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PDL 54

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 54



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

REALACCI, LUPI, BRUNETTA, ARACRI, BARANI, BARBARESCHI, BERRETTA, BERTOLINI, BINETTI, BOBBA, BOCCI, BOCCUZZI, BOFFA, BORDO, BOSI, BOSSA, BRAGA, BUCCHINO, BURTONE, CALGARO, CAPODICASA, CARDINALE, CARELLA, CARLUCCI, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, CATONE, CECCUZZI, CENNI, CESARIO, CICCIOLI, COLUCCI, COMPAGNON, CONTE, CUOMO, DE ANGELIS, DE BIASI, DE CORATO, DELFINO, DI VIRGILIO, D'INCECCO, DIONISI, D'IPPOLITO VITALE, DIVELLA, EVANGELISTI, FADDA, GIANNI FARINA, RENATO FARINA, FARINONE, FEDI, FERRARI, FOGLIARDI, GREGORIO FONTANA, FONTANELLI, FRANZOSO, FRASSINETTI, GENTILONI SILVERI, GHIZZONI, GIACHETTI, GIDONI, GINOBLE, GIULIETTI, GOZI, GRANATA, GRASSI, IANNUZZI, JANNONE, LAGANÀ FORTUGNO, LAMORTE, LANDOLFI, LARATTA, LAZZARI, LOSACCO, LOVELLI, LUSETTI, MADIA, MANNUCCI, MARCHIGNOLI, MARGIOTTA, MARIANI, GIULIO MARINI, MARSILIO, MAZZARELLA, MELANDRI, MELIS, MIGLIOLI, MISIANI, MOGHERINI REBESANI, MONAI, MOSELLA, MOTTA, MURGIA, OSVALDO NAPOLI, NARDUCCI, NUCARA, LEOLUCA ORLANDO, PANIZ, PELUFFO, MARIO PEPE (PdL), PES, PICCOLO, PICIERNO, PIZZETTI, POMPILI, PORFIDIA, RAMPI, RAZZI, RIGONI, ROSATO, RUBINATO, RUGGHIA, PAOLO RUSSO, SAMPERI, SANGA, SARDELLI, SARUBBI, SBROLLINI, SCHIRRU, SERVODIO, SPECIALE, STAGNO D'ALCONTRES, TASSONE, TIDEI, TULLO, VANNUCCI, VERINI, VERNETTI, VERSACE, VICO, VIGNALI, VILLECCO CALIPARI, VIOLA, VOLONTÈ, ZACCHERA, ZUCCHI, ZUNINO

Misure per il sostegno e la valorizzazione dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nonché dei comuni compresi nelle aree naturali protette

