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PDL 1308

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1308



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, ZAMPARUTTI

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione della riunione del G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum

Presentata il 17 giugno 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Nell'estate del 2001, in occasione della riunione del G8, Genova fu teatro di una violenza inaudita.
      Il 20 luglio la città è avvolta da un clima esacerbato da mesi di polemiche relative all'opportunità di far svolgere l'importante riunione internazionale in quella città non particolarmente attrezzata per garantire un adeguato rispetto dell'ordine pubblico. Era noto da tempo il fatto che migliaia di manifestanti, come nelle precedenti riunioni del G8, potevano essere coinvolti in scontri con le Forze dell'ordine a causa della presenza di una frangia particolarmente pericolosa e violenta tra essi, i cosiddetti «black bloc».
      È nel corso di una delle manifestazioni organizzate contro le riunioni e le decisioni del G8 - i cui partecipanti sono giudicati dai movimenti no-global come i massimi portatori delle ideologie neoliberiste considerate come il voluto fondamento delle condizioni di povertà in cui versano gli abitanti della maggior parte del mondo in via di sviluppo e quindi in grado di decidere le sorti di porzioni troppo vaste dell'umanità - che il giovane Carlo Giuliani trova la morte.
      A seguito degli episodi verificatisi tra il 19 e il 22 luglio 2001, nel corso della XIV legislatura la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica hanno istituito, nell'ambito delle rispettive Commissioni Affari costituzionali, un Comitato paritetico per effettuare un'indagine conoscitiva al fine di acquisire direttamente e autonomamente notizie, informazioni e documenti su quanto accaduto in quei giorni nefasti.
      Questa la scelta operata. Ma la gravità dei fatti presentatisi agli occhi della pubblica opinione, nazionale e internazionale, avrebbe meritato l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, ben più efficace di una indagine conoscitiva.
      Se è vero che le indagini conoscitive svolgono la loro importante funzione informativa, funzione in grado di far acquisire conoscenze organiche e coordinate su determinati fatti, è anche vero che sono del tutto prive di qualsiasi potere ispettivo.
      Con lo strumento dell'indagine conoscitiva il Parlamento si apre verso la società civile, stabilendo un rapporto diretto anche con quei soggetti che non appartengono allo «Stato apparato» e alla pubblica amministrazione.
      Ma affinché ciò abbia una pratica utilità è necessario che i cittadini chiamati a collaborare dimostrino una concreta volontà cooperativa.
      Invece, proprio a causa del carattere non coercitivo dell'indagine conoscitiva, la mancanza di un potere che sia in grado di indurre l'interlocutore ad un'efficace collaborazione e la mancanza di un deterrente giuridico capace di assicurare la veridicità delle risposte, quindi, in pratica, l'impossibilità di fare leva sull'obbligo di leale cooperazione della persona audita, ben potendo quest'ultima rifiutarsi di collaborare - sino al limite estremo di fornire informazioni consapevolmente distorte - compromettono l'efficacia del mezzo utilizzato.
      L'organo parlamentare costituito ad hoc per comprendere le cause dei fatti accaduti a Genova si è dimostrato inadeguato proprio per le caratteristiche descritte.
      Ma non è stato un lavoro inutile poiché una delle peculiarità delle indagini conoscitive è proprio quella di favorire la presa di coscienza tra i parlamentari e nella pubblica opinione dell'opportuna necessità di adottare una procedura ispettiva, istituendo una Commissione parlamentare di inchiesta.
      La spiccata rilevanza politica, la gravità degli avvenimenti accaduti, ormai, sette anni fa, e la necessità di effettuare un controllo, in senso lato, nei confronti degli organi pubblici potenzialmente responsabili dei fatti suggeriscono la necessità dell'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta (sempre che la maggioranza parlamentare vi consenta considerando che, agli occhi del cittadino, un atteggiamento contrario potrebbe essere interpretato come un'implicita ammissione di responsabilità).
      Come è ovvio, lo scopo dei lavori di tale Commissione non è quello di duplicare il lavoro della magistratura, poiché la Commissione non emette sentenze, bensì quello di giungere a più precise valutazioni politiche in termini precisamente predeterminati, non andando a incidere direttamente nella sfera giuridica dei soggetti coinvolti, limitandosi alla ricerca di elementi in grado di fondare una valutazione complessiva di carattere politico ed effettuando una valutazione di congruità tra gli strumenti impiegati (mezzi di prova e mezzi di ricerca della prova) e il fine da conseguire che, assolutamente, non può avere natura penale.
