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PDL 1597

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1597



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BINETTI, BOBBA, CALGARO, ENZO CARRA, GRASSI, LUSETTI, MOSELLA, SARUBBI, DE POLI

Disposizioni sulle cure da prestare alla fine della vita come forma di alleanza terapeutica

Presentata il 4 agosto 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Le recenti vicende che hanno toccato la drammatica condizione di pazienti particolarmente gravi, come Luca Coscioni, Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e altri ancora, hanno convinto il Parlamento sulla necessità di predisporre una legge che venga incontro ai bisogni reali dei pazienti che si trovano a dover prendere decisioni sulle problematiche specifiche della fine della vita.
      Le loro storie, pur essendo molto diverse sul piano personale e sul piano clinico, pertanto non confrontabili e non riconducibili a un medesimo quadro, hanno creato una forte risonanza emotiva nell'opinione pubblica, sollevando una serie di quesiti inquietanti sotto il profilo bio-etico, bio-giuridico e bio-politico.
      Il dibattito sul rapporto tra magistratura, politica e medicina ha intercettato alcune domande cruciali del nostro tempo, che appare spesso smarrito davanti alle conquiste della scienza e della tecnica, perché mentre tali conquiste risolvono tanti problemi ne creano altrettanti, a cui non si riesce ancora a dare risposta. E l'uomo moderno oscilla tra una fede smisurata nel potere della scienza e il timore di esserne sopraffatto, perdendo la sua capacità di controllo su fatti che riguardano molto da vicino la sua vita e quella delle persone che gli sono care. Le domande che in questo campo inquietano di più l'opinione pubblica sono di tre tipi e riguardano i limiti della nostra libertà, l'evoluzione della scienza e la riduzione delle risorse economiche disponibili. I quesiti sono concretamente tre: quali sono i confini che circoscrivono la nostra libertà nella dialettica tra natura ed evoluzione tecnologica, qual è la peculiarità del rapporto medico-paziente alla luce dell'alleanza terapeutica che lo caratterizza e quali sono le responsabilità del sistema politico rispetto alle problematiche della fine della vita, in un tempo in cui le risorse disponibili appaiono assottigliarsi, invece di moltiplicarsi come sarebbe necessario.
      Il paziente, in nome della libertà e del principio di autodeterminazione, chiede di potersi esprimere in anticipo per definire come desidera essere trattato nell'eventualità che giunga un momento della sua vita in cui non sarà in grado di manifestare la sua volontà. Ma il paziente sa bene che in molti passaggi critici della sua esistenza ha risolto i problemi che gli si ponevano grazie a una profonda alleanza con un medico di sua fiducia: competente e disponibile, lealmente schierato dalla sua parte, capace di spiegargli passo per passo cosa poteva convenirgli e perché. Il consenso informato, che il paziente è chiamato a dare sui processi diagnostico-terapeutici che riguardano la sua salute, sottolinea bene la dinamica relazionale che caratterizza l'alleanza terapeutica tra il paziente e il suo medico. È il medico che informa e che propone soluzioni a cui il paziente darà o non darà il suo consenso. È nell'ambito di questa relazione che si colloca il suo consenso informato e che prende forma il progetto terapeutico che accompagna il paziente per tutta la sua vita, fin dal momento della sua nascita. Ed è nell'ambito di questa alleanza terapeutica che il medico si impegna a garantire al paziente tutte le cure di cui ha bisogno anche nella fase delicatissima della fine della vita.
      Mettere per iscritto le proprie dichiarazioni sulle cure che si vogliono ricevere nel momento in cui il paziente si trova in condizione di non potersi esprimere perché, almeno apparentemente, incapace di intendere e di volere, da un lato è segno della libertà con cui ognuno di noi può accettare o rifiutare le cure che lo riguardano, ma dall'altro priva il paziente di quella possibilità di contestualizzare le sue decisioni tenendo conto di possibili mutamenti che nel frattempo possono essersi verificati. Per questo possono essergli di aiuto proprio il medico legato a lui da un'alleanza terapeutica forte ed efficace.
      È difficile dire quale valore possa avere in momenti fortemente critici una dichiarazione fatta probabilmente in un momento di pieno benessere. Decidere ora per allora nel campo della salute non è cosa ovvia e scontata. Capita spesso che quando si stia bene si considerino insopportabili condizioni che poi si riesce ad accettare, grazie anche alla solidarietà di chi ci sta accanto, perché l'amore per la vita è maggiore delle difficoltà con cui ci si deve misurare. Non c'è dubbio che a volte queste difficoltà appaiano davvero insormontabili e nasce il sospetto che non valga la pena vivere in quel determinato modo. Ma è proprio la solidarietà di chi sta accanto al malato che può aiutarlo a dare un senso alla sua esistenza, inducendolo ad accettarne la fatica e le sofferenze.
      In questa complessa architettura interna dei nostri desideri e delle nostre paure, delle nostre speranze e delle nostre frustrazioni non è sempre facile definire in anticipo cosa vorremmo oggi per allora. Né è facile sapere oggi quali saranno i progressi scientifici che renderanno possibili cose che oggi forse non sono neppure immaginabili, o che renderanno efficaci interventi che oggi presentano un alto margine di rischio. È per questo che le dichiarazioni rilasciate da un soggetto in pieno possesso delle sue capacità di intendere e di volere possono richiedere nella loro fase attuativa l'intervento di una persona di piena fiducia del paziente che sappia interpretare la sua volontà contestualizzando le sue intenzioni alla luce delle prospettive scientifiche disponibili.
      In un certo senso ciò che oggi appare più necessario che mai, dopo alcune delle recenti e discutibili sentenze della magistratura, è definire come garantire al paziente fino al termine della sua vita tutte le cure di cui ha bisogno, senza indebite ingerenze e senza inutili interventi che configurino un possibile accanimento terapeutico, ma anche e soprattutto senza abbandonarlo, in nome di considerazioni di qualsiasi genere e tipo. Per questo dichiarazioni così delicate vanno sempre inquadrate nel contesto di una relazione di alleanza terapeutica, di cui sono protagonisti il paziente, il suo fiduciario e il medico che se ne prende cura.