Presentata il 29 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, che contiene norme dirette a migliorare le condizioni di vita nelle aree del «disagio insediativo», nasce dalla consapevolezza delle grandi potenzialità dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, nonché dei comuni compresi nelle aree naturali protette in termini di turismo, produzioni tipiche e risorse culturali e ambientali, quindi dalla volontà di valorizzare tale patrimonio. Le proposte concrete e le soluzioni operative in essa contenute derivano da numerose iniziative promosse negli anni passati, su tutto il territorio nazionale, da Legambiente e Confcommercio in collaborazione con la Federazione italiana parchi e riserve naturali, con la Confederazione italiana agricoltori, con la Coldiretti, con l'Unione delle province d'Italia e con l'Unione nazionale comuni, comunità, enti montani.
      Il testo della proposta di legge, peraltro, riproduce nella prima parte il testo della proposta di legge atto Camera n. 1174 della XIV legislatura, presentata da deputati appartenenti a tutti i gruppi parlamentari e approvata pressoché all'unanimità dalla Camera dei deputati. Anche nella XV legislatura il testo è stato ripresentato ma l'iter si è concluso con l'approvazione della sola Camera dei deputati (atto Senato n. 1516, XV legislatura).
      L'armonica distribuzione della popolazione sul territorio è una ricchezza insediativa che rappresenta una peculiarità e una garanzia del nostro sistema sociale e culturale, una certezza nella manutenzione del territorio e un'opportunità di sviluppo economico. In Europa, Francia e Italia sono le nazioni dove la popolazione è maggiormente distribuita; nel nostro Paese circa 6.000 comuni hanno meno di 5.000 abitanti, pari a oltre il 72 per cento dei comuni italiani. Viviamo una ricchezza insediativa che il Cattaneo ha descritto come «l'opera di diffondere equabilmente la popolazione», «frutto di secoli» e di una «civiltà generale, piena e radicata» che ha favorito la distribuzione «generosamente su tutta la faccia del Paese».
      Ma lo spopolamento e l'impoverimento di vaste aree - soprattutto pedemontane, montane e insulari - hanno nel secondo dopoguerra assunto caratteri strutturali delineando un'Italia che possiamo definire del «disagio insediativo», che interessa tutto l'arco alpino, soprattutto ligure, piemontese, lombardo e friulano, si concentra lungo la dorsale appenninica ligure, tosco-emiliana e centro-meridionale, nelle parti montuose e interne della Sardegna e della Sicilia; attecchisce nel robusto «piede d'appoggio» meridionale, risale gli Appennini dalla Calabria all'Abruzzo, interessando pesantemente la Basilicata, dove quasi 100 comuni sono a rischio progressivo di estinzione, e si apre, affievolendosi, verso nord, secondo una biforcazione che tocca aree interne delle Marche e della Toscana meridionale.
      Tale spopolamento fa sì che l'Italia sia diventata un Paese ad alto rischio geologico, afflitto quasi annualmente da gravi episodi di natura ambientale (terremoti, alluvioni ed eruzioni) ma in buona misura anche da consumo eccessivo di suolo (spesso abusivo), incuria e, naturalmente, abbandono. Quantitativamente il dissesto idrogeologico (frane e alluvioni) nel periodo 1918-1990 ha riguardato 373 comuni, ovvero quasi il 5 per cento del totale [Fonte: Consiglio nazionale delle ricerche (CNR)]. A questo dato vanno aggiunti 2.678 comuni colpiti da frane e 1.727 da alluvioni, per un totale di 4.405 comuni colpiti: oltre il 50 per cento dei comuni italiani è stato colpito negli ultimi sessanta anni da calamità «naturali». Secondo il Centro ricerche economiche sociali di mercato per l'edilizia e il territorio (CRESME) (dati Progetto AVI del CNR) le regioni nelle quali sono state censite più frane sono la Campania (oltre 1.600), l'Abruzzo, la Liguria e la Lombardia, con oltre 1.300 eventi. Le alluvioni hanno interessato il Veneto con oltre 2.000 eventi, il Piemonte e l'Emilia-Romagna (bacino del Po), la Toscana (Arno) e il Friuli Venezia Giulia, con oltre 1.000 eventi.
      Tale situazione scaturisce anche dalla mancanza di manutenzione, attività storicamente svolta dagli agricoltori e oggi non più adeguatamente sviluppata.
      Sempre secondo il CRESME, si stimano costi annuali causati da catastrofi ambientali pari a circa 30-40 miliardi di euro; di questi circa 2 miliardi di euro sono spesi per le sole «terapie intensive», per un totale di circa 100 miliardi di euro negli ultimi cinquanta anni. Quantificando i danni «derivanti dai soli eventi riferibili alla scarsa tutela e gestione del territorio», emerge un ticket annuale di circa 4 miliardi di euro.
      Un disagio che rischia di divenire profondo con la crescente rarefazione dei servizi al cittadino: servizi pubblici accorpati per il contenimento dei costi (uffici postali, presìdi territoriali scolastici, sanità eccetera); insufficiente manutenzione del territorio; esercizi commerciali privi di una domanda adeguata per la loro sopravvivenza. Dunque, come la questione sanità, che rappresenta forse la prima preoccupazione per chi vive in contesti isolati, così i servizi territoriali e commerciali rappresentano una condizione di vivibilità essenziale, peraltro riconosciuta e supportata dalla stessa Unione europea.
      Fenomeni di disagio si ripetono in numerosi Stati dell'Unione europea, che hanno già avviato politiche locali e generali di intervento per riportare le popolazioni nei piccoli comuni, per avviare una nuova fase di sviluppo e per arginare preoccupanti fenomeni come quelli della desertificazione. Le azioni, pur nella loro diversità, muovono da una comune convinzione, ovvero che lo «sviluppo locale passa per il rafforzamento della più importante delle ricchezze che è la risorsa umana».
      I tentativi sono stati avviati con più o meno successo, ma con la consapevolezza che gli interventi vanno mirati con modalità diverse a seconda del Paese e dei territori interessati. Alcuni esempi: in Svezia, all'inizio degli anni novanta, è stata lanciata una campagna nazionale («Hela Sverige ska leva/Tutta la Svezia deve vivere») in cui si invitavano tutti i cittadini a prendere l'iniziativa e ad attivarsi nell'organizzazione della vita e dei servizi sociali all'interno dei villaggi. Dopo quasi un decennio sono 3.500 i gruppi locali attivatisi che si occupano dello sviluppo di servizi alla popolazione e che gestiscono numerosi investimenti, migliaia di posti di lavoro e centri di telelavoro.
      In Irlanda l'esperienza dell'azione di un'associazione come la Rural Resettlement Ireland ha ispirato l'attuazione negli anni novanta di un programma pilota cofinanziato dall'Unione europea.
      In Finlandia non esiste una politica nazionale specifica, ma alcune iniziative locali tendono a invogliare le famiglie a trasferirsi dai centri più grandi in campagna.
