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PDL 340

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 340



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BELLOTTI

Disposizioni concernenti l'etichettatura dei prodotti conformi a princìpi etici

Presentata il 29 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Ci troviamo spesso a discutere sull'opportunità di apporre in capo ai più svariati prodotti etichette riportanti l'indicazione del Paese di produzione, la rintracciabilità delle fonti di fabbricazione, le quote di valore aggiunto di ogni singolo Paese della filiera, i vari marchi di origine controllata, protetta o quant'altro. Tutte queste iniziative sono, certo, utili e lodevoli, ma necessitano di un'integrazione: l'indicazione accurata del rispetto di princìpi etici minimi nella tutela della manodopera, soprattutto per ciò che concerne i prodotti d'importazione.
      Di fatto, il volume dell'import italiano è in continuo aumento. Nel 2007, i beni provenienti dalla Cina, per segnalare un esempio macroscopico, sono aumentati di oltre il 25 per cento rispetto al 2006. Il fatto che le merci provenienti da quel Paese, ma anche da altri come la Turchia, si pongano, per la maggior parte, in diretta competizione, come si evince dai dati dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con quelle italiane ha posto all'ordine del giorno la questione di possibili contingentamenti, fino a fare profilare, da parte di alcuni ambienti, l'ipotesi della reintroduzione di dazi, intervento peraltro di non facile e immediata realizzazione. Ciò che, invece, appare certo più utile, in frangenti come questi, è un'azione di responsabilizzazione dei consumatori verso l'acquisto. Il mero calcolo economico e la convenienza dei prezzi di consumo non possono far scordare la necessità di tutelare il rispetto dei canoni invocati da due dei più importanti accordi che il diritto internazionale ha saputo elaborare in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, e la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1985 e resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991.
      Se l'opera di sensibilizzazione contro la contraffazione o l'evasione fiscale può essere non recepita da alcuni, temi che coinvolgono vasta parte dell'opinione pubblica potranno, invece, raggiungere il loro scopo. Questo perché, spesso, prezzi troppo bassi indicano la mancanza di tutela verso la manodopera e lo sfruttamento, se non l'asservimento, dei lavoratori, che a volte sono addirittura bambini.
      Non si tratta, perciò, di una misura per bloccare le importazioni. La presente proposta di legge non mira a istituire alcuna «quota bloccata» di ingresso per i beni provenienti dall'estero, né si configura come una misura discriminatoria per tutto ciò che non rientra nel «made in Italy». Al contrario: si richiede semplicemente, per le produzioni nazionali come per quelle estere, che si certifichi che nella manifattura sono rispettati i princìpi espressi nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo, e più specificatamente: all'articolo 4, in cui si rigetta ogni forma di schiavitù; all'articolo 5, in cui si afferma che «nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti»; all'articolo 22, ove si professa che «ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale»; all'articolo 23, ove si asserisce che «ogni individuo ha diritto [...] alla libera scelta dell'impiego [...] senza discriminazione, ad eguale retribuzione per eguale lavoro, [...] ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana, [...] di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi». Si richiede, inoltre, che si indichi se sono o meno rispettati i princìpi in materia di lavoro indicati nella Convenzione sui diritti del fanciullo, e, più precisamente, quelli indicati nella prima parte, all'articolo 19, dove si stabilisce che «Gli Stati parti adottano ogni misura [...] per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento»; all'articolo 24, paragrafo 3, ove si statuisce che si adotta «ogni misura efficace atta ad abolire le pratiche tradizionali pregiudizievoli per la salute dei minori»; all'articolo 32, paragrafo 1, ove si stabilisce che è riconosciuto «il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale» e paragrafo 2, ove si richiede la fissazione di «un'età minima oppure età minime di ammissione all'impiego» e «un'adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni d'impiego»; all'articolo 37, ove si stabilisce che «nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti».
      Le norme di diritto internazionale enunciate non soltanto devono essere applicate dall'Italia all'interno del proprio territorio, ma dovrebbero essere utilizzate come metro per distinguere sul piano internazionale gli attori economici con i quali è realmente possibile confrontarsi in regime di libera concorrenza da quelli che aggirano le regole, non soltanto con misure quali il dumping, ma anche attraverso lo sfruttamento del lavoro dei propri cittadini. L'adozione di divieti e di «quote» in questa materia, come sappiamo, non rientra più nelle facoltà del nostro Paese, essendo stata la politica commerciale devoluta all'Unione europea. Quello che lo Stato, però, può cominciare a fare è fornire ai consumatori le armi per combattere battaglie che riguardano la coscienza dell'individuo, in modo, poi, da premiare i produttori che, per rispettare norme etiche, si trovino, a sopportare svantaggi e a dover sacrificare la maggiore competitività dei propri prodotti, e con essa il profitto, sull'altare supremo del rispetto dei diritti dell'uomo.
      Si richiede, pertanto, di definire, tramite un'etichettatura apposta chiaramente, se un prodotto si conformi o meno a due requisiti ricavabili dalle norme citate: se esso sia stato realizzato senza lo sfruttamento del lavoro minorile e nel rispetto dei diritti dell'uomo per ciò che concerne i lavoratori che vi hanno posto mano. La veridicità di tali dichiarazioni deve essere verificata dal Ministero dello sviluppo economico.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Ogni prodotto commercializzato in Italia deve riportare in lingua italiana, apposto dal produttore o dal distributore, sulla propria confezione o, se questa non è presente, sul prodotto stesso, in modo chiaro e leggibile, le seguenti indicazioni:

          a) la dicitura: «Nella lavorazione di questo prodotto non è stato sfruttato il lavoro minorile», se il bene è stato prodotto senza violare alcuna previsione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva dalla legge 27 maggio 1991, n. 176, e in particolare degli articoli 19, 24, 32 e 37 della medesima Convenzione; in caso contrario l'etichetta deve riportare la dicitura: «Nella lavorazione di questo prodotto è stato sfruttato il lavoro minorile»;

          b) la dicitura: «Nella lavorazione di questo prodotto non sono stati violati i diritti dell'uomo e dei lavoratori», se il bene è stato prodotto senza violare i diritti dell'uomo come indicati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, e in particolare negli articoli 4, 5, 22 e 23 della Dichiarazione medesima; in caso contrario l'etichetta deve riportare la dicitura: «Nella lavorazione di questo prodotto sono stati violati i diritti dell'uomo e dei lavoratori».

Art. 2.

      1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque confezioni, detenga per vendere o venda prodotti non conformi alle disposizioni di cui all'articolo 1, per assenza o per errata indicazione nell'etichettatura, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.000.

Art. 3.

      1. I produttori devono adeguarsi alle disposizioni della presente legge entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, stabilisce le condizioni per la concessione di ulteriori proroghe, non superiori a un anno, per particolari categorie di beni.

Art. 4.

      1. Con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del commercio internazionale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definite le modalità di attuazione delle disposizioni della presente legge.


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