      Le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario (DAT) sono le disposizioni che una persona in grado di intendere e di volere redige al fine di indicare ai propri familiari e al personale medico e sanitario i trattamenti a cui intende sottoporsi in caso di malattia grave o terminale, qualora non sia più in possesso della capacità di intendere e di volere. Nell'opinione pubblica si usano indifferentemente i termini di «testamento biologico» o di «direttive anticipate di trattamento». Già nella terminologia utilizzata è possibile cogliere alcune sfumature diverse. Parlare di direttive anticipate non è la stessa cosa che parlare di dichiarazione anticipata di trattamento, nel senso che il termine «direttiva» sembra sottolineare maggiormente il carattere obbligante che la dichiarazione dovrebbe avere sia per il fiduciario, che deve farla rispettare, che per il medico chiamato a intervenire, e che, in un certo senso, si vedrebbe limitato nella sua possibilità di interagire con il fiduciario alla ricerca della migliore soluzione possibile per il paziente stesso.
      D'altra parte la terminologia più usata - quella di «testamento biologico» ovvero in inglese, «living will», che letteralmente significa «testamento di vita», risulta sempre meno appropriata. In questo caso, infatti, non si lascia in eredità nessun bene a nessuno, bensì si esprime la propria volontà relativa ai trattamenti che si vogliono ricevere prima di morire e non certamente dopo essere morti.
      Il principio a cui si ispirano le DAT è quello dell'autodeterminazione del paziente, che implica la capacità di decidere sulle cure che si vogliono ricevere nella fase della fine della vita, dopo averne valutato le alternative e le conseguenze, con l'aiuto di uno o più medici competenti di piena fiducia ed eventualmente con il contributo dei familiari o degli amici. Anche perché è tra costoro che il paziente sceglierà il suo fiduciario. Le DAT vanno sempre considerate all'interno dell'alleanza medico-paziente, nell'ambito della quale rappresentano uno dei momenti più delicati e più significativi del rapporto che ogni paziente stabilisce con il suo medico nel momento in cui gli affida la propria esistenza alla fine della sua vita.
      La decisione di mettere per iscritto le proprie DAT per la fine della vita, pur non essendo obbligatoria, può diventare un momento importante di riflessione sui propri valori, sulla propria concezione della vita e sul significato della morte. Può aiutare anche a evitare il rischio di rimozione del pensiero della morte, che rappresenta uno degli aspetti più problematici della cultura del nostro tempo. Ma è anche un'opportunità per riflettere sui confini della propria libertà, su ciò che è possibile decidere e su ciò di cui non possiamo disporre anche in rapporto alla nostra vita. L'uomo non può vendere il suo corpo, né il suo sangue né i suoi organi; non può partecipare a sperimentazioni che metterebbero in grave pericolo la sua vita o la stessa qualità della sua vita; egli ha un'intrinseca responsabilità di tutela del suo corpo, come di un bene che gli appartiene, ma di cui non può fare tutto quello che vuole, perché deve rispettarne la natura e la dignità. Gli si richiede un costante esercizio della prudenza per non esporsi a situazioni di rischio che potrebbero pregiudicare la sua vita, che è un bene che va tutelato nel migliore dei modi possibili.
      Una riflessione approfondita su questo tema è necessaria per varie ragioni, tra cui desideriamo porre in primo piano: da un lato la crescente consapevolezza dei diritti individuali, non sempre accompagnati da un'adeguata riflessione sulle responsabilità personali e sociali che ne conseguono e che pertanto pone nuovi problemi di natura bio-giuridica; dall'altro i continui progressi della scienza e della tecnica, che offrono alla medicina soluzioni nuove per i problemi con cui deve confrontarsi ogni giorno, ma che pongono anche nuovi problemi di natura bio-etica. L'incursione della tecnica e delle tecnologie nell'ambito clinico pongono medici e pazienti davanti a situazioni in costante evoluzione, in cui i vantaggi offerti superano abbondantemente le difficoltà, a volte impreviste e imprevedibili, che inevitabilmente ne derivano. Nuove relazioni tra uomo e tecnica si vanno definendo sempre meglio e lasciano affiorare quesiti di natura etica e antropologica del tutto sconosciuti. Lo stesso rapporto dell'uomo con il nascere e con il morire appare contrassegnato dall'impatto tecnologico, che spesso inizia già dal concepimento, e alla nostra riflessione si impongono nuove domande, nuovi orizzonti e nuovi limiti. Per taluni sono dubbie anche le due tappe fondamentali della vita umana quando inizia e quando termina; ma proprio per questo la società non può non schierarsi dal lato dei più deboli e dei più fragili e la politica deve garantire, come sempre, prima di tutto i diritti di chi non ha voce per farsi sentire o di chi potrebbe diventare ingiustamente oggetto di sopraffazione. Nel dubbio, inoltre, sia sempre la garanzia della tutela della vita ad affermare la sua voce, perché il diritto alla vita è prerequisito essenziale di ogni altro diritto. Ed è un diritto profondamente laico, davanti al quale si incontrano e si confrontano credenti e non credenti, perché il valore della vita è comune a tutte le culture e a tutte le tradizioni e interpella tutti noi parlamentari a fornire le maggiori e le migliori garanzie possibili. Anche questo è un modo concreto di difendere i diritti individuali collocandoli nel più ampio orizzonte delle responsabilità sociali.
      La tematica è complessa e pone notevoli problematiche nell'individuazione delle modalità e dei limiti di tali disposizioni e proprio la sua delicatezza richiede l'esercizio della prudenza e dell'umiltà. Si mette infatti in evidenza come solo uno sforzo collegiale, interdisciplinare, potrà trovare risposte ispirate, da un lato, alla piena compassione verso chi soffre e, dall'altro, alla responsabilità verso quanti si aspettano piena solidarietà dalla famiglia, dai medici e dall'intera società, anche quando la loro vita possa sembrare inutile o perfino poco degna di essere vissuta.

