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PDL 1319

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1319



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato TORTOLI

Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, e altre disposizioni in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

Presentata il 17 giugno 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Per animalismo si può intendere il diritto di ogni animale ad essere rispettato. L'uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di sterminare gli altri animali o di sfruttarli, violando questo diritto.
      Ogni animale ha diritto alla considerazione, alle cure e alla protezione da parte dell'uomo; possiamo così dire che il concetto di animalismo è strettamente correlato al concetto di benessere animale. Vi sono condizioni di vita degli animali per le quali la società, la scienza ed il legislatore possono stabilire requisiti di benessere dopo aver identificato esigenze fisiologiche ed etologiche.
      Nel corso dell'evoluzione del pensiero umano, lo stato di diritto degli animali si è evoluto tanto da farli passare da semplici cose (Cartesio, con la sua rigorosa distinzione tra «res cogitans» e «res extensa», aveva negato agli animali, in quanto «res extensa», ogni coscienza) ad essere dotati di una propria sensibilità (Schopenhauer). Più recentemente l'animo generoso di Albert Schweitzer nota come l'animale non verrebbe apprezzato in rapporto alla sua determinazione come creatura di Dio e dà, così, un fondamento etico cristiano al sentimento umanitario della pietà verso gli animali quale sta sorgendo nella moderna società.
      A seguito dell'acquisizione dei diritti dei nostri animali, si è posta la necessità da parte del legislatore di normare tutto ciò che li riguarda introducendo quindi i concetti di benessere animale e protezione animale. Con la «tutela del benessere degli animali» si intende riconoscere agli animali un loro ruolo ed un loro habitat considerandoli i nostri coinquilini terrestri, attenuandone lo sfruttamento da parte dell'uomo. Il concetto di benessere si inserisce in particolare nel rapporto uomo/animale da compagnia o di affezione, dove vanno definite le migliori condizioni di ambiente, di alimentazione e di utilizzazione degli animali. Ne è un esempio l'Accordo Stato-regioni del 28 febbraio 2003, recante «Disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy». Più o meno analoghe espressioni di tutela del benessere degli animali appaiono adeguate se riferite anche agli animali selvatici ed al loro ambiente naturale nonché ad un certo tipo d'allevamento, come ad esempio le galline ovaiole, i vitelli, i suini, i cani e i gatti da compagnia, i cavalli destinati alle prestazioni sportive eccetera.
      In questi allevamenti è possibile identificare le condizioni migliori di benessere, applicando le soluzioni di stabulazione che risultano le più possibili vicine alle esigenze fisiologiche ed etologiche degli animali stessi.
      Il concetto di «protezione degli animali» è nato quando l'uomo, e quindi la società, ha avvertito il bisogno di porre dei limiti allo sfruttamento indiscriminato degli animali, che implicava sofferenze senza che, in diverse circostanze, se ne individuasse la reale necessità. In altri termini: sottoporre un animale a maltrattamenti o sevizie, alla privazione d'acqua e di cibo in occasione di lunghi trasporti su automezzi sovraffollati, oppure utilizzare gli animali ai fini della sperimentazione, oppure macellare gli animali senza prevedere la benché minima riduzione delle sofferenze degli animali stessi, sono certamente situazioni d'inciviltà che meritavano e meritano un intervento sempre più attento e regole specifiche. In questo caso è chiaro che si parla di protezione degli animali e non certo di tutela del benessere degli animali.
      Abbiamo quindi assistito ad una rivoluzione culturale che, come quella copernicana, ha completamente cambiato i termini della questione ed i ruoli dei soggetti in causa: da una visione antropocentrica ad una ambientale, che pone l'uomo non più come padrone al centro dell'universo, ma come attore che deve convivere con altri attori per mantenere l'equilibrio generale.
      È in ogni modo importante prendere atto che non si tratta soltanto di un atteggiamento culturale od opinione di carattere temporaneo, di una moda, come forse all'inizio qualcuno poteva ritenere, ma di un vero e proprio cambiamento che spazia dal campo etico alla coscienza ecologica ed etologica. Si vuole infatti consentire all'animale, pur nei limiti che comporta l'allevamento, di ritrovare il suo autentico ruolo, grazie al quale poter intraprendere una relazione più integrata e naturale con l'ambiente. Tale ragionamento è applicabile sia che si tratti di specie allevata per la produzione di alimenti per l'uomo, sia che si tratti di animali detenuti per compagnia.
      Questa novella «coscienza zoofila» rappresenta inoltre una componente importante che influenza lo stile di vita di molti proprietari, alcuni dei quali, è noto, trovano conforto, proprio nel rapporto con l'animale, a problemi di solitudine o di depressione.
