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PDL 493

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 493



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CAPITANIO SANTOLINI, VOLONTÈ

Disciplina dei consultori familiari a tutela e sostegno della famiglia, della maternità, dell'infanzia e dei giovani in età evolutiva e istituzione dell'Autorità nazionale per le politiche familiari

Presentata il 29 aprile 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - Il dibattito sul ruolo e sulla presenza dei consultori familiari in Italia, negli ultimi tempi, ha ripreso vigore. Oltre ad una accresciuta sensibilità e attenzione per una vera ed efficace prevenzione dell'aborto, pur tra grandi contraddizioni, è aumentata nella società italiana la consapevolezza del ruolo primario della famiglia. In Italia, di fatto, nonostante i cambiamenti che hanno inciso profondamente sulla collettività, essa resta al vertice delle aspettative dei giovani, rappresentando un notevole punto di riferimento, nonché la principale risorsa del Paese. Nonostante gli attacchi subiti in questi ultimi anni da parte di dinamiche sociali e di costume tese alla sua disgregazione, la famiglia rappresenta sostanzialmente ancora il pilastro su cui si fondano le comunità locali, il sistema educativo, le strutture di produzione di reddito, il contenimento delle forme di disagio sociale.
      Occorre pertanto acquisire una nuova consapevolezza e offrire alla famiglia i giusti sostegni, ricreando, per quanto possibile, condizioni che le consentano un più agevole cammino quotidiano.
      Tra questi sostegni può esservi anche il consultorio familiare, inteso in maniera molto diversa da quello che adesso è presente in tante realtà. Uno strumento che si ponga come obiettivo primario, non l'asettica fornitura di una serie di servizi sanitari o para-sanitari, in cui sono privilegiati gli interventi di tipo ginecologico e pediatrico a discapito della vocazione di ispirazione sociale (soprattutto a seguito della riforma sanitaria di cui alla legge n. 833 del 1978), ma che si offra come mezzo per rispondere ai più impellenti bisogni delle famiglie.
      A cominciare dall'accoglienza della vita: e qui appare evidente il nuovo ruolo che i consultori possono e devono assumere nell'azione di prevenzione dell'aborto volontario.
      Questa è la ratio della presente proposta di legge che, nell'abrogare la legge istitutiva n. 405 del 1975, si pone come ulteriori obiettivi il riconoscimento dell'alto valore della maternità e della paternità, la valorizzazione della famiglia fondata sul matrimonio e delle associazioni familiari e femminili, nonché il rispetto del principio di sussidiarietà delle istituzioni pubbliche nei confronti del consorzio familiare (articolo 2).
      Nel rispetto dei princìpi suddetti, ai consultori pubblici, privati o gestiti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (articoli 12 e seguenti) è attribuito il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico che impediscono il pieno sviluppo della persona; di valorizzare il principio di corresponsabilità dei genitori nei confronti della prole; di realizzare una reale tutela sociale della maternità; di predisporre specifici programmi e percorsi di sostegno in favore di situazioni di particolare disagio; di promuovere attività di tutela, assistenza e consulenza a sostegno dei componenti del nucleo familiare e dei minori orfani, privi dell'assistenza dei genitori o sottoposti a violenze di qualsiasi genere; di favorire e sostenere la creazione di reti di solidarietà e di mutuo aiuto tra famiglie; di favorire gli istituti dell'adozione e dell'affido; di provvedere alla formazione e all'aggiornamento di operatori altamente qualificati nei servizi indicati (articolo 3).
      L'intervento normativo in esame, oltre a rafforzare le funzioni dei consultori nel settore sanitario (articolo 7) e della consulenza psicologica (articolo 6), anche in ordine alla prevenzione del disagio psichico giovanile e familiare, attribuisce ad essi specifiche funzioni educative (articolo 4) e giuridiche (articolo 5): si prevede, infatti, che le suddette strutture svolgano attività di educazione alla cultura familiare e di formazione alle responsabilità derivanti da un progetto di vita comune, oltre a garantire un costante servizio di consulenza e di assistenza giuridiche. Il rilancio del ruolo dei consultori risulta ancora più necessario se si considerano le nuove problematiche e le patologie proprie della società moderna che richiedono una risposta altamente qualificata, proprio attraverso una profonda revisione della materia di cui alla legge n. 405 del 1975. In tutta la loro gravità si presentano oggi casi di pedofilia, abuso e violenza sessuale; i genitori evidenziano maggiori difficoltà nell'assolvimento dei compiti di cura e di educazione dei figli; le conflittualità intraconiugali e intrafamiliari sfociano in sofferti procedimenti di separazione e di divorzio; risultano sempre più evidenti gli episodi di maltrattamento e di violenza intrafamiliare; il disagio preadolescenziale e giovanile rappresenta una costante emergenza, poiché oltre alle problematiche e alle patologie di salute mentale, di alcolismo, di tossicodipendenza, nonché di dipendenza in senso lato, sono emersi problemi connessi all'alimentazione (obesità, bulimia e anoressia mentale).
      Per la prima volta si riconoscono il ruolo e l'importanza dell'attività dei soggetti del volontariato, dell'associazionismo familiare e femminile, della cooperazione sociale e degli enti non profit e profit operanti nei predetti settori di intervento (articolo 1). Il volontariato, nel rispetto del pluralismo culturale, deve svolgere un ruolo di ausilio nell'ambito della rete di servizi a tutela della maternità responsabile; la cooperazione tra le organizzazioni di volontariato e le strutture pubbliche consultoriali e ospedaliere, nonché con tutti gli altri servizi socio-sanitari operanti sul territorio, appare lo strumento più idoneo a perseguire gli obiettivi di tutela della maternità e di prevenzione affermati solennemente dalla legge n. 194 del 1978.
      Al fine di promuovere la cultura familiare nell'ambito delle istituzioni pubbliche e private, il rispetto della stessa da parte di tutti i soggetti operanti nella società civile e il potenziamento della rete consultoriale, è istituita l'Autorità nazionale per le politiche familiari (articolo 15), dotata di funzioni normative, consultive, sanzionatorie nonché di vigilanza e di controllo. Essa si configura come organo collegiale i cui membri sono designati dalle associazioni nazionali più rappresentative della cultura familiare, dalle organizzazioni nazionali più rappresentative dei consultori e dal Ministro delle politiche per la famiglia (articolo 21). È inoltre prevista, in ogni singola regione, la costituzione di un'autorità regionale per le politiche familiari (articolo 22) che esercita funzioni integrative, oltre a quelle delegate dall'Autorità nazionale; ad essa è attribuita l'istituzione, nell'ambito territoriale di competenza, di un comitato bioetico indipendente per la valutazione dei servizi consultoriali, la cui composizione è improntata a criteri di interdisciplinarietà (articolo 23).
      Notevole rilievo assume, inoltre, la disposizione istitutiva del Fondo nazionale per l'assistenza alla maternità (articolo 26).
      È auspicabile che questa proposta di legge possa essere approvata in tempi rapidi, affinché il legislatore, conscio del fondamentale ruolo della famiglia, metta in campo nuovi strumenti a sostegno della stessa e soprattutto misure che ne riconoscano in modo coerente il suo carattere di soggetto attivo, titolare di diritti e di doveri.