      Ma quali furono, nel dettaglio, i fatti che ancora oggi percepiamo come oscuri e che costituiscono una delle pagine più dolorose della recente storia cittadina e nazionale?
      Come detto, in occasione della riunione del G8, la città di Genova fu teatro di numerosi e gravissimi episodi di violenza.
      Il 20 luglio si svolsero le manifestazioni di dissenso dei movimenti no-global e delle associazioni pacifiste. Con il passare delle ore queste si trasformarono in gravi tumulti di piazza con scontri che culminarono con la morte di Carlo Giuliani. Uno spettacolo poco lusinghiero per il nostro Paese si presentava in quei giorni agli occhi dell'opinione pubblica nazionale e internazionale: una città trasformata in un campo di battaglia in cui gruppi di «black bloc» potevano vagare indisturbati per la città distruggendo, saccheggiando e attaccando violentemente le Forze di polizia, mentre i cortei organizzati dalle organizzazioni pacifiste e regolarmente autorizzati venivano più volte caricati dalle Forze dell'ordine. Le manifestazioni organizzate dal Genoa Social Forum, infatti, cui aderivano numerosi collettivi e organizzazioni pacifiste, circoli ARCI, Rete Lilliput e altri ancora, venivano fatte oggetto di numerosi attacchi da parte delle Forze di polizia. Il corteo del 21 luglio, ad esempio, al quale presero parte circa 300.000 persone, partito regolarmente poiché regolarmente autorizzato, si snodava per un paio di chilometri, lungo i quali veniva ripetutamente caricato dalle Forze di polizia che lo dividevano in diversi tronconi, il primo dei quali continuava il suo percorso, mentre i rimanenti venivano nuovamente caricati dalle Forze dell'ordine.
      Sono tristemente noti anche i fatti della caserma di Bolzaneto e l'irruzione delle Forze dell'ordine nella scuola Diaz.
      Per entrambe le drammatiche vicende, nonostante il lavoro fatto dalla magistratura, è comunque necessario che il Parlamento chiarisca le responsabilità politiche e amministrative che hanno permesso i fatti stessi.
      Nella caserma di Bolzaneto era stato allestito un centro di raccolta per i manifestanti sottoposti a misure di fermo. Secondo quanto riferito dagli oltre 200 fermati che furono condotti nella caserma, e come risulta dagli atti del procedimento giudiziario, essi furono sottoposti ad un trattamento brutale, trattamento così noto che è inutile descriverlo nel dettaglio. Il tutto senza che i fermati potessero in alcun modo comunicare con l'esterno e con il proprio avvocato.
      Il Parlamento e il Paese hanno il diritto, ma anche il dovere, di sapere chi era il responsabile della caserma di Bolzaneto e chi era a conoscenza dei trattamenti riservati dalle Forze dell'ordine ai fermati.
      L'irruzione nella scuola Diaz, invece, è stata effettuata nel corso della notte e ha colto gli occupanti nel sonno. Uomini armati, con il volto coperto con caschi o con sciarpe in maniera tale da non poter essere identificati, hanno fatto irruzione nei locali colpendo ripetutamente i giovani che vi dormivano. Il blitz fu giustificato con prove che si sono poi rilevate false, costruite «su misura» da uomini della Polizia di Stato. Le 93 persone arrestate nel corso del raid dichiararono di non aver opposto resistenza - anche perché colte nel sonno - e nonostante ciò di essere state sottoposte a percosse di ogni tipo: 82 di queste risulteranno infatti ferite. Gli arrestati furono accusati di resistenza a pubblico ufficiale, detenzione di armi, appartenenza a un'organizzazione criminale dedita al saccheggio e alla distruzione della proprietà: tutte accuse che al termine delle indagini, nel febbraio 2004, si sono rilevate false e i cui procedimenti sono stati archiviati per mancanza di prove.
      Dell'evento più tragico e terribile di quei drammatici giorni si è già detto, ma la dinamica dei fatti mostra la totale mancanza di coordinamento tra le Forze dell'ordine sul campo, se non un'ipotesi ben peggiore.
      Si tratta di episodi che fanno emergere, prima facie, responsabilità politiche da ascrivere a carico del passato Governo Berlusconi.
      Queste le vicende - l'irruzione nella scuola Diaz, i fatti della caserma di Bolzaneto e l'uccisione del giovane Carlo Giuliani - alle quali il Comitato istituito il 2 agosto 2001 nell'ambito delle Commissioni Affari costituzionali delle due Camere, per lo svolgimento di un'apposita indagine conoscitiva, non ha saputo e non ha potuto dare risposte. La mancata istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, infatti, non ha consentito di fare piena luce sulle responsabilità di carattere generale e sui singoli fatti specifici accaduti a Genova in quei tragici giorni. La reticenza e le dichiarazioni confuse e contraddittorie di coloro che sono stati auditi dal Comitato non hanno consentito una ricostruzione puntuale della dinamica dei fatti né l'accertamento delle responsabilità dei funzionari delle Forze dell'ordine sul campo e di coloro che avevano il compito di coordinare le medesime Forze dell'ordine.