      In definitiva, la condizione giuridica di un animale resta quella di res, ma con una particolare proprietà, quella di essere vivente senziente: in quanto tale esprime mediante atti liberi una propria individualità che modifica i comuni rapporti giuridici nei quali viene a trovarsi in qualità di res. Questa nuova coscienza animalista, sorta negli anni, si riscontra ovviamente anche nei servizi veterinari pubblici che, fra le tante attività svolte, si preoccupano di tutelare e salvaguardare il benessere degli animali ad ampio spettro, siano essi domestici, selvatici o sinantropi. Tutto questo può spiegare perché l'uomo sia sempre più interessato al mondo animale e il motivo per cui si registra nelle aree metropolitane una sempre più massiccia presenza di animali di affezione. Si stima che nei Paesi industrializzati circa il 30 per cento dei nuclei familiari ospiti almeno un cane o un gatto. Il numero complessivo di questi animali si aggira intorno ai 200 milioni, di cui più di 70 milioni presenti nell'Unione europea e circa 120 milioni negli Stati Uniti. In Italia i dati relativi ai cani di proprietà ammontano ad un totale di 5.500.000 contro circa 700.000 fra cani randagi ospitati nei canili e quelli vaganti sul territorio.
      Accanto a queste cifre, come rovescio della medaglia del fenomeno dell'animalismo, che ha contribuito al boom demografico di animali presenti sul territorio, c'è purtroppo un numero considerevole di abbandoni, di soppressioni e di maltrattamenti. Ogni anno un'alta percentuale di animali da compagnia è abbandonata andando ad alimentare il fenomeno randagismo. Il numero di animali che diventano randagi, anche a seguito delle cucciolate, è notevolmente superiore a quello dei cani randagi catturati e ospitati in strutture, affidati o deceduti annualmente; il quadro definitivo è l'aumento del fenomeno randagismo. Ciò è dovuto essenzialmente all'egoismo dei proprietari, che incrudeliscono verso gli animali abbandonandoli.
      Il randagismo/vagantismo è la condizione derivante dalla presenza in un dato territorio di popolazioni canine che in qualche modo sfuggono al controllo e che trovano nelle condizioni ambientali, ma soprattutto nelle occasioni il più delle volte offerte inconsapevolmente dall'uomo, la capacità di sopravvivenza ed espansione. Gli esiti di tale fenomeno possono essere riassunti nei seguenti punti: presenza di zoonosi, il cui serbatoio è rappresentato dal cane; morsicature ed aggressioni; odori e rumori molesti; incidenti stradali; fobie e paure ingiustificate; inquinamento ambientale; danni al bestiame allevato; danni alla fauna selvatica. Tutte queste situazioni depongono a sfavore degli animali randagi, in quanto causano nei cittadini non particolarmente zoofili avversione per i randagi. La legge n. 281 del 1991, legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, ha cercato di intervenire definendo i provvedimenti per limitare al massimo il fenomeno del randagismo/vagantismo. Essa ha dettato le linee guida per la creazione di un'anagrafe canina efficace, norme comportamentali a tutela del benessere animale e ovviamente divieti per l'abbandono e sanzioni per la mancata custodia.
      Nonostante i princìpi della legge appaiano adeguati, vanno sottolineate la difficoltà incontrate nell'attuazione delle stessa a livello territoriale (non tutti gli animali vengono iscritti all'anagrafe, non si riesce a prevenire gli abbandoni, mancano le strutture dei ricoveri), anche per mancanza di vigilanza.
      Per tale ragione appare necessario un intervento legislativo che, pur mantenendo l'impianto originario della legge n. 281 del 1991, ne rafforzi sensibilmente l'incidenza ed introduca nuove misure volte a ridurre il fenomeno del randagismo, agevolare le associazioni animaliste e protezioniste, e quelle tra esse che si dedicano alla pet therapy, agevolare il possesso di un cane anche per i meno abbienti, facilitare l'adozione di cani dai canili.
      A ciò si aggiunga la necessità di dare piena attuazione al regolamento (CE) n. 998/2003, del 26 maggio 2003, relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia, che ha introdotto l'applicazione di un sistema elettronico di identificazione (microchip) in alternativa ai sistemi tradizionali (tatuaggi del numero identificativo) che sarà obbligatorio dal 3 luglio 2012 per recarsi negli altri Paesi dell'Unione.
      L'introduzione dell'obbligo di sterilizzare i cani e gatti sia randagi che padronali e l'incentivazione delle adozioni nei canili e gattili sono l'unica soluzione possibile per contenere e sconfiggere il problema randagismo, un fenomeno ormai divenuto insostenibile in molte parti del nostro Paese, con implicazioni ambientali ed economiche anche molto gravi; in ogni caso, oltre che dalla logica, la soluzione è esplicitamente suggerita dalla Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, sottoscritta a Strasburgo il 13 novembre 1987 (articolo 12, comma 1, lettera b)).