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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Istituzione del servizio dei consultori familiari).

      1. Lo Stato promuove l'istituzione di consultori familiari a tutela e a sostegno della famiglia, della maternità, dell'infanzia e dei giovani in età evolutiva.
      2. I consultori familiari esercitano le loro funzioni nei seguenti settori:

          a) educativo;

          b) giuridico;

          c) della consulenza psicologica;

          d) sanitario.

      3. I consultori familiari sono un servizio di base, pubblico e gratuito, e fanno parte del complesso dei servizi garantiti dal Ministero della salute e dal Ministero della solidarietà sociale.
      4. I consultori familiari sono distinti in:

          a) consultori gestiti da comuni, loro consorzi o da enti pubblici;

          b) consultori promossi o gestiti da organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), quali istituzioni sociali a fini pubblici;

          c) consultori facenti capo a strutture private lucrative.

      5. I consultori familiari possono ottenere il riconoscimento e l'accreditamento in base alla legislazione vigente in materia.
      6. Lo Stato riconosce il ruolo e l'importanza dell'attività dei soggetti del volontariato, dell'associazionismo familiare e femminile, della cooperazione sociale e degli enti non profit e profit operanti nei settori di cui al comma 2.

Art. 2.
(Princìpi ispiratori).

      l. Costituiscono princìpi ispiratori per la realizzazione dei servizi di cui all'articolo 1:

          a) la tutela della vita in tutte le sue fasi, fin dal concepimento, con particolare attenzione alla gestante, al periodo prenatale e all'infanzia;

          b) il riconoscimento dell'alto valore della maternità e della paternità;

          c) la valorizzazione della famiglia, quale società naturale fondata sul matrimonio, istituzione finalizzata al servizio della vita, all'istruzione e all'educazione dei figli, soggetto politico garante dei diritti inviolabili della persona e dell'adempimento dei doveri di solidarietà familiare, intergenerazionale e sociale;

          d) l'attribuzione alle associazioni familiari e femminili e alle organizzazioni senza scopo di lucro, che promuovono la cultura familiare, ai sensi degli articoli 2, 3, 29, 30, 31, 37 e 53 della Costituzione, della funzione di istituzioni sociali, costituite nell'esercizio dei diritti fondamentali di libertà della persona, i cui fini conformi all'ordinamento sono recepiti come fini pubblici ai sensi della presente legge;

          e) il rispetto del principio di sussidiarietà delle istituzioni pubbliche nei confronti della famiglia.