RIFERIMENTI PRECEDENTI

      1. La Convenzione di Oviedo.

      Dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, si evince come il consenso libero e informato del paziente all'atto medico non vada considerato solo sotto il profilo della liceità del trattamento, ma sia considerato prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, afferente al più generale diritto alla integrità della persona (capo I, «Dignità», articolo 3, «Diritto all'integrità della persona»).
      In modo ancora più concreto questo diritto è stato affermato dal Consiglio d'Europa, con la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, di seguito denominata «Convenzione di Oviedo», sottoscritta da trentadue Stati, tra i quali l'Italia. Il Parlamento italiano ha deliberato la ratifica di questa Convenzione con la legge 28 marzo 2001, n. 145. La Convenzione di Oviedo rappresenta uno dei documenti più coraggiosi e avanzati elaborato collegialmente negli ultimi dieci anni, un modello di contenuto e di metodo nell'ambito della bioetica, anche perché prende in esame i diritti dell'uomo con le nuove prospettive che la ricerca scientifica rivela e i nuovi rischi che possono comprometterli. In concreto, l'articolo 9 della Convenzione precisa che nel caso in cui per qualsiasi motivo il paziente non sia in grado di esprimere la propria volontà, si deve tenere conto dei desideri precedentemente espressi. L'unitarietà del progetto e del modello di vita scelti a livello personale dal paziente fa da filo conduttore e da criterio orientatore per le scelte che lo riguardano, anche quando egli non è in grado di formularle autonomamente. Interpretare la sua volontà nella prospettiva della sua storia personale e dei desideri formulati in precedenza è un compito a cui medici e familiari non possono sottrarsi.

