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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 1192 |
«Art. 5. - (Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario). - 1. L'individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute.
2. L'individuazione è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
3. L'individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni, operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i rappresentanti degli ordini delle professioni di cui all'articolo 1, comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, la partecipazione alle suddette commissioni non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.
4. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale e l'ambito di attività di ciascuna professione.
5. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse».
Occorre, inoltre, sottolineare che l'esigenza di escludere dalla professione di fisioterapista il laureato in scienze motorie è dettata dalla necessità di tutelare gli ambiti professionali propri del fisioterapista, che devono restare ben distinti e delimitati rispetto a quelli di altre figure sanitarie. È grave che la tutela di un bene pubblico, come la salute dei cittadini, sia messa in pericolo da una semplice norma di equipollenza tra i titoli, che non garantisce né l'adeguata preparazione professionale, né le competenze del professionista terapista cui il cittadino si affida.
A sostegno dell'eliminazione dell'equipollenza, è bene ribadire che solo il laureato in fisioterapia deve essere abilitato, attraverso l'intervento e le manovre terapeutiche, a restaurare la funzionalità delle strutture fisiche del paziente offese da
forme patologiche o traumatiche (cosiddetta «riabilitazione»), mentre spetta al laureato in scienze motorie il compito di «adattare» le funzioni motorie-sportive alle condizioni del soggetto, escludendo ogni intervento di carattere terapeutico-riabilitativo.
Nel contempo, è sicuramente necessario richiamare l'attenzione del legislatore sulla sentita opportunità di prevedere nuovi sbocchi occupazionali per il laureato in scienze motorie, il quale certo non può ambire ad un fasullo sbocco «di ripiego», come quello generato dall'equipollenza che si intende eliminare.
La presente proposta di legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
1. L'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, è abrogato.
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