      Solo una Commissione parlamentare di inchiesta è, a nostro avviso, in grado di rispondere agli interrogativi che ci siamo sin qui posti.
      Una Commissione di inchiesta può stabilire il motivo per il quale gruppi di «black bloc» abbiano potuto agire indisturbati in diverse parti della città senza che le Forze dell'ordine siano state in grado di fermarli e di circoscriverne l'azione, mentre l'azione delle stesse Forze dell'ordine si è maggiormente concentrata sulle migliaia di dimostranti i cui cortei, regolarmente autorizzati, sfilavano per le vie della città al di fuori della zona off limits, la cosiddetta «zona rossa».
      Ripetiamo che lo strumento utilizzato, l'indagine conoscitiva svolta durante la XIV legislatura, ha evidenziato come le numerose audizioni e la documentazione acquisita durante i lavori del Comitato hanno consentito solo una sommaria e parziale ricostruzione dei fatti accaduti a Genova. Ciò soprattutto in ragione del breve tempo in cui si sono svolti i lavori e dei limitati poteri di cui il Comitato disponeva. Si ribadisce, nel concreto, la circostanza che i soggetti che venivano escussi innanzi al Comitato non avevano l'obbligo di deporre secondo verità, né di fornire tutte le informazioni di cui erano in possesso. Si è svolta, quindi, una serie di audizioni in cui i massimi vertici delle Forze dell'ordine hanno rilasciato dichiarazioni confuse, contraddittorie e reticenti su quanto accaduto nelle piazze e all'interno delle caserme ove i manifestanti arrestati erano stati condotti, nonché sull'episodio relativo alla «perquisizione» alla scuola Diaz. La conclusione dei lavori del Comitato confermava chiaramente la necessità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta che procedesse all'indagine con i poteri propri della magistratura.
      In effetti, gli sviluppi delle inchieste della magistratura avviate sui fatti di Genova e la documentazione successivamente resasi disponibile sotto forma di video da cui abbiamo tratto le affermazioni riportate avvalorano ancora di più la necessità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta.
      Su tutti questi interrogativi il Parlamento ha il dovere di fornire una risposta chiara ai cittadini del nostro Paese, ma deve una risposta anche ai rilievi mossici dal Parlamento europeo.
      Con un documento adottato il 15 gennaio 2003, relativo alla risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea [2000/2014(INI)], il Parlamento europeo ha ufficialmente mosso accuse nei confronti dell'Italia per i fatti di Genova. Oltre all'esplicita deplorazione «delle sospensioni dei diritti fondamentali avvenute durante le manifestazioni pubbliche, ed in particolare in occasione della riunione del G8 a Genova» (punto 44), la risoluzione (punto 45) «rileva in particolare che, per quanto riguarda i disordini di Genova del luglio 2001, il Parlamento continuerà ad accordare particolare attenzione al seguito delle indagini amministrative, giudiziarie e parlamentari avviate in Italia per accertare se in tale occasione si sia ricorsi a trattamenti o punizioni disumane o degradanti (articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea)». Riteniamo il documento adottato dal Parlamento europeo una sorta di «invito vincolante» rivolto ai diversi livelli istituzionali italiani affinché facciano piena luce su quegli avvenimenti. L'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta rappresenta, anche in questo caso, lo strumento più appropriato non solo per rispondere alle sollecitazioni dell'Istituzione comunitaria in quanto tale, ma anche per rendere conto di quanto accaduto ai singoli Governi dell'Unione europea, che pure hanno contato tra le vittime delle violenze molti propri cittadini.
      I risultati insufficienti e insoddisfacenti cui è pervenuto il Comitato impongono, allo stato, la necessità di istituire una Commissione parlamentare di inchiesta che ricostruisca quanto accaduto a Genova in quei giorni del luglio 2001, che individui le catene di comando e che accerti le responsabilità politiche e amministrative che hanno condotto alla commissione di abusi di tale entità da annullare i diritti civili dei cittadini. Fermo restando che i processi in corso dovranno stabilire le eventuali responsabilità individuali dal punto di vista giudiziario, rimane la necessità politico-istituzionale di fare luce su quanto avvenuto a Genova in quei giorni. È fuori di dubbio, infatti, che in un Paese democratico le Forze dell'ordine debbano tutelare i diritti dei cittadini e non abusarne o conculcarli. Riteniamo che questa sia materia di interesse pubblico tale da giustificare l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, atteso che il funzionamento delle Forze dell'ordine e la tutela dell'ordine pubblico nel rispetto dei diritti costituzionali devono essere patrimonio condiviso da tutte le parti politiche; solo dissipando le ombre che ancora gravano su quei giorni si potrà raggiungere questo obiettivo.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione e funzioni della Commissione).