      2. Il codice di deontologia medica italiano.

      Non a caso, anticipando la ratifica del trattato di Oviedo da parte del Governo italiano, il codice di deontologia medica italiano, nel 1998, ne ha recepito lo spirito e, all'articolo 34, recante «Autonomia del cittadino», stabilisce con chiarezza che: «Il medico deve attenersi nel rispetto della dignità, della libertà e della indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona.
      Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso». L'articolo 35 dello stesso codice mette in evidenza l'obbligo del medico di intervenire con l'assistenza e con le cure indispensabili in condizioni di urgenza e in caso di pericolo di vita per il paziente. L'articolo 36 del medesimo codice dice inoltre che: «Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti diretti a provocarne la morte». Queste due indicazioni del codice deontologico cercano di precisare i due termini essenziali del problema: tutelare la vita del paziente, rifiutando sia possibili forme di eutanasia, sia altre forme di accanimento terapeutico. Tutelare il diritto del paziente ad esprimere la propria volontà, ma anche il diritto del medico a rifiutare iniziative che lo pongano in contrasto con la sua coscienza. Nei codici deontologici dei medici di tutti i Paesi europei, come pure nelle direttive dell'etica medica tradizionale, tali princìpi sono ben espressi. Quello che si evince da una corretta interpretazione di questi articoli del codice di deontologia medica è il profondo valore della relazione medico-paziente che, andando oltre il modello del consenso informato, esprime un'identificazione profonda tra il volere del paziente e l'intervento del medico che lo realizza, assumendosene in prima persona la responsabilità. Con le DAT l'alleanza terapeutica che lega il medico e il paziente assume la sua forma più alta proprio quando il paziente non è più in grado di esprimersi e nella sua fragilità si affida a chi agirà in suo nome e nel suo esclusivo interesse. Le DAT, interpretate alla luce del codice di deontologia medica, avrebbero un carattere non assolutamente vincolante, ma neppure meramente orientativo, perché implicherebbero sempre la valutazione concreta della volontà del paziente alla luce delle sue condizioni e delle risorse in quel momento disponibili sotto il profilo tecnico-scientifico. Questa interpretazione si ricollega al già citato articolo 9 della Convenzione di Oviedo. Il punto 62 del rapporto esplicativo allegato alla Convenzione, dopo aver sottolineato la necessità di avere sempre presenti i desideri espressi in precedenza dal paziente stabilisce ancora che: «Se i desideri sono stati espressi molto tempo prima dell'intervento e la scienza ha da allora fatto progressi, potrebbero esserci le basi per non tener in conto l'opinione del paziente. Il medico dovrebbe quindi, per quanto possibile, essere convinto che i desideri del paziente si applicano alla situazione presente e sono ancora validi, prendendo in considerazione particolarmente il progresso tecnico della medicina». Desideri del paziente, contesto clinico e scientifico, con i suoi vincoli e con le sue risorse, unitamente alla competenza professionale del medico e al suo rigore etico dovrebbero costituire le coordinate essenziali per una valutazione che interpreti sempre e al meglio le effettive volontà del paziente, nello spirito e non solo nella lettera.

