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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1077 |
Allegato 1
Stime della povertà e scale di equivalenza. Il costo di mantenimento di un bambino.
Federico Perali, «Stime della povertà e scale di equivalenza: il costo di mantenimento di un bambino», paper presentato al convegno della Commissione di indagine sull'esclusione sociale «Misure della povertà e politiche per l'inclusione sociale», Milano, 19-20 novembre 2004.
Le scale di equivalenza rispondono al quesito «qual è il livello di reddito aggiuntivo di cui una famiglia composta da due adulti ed un bambino ha bisogno rispetto ad una famiglia senza bambini, al fine di godere dello stesso livello di benessere economico?».
La stima delle scale di equivalenza assume una rilevanza particolare nei sistemi fiscali in cui l'unità impositiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche è la famiglia e la tassazione del reddito familiare è effettuata per parti attraverso il calcolo del quoziente. L'aliquota è calcolata sul reddito equivalente che è il reddito familiare diviso per la scala di equivalenza familiare. Questo metodo incorpora il criterio di equità orizzontale
che riconosce, a parità di reddito, che la famiglia più numerosa è relativamente più povera e corregge la distorsione implicita nei regimi a tassazione separata che penalizza i contribuenti con familiari a carico e le famiglie monoreddito.
Il calcolo del costo del bambino si riferisce in genere al solo costo di mantenimento deducibile dalle spese per beni necessari quali le spese per l'alimentazione, la casa, i vestiti. È però importante riconoscere che il costo di mantenimento di un bambino è molto diverso dal costo contabile associato all'accrescimento del bambino o dal costo di produzione. Questo tiene conto anche del valore del tempo investito dai genitori, dell'investimento sulla qualità dei figli e di altri costi relativi a spese non necessarie per i figli. Per questo motivo è naturale pensare che il costo di accrescimento di un figlio vari significativamente al variare del reddito. Mentre le stime del costo di mantenimento del bambino servono per operare confronti interpersonali e per correggere stime di povertà e di ineguaglianza, le stime del costo di produzione del bambino possono essere impiegate per spiegare le scelte di fertilità.
La ricerca - che si propone di dare un contributo all'aggiornamento della stima del costo di mantenimento dei figli attualmente adottata nella costruzione dell'indicatore delle condizioni socio-economiche che risale al 1985 - utilizza un concetto esteso di scale di equivalenza in quanto la sua misurazione tiene conto della grande eterogeneità tra famiglie in termini anche di stili di vita, delle diverse tecnologie familiari adottate per catturare le economie di scala e, almeno in linea teorica, delle diverse modalità di allocazione delle risorse all'interno della famiglia.
Le scale in uso non riconoscono un peso diverso, in termini di necessità, alle diverse componenti familiari come, per esempio, la differenza in età dei bambini; un secondo limite sta nell'assunzione di una divisione equa delle risorse familiari monetarie e di tempo tra i membri. Questo implica che i livelli di benessere, e conseguentemente della povertà, siano gli stessi per ogni componente. I livelli di benessere individuali sono stimabili a condizione che si conosca come sono distribuite le risorse all'interno della famiglia, vale a dire, nel nostro caso, quanto viene speso per la componente adulta e quanto per i bambini. Possono di fatto verificarsi situazioni in cui esistono bambini «poveri» in famiglie ricche e bambini «ricchi» in famiglie povere. Se non si tiene conto delle modalità di condivisione delle risorse all'interno della famiglia si corre il rischio di escludere da forme di aiuto bambini che dovrebbero di fatto essere inclusi. Per esempio, la povertà dei bambini si misura tradizionalmente calcolando la proporzione di famiglie con bambini che sono al di sotto della linea di povertà, senza tener conto dell'effettivo livello di benessere del bambino. Lo studio cerca di risolvere entrambi questi limiti stimando sia scale di equivalenza specifiche a ogni componente della famiglia (in modo da incorporare la differenze tra famiglie in modo più appropriato e di ottenere una più precisa misurazione della povertà e della ineguaglianza), sia la regola di condivisione delle risorse familiari (utilizzando un sistema di domanda completo basato sulla teoria collettiva e sull'informazione relativa al consumo di beni esclusivi quali il vestiario per adulti e per bambini). Data la conoscenza della regola di condivisione è possibile definire sia una stima approssimativa del costo di accrescimento del bambino, sia i livelli di benessere e di povertà individuali.