      In Spagna, in particolare in Aragona, sono state attivate con successo politiche di accoglienza anche di lavoratori provenienti dall'Argentina, offrendo loro casa e lavoro.
      In Francia sono stati avviati un ampio dibattito e numerose sperimentazioni sulle politiche di accoglienza nei centri minori e in special modo nel Limousine si tentano e si premiano soluzioni innovative e progetti di inserimento.
      In Italia, invece, sostanzialmente, oltre agli interventi previsti dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97 (cosiddetta «legge sulla montagna»), non si intravedono altri strumenti di sistema a sostegno e sviluppo di politiche di accoglienza nei piccoli comuni, fatta eccezione per le possibilità che il progetto «Appennino parco d'Europa» (APE) - ideato da Legambiente e dalla regione Abruzzo e avviato in collaborazione con il Servizio conservazione della natura dell'allora Ministero dell'ambiente e già finanziato per progetti infrastrutturali a valenza nazionale - dischiude alla volontà di enti locali e territoriali di praticare concretamente e di sviluppare queste politiche di salvaguardia e di valorizzazione nei territori della dorsale appenninica che attraversa e unisce l'Italia dal nord al sud fino alla Sicilia.
      Con APE emerge un'immagine dell'Appennino quale grande sistema ambientale e territoriale di valore europeo e internazionale, fortemente connotato dalla presenza di aree protette e nel quale, proprio per questo, è possibile sperimentare l'avvio di politiche di conservazione e di sviluppo sostenibile.
      Con la presente proposta di legge si vuole mettere in rete una serie di iniziative in grado di fare «sistema» nelle aree interne maggiormente disagiate per far sì che divenga conveniente abitare, ad esempio, in un piccolo comune della Basilicata, della Calabria o dell'Appennino tosco-emiliano. Si vogliono delineare concrete misure per il sostegno ai piccoli comuni e alle attività economiche, agricole, commerciali e artigianali, secondo forme coerenti con le peculiarità dei territori dei piccoli comuni, che potranno rappresentare un investimento per il rilancio sociale ed economico e per la valorizzazione del patrimonio ambientale e storico-culturale di queste aree. Le agevolazioni sull'affitto, il mantenimento delle strutture scolastiche e dei presìdi sanitari, delle stesse caserme dell'Arma dei carabinieri, la possibilità di pagare le bollette negli esercizi commerciali recuperando la figura dei vecchi «empori», la garanzia di avere un distributore di benzina, sono le condizioni essenziali per invertire un trend che rischia di creare solamente disagi al nostro Paese.
      Nella competitività territoriale non esistono aree sciaguratamente deboli, ma soltanto aree non messe in condizione di competere e dunque costrette a tenere «sotterrati i propri talenti». Per trasformare un problema in opportunità, impedendo che una «grande fetta» della superficie del Paese resti marginalizzata e non letta quale opportunità di crescita economica e di riequilibrio territoriale, è necessario creare le precondizioni per lo sviluppo - sinteticamente, nelle aree fragili del nostro Paese queste si chiamano «servizi territoriali» - che evitino le politiche di generalizzato sostegno del secondo dopoguerra e che siano mirate e selettive, attuate secondo forme di partnership tra pubblico e privato, capaci di esprimere un positivo bilancio economico, ambientale e intergenerazionale.
      Il mantenimento di un'adeguata rete di servizi territoriali e di esercizi commerciali nei territori dei piccoli comuni costituisce una delle condizioni per una loro rivitalizzazione economica.
      Lo sviluppo imprenditoriale e agricolo si avvale di incentivi e di nuove opportunità, anche di piccole dimensioni, caratterizzandosi in micro-attività puntuali e diffuse, che saranno comunque in grado di attivare circoli economici virtuosi, capaci di arrecare sicuri benefìci ambientali soprattutto applicando l'innovazione tecnologica. Sarà inoltre possibile recuperare, attraverso tali attività, anche molte forme di manualità storicamente presenti nelle esperienze lavorative degli addetti locali.
      In linea con le misure dirette a valorizzare il patrimonio ambientale e storico-culturale dei piccoli comuni, sono gli interventi, contemplati dal capo III della presente proposta di legge, finalizzati al recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali compresi nelle aree naturali protette.
      È noto, infatti, che queste aree, quando sono antropizzate, hanno un tessuto urbano fatto di piccoli e piccolissimi comuni, che costituiscono un patrimonio di valore inestimabile e di importanza fondamentale per la salvaguardia dell'identità storico-culturale dell'intero Paese.
      Tali centri minori registrano, da un lato, costanti fenomeni di spopolamento, dovuti anche al progressivo invecchiamento della popolazione, dall'altro lato, elementi di degrado e di manomissione del patrimonio edilizio preesistente, che rischiano di cancellarlo per sempre o di comprometterlo irreversibilmente.
      Si tratta di interventi non appropriati che trovano il loro fondamento talora in disposizioni eccezionali, altre volte nell'emulazione di modelli forniti dalla società moderna, che ha indotto il piccolo risparmio o l'emigrazione di ritorno ad alterare i caratteri tradizionali dei vecchi centri o a realizzare agglomerati e case sparse, talvolta simili a periferie urbane con tipologie improprie e d'impatto notevole.
      A fronte di tale situazione, la legge-quadro sulle aree protette (legge 6 dicembre 1991, n. 394) - nel definire un complesso e articolato quadro normativo per l'istituzione e la gestione di aree naturali protette al fine (articolo 1) di «garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del Paese» - all'articolo 7 ha attribuito priorità nella concessione di finanziamenti agli interventi di restauro dei centri storici e degli edifici di particolare valore storico e culturale e al recupero dei nuclei abitati rurali.
      In tale panorama si inseriscono le misure contemplate dalla presente proposta di legge. Essa - a fronte dell'esistenza nei comuni compresi nelle aree naturali protette di un'edilizia «impropria», spesso simile a quella delle periferie urbane - propone di recuperare i caratteri tipici dei luoghi, attraverso tipologie e materiali appropriati al contesto ambientale.
      Tale finalità può essere realizzata valorizzando uno strumento già contemplato dalla normativa vigente, il programma integrato di intervento di cui alla legge 17 febbraio 1992, n. 179. Attraverso una più puntuale definizione del suo contenuto, tale strumento appare infatti funzionale alla realizzazione di interventi che, mediante una rilettura dell'edilizia tradizionale e del paesaggio, siano rivolti alla riqualificazione ambientale, urbanistica ed edilizia.