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta, di seguito denominata «Commissione», al fine di indagare sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova in occasione della riunione del vertice G8 svoltosi nel luglio 2001 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum.
      2. La Commissione ha il compito di:

          a) ricostruire in maniera puntuale gli avvenimenti accaduti a Genova in occasione della riunione del vertice G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum;

          b) accertare se durante i giorni in cui ha avuto luogo il vertice G8 si sia verificata la sospensione dei diritti fondamentali garantiti a tutti i cittadini dalla Costituzione;

          c) ricostruire la gestione dell'ordine pubblico facendo luce sulla catena di comando e sulle dinamiche che hanno innescato e perpetuato una spirale repressiva nei confronti dei manifestanti;

          d) indagare sulla dinamica della morte di Carlo Giuliani anche al fine di accertare eventuali responsabilità politiche e amministrative che possono avere contribuito, tramite l'effettiva gestione dell'ordine pubblico, al determinarsi di tale drammatico esito;

          e) indagare sull'irruzione delle Forze dell'ordine nella scuola Diaz, facendo luce su abusi e violenze perpetrati nei confronti dei ragazzi che occupavano la scuola e accertando le responsabilità amministrative e politiche, con particolare riguardo alla ricostruzione della catena di comando;

          f) ricostruire i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto, centro di detenzione temporaneo dei manifestanti arrestati, per accertare se in tale occasione si sia ricorso a trattamenti o punizioni disumani o degradanti e se siano stati rispettati i diritti civili degli arrestati.

Art. 2.
(Composizione e durata della Commissione).

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge l'Ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari.
      3. La Commissione conclude i propri lavori entro sei mesi dalla data della sua costituzione e presenta al Parlamento, entro i successivi sessanta giorni, la relazione finale sulle indagini da essa svolte.

Art. 3.
(Poteri e limiti della Commissione).

      1. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
      2. La Commissione ha facoltà di ottenere copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organismi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, anche se coperti da segreto.
      3. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 2 sono coperti dal segreto.
      4. Per i fatti oggetto dell'inchiesta parlamentare non è opponibile alla Commissione il segreto di Stato, né quello di ufficio, professionale e bancario.
      5. Per le testimonianze rese davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.
      6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso. Devono in ogni caso essere coperti dal segreto gli atti e i documenti attinenti a procedimenti giudiziari nella fase delle indagini preliminari.

Art. 4.
(Obbligo del segreto).

      1. I componenti la Commissione, il personale addetto alla stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 3, commi 3 e 6.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione dell'obbligo di cui al comma 1, nonché la diffusione, in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali è stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 5.
(Organizzazione dei lavori della Commissione).

      1. La Commissione, prima dell'inizio dei lavori, adotta il proprio regolamento interno a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
      2. Le sedute sono pubbliche. Tuttavia, la Commissione può deliberare, a maggioranza semplice, di riunirsi in seduta segreta.
      3. La Commissione può avvalersi direttamente dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria.
      4. Per l'espletamento delle sue funzioni, la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro.
      5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 80.000 euro, sono ripartite in parti uguali tra il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati e sono poste a carico dei rispettivi bilanci interni.

Art. 6.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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