione, è autorità centrale il Ministro della giustizia.
Art. 14.
(Clausola di invarianza finanziaria).
1. Dall'attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Art. 15.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.