Art. 3.
(Finalità dei consultori familiari).

      1. I consultori familiari perseguono i seguenti obiettivi, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 2:

          a) rimuovere gli ostacoli di ordine sociale, culturale ed economico che impediscono il pieno sviluppo della persona;

          b) valorizzare il principio di corresponsabilità dei genitori nei confronti della prole, garantendo il diritto alla procreazione libera e consapevole, anche attraverso l'offerta di opportunità e di idonei sostegni volti a rimuovere limitazioni dovute a infertilità o a stati di bisogno economico e di disagio;

          c) realizzare una reale tutela sociale della maternità, potenziando l'assistenza sanitaria e sociale e favorendo interventi volti a prevenire e a rimuovere difficoltà economiche, sociali e familiari che, in applicazione dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194, possano indurre la madre all'interruzione volontaria della gravidanza, prevedendo anche l'erogazione di fondi destinati alle donne in difficoltà economica a causa della gravidanza;

          d) predisporre specifici programmi e percorsi di sostegno in favore di situazioni di particolare disagio, ivi comprese quelle conseguenti a provvedimenti giudiziari afferenti a separazione legale o a divorzio;

          e) promuovere attività di tutela, di assistenza e di consulenza a sostegno dei componenti del nucleo familiare, dei minori orfani o comunque privi dell'assistenza dei genitori, delle vittime della violenza anche sessuale, nonché dei minori sottoposti a maltrattamenti, abusi e abbandoni e della coppia, della madre e del bambino vittime di violenze familiari;

          f) favorire e sostenere la realizzazione di reti di solidarietà e di mutuo aiuto tra famiglie, nonché di forme di autorganizzazione e di imprenditorialità al fine di integrare i compiti di cura familiari;

          g) favorire gli istituti dell'adozione e dell'affido familiare;

          h) prevedere la formazione e l'aggiornamento degli operatori dei servizi alla famiglia.

Art. 4.
(Funzioni nel settore educativo).

      1. I consultori familiari svolgono attività di educazione alla cultura familiare e di formazione alle responsabilità proprie della società familiare, secondo i princìpi di cui agli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione. In particolare, essi contribuiscono:

          a) alla preparazione della coppia al matrimonio, alle scelte di paternità e di maternità responsabili, al rispetto della vita fin dal concepimento e all'educazione della prole;

          b) alla preparazione della coppia e della famiglia all'esercizio dei doveri di solidarietà familiare e parentale, in particolare nei confronti dei minori e degli anziani;

          c) alla preparazione della coppia e della famiglia all'esercizio delle funzioni sociali.

Art. 5.
(Funzioni nel settore giuridico).

      1. I consultori familiari garantiscono un servizio di consulenza e di assistenza giuridiche alla famiglia, finalizzato alla risoluzione delle problematiche giuridiche relative alla società familiare. In particolare, essi forniscono:

          a) consulenza e assistenza prematrimoniali;

          b) consulenza e assistenza in ordine alle problematiche familiari;

          c) consulenza e assistenza in ordine ai conflitti tra coniugi, anche in sede giudiziaria;

          d) consulenza e assistenza in ordine agli istituti dell'affido familiare e dell'adozione;

          e) consulenza e assistenza ai coniugi nelle relazioni della famiglia con la scuola, con il mondo del lavoro e con le amministrazioni pubbliche e private.

      2. I consultori familiari esercitano le funzioni di cui al comma 1 cooperando con le autorità giudiziarie competenti, le quali sono tenute a richiedere l'intervento consultoriale, secondo le modalità di cui all'articolo 11, nei procedimenti relativi a questioni di diritto familiare, e in particolare:

          a) nei procedimenti di autorizzazione del minore a contrarre matrimonio;

          b) nei procedimenti relativi alla mediazione e alla separazione legale dei coniugi, allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio;

          c) nei procedimenti relativi all'impugnativa e alla nullità del matrimonio;

          d) nei procedimenti relativi al riconoscimento dei figli naturali;

          e) nei procedimenti relativi all'adozione e all'affido familiare;

          f) nei procedimenti relativi alle questioni tutelari e patrimoniali concernenti i minori, i disabili, gli anziani e le persone incapaci di intendere e di volere.

Art. 6.
(Funzioni nel settore della consulenza psicologica).

