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PDL 1591

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1591



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VELTRONI, SBROLLINI, CARDINALE, D'INCECCO, FASSINO, LENZI, LUCÀ, MARTELLA, MATTESINI, MIOTTO, MURER, NACCARATO, ROSATO, SCHIRRU, SERENI, TEMPESTINI, LIVIA TURCO, ZAMPA

Istituzione del Garante nazionale dei diritti dell'infanzia
e dell'adolescenza

Presentata il 31 luglio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Perché abbiamo bisogno di un Garante dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza? E come nasce la proposta di istituire tale figura?
      L'esigenza di affermare i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, attraverso un organismo indipendente e autonomo, nasce dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, che innova profondamente la cultura dei diritti delle bambine, dei bambini e degli adolescenti.
      Il modo, infatti, di guardare all'infanzia e all'adolescenza condiziona il modo di essere delle culture politiche, alcune delle più rilevanti scelte delle politiche pubbliche e il rapporto tra vita privata e vita pubblica. Così come questo punto di vista influisce non poco su come le generazioni hanno coscienza di sé, della loro autonomia e dei loro reciproci legami e responsabilità, dell'insieme delle politiche di welfare e dei rapporti familiari.
      A loro volta l'insieme delle idee che riguardano l'infanzia e l'adolescenza non può essere colto isolandolo dal contesto sociale. Esso è connesso ai fenomeni economici, demografici e politici: ha una storia, non è stato costante.
      La politicità delle questioni che riguardano la vita e le esperienze delle bambine, dei bambini e degli adolescenti consiste in questo intreccio e costituisce la chiave di lettura del rapporto tra le famiglie, le comunità e lo Stato.
      Tra i passaggi ritenuti i più importanti nella storia della concezione sia dell'infanzia che della vita concreta delle bambine, dei bambini e degli adolescenti sono da includere la diffusione dell'idea che tutti questi soggetti debbano vivere con agio la loro età e la promozione di misure adeguate, quali quelle contro la mortalità infantile, il controllo e la restrizione del lavoro minorile, nonché l'introduzione dell'obbligo scolastico.
      L'innovazione più significativa avviene nel XX secolo. Il secolo trascorso è stato chiamato il «secolo del bambino». La citata Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata da un numero di Paesi mai raggiunto da nessuna convenzione internazionale, compresa l'Italia, ne è stata la sintesi più avanzata. La bambina, il bambino e l'adolescente sono considerati persone a un certo grado di sviluppo: titolari dell'universalità dei diritti propri di ogni essere umano e con particolari bisogni e interessi che implicano una specifica tutela. Il modo in cui si è coniugato e si coniuga il rapporto tra pienezza della titolarità dei diritti umani e tutela è proprio sia della sfera della politica, e quindi delle politiche pubbliche, che del rapporto adulti-bambini a partire dal rapporto genitori-figli.
      Le bambine, i bambini e gli adolescenti sono figli, ma il loro essere non si esaurisce in questo rapporto con i genitori. I loro rapporti fondamentali, da quelli affettivi, relazionali a quelli cognitivi, interni alle famiglie, rappresentano una dimensione necessaria, ma non sufficiente, per esprimere interamente la loro vita.
      Conseguentemente i diritti dell'infanzia, dentro e fuori la famiglia, devono essere intesi quali doveri che ineriscono alla sfera pubblica, concepita come l'insieme dei luoghi in cui si sviluppa il senso della comunità, il cui primo nucleo è quello della famiglia.
      Tra le famiglie, la società e lo Stato, quindi, non vi deve essere un muro incomunicabile: «l'intimità della vita privata» non può essere scissa dalla dimensione sociale della comunità. Un mondo familiare interamente privatizzato non è adeguato né a rispondere ai diritti e ai bisogni dei bambini, né alle ansie e alle responsabilità inerenti le loro cure, e confina i genitori in un ambito contrassegnato dalla solitudine e dall'ansia di tutela dei loro figli.
      In un saggio Carlo Alfredo Moro scrive: «Anche prima dell'approvazione della Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia del 1989 l'ordinamento giuridico, e il costume, avevano incominciato a prestare una certa attenzione ai diritti di personalità del soggetto in formazione; a riconoscere che egli non era solo un figlio di famiglia in proprietà dei genitori ma una autonoma persona (...). La Convenzione ONU di New York - bisogna riconoscerlo - ha fortemente sviluppato una nuova e più pregnante attenzione ai bisogni del soggetto in formazione, non solo perché ha espressamente evidenziato accanto ai diritti individuali anche quelli sociali del minore (...) ma anche perché ha previsto interventi positivi di promozione a tutela di ogni bambino, con problemi o non. È una pedagogia dello sviluppo umano che viene proposta dalla Convenzione e pertanto essa si rivolge, e impegna, non solo il politico o il legislatore o il giurista, ma ogni persona che comunque ha relazioni con chi, attraverso un difficile itinerario maturativo, ha bisogno - per non perdersi - di un forte aiuto e sostegno».
      Queste parole di Moro indicano in modo limpido e incisivo quale sia l'asse della Convenzione e costituiscono la premessa per un adeguato rapporto tra la Convenzione e le politiche concrete, le leggi per l'infanzia e l'adolescenza, a partire da quella sul Garante, figura prevista proprio nella Convenzione e che per il nostro Paese è quanto mai necessaria in quanto una moderna concezione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza stenta ad affermarsi.
      L'Italia, infatti, pur essendo agli ultimi posti nel mondo per crescita demografica, è il Paese che attua le più deboli politiche di sostegno nei confronti delle famiglie, dell'infanzia e dell'adolescenza. Il nostro Paese spende meno della metà della media europea per le famiglie e per i diritti dell'infanzia. Non si può ignorare che il dato demografico non è solo espressione della libertà personale, ma anche di arretratezze, sottovalutazioni e ideologismi che fanno dell'Italia una comunità non propriamente accogliente verso i bambini e le famiglie. Quali sono le responsabilità da assumere e chi se ne deve far carico perché questa realtà cambi? Questo è il cuore degli interrogativi che dobbiamo porci.
      Le famiglie, quindi, non vanno lasciate a se stesse, non vanno fatte vivere isolate, sospinte nella solitudine. All'opposto, esse e tutti coloro che lavorano per e con i bambini devono essere destinatari di azioni mirate.
      Da una ricerca di Elisa Mariano, coordinata da Massimo Paci, sulle politiche e i servizi per l'infanzia in Europa, si evince un dinamismo delle politiche pubbliche di alcuni Paesi europei tra cui l'Inghilterra, la Francia e la Germania e, invece, un arretramento dell'Italia che si caratterizza per interventi pubblici deboli, non strutturati e non coordinati e per l'aumento dell'intervento del privato for profit, non inserito in un quadro di programmazione specifico delle politiche dell'infanzia. Le conseguenze sono, secondo la ricerca, «differenti, in alcuni casi contrapposti, modelli di welfare locale anche all'interno di una stessa città, oltre che tra regioni con tradizioni politiche differenti contribuendo a far lievitare le disuguaglianze per le famiglie nell'accesso ai servizi».
      Gli stessi servizi alternativi fuori da una programmazione nazionale e da una locale strutturalmente coordinate «non possono sostituire i servizi tradizionali, anche nei migliori casi di diversificazione: infatti non vi è stato un aumento decisivo delle coperture».