      3. Il Comitato nazionale per la bioetica.

      Il Comitato nazionale per la bioetica si era già interessato di questo argomento nel 1995, in un documento dal titolo: «Questioni bioetiche relative alla fine della vita umana», e successivamente, il 18 dicembre 2003, ha elaborato un documento più specifico intitolato: «Dichiarazioni anticipate di trattamento», al fine di sottolineare il principio di autodeterminazione del paziente, senza per questo contravvenire alle norme del codice di deontologia medica. Il documento introduce la figura del fiduciario, non solo come custode delle volontà del paziente, ma come responsabile della sua attuazione, nel momento in cui non sarà in grado di intendere e di volere. Si sofferma soprattutto sui contenuti delle DAT, sulla loro affidabilità e sul loro carattere vincolante. Il Comitato nazionale per la bioetica non nasconde alcuni dei princìpi cardine che, sul piano della bioetica, occorre impostare correttamente fin dal primo momento. Occorre evitare il rischio di una cattiva interpretazione e di una peggiore applicazione delle DAT formulate da una persona, in un momento in cui probabilmente sta bene e fa solo delle ipotesi generiche sul suo futuro. Il documento del Comitato nazionale per la bioetica mette in evidenza che, poiché le indicazioni formulate dal paziente potranno essere formulate in modo generale, presumibilmente standardizzato, anche se non generico, è necessario che non siano applicate in modo burocratico, ma che vadano calate nella realtà specifica del singolo paziente e nella sua effettiva situazione clinica. Questo spazio relazionale è quello che ha la maggiore valenza etica e bioetica. Ma è proprio su questo spazio che la presente proposta di legge vuole portare il suo contributo di garanzia della libertà e della salute del paziente.
      Nello stesso documento, nel paragrafo relativo ai contenuti delle DAT, si mette in evidenza il principio ispiratore delle direttive, cioè il diritto a esprimere in anticipo i propri desideri sui trattamenti terapeutici e sugli interventi medici su cui è possibile esprimere lecitamente la propria volontà attuale. Ciò tuttavia esclude che si possano esprimere indicazioni in contrasto con il diritto positivo, con la deontologia medica e con le buone pratiche cliniche. Il paziente ha comunque il pieno diritto, giuridico e morale, di rifiutare ogni tipo di pratica comportante gravi rischi o perché non adeguatamente valicata o perché eccessivamente onerosa e non proporzionata alla sua situazione clinica concreta, o, ancora, perché gravosa per la serenità del suo trapasso. Il documento del Comitato nazionale per la bioetica ricorda, inoltre, che l'ordinamento giuridico italiano contiene precise norme costituzionali, civili e penali che inducono al riconoscimento del principio dell'indisponibilità della vita umana. Ne consegue che il paziente non è mai legittimato a chiedere interventi di eutanasia a suo favore. È essenziale far comprendere con chiarezza questo punto a tutti coloro a cui, con la presente proposta di legge, sarà fatta conoscere la concreta possibilità di redigere una DAT; ciò per evitare che si crei nell'opinione pubblica la falsa idea che la DAT possa coincidere con un qualsiasi tipo di eutanasia. Si tratta di un punto essenziale sia nella sostanza che nella forma, perché proprio questo equivoco ha impedito che nella XV legislatura fosse approvato un disegno di legge sulla dichiarazione anticipata di trattamento (atto Senato n. 773).
      Un punto importante per evitare fraintendimenti di questo tipo è un'adeguata precisazione sulle diverse forme di alimentazione e di idratazione che oggi la scienza e la tecnica possono mettere a nostra disposizione. Sono molteplici le condizioni della vita in cui una persona può dover fare ricorso ad una nutrizione e ad un'idratazione tecnologicamente assistite, per meglio garantire la propria vita e la propria qualità di vita. L'alimentazione e l'idratazione costituiscono atti eticamente e deontologicamente doverosi, così come per ognuno di noi l'alimentazione e l'idratazione sono atti indispensabili per assicurare la nostra sopravvivenza e nella misura in cui, essendo proporzionati alle condizioni cliniche, contribuiscono a eliminare le sofferenze del malato terminale. È attraverso l'idratazione, infatti, che giungono al paziente la maggioranza delle cure palliative, e senza idratazione il paziente andrebbe incontro a ulteriori e gravi sofferenze. La loro omissione potrebbe infatti costituire un'ipotesi di eutanasia passiva, che nello spirito della presente proposta di legge va totalmente scongiurata.
      La presente proposta di legge cerca di disciplinare in modo semplice e comprensibile le DAT che la persona può redigere al fine di tramandare la propria volontà al personale medico e in senso ampio a tutto il personale sanitario, individuando i contenuti e i limiti di tali disposizioni e rispettando la coscienza del medico.
      All'articolo 1, infatti, sono indicate le finalità della proposta di legge, che non solo vuole garantire il pieno rispetto della libertà del paziente nel prendere le decisioni che riguardano le cure e il trattamento complessivo, non solo medico, ma vuole sottolineare il valore inalienabile e indisponibile della vita umana, anche nei momenti in cui la persona appare più fragile.