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I

FINALITÀ

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge, nel rispetto del titolo V della parte seconda della Costituzione, ha lo scopo di promuovere e di sostenere le attività economiche, sociali, ambientali e culturali esercitate nei piccoli comuni nonché di tutelare e di valorizzare il patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico custodito in tali comuni, favorendo altresì l'adozione di misure in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive, con particolare riferimento al sistema di servizi territoriali, in modo da incentivare e da favorire anche l'afflusso turistico.
      2. Le regioni, nell'ambito delle funzioni ad esse riconosciute dal titolo V della parte seconda della Costituzione, possono definire ulteriori interventi per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1.
      3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, per il proprio territorio, all'individuazione dei comuni ai sensi dell'articolo 2, comma 3, nonché, nell'ambito delle competenze ad esse spettanti ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione, alla definizione di interventi destinati alla realizzazione delle finalità della presente legge.

Capo II

DISPOSIZIONI CONCERNENTI I COMUNI CON POPOLAZIONE PARI O INFERIORE A 5.000 ABITANTI E I PICCOLI COMUNI

Art. 2.
(Definizione di piccoli comuni).

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 3, ai fini della presente legge, per piccoli comuni si intendono i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, compresi in una delle seguenti tipologie:

          a) comuni collocati in aree territorialmente dissestate o in zone caratterizzate da situazioni di criticità dal punto di vista ambientale;

          b) comuni in cui si registrano evidenti situazioni di marginalità economica o sociale, con particolare riguardo a quelli nei quali si è verificato un significativo decremento della popolazione residente rispetto al censimento effettuato nel 1981;

          c) comuni caratterizzati da specifici parametri di disagio insediativo, definiti in base all'indice di vecchiaia, alla percentuale di occupati rispetto alla popolazione residente e all'indice di ruralità;

          d) comuni siti in zone, in prevalenza montane o rurali, caratterizzate da difficoltà di comunicazione ed estrema perifericità rispetto ai centri abitati di maggiori dimensioni, ovvero il cui territorio è connotato da particolare ampiezza e dalla frammentazione dei centri abitati;

          e) comuni comprendenti frazioni che presentano le caratteristiche di cui alle lettere a), b), c) e d). Nei casi di cui alla presente lettera gli interventi previsti dalla presente legge in favore dei piccoli comuni sono riservati alle predette frazioni.

      2. Solo ai fini delle agevolazioni fiananziarie previste dalla presente legge, non sono comunque considerati piccoli comuni i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti nei quali si registra un'elevata densità di attività economiche e produttive, anche per la vicinanza con grandi centri metropolitani.
      3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, è definito, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elenco dei piccoli comuni ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo.
      4. L'elenco di cui al comma 3 è aggiornato ogni tre anni con le medesime procedure previste dallo stesso comma 3.
      5. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3 e 4 sono trasmessi alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro un mese dalla data di assegnazione.

Art. 3.
(Disposizioni concernenti i comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti).