      Si persiste con una concezione in cui, sono queste le conclusioni della ricerca, «gli attori deputati alla cura del minore sono i genitori o altri familiari stretti e lo Stato interviene solo laddove la famiglia non basta a sé, secondo un modello residuale che non risulta essere scalfito nonostante i sintomi di crisi».
      Questo è il problema che ci troviamo di fronte: questo modello residuale di welfare impedisce di leggere i cambiamenti intervenuti nella vita delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, nella famiglie, nell'economia e nel mercato del lavoro.
      Questo modello impedisce di considerare l'infanzia e l'adolescenza come bene sociale, ignora l'importanza di intervenire sui loro diritti, così come ignora il ruolo della genitorialità sociale e il valore della comunità per la vita delle persone.
      Occorre superare questo modello.
      La base di partenza è costituita dalla vita delle bambine, dei bambini e degli adolescenti - pensiamo solo al peso dei vecchi e dei nuovi media - e dal suo rapporto con le modificazioni profonde che sono intervenute nella vita familiare e nella nuova configurazione dell'economia post-fordista in epoca di globalizzazione, dove il ruolo dell'istruzione decide la competitività di un Paese.
      C'è inoltre un'altra premessa che è indispensabile al fine di riconoscere diritti a tutte le bambine, a tutti i bambini e a tutti gli adolescenti. L'immigrazione, vista nell'ottica dell'infanzia e dell'adolescenza può diventare arricchimento culturale. La citata Convenzione del 1989 afferma che alcuni diritti fondamentali sono riconosciuti «ad ogni fanciullo che dipende dalla giurisdizione» dello Stato-parte, quindi anche alle bambine, ai bambini e ai ragazzi stranieri presenti nel nostro Paese.
      Da ciò deriva un divieto di discriminazione sulla base della cittadinanza. Tutti i diritti di tutte le bambine, di tutti i bambini e di tutti gli adolescenti devono essere fondati sulla base della loro presenza in un Paese, indipendentemente dalla cittadinanza. Ciò impone per l'Europa, e per ogni Paese, politiche di diritti universali.
      La riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione può e deve essere occasione per una valorizzazione locale dei diritti universali, i quali dovrebbero costituire la chiave di lettura della nuova ripartizione delle competenze legislative tra Stato e regioni.
      I diritti dell'infanzia sono il tipico esempio di vincoli e limiti dei poteri. Il nuovo assetto costituzionale in tal caso non può che indurre a delineare maggiormente non già il minimo dei diritti, bensì i livelli essenziali delle politiche pubbliche per i diritti fondamentali. I limiti dei rispettivi poteri tra Stato e autonomie locali devono essere ristabiliti a partire dai diritti di persone non adulte che hanno bisogno di determinate tutele per potersi sviluppare pienamente, senza incontrare ostacoli intollerabili.
      Le politiche pubbliche devono orientarsi in una duplice e convergente direzione: tendere a delimitare tutte le forme di discriminazione connesse alle disuguaglianze che attraversano i versanti istituzionali e sociali - accesso all'istruzione, servizi eccetera - e sostenere i percorsi della costruzione dell'autonomia dei bambini e degli adolescenti.
      Tanto la rimozione delle disuguaglianze, quanto la realizzazione dell'autonomia comportano scelte politiche nei vari settori: dalle politiche dei bilanci alla valorizzazione di atteggiamenti culturali che siano di profondo riconoscimento di ogni bambino e bambina, di ogni ragazza e ragazzo.
      Perché il nuovo assetto non acuisca le differenze sociali tra bambini e quelle tra bambini del nord e del sud è necessaria un'interpretazione del titolo V della parte seconda della Costituzione che aiuti a indicare priorità precise, essenziali, nutrite da valori e produttrici di programmi, puntuali e graduali, di realizzazione.
      Questa interpretazione è possibile attraverso una vera e propria Carta dei diritti delle bambine, dei bambini e degli adolescenti che individui - a partire dai loro diritti soggettivi e sociali - i livelli essenziali delle politiche. Tra questi livelli essenziali sono da individuare politiche e servizi tesi a riequilibrare l'intollerabile divario che si è venuto a creare tra le bambine, i bambini e gli adolescenti del centro-nord e quelli del sud, tra quelli che abitano in città e quelli che vivono in campagna, tra quelli che appartengono a famiglie di alta posizione economica o sociale e quelli che appartengono a famiglie povere o emarginate, tra quelli che hanno fratelli e i figli unici. È diventato difficile, anche per le classi medie, avere più di un figlio: l'impoverimento maggiore è proprio avvenuto per le famiglie che hanno più figli. Avere due figli non può costituire uno svantaggio così grande.
      L'Italia, come si è detto, è il Paese che spende meno in Europa per le politiche dell'infanzia e della famiglia. Un'inversione di tendenza - consistente e programmata - è assolutamente una priorità così come costituisce una priorità ricostruire il fondo per le politiche dell'infanzia e dell'adolescenza.
      La seconda priorità riguarda il riequilibrio tra centro-nord e sud. La fissazione dei livelli essenziali dei diritti e l'istituzione di un fondo vincolato sono necessari e anche per politiche che contrastino una concezione del federalismo che tenda a stabilizzare differenze e marginalità. E, soprattutto, si deve considerare il divario come problema politico, prima che economico, conseguenza di politiche nazionali misurate soprattutto sulle esigenze della parte moderna ed europea dell'Italia.
      Un'altra priorità discende dalla consapevolezza che la stagione che oggi vivono i bambini è quella virtuale. Le divisioni tra bambini possono formarsi anche sul modo in cui i ragazzi si avvicinano ai media. Il Censis, in uno studio relativo a «I media e i minori nel mondo» ci avverte che tra i mutamenti più rilevanti nei canali satellitari ci sono quelli rivolti ai bambini e che perciò «i bambini sono diventati un grande affare e si avviano ad esserlo sempre di più». Ci sono problemi legati alla tutela. Questo è certamente vero, ma essa non va isolata da una più generale politica di sostegno alla produzione, forte, diffusa e di qualità, rivolta all'infanzia e all'adolescenza. Il bambino rischia di venir trasformato solo in un consumatore che influenza lo stesso consumo degli adulti e, come telespettatore, ha ben pochi diritti. La RAI - Radiotelevisione italiana Spa, la cui esperienza è segnata da programmi di grande qualità, non realizza fiction per ragazzi ed è dipendente da altri mercati. In tal modo non può fare da argine ai settori privati che conquistano fasce di bambini e di adolescenti. Per esempio, tra i quattro e i sette anni di età le bambine e i bambini che guardano la RAI sono solo il 35 per cento. È assolutamente necessaria una proposta di legge che ponga come centrale la produzione cinematografica televisiva - allargata ad altre forme di arte - dedicata ai ragazzi. Così come è necessario un codice europeo che armonizzi regole per la tutela e che indichi i criteri di qualità e un approccio organico al rapporto tra bambine, bambini e adolescenti e vecchi e nuovi media. Un'Authority indipendente potrebbe essere una soluzione adeguata.