Utilizzando i bilanci familiari rilevati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) relativi al 2002, la ricerca stima i costi dei singoli componenti della famiglia allo scopo di rendere i livelli di reddito comparabili tra famiglie di diversa composizione e di consentire analisi di povertà e di ineguaglianze più accurate.
Gli indici del costo della caratteristica «presenza di uno o più bambini» sono stati calcolati per le tre classi di età 0-5, 6-13, 14-18, e per l'Italia, nord, centro e sud. La famiglia di riferimento è la coppia senza figli. Le famiglie costituite
da due genitori e da un bambino di 0-6 anni richiedono 1,27 volte la spesa totale della coppia senza figli di riferimento per avere lo stesso livello di benessere. Un bambino di età inferiore ai 6 anni accresce i costi di una coppia di circa il 27 per cento e costituisce circa il 53 per cento del costo di un adulto equivalente. Un bambino di età compresa tra i 6 ed i 13 anni aumenta i costi di una coppia senza figli di circa il 30 per cento, mentre un bambino della classe di età superiore li accresce del 17 per cento, che corrisponde al 35 per cento rispetto ad un adulto equivalente.
È interessante notare che tra le diverse regioni le differenze nelle scale non sono economicamente significative, ad eccezione del costo di un bambino di età inferiore ai 6 anni nel sud Italia che è superiore rispetto alle altre macro regioni italiane.
L'applicazione del quoziente familiare ha lo scopo di ristabilire un'equità orizzontale attraverso il riconoscimento e la non imponibilità delle spese sostenute dalla famiglia per il mantenimento del coniuge e dei figli, dando attuazione al precetto costituzionale di riconoscimento della famiglia.
Il rapporto della Commissione di indagine sull'esclusione sociale riporta, tra i contributi presentati al citato convegno del 19-20 novembre 2004 (Federico Perali, «Stime della povertà e scale di equivalenza: il costo di mantenimento di un bambino», citato) le scale di equivalenza con il metodo di Engel allo scopo di rendere i livelli di reddito comparabili proponendo, con una elaborazione che riguarda i bilanci familiari rilevati dall'ISTAT nel 2002, la prima tabella (partendo dalla coppia senza figli posta al parametro 2,00) e considerando il numero dei figli, proponendo risultati coerenti con le evidenze empiriche e con le esperienze di altri Paesi.
N. figli minori | Quoziente di equivalenza |
0 | 2,00 |
1 | 2,499 |
2 | 3,122 |
3 | 3,902 |
Noi nella nostra elaborazione calcoliamo il coniuge pari a 0,65, e quindi la tabella di equivalenza andrebbe rideterminata con i seguenti valori.
N. figli minori | Quoziente di equivalenza |
0 | 1,65 |
1 | 2,149 |
2 | 2,772 |
3 | 3,552 |
L'applicazione delle scale di equivalenza porterebbe ad una riduzione rilevante del gettito e quindi si pone il problema della sua messa a regime nel periodo medio. Nell'articolato abbiamo scelto di demandare al decreto legislativo delegato l'individuazione della necessaria gradualità. Si può operare partendo da limiti di reddito più bassi per raggiungere il limite massimo individuato nel medio periodo; si privilegerebbe cioè un'estensione graduale iniziando dai redditi minori. O rifacendosi alla proposta lanciata dalle Associazioni cristiane lavoratori italiani (ACLI) elaborata dall'economista dell'università Cattolica di Milano, Luigi Campiglio. Essa, sempre in considerazione del costo della riforma, punta a dare in una prima fase un peso ridotto ai quozienti familiari: 0,5 per il coniuge (e non 0,65), 0,25 per il figlio a carico (in luogo di 0,5-1). In questo caso sarebbero immediatamente interessate tutte le famiglie che rientrano nei limiti di reddito familiare e la messa a regime sarebbe affidata all'innalzamento graduale dei coefficienti.
1. Il Governo è delegato ad adottare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo concernente la revisione del trattamento tributario del reddito della famiglia, secondo i princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge.
1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato in conformità al principio e criterio direttivo secondo il quale il reddito familiare, al quale si applica, ai fini fiscali, il metodo del quoziente familiare definito dall'articolo 3, è determinato sommando i redditi prodotti dai coniugi, non legalmente o effettivamente separati, dai figli legittimi o legittimati, naturali riconosciuti, adottivi, affiliati e affidati, minori di età o perennemente invalidi al lavoro, e da quelli di età non superiore a ventisei anni dediti agli studi o a tirocinio gratuito, nonché dalle altre persone indicate nell'articolo 433 del codice civile purché conviventi e a condizione che non posseggano redditi propri di importo superiore a quello dell'assegno sociale vigente nell'anno di produzione del reddito. Non si considerano i redditi esclusi nella valutazione del diritto all'assegno sociale.