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 1 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è sostituito dal seguente:

      «Art. 1. - (Princìpi generali). - 1. Lo Stato promuove e disciplina la tutela e il benessere degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale».

Art. 2.

      1. Dopo l'articolo 1 della legge 14 agosto 1991, n. 281, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 1-bis. - (Definizioni). - 1. Per animale di affezione si intende ogni animale tenuto o destinato ad essere tenuto dall'uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia.
      2. Per associazioni animaliste o protezioniste si intendono gli enti e le associazioni che hanno come loro scopo principale la cura, l'allevamento, la tutela e la protezione degli animali e sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 della legge 11 agosto 1991, n. 266, o, comunque, individuate dal decreto previsto dall'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, di cui al regio decreto 28 maggio 1931, n. 601.
      3. Per sistema elettronico di identificazione si intende il trasponditore previsto dall'articolo 4 del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, conforme alla norma ISO 11784 o all'allegato A della norma ISO 11785.
      4. Per animale randagio si intende ogni animale di affezione non iscritto all'anagrafe canina e felina, senza alloggio domestico o che si trova all'esterno dei limiti dell'alloggio domestico del suo proprietario o custode e che non è sotto il controllo o la diretta sorveglianza di alcun proprietario o custode».

Art. 3.

      1. L'articolo 2 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è sostituito dal seguente:

      «Art. 2. - (Trattamento dei cani e di altri animali di affezione). - 1. La gestione e il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la sterilizzazione sono effettuati, tenuto conto del progresso scientifico, dai comuni, in convenzione con i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali o con gli ambulatori veterinari privati. I proprietari o i detentori possono ricorrere, a proprie spese, fermo restando quanto previsto agli articoli 2-bis e 2-ter, agli ambulatori veterinari autorizzati del comune, delle società cinofile, delle associazioni animaliste o protezioniste o di privati. I proprietari o detentori che non provvedono a sterilizzare il proprio animale sono tenuti al pagamento di un'imposta comunale annuale di 300 euro.
      2. I cani randagi o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 non possono essere soppressi, se non nei casi previsti dal comma 6 del presente articolo.
      3. I cani randagi o comunque provenienti dalle strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 non possono essere destinati alla sperimentazione.
      4. I cani randagi, regolarmente tatuati o muniti di sistema elettronico di identificazione, sono restituiti al proprietario o al detentore.
      5. I cani randagi non tatuati e privi di sistema elettronico di identificazione, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, devono essere tatuati o muniti di sistema elettronico di identificazione a cura dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali o degli ambulatori veterinari privati convenzionati con i comuni; se non reclamati entro il termine di venti giorni, gli animali devono essere sterilizzati e sottoposti a trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili e possono essere ceduti a privati che diano garanzia di assicurarne il benessere e il buon trattamento o alle associazioni animaliste o protezioniste.
      6. Gli animali di affezione, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320, possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.
      7. È vietato a chiunque maltrattare gli animali randagi.
      8. I gatti randagi devono essere sterilizzati dai servizi veterinari dell'azienda sanitaria locale o dagli ambulatori veterinari privati convenzionati con i comuni e riammessi nel loro gruppo.