      C'è, infine, la grave questione dell'enorme difficoltà in cui vivono nel mondo le bambine, i bambini e gli adolescenti. Terrorismo e guerra: un assedio. Per romperlo bisogna combattere l'odio, l'ingiustizia. L'ex Segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) Kofi Annan, aprendo la sessione speciale dell'ONU sull'infanzia «Un mondo a misura di bambini» aveva affermato, rivolgendosi ai bambini e traendo un bilancio delle cose fatte e delle molte che restavano da fare: «Avete diritto ad una vita libera dalle minacce della guerra, dell'abuso e dello sfruttamento. Questi diritti sono ovvii. E pure noi, gli adulti, abbiamo fallito nel garantirvi molti di essi. Uno su tre di voi ha sofferto di malnutrizione prima dei cinque anni. Uno su quattro di voi non è stato vaccinato contro nessuna malattia. Quasi uno su cinque di voi non va a scuola; e tra quelli di voi che vanno a scuola quattro su cinque non riusciranno a completare la quinta classe. Sinora, molti di voi hanno visto violenze che nessun bambino dovrebbe vedere. Tutti voi vivete sotto le minacce del degrado ambientale».
      Il dibattito intorno alla figura del Garante nazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza si deve quindi inserire dentro questi grandi mutamenti, a partire proprio da un radicale cambiamento del contesto in cui il bambino cresce e in cui può investire su se stesso e assicurarsi un futuro. Dal bullismo all'anoressia e alla bulimia, dall'aumento delle droghe alle violenze subite e agite, dalla pedopornografia a forme di sfruttamento nel lavoro, niente può essere affrontato se non attraverso un grande investimento sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, tenendo in estrema considerazione, anche con uno sguardo nuovo, proprio l'adolescenza.
      Come si è detto, l'istituzione del Garante deve essere concepita come uno strumento per dare piena e completa applicazione all'articolo 18 della citata Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, che impegna gli Stati «alla creazione di istituzioni, istituti e servizi incaricati di vigilare sul benessere del fanciullo», nonché alla Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e resa esecutiva ai sensi dalla legge 20 marzo 2003, n. 77.
      Mentre molti Stati europei hanno dato seguito a tale indicazione, in Italia non esiste ancora un Garante a livello nazionale, anche se non mancano esempi di tale figura nell'ambito di alcuni ordinamenti regionali.
      La presente proposta di legge tiene conto delle iniziative parlamentari assunte nelle passate legislature e dell'importante contributo offerto dai documenti elaborati in questi ultimi anni dall'Osservatorio nazionale per l'infanzia, dall'UNICEF-Italia in collaborazione con l'Accademia nazionale dei Lincei, nonché dai pubblici tutori dei minori del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e dal Garante dell'infanzia delle Marche.
      Per quanto riguarda la denominazione da attribuire al nuovo soggetto, si è privilegiata quella di «Garante» piuttosto che quella di «pubblico tutore» o di «difensore civico del minore», per sottolineare il ruolo di garanzia, la sua posizione indipendente e autonoma e il suo ruolo sussidiario.
      Nella presente proposta di legge, oltre a disciplinare la figura del Garante nazionale, si sono definiti anche gli indirizzi essenziali relativi al ruolo e alle funzioni dei garanti regionali, per agevolare l'armonizzazione preventiva delle relative normative regionali, evitando il rischio di disparità nel sistema di garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
      Infatti, a seguito della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, spetta allo Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e questa competenza offre un saldo ancoraggio costituzionale a quello che deve ormai considerarsi un vero e proprio dato acquisito: il sistema di garanzia dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza deve avere un punto di riferimento e di raccordo nella figura del Garante nazionale, mentre il piano operativo non può che svilupparsi su scala regionale, poiché è a questo livello che si collocano prevalentemente le politiche di welfare.
      Sulla base dei più recenti orientamenti si è inoltre inteso ricondurre la figura del Garante tra quelle istituzioni di garanzia dei diritti delle persone che hanno una connotazione pre-giurisdizionale e un'impostazione caratterizzata da «mitezza». Il Garante non è configurato tanto come un'autorità che censura e redarguisce pubblicamente, ma come un soggetto che promuove, dà sostegno, favorisce e coordina tutti i soggetti che operano per affermare i diritti delle bambine, dei bambini e degli adolescenti: le istituzioni pubbliche dei diversi livelli territoriali, i servizi pubblici e privati, i professionisti, le famiglie e l'associazionismo.
      Si è altresì voluto attribuire un grande rilievo all'ascolto e alla partecipazione delle bambine, dei bambini e degli adolescenti alle decisioni che li riguardano, prevedendo che il Garante nazionale stimoli e faciliti forme adeguate di coinvolgimento degli stessi e che una loro rappresentanza partecipi alle riunioni della commissione consultiva del Garante nazionale. La disposizione introdotta riveste una particolare importanza perché è la prima volta, ove si prescinda dalle tradizionali attività del mondo della scuola e dall'esperienza dei consigli comunali delle ragazze e dei ragazzi, che si garantisce in una legge dello Stato la presenza stabile e non occasionale di bambine, bambini e adolescenti all'interno di un organismo istituzionale, in condizioni di parità con gli altri componenti.
      Nella presente proposta di legge si è infine cercato di non sovrapporre la figura del Garante nazionale a strutture che già esistono e se ne è evidenziato il ruolo «sussidiario», volto a facilitare il lavoro, a promuovere le competenze e a valorizzare le capacità dei vari operatori, affinché essi siano sempre più preparati e tempestivi negli interventi di competenza.
      Passando all'illustrazione dei singoli articoli, l'articolo 1 disciplina l'istituzione del Garante nazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e ne individua le finalità e gli assi di riferimento essenziali. Il Garante nazionale ha il compito di assicurare, in piene indipendenza e autonomia, l'attuazione dei diritti e degli interessi individuali, collettivi e diffusi delle bambine, dei bambini e degli adolescenti, di favorire lo sviluppo di tutti gli aspetti della loro personalità e di affermare le loro pari opportunità stimolando la rimozione di ogni tipo di disuguaglianza, in conformità con la citata Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.
      Il Garante nazionale individua e assicura modalità idonee di ascolto delle bambine, dei bambini e degli adolescenti e promuove la loro effettiva partecipazione e il loro costante coinvolgimento in ordine alle decisioni che li riguardano, anche attraverso la presenza di loro rappresentanti nella commissione consultiva che è disciplinata dall'articolo 6.
      Il Garante nazionale agisce secondo il principio di sussidiarietà, di cui all'articolo 118, primo e quarto comma, della Costituzione, nei confronti dei diversi settori della pubblica amministrazione e delle articolazioni territoriali dello Stato e ne facilita l'azione, rispettando i relativi ambiti di intervento. Il Garante nazionale non è sottoposto ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale e ha pieno accesso agli atti, alle informazioni e ai documenti inerenti il suo mandato.
      La sua attività si coordina e si integra con quella dei garanti regionali, attraverso la Conferenza nazionale dei garanti prevista dal successivo articolo 8.
      Il Garante nazionale formula proposte e fornisce pareri al Governo in ordine alle iniziative in materia di infanzia e di adolescenza.
      Il Garante nazionale riferisce al Parlamento attraverso una relazione annuale sulle proprie attività e valutazioni in ordine all'andamento delle politiche nazionali per l'infanzia e per l'adolescenza e promuove le opportune sinergie con l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui è invitato permanente, e con la Commissione parlamentare per l'infanzia disciplinato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, di cui all'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, nonché con altri pubblici organismi nazionali costituiti a protezione dell'infanzia e dell'adolescenza.