      All'articolo 2 sono definiti le DAT, il trattamento sanitario, la capacità decisionale, il curatore o fiduciario e il comitato etico. Per quello che riguarda le DAT e il trattamento sanitario, è esclusa la possibilità di avvalersi di pratiche di eutanasia.
      Nell'articolo 3 si precisa che alla formazione delle DAT da parte di un soggetto maggiorenne capace di intendere e di volere può partecipare anche il medico di medicina generale o della struttura sanitaria, al fine di informare scientificamente il dichiarante sulle conseguenze a cui andrà incontro. Nel testo delle DAT deve essere individuato il soggetto fiduciario, anch'egli maggiorenne e in possesso della capacità di intendere e di volere, il quale avrà il compito di far rispettare la volontà del malato. Tali disposizioni saranno redatte dal dichiarante, per iscritto, apponendo la propria firma autografa, dunque senza oneri burocratici né ricorso al notaio. La dichiarazione avrà un'efficacia di tre anni e potrà essere rinnovata o revocata in qualsiasi momento.
      L'articolo 4 determina i contenuti e i limiti delle DAT. In particolar modo il dichiarante potrà esprimersi in merito all'accanimento terapeutico; sull'utilizzo di cure palliative nella terapia del dolore; sulla scelta di trascorrere il periodo di degenza presso la propria abitazione o presso un edificio sanitario; sull'assistenza religiosa, precisando la confessione; sulla donazione degli organi e del corpo per attività scientifica di ricerca e di didattica, oppure per eventuali trapianti. Inoltre viene specificato che l'idratazione e l'alimentazione parenterale non possono essere oggetto di deroga nelle DAT, in quanto non assimilate all'accanimento terapeutico.
      L'articolo 5 disciplina il consenso informato, prevedendo che il dichiarante dovrà essere informato sulla diagnosi, sulla prognosi e sulle terapie che saranno applicate, compresi gli effetti collaterali ed eventuali conseguenze. Inoltre si specifica che ogni soggetto ha il diritto di conoscere i dati sanitari che lo riguardano e che il consenso al trattamento può essere revocato o modificato, sia pure parzialmente.
      Nell'articolo 6 si precisano i compiti del fiduciario. Questi conferma la propria accettazione apponendo la propria firma autografa sul documento recante le DAT. Il fiduciario è fondamentale in quanto dovrà agire affinché siano rispettate le volontà del malato, qualora costui, ormai incapace di intendere e di volere a causa dello stato di coma, non possa manifestarle. Egli, dunque, dovrà far conoscere le DAT del dichiarante al personale medico, paramedico e ai familiari interessati. Il fiduciario può revocare il proprio incarico, attraverso la comunicazione diretta al dichiarante, se questi è in possesso della facoltà di intendere e di volere, oppure a colui il quale è responsabile del paziente e al medico responsabile del trattamento sanitario.
      Nell'articolo 7 si prevede la possibilità che il minore esprima le proprie intenzioni riguardo ai trattamenti sanitari; tuttavia la decisione sarà sempre presa dai genitori o da colui che ne esercita la tutela o la potestà.
      L'articolo 8 è di fondamentale importanza in quanto garantisce al medico la possibilità di avvalersi dell'obiezione di coscienza, in armonia con il codice di deontologia medica e con altre disposizioni, come la legge 22 maggio 1978, n. 194, le quali ammettono che ogni volta che si crea un conflitto di coscienza il medico può sempre sottrarsi a prestare la propria opera, tranne il caso in cui il soggetto sia in pericolo di vita. Nel caso di opposizione del medico, il fiduciario potrà appellarsi al comitato etico, il quale, valutate le conseguenze di tale rifiuto, alla luce della volontà del dichiarante, esprimerà il proprio parere a riguardo.
      L'articolo 9 stabilisce che il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali provveda, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, a stabilire le modalità di intervento del medico nella formazione delle DAT, a sensibilizzare il personale sanitario e a realizzare una campagna di educazione alla salute presso le scuole secondarie di secondo grado.
      L'articolo 10 precisa che le DAT saranno valide solo ed esclusivamente se il dichiarante non è in grado di intendere e di volere a causa dello stato di coma. L'incapacità decisionale a seguito dello stato di coma è accertata e certificata da un collegio formato da tre medici: un neurologo, uno psichiatra e uno specialista della patologia da cui è affetto il paziente.
      Si esclude che il medico curante faccia parte del collegio in quanto possibile fiduciario o comunque avendo questi partecipato alla formazione delle DAT. La certificazione del collegio è notificata immediatamente al fiduciario, in modo che possano essere fatte valere le DAT.
      Infine l'articolo 11 stabilisce l'esclusione di oneri finanziari e l'esenzione da qualsiasi tributo sia per le DAT, sia per la certificazione del collegio di cui all'articolo 10, sia per qualsiasi altro documento ad esse annesso.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge, in ottemperanza agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione, persegue le seguenti finalità:

          a) garantire il rispetto della libertà delle decisioni del paziente relativamente alle cure e al trattamento complessivo, non solo medico, a cui può essere sottoposto alla fine della vita, nel caso in cui non sia in grado di intendere e di volere;

          b) riconoscere il metodo dell'alleanza terapeutica che acquista il suo maggior valore proprio nella fase della fine della vita, fino al momento della morte;

          c) assicurare il maggior bene possibile per il paziente stesso.

      2. La presente legge tutela il valore inalienabile e indisponibile della vita umana, anche nei momenti di maggiore fragilità della persona.

Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai sensi della presente legge e dell'articolo 9 della Convenzione sui diritti umani e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 145, si intende per:

          a) dichiarazione anticipata di trattamento: l'atto scritto con cui una persona decide sul trattamento sanitario e sull'uso del proprio corpo, o di parti di esso, incluse le disposizioni relative all'eventuale donazione del proprio corpo, di organi o di tessuti a scopo di trapianto, di ricerca o di didattica, nei casi consentiti dalla legge, nonché alla modalità di sepoltura e all'assistenza religiosa;

          b) trattamento sanitario: ogni trattamento praticato, con qualsiasi mezzo, per scopi connessi alla tutela della salute, a fini terapeutici, diagnostici e palliativi, nonché estetici, ad esclusione di possibili forme di accanimento terapeutico e di forme surrettizie di eutanasia;

          c) soggetto privo di capacità decisionale: colui che, trovandosi in stato di coma, anche temporaneamente, non può assumere decisioni che lo riguardano perché non è in grado di comprendere le informazioni di base circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze;

          d) curatore o fiduciario: colui che opera sempre e solo secondo le legittime intenzioni esplicitate dalla persona nella sua dichiarazione anticipata di trattamento, tutelandone i diritti e gli interessi nei momenti in cui non è in grado di decidere autonomamente e responsabilmente;

          e) comitato etico: organismo indipendente, costituito nell'ambito di una struttura sanitaria, ai sensi del decreto del Ministro della salute 12 maggio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2006.

Art. 3.
(Dichiarazione anticipata di trattamento).

      1. La dichiarazione anticipata di trattamento è l'atto di volontà, non obbligatorio, redatto in forma scritta e firmato dal soggetto interessato, maggiorenne, in grado di intendere e di volere. Alla formazione della dichiarazione interviene un medico di medicina generale o un medico della struttura sanitaria, secondo le modalità previste dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il quale ne certifica la validità alla presenza di due testimoni che la sottoscrivono.
      2. Le dichiarazioni anticipate di trattamento devono essere formulate in modo chiaro, libero e consapevole, manoscritte o dattiloscritte, con firma autografa.
      3. Nella dichiarazione anticipata di trattamento è prevista la nomina di un fiduciario, maggiorenne, capace di intendere e di volere, che attua la volontà del soggetto dichiarante in caso di coma e stante la perdita, da parte di quest'ultimo, della capacità di intendere e di volere. Il fiduciario sottoscrive per accettazione la dichiarazione.
      4. La dichiarazione anticipata di trattamento è direttamente comunicata dal paziente a quanti voglia liberamente far conoscere le sue volontà.
      5. La dichiarazione anticipata di trattamento ha validità di tre anni, termine oltre il quale perde ogni efficacia. Essa può comunque essere indefinitamente rinnovata.
      6. La dichiarazione può essere revocata o modificata in ogni momento dal soggetto interessato, secondo le modalità di cui al comma 1.
      7. Nel caso in cui il soggetto non abbia redatto la dichiarazione anticipata di trattamento le cure per la fine della vita si attengono ai princìpi di precauzione e di proporzionalità delle stesse.

Art. 4.
(Contenuti e limiti della dichiarazione anticipata di trattamento).

      1. Nella dichiarazione anticipata di trattamento il dichiarante:

          a) esprime il proprio giudizio in merito all'attivazione dei trattamenti diagnostici e terapeutici di sostegno vitale, ovvero alla loro sospensione, qualora essi appaiano sproporzionati o ingiustificati, e configurino una forma di accanimento diagnostico e terapeutico, sulla base delle conoscenze scientifiche;

          b) chiede l'applicazione delle cure palliative, in particolare sotto il profilo della terapia del dolore, al fine di rendere più umana la fase terminale della vita per sé e per i suoi familiari;

          c) specifica se desidera affrontare la degenza in strutture sanitarie oppure presso la propria abitazione, ove sussistano le condizioni adeguate;

          d) dà indicazioni sull'eventuale assistenza religiosa che desidera ricevere;

          e) dispone in merito alle donazioni di organi e di tessuti per trapianto e a fini di attività di ricerca e di didattica.

      2. L'idratazione e l'alimentazione, indicate nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, non sono assimilate all'accanimento terapeutico e non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento; esse sono comunque e sempre garantite al paziente, anche in stato di coma persistente.
      3. La dichiarazione anticipata di trattamento non si applica in condizioni di emergenza e di urgenza e nel caso in cui il paziente versi in condizioni di imminente pericolo di vita.

Art. 5.
(Consenso informato).

      1. Ogni persona ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di essere informata in modo completo e comprensibile dell'evoluzione della sua condizione, per poter dare il proprio consenso al trattamento.
      2. In particolare ogni paziente deve conoscere:

          a) la diagnosi, la prognosi e le terapie che saranno applicate di volta in volta, con i loro specifici rischi e vantaggi e con le loro percentuali di successo;

          b) le possibili soluzioni alternative, incluse le conseguenze che potrebbero derivare dalla sospensione o dalla mancata applicazione del trattamento.

      3. Il consenso al trattamento può sempre essere revocato o modificato, anche parzialmente.

Art. 6.
(Fiduciario).