      9. Le associazioni animaliste o protezioniste e i privati cittadini possono, d'intesa con il comune di appartenenza, avere in gestione le colonie di gatti randagi, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza e di benessere.
      10. Le convenzioni per la gestione delle strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 devono essere concluse prioritariamente con le associazioni o gli enti aventi finalità di protezione degli animali e, tra questi, a quelli che promuovono e realizzano programmi di attività assistite dagli animali e di terapie assistite dagli animali o di addestramento all'assistenza di persone diversamente abili. Solo in assenza di disponibilità delle predette associazioni o enti le strutture possono essere affidate a privati o ad altri enti.
      11. Le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 sono sottoposte periodicamente a controllo igienico-sanitario da parte dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali. I loro responsabili sono tenuti, per gli effetti dell'articolo 361 del codice penale, a denunciare all'autorità giudiziaria, o a un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, i reati di cui agli articoli 544-bis, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies, 638 e 727 del medesimo codice e all'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189, e ogni altro reato di cui abbiano avuto notizia nell'esercizio o a causa delle loro funzioni.
      12. Le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 possono tenere in custodia a pagamento cani di proprietà e garantiscono il servizio di pronto soccorso».

Art. 4.

      1. Dopo l'articolo 2 della legge 14 agosto 1991, n. 281, come sostituito dall'articolo 3 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 2-bis. - (Spese veterinarie sostenute da non abbienti). - 1. Al fine di garantire a tutti la facoltà di tenere presso di sé un animale di affezione e, al contempo, di concorrere alla limitazione del fenomeno del randagismo e al perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, chiunque si trovi nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi dell'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, ha diritto di usufruire gratuitamente dei servizi veterinari prestati dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale competente o da veterinari privati convenzionati con il comune, ivi comprese le vaccinazioni e la sterilizzazione, e della procedura di iscrizione all'anagrafe canina e felina.

      Art. 2-ter. - (Misure di incentivazione all'adozione di cani e gatti randagi). - 1. Chiunque prenda in affidamento un cane o un gatto custodito in una delle strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 ha diritto di usufruire gratuitamente, per quell'animale e per tutta la sua vita, dei servizi veterinari prestati dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale competente o da veterinari privati convenzionati con il comune, ivi comprese le vaccinazioni e la sterilizzazione, e della procedura di iscrizione all'anagrafe canina e felina.

      Art. 2-quater. - (Iscrizione all'anagrafe canina e felina). - 1. Ogni cane e gatto deve essere iscritto all'anagrafe canina e felina e munito del sistema elettronico di identificazione.
      2. Non è consentito possedere, acquistare, ricevere o fare commercio di cani o gatti non iscritti all'anagrafe canina e felina o privi del sistema elettronico di identificazione. I cani non possono essere allontanati dalla madre prima dei sessanta giorni di età e comunque senza essere stati regolarmente vaccinati. Gatti e furetti non possono essere allontanati dalla madre prima dei quarantacinque giorni di età e comunque senza essere stati regolarmente vaccinati. Gli animali provenienti da altri Paesi possono essere importati solo dopo il quarto mese di vita e devono comunque essere regolarmente vaccinati.