1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) il reddito familiare, determinato ai sensi dell'articolo 2, è diviso per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia nelle seguenti misure:
1) 1 per il primo percettore di reddito;
2) 0,65 per il coniuge;
3) 0,5 per il primo figlio;
4) 1 per il secondo e il terzo figlio;
5) 0,5 per i figli seguenti e per le altre persone di cui all'articolo 433 del codice civile;
b) l'imposta familiare è calcolata applicando al reddito, determinato ai sensi della lettera a), le aliquote vigenti e moltiplicando l'importo ottenuto per la somma dei coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia;
c) sono individuati, tenendo conto delle peculiari esigenze di tutela fiscale dei nuclei familiari con figli:
1) le soglie di esenzione da applicare al reddito familiare di cui all'articolo 2;
2) l'importo delle detrazioni applicabili all'imposta familiare determinata ai sensi della lettera b), con riferimento alle fattispecie già previste per il trattamento fiscale a base individuale;
3) le ulteriori detrazioni applicabili all'imposta familiare determinata ai sensi della lettera b), con prioritaria considerazione per le spese sostenute dalle famiglie per:
3.1) l'acquisto dei libri di testo scolastici;
3.2) il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido;
3.3) servizi domestici di assistenza e cura di figli minori;
4) le disposizioni necessarie per il coordinamento con la disciplina degli oneri deducibili e con le disposizioni in vigore in materia di accreditamento, riscossione, sanzioni, contenzioso ed ogni altro adempimento connesso all'introduzione dell'imposizione secondo il metodo del quoziente familiare.
1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 è adottato in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) previsione nei confronti dei contribuenti della facoltà di optare, per ogni dichiarazione dei redditi, per il trattamento fiscale a base individuale;
b) definizione delle modalità di esercizio della facoltà di opzione prevista alla lettera a), con particolare riguardo alle modalità di accesso al trattamento tributario sulla base del quoziente familiare per i lavoratori dipendenti i cui redditi sono assoggettati a tassazione tramite ritenuta alla fonte.
1. Ai fini della progressiva attuazione della disciplina del trattamento tributario sulla base del quoziente familiare, per i cinque esercizi finanziari successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, la legge finanziaria indica annualmente il livello massimo di reddito familiare per il quale è applicabile il trattamento del quoziente familiare.
1. Il reddito familiare, determinato ai sensi dell'articolo 2, è preso a riferimento per la determinazione delle tariffe dei servizi dalle amministrazioni pubbliche. A tale fine, al predetto reddito possono aggiungersi le valutazioni sul patrimonio. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1 provvede all'armonizzazione delle disposizioni della presente legge con quelle di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni.
1. Lo schema di decreto legislativo di cui all'articolo 1 della presente legge è trasmesso alla Commissione parlamentare istituita ai sensi dell'articolo 17, terzo comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, nella composizione stabilita dall'articolo 1, comma 4, della legge 29 dicembre 1987, n. 550. La Commissione esprime il proprio parere entro due mesi dalla ricezione del relativo schema, indicando specificatamente le eventuali disposizioni che non ritiene rispondenti ai princìpi e criteri direttivi previsti dalla presente legge. Il Governo, nel mese successivo, esaminato il parere, trasmette nuovamente, con le osservazioni e con le eventuali modificazioni, lo schema alla Commissione per il parere definitivo, che deve essere espresso entro un mese.
1. All'articolo 1, comma 41, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti sono cumulabili con i redditi del beneficiario».
2. La tabella F allegata alla legge 8 agosto 1995, n. 335, è abrogata.
3. Il regime di cumulo di cui al comma 41 dell'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applica ai trattamenti corrisposti a decorrere dall'anno 2008.
1. I trattamenti pensionistici in favore dei superstiti delle forme pensionistiche obbligatorie di base sono soggetti a imposta sostitutiva pari al 20 per cento.
2. I redditi derivanti dai trattamenti pensionistici di cui al comma 1 sono esclusi dalla base imponibile ai sensi della lettera a) del comma 3 dell'articolo 3 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
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