      Il Garante nazionale assicura, infine, forme idonee di consultazione e di concertazione con le forze sociali e del volontariato, nonché con le associazioni e le professioni che operano per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, anche attraverso la partecipazione di loro rappresentanti alla commissione consultiva di cui all'articolo 6.
      L'articolo 2 individua le funzioni che devono essere esercitate necessariamente dal Garante nazionale in quanto mal si conciliano con una dimensione regionale o locale. Tali funzioni possono essere così schematicamente sintetizzate: funzioni legate a una dimensione «sovranazionale», quali quelle volte a sostenere e a verificare l'attuazione delle convenzioni internazionali e l'applicazione della normativa europea in materia di promozione e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché a favorire e a curare i rapporti con gli organismi internazionali competenti e con la rete dei Garanti europei; funzioni di impulso a livello nazionale, volte a promuovere la piena applicazione della legislazione statale in materia di infanzia e di adolescenza e a proporre l'adozione di iniziative anche legislative in materia; funzioni consultive nei confronti del Governo, attraverso l'espressione di pareri obbligatori sul Piano nazionale di azione e sul rapporto che l'Italia è tenuta a presentare periodicamente al Comitato dell'ONU sui diritti del fanciullo nonché su ogni provvedimento, anche di natura legislativa, predisposto dall'esecutivo in materia di infanzia e di adolescenza; funzioni di promozione e di vigilanza sul rispetto nel territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali dell'infanzia e dell'adolescenza nonché di indirizzo e di vigilanza nei confronti dei soggetti che operano nel campo della tutela dei diritti dei minori - a partire dalle professioni legate alla cura e alla tutela dell'infanzia e dell'adolescenza - al fine di garantire il coordinamento delle loro attività e il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale; funzioni di sensibilizzazione e di diffusione a livello nazionale della conoscenza dei diritti del minore e di studio e ricerca sulla condizione dell'infanzia e dell'adolescenza.
      L'articolo 3 attribuisce al Garante nazionale, in riferimento all'interesse nazionale e avvalendosi dei garanti regionali, alcuni poteri e alcune facoltà: la facoltà di visitare i servizi socio-educativi residenziali e semiresidenziali, i luoghi di detenzione, gli ospedali e altri istituti dove sono ospitati minori di età; il potere di segnalare all'autorità giudiziaria competente situazioni pregiudizievoli o di abbandono concernenti un minore o in danno di minori; la possibilità di richiedere a soggetti pubblici e privati dati di interesse ai fini della tutela dei minori; la facoltà di segnalare alle competenti amministrazioni pubbliche fattori di rischio o di danno riguardanti minori; la possibilità di stipulare protocolli d'intesa con Ministeri, enti pubblici, organismi internazionali, associazioni e organismi non governativi; la facoltà di stipulare convenzioni con università e di altri istituti pubblici e privati, di statistica e di ricerca, fermi restando i limiti di disponibilità di bilancio fissati dall'articolo 10.
      L'articolo 4 disciplina le modalità di nomina, i requisiti, le incompatibilità e l'indennità di carica del Garante nazionale. Il Garante nazionale è nominato dal Presidente della Repubblica su proposta dei Presidenti delle Camere, tra persone di comprovate competenza ed esperienza nei campi dei diritti umani, del diritto minorile e della famiglia nonché delle scienze umane e sociali. È organo monocratico che esercita i suoi compiti con indipendenza e autonomia. La durata dell'incarico è fissata in quattro anni con possibilità di rinnovo per una sola volta. È previsto che il Presidente della Repubblica possa revocare l'incarico in caso di gravi e comprovati motivi di ordine morale.
      Il Garante nazionale può nominare suoi delegati, in numero non superiore a quattro, senza peraltro alcuna distribuzione territoriale nella realtà in cui opera il Garante regionale. Al Garante nazionale è riconosciuta un'indennità di carica che non può eccedere nel massimo la retribuzione spettante al primo presidente della Corte di cassazione. È prevista l'incompatibilità dell'incarico di Garante nazionale con qualsiasi impiego pubblico o privato, attività professionale o imprenditoriale e carica anche elettiva. Inoltre, per tutta la durata dell'incarico il Garante nazionale non può ricoprire incarichi nell'ambito di partiti politici e di associazioni o enti che svolgono attività nel settore dell'infanzia e dell'adolescenza.
      L'articolo 5 contiene disposizioni di carattere generale in merito all'Ufficio del Garante nazionale, demandando a un regolamento la definizione dell'organizzazione e del funzionamento dell'Ufficio stesso, la determinazione delle indennità di carica, nonché il numero dei delegati del Garante nazionale.
      L'articolo 6 prevede l'istituzione di un organismo di carattere consultivo, del quale fanno parte esponenti delle forze sociali, del volontariato, dei media, delle associazioni e delle professioni coinvolte nella promozione e nella protezione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché rappresentanti di bambine, bambini e adolescenti. La composizione e l'organizzazione della commissione consultiva e i criteri di partecipazione della rappresentanza delle bambine, dei bambini e degli adolescenti sono definiti dal Garante nazionale con proprio regolamento da emanare entro sei mesi dalla data della prima nomina.
      L'articolo 7 prevede che, con le medesime finalità individuate nell'articolo 1, le regioni istituiscano il garante regionale, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, assicurando ad esso indipendenza, imparzialità e adeguate risorse.
      Al fine di garantire uniformi livelli di tutela dei minori su tutto il territorio nazionale sono individuati alcune funzioni e alcuni poteri che devono essere necessariamente attribuiti ai garanti regionali. Si prevede infine che, sino all'istituzione del garante regionale, le funzioni ad esso attribuite dalla legge siano esercitate dal Garante nazionale o da uno o più delegati dello stesso.
      L'articolo 8 istituisce la Conferenza nazionale dei garanti, presieduta dal Garante nazionale e composta da tutti i garanti regionali, mentre l'articolo 9 le attribuisce i seguenti compiti: concorrere, in forma consultiva, alla definizione delle linee generali di azione del Garante nazionale; assicurare il coordinamento delle attività del Garante nazionale e dei garanti regionali; eseguire il censimento delle risorse istituzionali e del volontariato; effettuare il monitoraggio del grado di attuazione della legislazione in materia di diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; individuare forme di costante scambio di dati e di informazioni sulla condizione dei minori a livello nazionale e regionale; concorrere all'elaborazione della relazione annuale che il Garante nazionale presenta al Parlamento; individuare forme di collaborazione con l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e con la Commissione parlamentare per l'infanzia, nonché con altri pubblici organismi deputati alla promozione e alla tutela dell'infanzia e dell'adolescenza.
      Infine, l'articolo 10 contiene la norma per la copertura finanziaria.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione del Garante nazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza).