      Art. 2-quinquies. - (Anagrafe canina e felina nazionale). - 1. Presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali è istituita l'anagrafe canina e felina nazionale che raccoglie i dati di tutte le anagrafi canine e feline territoriali.

      Art. 2-sexies. - (Accesso alle spiagge). - 1. I comuni devono identificare i tratti delle spiagge demaniali ove sia consentito l'accesso dei cani al seguito dei proprietari, stabilendone i limiti e le modalità».

Art. 5.

      1. L'articolo 3 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è sostituito dal seguente:

      «Art. 3. - (Competenze delle regioni). - 1. Le regioni disciplinano con propria legge l'istituzione dell'anagrafe canina e felina presso i comuni o le aziende sanitarie locali, le modalità per l'iscrizione a tale anagrafe e per il rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, nonché, in attuazione del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, la procedura per l'impianto sottocutaneo del sistema elettronico di identificazione.
      2. Le regioni devono provvedere affinché, entro il 3 luglio 2012, tutti i cani iscritti all'anagrafe canina, ancorché già con sigla di riconoscimento impressa mediante tatuaggio, siano muniti del sistema elettronico di identificazione previsto dall'articolo 4 del regolamento (CE) n. 998/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003.
      3. Le regioni provvedono a trasmettere i dati delle singole anagrafi canine e feline regionali all'anagrafe canina e felina nazionale di cui all'articolo 2-quinquies.
      4. Le regioni provvedono a determinare, con propria legge, i criteri per il risanamento dei canili e gattili comunali e la costruzione dei canili o gattili pubblici. Tali strutture devono garantire buone condizioni di vita e di benessere per gli animali e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sono sottoposte al controllo sanitario del comune attraverso un veterinario nominato responsabile sanitario o i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali con le modalità indicate al comma 11 dell'articolo 2. La legge regionale determina altresì i criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza.
      5. Le regioni adottano, sentite le associazioni animaliste o protezioniste che operano in ambito regionale, un programma di prevenzione del randagismo e per l'attuazione delle misure di sterilizzazione e di incentivazione delle adozioni degli animali ospitati nei canili e gattili.
      6. Il programma di cui al comma 5 prevede interventi riguardanti:

          a) iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di conseguire un corretto rapporto di rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat;

          b) corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli enti locali e delle aziende sanitarie locali addetto ai servizi di cui alla presente legge nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le aziende sanitarie locali e con gli enti locali;

          c) programmi di cattura, sterilizzazione e reintroduzione sul territorio degli animali randagi presenti sul territorio anche con il ricorso all'ausilio delle guardie particolari giurate delle associazioni animaliste o protezioniste.

      7. Al fine di tutelare il patrimonio zootecnico le regioni indennizzano gli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale.
      8. Per la realizzazione degli interventi di competenza regionale, le regioni possono destinare una somma non superiore al 25 per cento dei fondi assegnati alla regione dal decreto ministeriale di cui all'articolo 8, comma 2. La rimanente somma è assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza, con priorità per gli interventi di sterilizzazione e di incentivazione delle adozioni degli animali ospitati nei canili e gattili.
      9. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo, nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo».

Art. 6.

      1. L'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - (Sanzioni). - 1. Chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000 euro a 10.000 euro.
      2. Chiunque omette di iscrivere il proprio cane o gatto all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di 300 euro.
      3. Chiunque, avendo iscritto il cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, omette di sottoporlo al tatuaggio o all'impianto del sistema elettronico di identificazione è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di 150 euro.
      4. Chiunque fa commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione, in violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 10.000 euro a 20.000 euro».

Art. 7.

      1. All'articolo 15, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di detrazioni per oneri, la lettera c-bis) è sostituita dalla seguente:

          «c-bis) le spese veterinarie, per la parte che eccede 150 euro. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze sono individuate le tipologie di animali per le quali spetta la detraibilità delle predette spese».


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