      1. Le regioni, nel rispetto del principio di sussidiarietà, in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, sentite anche le associazioni rappresentative degli enti locali, possono promuovere iniziative per favorire l'unione di comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, nelle forme previste dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.
      2. Nei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti le funzioni di valutazione dei responsabili degli uffici e dei servizi sono disciplinate a livello regolamentare da ciascun ente e possono essere affidate anche a un organo monocratico interno o a un soggetto esterno all'ente.
      3. In conformità con l'articolo 10, comma 5, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nei comuni di cui al comma 2 del presente articolo le competenze del responsabile del procedimento per l'affidamento e per l'esecuzione degli appalti di lavori pubblici sono attribuite al responsabile dell'ufficio tecnico o della struttura corrispondente. Ove ciò non sia possibile secondo quanto disposto dal regolamento comunale, le competenze sono attribuite al responsabile del servizio al quale attiene il lavoro da realizzare. In ogni caso, il responsabile del procedimento deve essere un dipendente di ruolo o a tempo determinato, secondo la normativa vigente.
      4. Ai comuni di cui al comma 2 non si applicano le seguenti disposizioni:

          a) articolo 128, commi 3, 5, 6, 7, 9, secondo periodo, e 11, del citato codice di cui al decreto legilativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;

          b) articolo 24, comma 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni;

          c) articoli 11, 13 e 14 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554;

          d) decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 giugno 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 30 giugno 2005.

      5. Al fine di favorire, nei comuni di cui al comma 2, il pagamento di imposte, tasse e tributi nonché dei corrispettivi dell'erogazione di acqua, energia, gas e di ogni altro servizio, può essere utilizzata, per l'attività di incasso e di trasferimento di somme, previa convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze o con soggetti terzi, la rete telematica gestita dai concessionari del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
      6. I comuni di cui al comma 2, anche in associazione o partecipazione tra loro, possono stipulare con le diocesi cattoliche convenzioni per la salvaguardia e per il recupero dei beni culturali, storici, artistici e librari degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti. Analoghe convenzioni possono essere stipulate con le rappresentanze delle altre confessioni religiose che hanno concluso intese con lo Stato italiano, ai sensi dell'articolo 8 della Costituzione, per la salvaguardia e per il recupero dei beni di cui al primo periodo del presente comma nella disponibilità delle rappresentanze medesime. Le convenzioni sono finanziate dal Ministero per i beni e le attività culturali con le risorse di cui all'articolo 3, comma 83, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni, entro una quota non superiore al 20 per cento delle medesime risorse. A tale fine, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i criteri di accesso ai finanziamenti nonché la quota delle predette risorse destinata agli stessi.
      7. I comuni di cui al comma 2 possono acquisire al valore economico definito dall'ufficio tecnico erariale territorialmente competente, o stipulare intese finalizzate al recupero delle stazioni ferroviarie disabilitate o delle case cantoniere dell'Ente nazionale per le strade (ANAS) Spa, nonché di caserme dismesse o di edifici del Corpo forestale dello Stato non più in uso, al fine di destinarli, anche ricorrendo all'istituto del comodato a favore di organizzazioni di volontariato, a presìdi di protezione civile e di salvaguardia del territorio, ovvero, anche d'intesa con l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, a sedi di promozione ed eventuale vendita dei prodotti tipici locali e per altre attività comunali.
      8. Le regioni possono promuovere interventi per la realizzazione di opere finalizzate alla cablatura degli edifici situati nei comuni di cui al comma 2 e alla diffusione di servizi di comunicazione elettronica a larga banda nei medesimi comuni.
      9. Le regioni possono altresì incentivare l'adozione da parte dei comuni di cui al comma 2 di misure atte a tutelare l'arredo urbano, l'ambiente e il paesaggio, favorendo l'utilizzo di materiali da costruzione locali, l'installazione di antenne collettive per la ricezione delle trasmissioni radiotelevisive via satellite, la limitazione dell'impatto ambientale dei tracciati delle linee elettriche e degli impianti per telefonia mobile e radiodiffusione.
      10. Per favorire il riequilibrio anagrafico nonché promuovere e valorizzare le nascite nei comuni di cui al comma 2 del presente articolo, il Governo è autorizzato ad apportare all'articolo 30 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, le modifiche e le integrazioni necessarie a prevedere che i genitori residenti nei comuni di cui al medesimo comma 2 possano richiedere, all'atto della dichiarazione resa nei termini e con le modalità previsti dal citato articolo 30, che la nascita dei figli sia acquisita agli atti dello stato civile come avvenuta nel comune di propria residenza, anche qualora essa si sia verificata in un altro comune, purché ricompreso nel territorio della medesima regione.
      11. All'articolo 135, comma 3, lettera d), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e, con particolare riferimento al territorio dei comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti».

Art. 4.
(Attività e servizi).

      1. Per garantire uno sviluppo sostenibile e un equilibrato governo del territorio, lo Stato, le regioni, le province, le unioni di comuni, le comunità montane e gli enti parco, per quanto di rispettiva competenza, assicurano, nei piccoli comuni, l'efficienza e la qualità dei servizi essenziali, con particolare riferimento all'ambiente, alla protezione civile, all'istruzione, alla sanità, ai servizi socio-assistenziali, ai trasporti e ai servizi postali.
      2. Per i fini di cui al comma 1, presso i piccoli comuni possono essere istituiti centri multifunzionali nei quali concentrare una pluralità di servizi, quali i servizi ambientali, sociali, energetici, scolastici, postali, artigianali, turistici, di comunicazione, di volontariato e di associazionismo culturale, commerciali e di sicurezza. Le regioni e le province possono concorrere alle spese relative all'uso dei locali necessari all'espletamento dei predetti servizi.
      3. Per lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione e alla manutenzione del territorio, i comuni possono stipulare convenzioni e contratti di appalto con gli imprenditori agricoli ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e successive modificazioni.
      4. Nell'ambito delle finalità di cui al presente articolo, le regioni e le province possono privilegiare, nella definizione degli stanziamenti finanziari di propria competenza, le iniziative finalizzate all'insediamento nei piccoli comuni di centri di eccellenza per la prestazione dei servizi di cui al comma 2, quali istituti di ricerca, laboratori, centri culturali e sportivi.