      1. È istituito il Garante nazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, di seguito denominato «Garante nazionale», con la finalità di assicurare, in piene indipendenza e autonomia, l'attuazione dei diritti e degli interessi individuali, collettivi e diffusi delle bambine, dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti, di favorire lo sviluppo di tutti gli aspetti della loro personalità e di affermare le loro pari opportunità, stimolando la rimozione di ogni tipo di disuguaglianza, in conformità alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, di seguito denominata «Convenzione di New York».
      2. Il Garante nazionale individua e assicura modalità idonee di ascolto delle bambine, dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti e promuove la loro effettiva partecipazione e il loro costante coinvolgimento in ordine alle decisioni che li riguardano, anche attraverso la presenza di loro rappresentanti nella commissione consultiva di cui all'articolo 6.
      3. Il Garante nazionale agisce secondo il principio di sussidiarietà, di cui all'articolo 118, primo e quarto comma, della Costituzione, nei confronti dei diversi settori della pubblica amministrazione e delle articolazioni territoriali dello Stato e ne facilita l'azione, rispettando i relativi ambiti di intervento.
      4. Il Garante nazionale, nello svolgimento delle sue funzioni, non è sottoposto ad alcuna forma di controllo gerarchico o funzionale e ha pieno accesso agli atti, informazioni e documenti inerenti al suo mandato.
      5. L'attività del Garante nazionale si coordina e si integra, anche in conformità all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, con quella dei garanti regionali di cui all'articolo 7, attraverso la Conferenza nazionale di cui all'articolo 8 della presente legge.
      6. Il Garante nazionale formula proposte e fornisce pareri al Governo in ordine alle iniziative in materia di infanzia e di adolescenza.
      7. Il Garante nazionale riferisce al Parlamento, mediante una relazione annuale, sulle proprie attività e valutazioni in ordine all'andamento delle politiche nazionali per l'infanzia e per l'adolescenza e promuove le opportune sinergie con la Commissione parlamentare per l'infanzia di cui all'articolo 1 della legge 23 dicembre 1997, n. 451, e con l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, al quale partecipa come invitato permanente, nonché con altri pubblici organismi nazionali costituiti a protezione dell'infanzia e dell'adolescenza.
      8. Il Garante nazionale assicura forme idonee di consultazione e di concertazione con le forze sociali e del volontariato, le associazioni, i media e le professioni coinvolte nella promozione e nella tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, anche attraverso la partecipazione di loro rappresentanti alla commissione consultiva di cui all'articolo 6.