      1. Il fiduciario conferma la sua accettazione del mandato apponendo la propria firma autografa al testo contenente la dichiarazione anticipata di trattamento.
      2. Il fiduciario si impegna a:

          a) agire nell'esclusivo e migliore interesse della persona che gli ha dato mandato dal momento in cui, a seguito dello stato di coma, versa in condizione di incapacità di intendere e di volere;

          b) tenere conto scrupolosamente delle indicazioni sottoscritte dalla persona nella dichiarazione anticipata di trattamento, a condizione che si tratti di intenzioni conformi alla normativa vigente e nel rispetto del codice di deontologia medica;

          c) ricostruire il senso e il significato della dichiarazione anticipata di trattamento sottoscritta dal paziente, interpretandola nel modo più coerente con le sue intenzioni, sulla base di prove documentali;

          d) far conoscere la dichiarazione anticipata di trattamento sia nel contesto sanitario sia in quello familiare per garantirne l'attuazione;

          e) vigilare affinché al paziente siano somministrate le migliori terapie palliative disponibili, evitando che si creino situazioni di accanimento terapeutico o di abbandono terapeutico;

          f) verificare attentamente che il paziente non sia sottoposto a nessuna forma di eutanasia esplicita o surrettizia.

      3. La correttezza e la diligenza dell'operato del fiduciario sono sottoposte al controllo e alla valutazione del medico curante, che ne risponde ai familiari di riferimento.
      4. Il fiduciario può rinunciare all'incarico comunicandolo direttamente al soggetto dichiarante e, ove quest'ultimo sia incapace di intendere e di volere, a colui che risponde del paziente e al medico responsabile del trattamento sanitario.

Art. 7.
(Soggetti minori).

      1. Il minore può esporre al medico curante e ai propri genitori, o a chi ne esercita la tutela o la potestà, le proprie intenzioni relative al trattamento da ricevere.
      2. I genitori, o chi esercita la tutela o la potestà sul minore, sentito il parere dei medici curanti, si impegnano ad agire nell'esclusivo interesse del minore.

Art. 8.
(Esecuzione della dichiarazione anticipata di trattamento e diritto all'obiezione di coscienza).

      1. La dichiarazione anticipata di trattamento del paziente è tenuta in considerazione dal medico curante in accordo con il fiduciario.
      2. Al personale medico-sanitario è garantito il diritto all'obiezione di coscienza. La struttura sanitaria presso la quale il paziente è ricoverato garantisce l'esecuzione della sua volontà ai sensi dell'articolo 6, comma 2, lettera b).
      3. In caso di contrasto con il personale medico, il fiduciario può appellarsi al comitato etico istituito ai sensi del decreto del Ministro della salute 12 maggio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22 agosto 2006.

Art. 9.
(Norme relative alle dichiarazioni anticipate di trattamento).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali:

          a) dispone in merito alle modalità di intervento del medico nella formazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento;

          b) promuove campagne informative periodiche sulle dichiarazioni anticipate di trattamento;

          c) sensibilizza i medici di medicina generale sulle dichiarazioni anticipate di trattamento attraverso corsi, seminari e convegni;

          d) dispone in merito alla distribuzione nelle strutture sanitarie di materiale informativo adeguato relativo alle dichiarazioni anticipate di trattamento;

          e) propone nelle scuole secondarie di secondo grado, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, campagne informative di educazione alla salute in cui siano sviluppate, tra le altre, le tematiche del consenso informato, della donazione di organi e di tessuti a scopo di trapianto nonché dell'accanimento terapeutico.

Art. 10.
(Efficacia).

      1. La dichiarazione anticipata di trattamento acquista efficacia nel momento in cui il soggetto entra in stato di coma e si verifica l'incapacità di intendere e di volere.
      2. L'incapacità di intendere e di volere a seguito dello stato di coma è accertata e certificata da un collegio formato da tre medici: un neurologo, uno psichiatra e un medico specialista nella patologia da cui è affetto il paziente, designati dalla direzione sanitaria della struttura di ricovero.
      3. Il medico curante, anche se fiduciario, non fa parte del collegio di cui al comma 2, ma deve essere ascoltato dal medesimo collegio.
      4. La certificazione di cui al comma 2 è notificata immediatamente al fiduciario affinché possa far valere la dichiarazione anticipata di trattamento del paziente.

Art. 11.
(Disposizioni finali).

      1. Le dichiarazioni anticipate di trattamento, le certificazioni e qualsiasi altro documento, sia cartaceo sia elettronico, connesso alle medesime dichiarazioni non sono soggetti all'obbligo di registrazione e sono esenti da qualsiasi altro tributo o tassa.


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