Art. 5.
(Valorizzazione dei prodotti
agroalimentari tradizionali).

      1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali può favorire, sentite le associazioni rappresentative degli enti locali e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle categorie produttive interessate, la promozione e la commercializzazione, eventualmente anche mediante un apposito portale telematico, dei prodotti agroalimentari tradizionali, che utilizzano in particolare prodotti primari tipici locali dei piccoli comuni, anche associati, di cui al decreto del direttore generale delle politiche agricole ed agroindustriali nazionali del Ministero delle politiche agricole e forestali 18 luglio 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 194 del 21 agosto 2000, e successive revisioni.
      2. I piccoli comuni possono indicare nella cartellonistica ufficiale i rispettivi prodotti agroalimentari tipici o locali, preceduti dalla dicitura: «Territorio di produzione del ...» posta sotto il nome del comune e scritta in caratteri minori rispetto a quelli di quest'ultimo.
      3. Per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari e culturali locali, per la salvaguardia, l'incremento e la valorizzazione della fauna selvatica locale, nonché per il sostegno della promozione e della commercializzazione dei prodotti in forma coordinata tra le imprese agricole e le imprese di produzione agroalimentare, i piccoli comuni, singoli o associati, possono stipulare contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
      4. Ai fini di cui all'articolo 10, comma 8, della legge 21 dicembre 1999, n. 526, e successive modificazioni, nel territorio dei piccoli comuni gli esercizi di somministrazione e di ristorazione possono essere considerati consumatori finali.

Art. 6.
(Programmi di e-government).

      1. I progetti informatici riguardanti i piccoli comuni, in forma singola o associata, conformi ai requisiti prescritti dalla legislazione vigente nazionale e comunitaria, hanno la precedenza nell'accesso ai finanziamenti pubblici per la realizzazione dei programmi di e-government. In tale ambito sono prioritari i collegamenti informatici dei centri multifunzionali di cui all'articolo 4, comma 2, e le iniziative che prevedono l'associazione nei Centri di servizio territoriali (CST).
      2. Il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, nell'individuare le specifiche iniziative di innovazione tecnologica per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti ai sensi della lettera g) del comma 2 dell'articolo 26 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, indica prioritariamente quelle riguardanti i piccoli comuni, in forma singola o associata.

Art. 7.
(Servizi postali e programmazione
televisiva pubblica).

      1. Il Ministero delle comunicazioni può provvedere ad assicurare, mediante un'apposita previsione da inserire nel contratto di programma con il concessionario del servizio postale universale, l'effettivo svolgimento del servizio postale universale nei piccoli comuni.
      2. L'amministrazione comunale può altresì stipulare apposite convenzioni, d'intesa con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane Spa, affinché i pagamenti su conti correnti, in particolare quelli relativi alle imposte comunali, e i pagamenti dei vaglia postali nonché le altre prestazioni possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali.
      3. Il Ministero delle comunicazioni può provvedere, altresì, ad assicurare che nel contratto di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo sia previsto l'obbligo di prestare particolare attenzione, nella programmazione televisiva pubblica nazionale e regionale, alle realtà storiche, artistiche, sociali, economiche ed enogastronomiche dei piccoli comuni e di garantire nei medesimi comuni un'adeguata copertura del servizio.

Art. 8.
(Istituti scolastici).

      1. Le regioni e gli enti locali possono stipulare convenzioni con gli uffici scolastici regionali del Ministero della pubblica istruzione per finanziare il mantenimento in attività degli istituti scolastici statali aventi sede nei piccoli comuni, che dovrebbero essere chiusi o accorpati ai sensi delle disposizioni vigenti in materia.
      2. Nel caso di chiusura o di accorpamento degli istituti scolastici aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato e gli enti territoriali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti.
      3. In deroga a quanto disposto dall'articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, pos sono cedere a titolo gratuito a istituzioni scolastiche insistenti nei piccoli comuni personal computer o altre apparecchiature informatiche, quando siano trascorsi almeno due anni dal loro acquisto e l'amministrazione abbia provveduto alla loro sostituzione. Le cessioni sono effettuate prioritariamente in favore delle istituzioni scolastiche insistenti in aree montane e non costituiscono presupposto ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle donazioni.