Art. 2.
(Funzioni del Garante nazionale).

      1. Il Garante nazionale svolge le seguenti funzioni:

          a) sostiene e verifica l'attuazione della Convenzione di New York e degli altri strumenti internazionali in materia di promozione e di tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

          b) esercita i compiti di cui all'articolo 12 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996 e resa esecutiva dalla legge 20 marzo 2003, n. 77, di seguito denominata «Convenzione di Strasburgo»;

          c) verifica e promuove la piena applicazione della normativa nazionale ed europea sulla promozione e sulla tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;

          d) collabora con organismi e istituti per la promozione e la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza operanti in altri Paesi e con la rete di Garanti europei costituita dall'European network of ombudspersons for children (ENOC);

          e) propone l'adozione di iniziative, anche legislative, per assicurare le piene promozione e tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

          f) cura, sentita la Conferenza nazionale di cui all'articolo 8, la relazione annuale di cui all'articolo 1, comma 7, che è trasmessa alle Camere ed è esaminata dalla Commissione parlamentare per l'infanzia;

          g) esprime obbligatoriamente il parere motivato sul piano nazionale di azione previsto dall'articolo 1, commi 2 e seguenti, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103;

          h) è obbligatoriamente consultato dal Presidente del Consiglio dei ministri o dai Ministri competenti nella fase di predisposizione dei disegni di legge, delle norme regolamentari e di ogni altro provvedimento relativo all'infanzia e all'adolescenza;

          i) esprime obbligatoriamente parere motivato sul rapporto che il Governo presenta periodicamente al Comitato dei diritti del fanciullo, di cui all'articolo 43 della Convenzione di New York, sullo stato di attuazione della medesima Convenzione;

          l) promuove l'individuazione e vigila in merito al rispetto sul territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali relativi all'infanzia e all'adolescenza, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

          m) formula linee di indirizzo per il coordinamento delle attività di tutti i soggetti che operano a livello nazionale nel campo della promozione e della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;

          n) vigila sulla formazione, sulla qualificazione e sul riconoscimento di tutte le professioni legate all'infanzia e all'adolescenza;

          o) promuove a livello nazionale iniziative, anche in ambito scolastico, di sensibilizzazione e di diffusione della conoscenza e della cultura dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

          p) promuove, a livello nazionale, studi e ricerche sull'attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, avvalendosi a tal fine del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza previsto dall'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, e di altri organismi pubblici e privati.