Art. 9.
(Interventi per lo sviluppo e l'incentivazione di attività commerciali).

      1. Gli artigiani residenti nei piccoli comuni possono mostrare e vendere i loro prodotti, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di autorizzazioni commerciali e artigianali, in apposite aree e per non più di quattro giorni al mese. I comuni competenti individuano annualmente le aree a ciò deputate e i giorni in cui è consentita la vendita.
      2. I piccoli comuni possono deliberare l'apertura degli esercizi commerciali nei giorni festivi anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia.

Art. 10.
(Sistema distributivo dei carburanti).

      1. Con specifico riferimento ai piccoli comuni, il servizio di erogazione dei carburanti costituisce servizio fondamentale.
      2. Al fine di assicurare il servizio di cui al comma 1 nei piccoli comuni, i comuni, le province e le regioni, d'intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione dei carburanti, possono prevedere specifiche agevolazioni.

Art. 11.
(Agevolazioni in materia di servizio idrico).

      1. Le regioni possono prevedere agevolazioni, anche in forma tariffaria, a favore dei piccoli comuni in cui la disponibilità di risorse idriche reperibili o attivabili sia superiore ai fabbisogni per i diversi usi.

Art. 12.
(Fondo per gli incentivi fiscali in favore
dei soggetti residenti nei piccoli comuni).

      1. Ai fini della concessione di incentivi fiscali in favore dei soggetti residenti nei piccoli comuni, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito, a decorrere dall'anno 2009, un apposito fondo.
      2. Le risorse del fondo di cui al comma 1, nei limiti di spesa di cui al comma 7, sono destinate alla copertura delle minori entrate derivanti:

          a) da misure agevolative concernenti l'imposta comunale sugli immobili destinati ad abitazione principale o ad attività economiche, in relazione al corrispondente aumento dei trasferimenti o delle compartecipazioni a tributi erariali volti a compensare le minori entrate per i comuni;

          b) da misure agevolative concernenti l'imposta di registro per l'acquisto di immobili destinati ad abitazione principale;

          c) da premi di insediamento in favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale da un comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti a un piccolo comune, impegnandosi a non modificarla per un decenio.

      3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provvede annualmente alla determinazione delle misure di cui al comma 2, lettera b), nei limiti del 30 per cento delle disponibilità del fondo di cui al comma 1.
      4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provvede altresì annualmente all'individuazione dei criteri e delle modalità per la ripartizione delle risorse tra i comuni, ai fini della concessione delle agevolazioni di cui al comma 2, lettere a) e c).
      5. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono altresì essere stabiliti le modalità, i criteri e i limiti per il riconoscimento di un credito d'imposta, a valere sulle risorse del fondo di cui al comma 1 e nei limiti di spesa di cui al comma 7, per le persone fisiche e giuridiche che effettuano operazioni di sponsorizzazione in favore dei comuni di cui all'articolo 2, comma 1, indicati nell'elenco previsto dal comma 3 del medesimo articolo 2, per la salvaguardia e la valorizzazione dei comuni stessi, con particolare riferimento alle attività turistiche, artigianali, culturali, sportive, ricreative e sociali.
      6. Gli schemi dei decreti di cui ai commi 3, 4 e 5 sono trasmessi alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
      7. Per la dotazione del fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro a decorrere dell'anno 2009. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per il medesimo anno dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 13.
(Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni).

      1. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito, con una dotazione di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, un fondo per la concessione di contributi statali destinati al finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali, alla messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e degli istituti scolastici, alla promozione dello sviluppo economico e sociale nei piccoli comuni e all'incentivazione dell'insediamento di nuove attività produttive e alla realizzazione di investimenti nei medesimi comuni.
      2. All'individuazione delle tipologie degli interventi che possono essere finanziati a valere sulle risorse del fondo di cui al comma 1 si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con decreto adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali, provvede a individuare gli interventi destinatari dei contributi.
      4. Lo schema di decreto di cui al comma 3 è trasmesso alle Camere per il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
      5. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di conto capitale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      6. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 14.
(Clausola di invarianza della spesa).

      1. Salvo quanto previsto dagli articoli 12 e 13, all'attuazione della presente legge si provvede nei limiti delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art. 15.
(Modifica all'articolo 51 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

      1. Al comma 2 dell'articolo 51 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il limite di cui al presente comma non si applica ai sindaci dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti».

Capo III

DISPOSIZIONI CONCERNENTI LE AREE NATURALI PROTETTE

Art. 16.
(Ambito di applicazione).

      1. Il presente capo detta i princìpi fondamentali per la gestione e per l'attuazione degli interventi di recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali compresi nelle aree naturali protette.
      2. Il presente capo si applica ai centri storici e ai nuclei abitati rurali dei comuni il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco nazionale, e di quelli il cui territorio è compreso, in tutto o in parte, entro i confini di un parco naturale regionale, compresi nel V aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette di cui al provvedimento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 settembre 2003.
      3. Il recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali nei territori di cui al comma 2 è finalizzato ai seguenti obiettivi:

          a) individuare una politica di sviluppo delle aree naturali protette volta a tutelare e a valorizzare il patrimonio storico e artistico e il paesaggio;

          b) salvaguardare e tutelare la presenza antropica attraverso il recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali;

          c) garantire, attraverso i programmi di riqualificazione ambientale dei nuclei abitati urbani, oltre al recupero prettamente strutturale, formale e ambientale, un complesso integrato e organico di interventi riguardanti le funzioni e i servizi urbani nonché il recupero degli edifici e degli immobili dismessi;

          d) garantire, attraverso i programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, oltre al recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali, un complesso integrato e organico di interventi riguardanti le funzioni e i servizi urbani, nonché un adeguamento degli standard di qualità abitativi e ambientali;

          e) promuovere l'utilizzazione di forme e di procedure di attuazione e di gestione diretta degli interventi di recupero dei centri storici e dei nuclei abitati rurali, anche attraverso l'intervento pubblico e privato, nel rispetto della normativa vigente in materia;

          f) utilizzare gli enti parco come filtro operativo per l'azione di incentivazione, promozione e gestione del patrimonio abitativo;

          g) attuare le misure di incentivazione di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 7 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni.

Art. 17.
(Individuazione degli ambiti di recupero del patrimonio abitativo esistente nelle aree naturali protette).

      1. I comuni di cui all'articolo 16, comma 2, della presente legge individuano, attraverso i programmi integrati di intervento di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, e successive modificazioni, le zone urbane e rurali soggette al recupero del patrimonio edilizio e urbanistico esistente, mediante interventi rivolti alla riqualificazione ambientale e alla riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale.

Art. 18.
(Programmi di riqualificazione ambientale).

      1. I programmi di riqualificazione ambientale sono finalizzati, oltre che al recupero strettamente paesaggistico e ambientale, alla realizzazione di un complesso integrato e organico di interventi riguardanti le funzioni e i servizi urbani, al recupero di edifici e di immobili dismessi, all'utilizzo, nel rispetto dell'edilizia tradizionale e del paesaggio, di forme e di materiali appropriati al contesto ambientale.
      2. I programmi di cui al comma 1 sono attuati nell'ambito dei perimetri urbani dei centri abitati per le tipologie e per gli agglomerati urbani considerati incongruenti con il contesto ambientale.

Art. 19.
(Programmi di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale).

      1. I programmi di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale sono finalizzati ad una riprogettazione degli insediamenti e mirano, nel rispetto dell'edilizia tradizionale e del paesaggio, a valorizzarne l'identità storica, culturale e ambientale, anche attraverso un complesso integrato e organico di interventi riguardanti l'adeguamento degli standard abitativi, la determinazione delle condizioni di efficienza e di fruibilità dei servizi, il recupero di edifici e di immobili dismessi.
      2. I programmi di cui al comma 1 sono attuati nell'ambito dei perimetri dei centri storici e, in caso di mancata adozione dei relativi strumenti urbanistici, nei perimetri degli ambiti storici individuati dai comuni in sede di redazione dei programmi integrati di intervento e nei perimetri dei nuclei abitati rurali.

Art. 20.
(Rinvio alle leggi regionali).

      1. Le leggi regionali definiscono le procedure per l'adozione dei programmi integrati e per il relativo coordinamento con gli altri piani e programmi previsti dalla legislazione vigente.

Art. 21.
(Destinazione di fondi ai programmi
integrati).

      1. Le regioni possono destinare parte delle somme loro attribuite per il recupero del patrimonio edilizio esistente ai sensi della normativa vigente alla formazione e alla realizzazione dei programmi integrati.
      2. I fondi di cui al comma 1 possono essere assegnati direttamente ai comuni che ne fanno richiesta e possono essere utilizzati, nei limiti determinati dai rispettivi enti parco, anche per il trasferimento e per la sistemazione temporanea delle famiglie negli immobili interessati dagli interventi.

Art. 22.
(Programmi di iniziativa privata).

      1. I proprietari di immobili e di aree comprese nelle aree di riqualificazione urbanistica, edilizia e ambientale, individuate ai sensi dell'articolo 17, comma 1, rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili interessati, possono presentare in forma singola o associata proposte di programmi integrati di intervento.
      2. Ai fini dell'attuazione del presente articolo, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al capo IV della legge 17 febbraio 1992, n. 179, e successive modificazioni.
      3. I comuni possono assegnare i fondi di cui all'articolo 21, comma 2, direttamente ai privati e ai consorzi, pubblici e privati, che hanno fatto richiesta di attivazione di un programma integrato di intervento.
      4. I comuni possono promuovere o partecipare ai programmi integrati di intervento anche attraverso l'utilizzo dei fondi di cui all'articolo 5, comma 1, e all'articolo 11 della legge 17 febbraio 1992, n. 179, e successive modificazioni.


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