Art. 3.
(Poteri del Garante nazionale).

      1. Nell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 2, il Garante nazionale, in riferimento all'interesse nazionale e avvalendosi dei garanti regionali di cui all'articolo 7, ha il potere di:

          a) visitare liberamente le sedi dei servizi socio-educativi residenziali e semiresidenziali, i luoghi di detenzione, gli ospedali e gli altri istituti pubblici e privati in cui sono ospitati soggetti minori di età;

          b) segnalare all'autorità giudiziaria competente situazioni pregiudizievoli o di abbandono concernenti un minore o in danno di minori;

          c) chiedere alle pubbliche amministrazioni, a organismi, enti, associazioni o persone fisiche di fornire ogni informazione e dato di interesse ai fini della tutela delle bambine, dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti. I soggetti pubblici, siano essi amministrazioni, organismi o enti, hanno l'obbligo di rispondere alle richieste di informazioni del Garante nazionale entro tre mesi dalla richiesta stessa. Le amministrazioni pubbliche hanno, nei confronti del Garante nazionale, tutti gli obblighi derivanti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241;

          d) segnalare alle competenti amministrazioni pubbliche fattori di rischio o di danno derivanti, nei riguardi di soggetti minori di età, da attività, provvedimenti o condotte omissive posti in essere dalle amministrazioni o da privati;

          e) stipulare protocolli d'intesa con i Ministeri, con gli enti pubblici nazionali e locali, con gli organismi internazionali, con gli ordini professionali e con le associazioni e gli organismi non governativi di settore;

          f) stipulare convenzioni con università e con altri istituti, pubblici e privati, di statistica e di ricerca, fermi restando i limiti di disponibilità di bilancio di cui all'articolo 10.

Art. 4.
(Requisiti del Garante nazionale, modalità di nomina, indennità e incompatibilità. Delegati del Garante nazionale).

      1. Il Garante nazionale è scelto tra persone di comprovata competenza nei campi dei diritti umani, del diritto minorile e della famiglia, nonché delle scienze umane e sociali.
      2. Il Garante nazionale è organo monocratico che esercita le funzioni assegnategli con poteri autonomi di organizzazione, con assoluta indipendenza e senza vincolo di subordinazione gerarchica o funzionale.
      3. Il Garante nazionale è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dei Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, dura in carica quattro anni e il suo mandato è rinnovabile per una sola volta. Il Presidente della Repubblica può revocare l'incarico al Garante nazionale in caso di gravi e comprovati motivi di ordine morale.
      4. Al Garante nazionale è riconosciuta un'indennità di carica non eccedente la retribuzione spettante al primo presidente della Corte di cassazione.
      5. L'incarico di Garante nazionale è incompatibile con qualunque impiego, pubblico e privato, attività professionale o imprenditoriale e carica anche elettiva. Per tutta la durata dell'incarico, il Garante nazionale non può ricoprire incarichi nell'ambito di partiti politici e di associazioni o enti che svolgono attività nel settore dell'infanzia e dell'adolescenza. Se dipendente di una pubblica amministrazione, è collocato in aspettativa senza assegni per la durata del mandato e non può conseguire promozioni se non per anzianità.
      6. Il Garante nazionale può nominare suoi delegati, in numero non superiore a quattro, che lo coadiuvano nell'esercizio dei suoi compiti istituzionali. Per la nomina dei delegati valgono i medesimi requisiti e le stesse condizioni di incompatibilità previsti per il Garante nazionale. A ciascun delegato è riconosciuta un'indennità di carica pari all'80 per cento dell'indennità spettante al Garante nazionale.

Art. 5.
(Ufficio del Garante nazionale).

      1. Per lo svolgimento dei propri compiti, il Garante nazionale dispone di un apposito Ufficio, avente sede in Roma, denominato «Ufficio del Garante nazionale dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza».
      2. All'Ufficio del Garante nazionale sono assegnati dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, collocati fuori ruolo nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti e il cui servizio è equiparato a quello prestato nelle amministrazioni di provenienza. I funzionari dell'Ufficio del Garante nazionale, nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali e sono vincolati al segreto d'ufficio. Il Garante nazionale, per l'espletamento delle sue funzioni, può altresì avvalersi di consulenze tecnico-operative esterne.
      3. Le spese di funzionamento del Garante nazionale e dell'Ufficio del medesimo Garante sono poste a carico del bilancio dello Stato.
      4. Le norme concernenti l'organizzazione e il funzionamento dell'Ufficio del Garante nazionale, quelle dirette a disciplinare le indennità di cui all'articolo 4, commi 4 e 6, nonché il numero dei delegati di cui al medesimo articolo 4, comma 6, della presente legge sono adottate con apposito regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Garante nazionale.

Art. 6.
(Commissione consultiva del Garante nazionale).

      1. Presso l'Ufficio del Garante nazionale è istituita una commissione consultiva con il compito di esprimere pareri e di formulare proposte al medesimo Garante nazionale.
      2. Fanno parte della commissione consultiva rappresentanti delle forze sociali, del volontariato, delle associazioni, dei media e delle professioni coinvolte nella promozione e nella tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché una rappresentanza di bambine, bambini e adolescenti.
      3. La commissione consultiva è presieduta dal Garante nazionale, che la convoca e ne organizza i lavori.
      4. La composizione e l'organizzazione della commissione consultiva e i criteri di partecipazione della rappresentanza delle bambine, dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti sono definiti dal Garante nazionale con proprio regolamento da emanare entro sei mesi dalla data della prima nomina.

Art. 7.
(Garanti regionali dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza).

      1. Con le medesime finalità di cui al comma 1 dell'articolo 1, le regioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono all'istituzione dei garanti regionali dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, di seguito denominati «garanti regionali», assicurandone indipendenza, imparzialità e adeguate risorse.
      2. Al fine di garantire uniformi livelli di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza su tutto il territorio nazionale, al garante regionale sono, in particolare, attribuiti le seguenti funzioni e i seguenti poteri:

          a) sviluppare a livello regionale e locale una cultura di attuazione e di promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

          b) esercitare i compiti di cui all'articolo 12 della Convenzione di Strasburgo;

          c) promuovere, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118, primo e quarto comma, della Costituzione, iniziative volte ad affermare la piena attuazione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza sanciti dalla Convenzione di New York, anche da parte delle competenti istituzioni regionali e locali;

          d) segnalare all'autorità giudiziaria competente situazioni pregiudizievoli o di abbandono concernenti un minore o in danno di minori;

          e) segnalare alle competenti amministrazioni pubbliche, anche a seguito di denunce o di reclami, situazioni di rischio o di danno per i minori;

          f) svolgere attività di vigilanza sulla qualità dell'assistenza prestata ai minori accolti in strutture residenziali o comunque in ambienti esterni alle loro famiglie;

          g) verificare gli interventi di accoglienza e di inserimento sociale dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia e sollecitare l'adozione di iniziative di sostegno e di aiuto;

          h) intervenire nei procedimenti amministrativi, ai sensi dell'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, ove sussistano fattori di rischio o di danno per i minori, con facoltà di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti ai sensi dell'articolo 10 della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni;

          i) favorire, ai sensi dell'articolo 13 della Convenzione di Strasburgo, la mediazione in ogni sua forma nelle situazioni di conflitto che coinvolgono direttamente o indirettamente bambine, bambini e adolescenti, svolgendo attività di ascolto, conciliazione e persuasione nei confronti dei soggetti privati e istituzionali tenuti ad assicurare l'effettività dei diritti del minore;

          l) promuovere e realizzare attività di facilitazione in favore dei servizi sociali, sanitari, educativi e di pubblica sicurezza nonché di tutti gli altri soggetti che si occupano dell'infanzia e dell'adolescenza;

          m) promuovere attività di sensibilizzazione e di formazione di persone idonee ad assumere funzioni di rappresentante, quali tutore, protutore e curatore speciale del minore, ai sensi del codice civile e della citata Convenzione di Strasburgo, nonché curare la tenuta e l'aggiornamento del relativo elenco;

          n) promuovere, stimolare e facilitare iniziative di ascolto dell'infanzia e dell'adolescenza e individuare forme adeguate di coinvolgimento e di partecipazione delle bambine, dei bambini, delle adolescenti e degli adolescenti alle decisioni che li riguardano e a quelle che attengono alla vita sociale dei contesti locali in cui vivono;

          o) promuovere e facilitare la formazione di rappresentanze regionali dell'infanzia e dell'adolescenza favorendo l'inclusione dei rappresentanti nelle forme di consultazione periodica promosse dal medesimo garante regionale;

          p) redigere e presentare annualmente, in occasione della Giornata nazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 23 dicembre 1997, n. 451, una relazione al consiglio e alla giunta regionali sullo stato di attuazione della Convenzione di New York nella regione.

      3. Sino all'istituzione del garante regionale, le funzioni a esso attribuite dalla presente legge sono esercitate dal Garante nazionale o da uno o più dei delegati di cui all'articolo 4, comma 6.
      4. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo secondo le previsioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Art. 8.
(Conferenza nazionale dei Garanti).

      1. È istituita la Conferenza nazionale dei garanti, di seguito denominata «Conferenza», con sede presso il Garante nazionale.
      2. Della Conferenza fanno parte il Garante nazionale, che la presiede e la convoca, e i garanti regionali.
      3. La Conferenza si riunisce almeno ogni tre mesi su iniziativa del Garante nazionale e ogniqualvolta ne fanno richiesta non meno di tre garanti regionali.

Art. 9.
(Compiti della Conferenza).

      1. La Conferenza svolge i seguenti compiti:

          a) concorre, in forma consultiva, alla definizione delle linee generali di azione del Garante nazionale;

          b) assicura il raccordo e il coordinamento delle attività del Garante nazionale e dei garanti regionali;

          c) esegue il censimento delle risorse istituzionali e del volontariato;

          d) effettua il monitoraggio del grado di attuazione della legislazione vigente in materia di diritti dell'infanzia e dell'adolescenza a livello nazionale e regionale;

          e) individua forme di costante scambio di dati e di informazioni sulla condizione dei minori a livello nazionale e regionale;

          f) concorre all'elaborazione della relazione annuale di cui all'articolo 1, comma 7, che è presentata alle Camere dal Garante nazionale;

          g) individua forme di collaborazione con l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e con la Commissione parlamentare per l'infanzia, nonché con altri pubblici organismi deputati alla promozione e alla tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;

          h) esamina ogni altra questione che è ad essa sottoposta dal Garante nazionale e dai garanti regionali.

Art. 10.
(Copertura finanziaria).

      1. Ai maggiori oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, determinati nel limite massimo di 11 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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