      1. I consultori familiari costituiscono parte della rete di servizi destinata ad aiutare psicologicamente la famiglia, anche in ordine alla prevenzione del disagio psichico giovanile e familiare. In particolare, essi contribuiscono:

          a) alla maturazione psicoaffettiva e sessuale dei membri della famiglia e, in modo specifico, dei minori, in collaborazione con le istituzioni scolastiche e con le aggregazioni giovanili in ogni campo e, in modo specifico, con gli oratori e con gli enti che svolgono attività similari;

          b) alla preparazione psicologica alla genitorialità nel contesto della famiglia naturale, adottiva, affidataria e allocataria, avendo specifico riguardo alla posizione del minore.

Art. 7.
(Funzioni nel settore sanitario).

      1. I consultori familiari erogano prestazioni di consulenza e di assistenza mediche nel servizio alla vita, nell'educazione sanitaria della famiglia, nella procreazione responsabile, nella sterilità coniugale, nei servizi di sessuologia e di genetica familiare e in ogni altra funzione presupposta o connessa con i servizi citati. In particolare, essi promuovono:

          a) la conoscenza e l'applicazione di metodiche per l'esercizio della maternità e della paternità responsabili;

          b) l'istituzione di servizi alla famiglia per la consulenza domiciliare, con particolare attenzione alla formazione nel campo dell'assistenza sanitaria agli anziani e ai disabili.

      2. I procedimenti e gli atti sanitari di interruzione della maternità sono esclusi dalla competenza consultoriale.
      3. Il medico che rilascia il documento di cui al quarto comma dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, ne dà, altresì, immediata comunicazione al consultorio familiare del luogo dove risiede la donna o ad altro consultorio da lei scelto. Tale comunicazione è effettuata con rigorosa riservatezza e ne è informata la donna, alla quale è ricordato il suo dovere morale di collaborare nel tentativo di superare le difficoltà che l'hanno indotta a chiedere l'interruzione volontaria della gravidanza. Il consultorio, ricevuta la comunicazione, prende contatto con la donna alla quale è stato rilasciato il citato documento e le offre ogni possibile aiuto al fine di favorire la prosecuzione della gravidanza.

Art. 8.
(Interventi a sostegno della maternità).

      1. I consultori familiari erogano in favore della donna in stato di gravidanza e del nascituro, qualora la donna abbia un reddito che, ai sensi della normativa vigente in materia, non superi la soglia di povertà, un assegno mensile per un periodo di un anno, rinnovabile fino al raggiungimento del quinto anno di età del bambino, determinato ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 26, comma 3.

Art. 9.
(Coordinamento).

      1. I consultori familiari svolgono attività per il coordinamento dei servizi esistenti necessari alla soluzione delle problematiche familiari loro sottoposte. In particolare, essi sono legittimati a:

          a) richiedere l'erogazione di uno o più servizi esistenti a favore del soggetto o del nucleo familiare che di tale servizio necessita;

          b) svolgere l'attività di pianificazione e di graduazione dei servizi necessari per la realizzazione del programma di accompagnamento richiesto e per la soluzione delle problematiche familiari.

Art. 10.
(Personale dei consultori familiari).

      1. Per lo svolgimento delle proprie attività, i consultori familiari si avvalgono di personale di consulenza e di assistenza in possesso di titoli qualificati, nonché dell'abilitazione all'esercizio professionale, ove prescritta, e dell'iscrizione al relativo albo.
      2. In ciascun consultorio familiare è garantita la presenza almeno delle seguenti figure professionali: consulente familiare per l'accoglienza e per il coordinamento degli interventi, esperto in materia bioetica, giurista esperto di diritto di famiglia, ginecologo, pediatra, psichiatra, ostetrica, pedagogista, psicologo, mediatore familiare, assistente sociale. Possono anche far parte della équipe consultoriale esperti in discipline antropologiche e sociali, oltre che personale del volontariato e delle associazioni familiari e femminili, purché in possesso di specifici titoli relativi alle discipline di cui al presente comma.
      3. Al fine di assicurare la presenza all'interno dei consultori familiari delle figure professionali necessarie ai sensi del comma 2, i consultori possono stipulare convenzioni con enti pubblici ovvero con ONLUS, organismi di cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati che si prefiggono finalità analoghe a quelle indicate dall'articolo 3.

Art. 11.
(Procedimenti giudiziari).

      1. Nei procedimenti giudiziari relativi alla separazione legale dei coniugi, al divorzio, all'adozione, all'affido familiare, all'interdizione e all'inabilitazione e a quelli relativi, in generale, a questioni di diritto familiare, l'autorità giudiziaria può assumere le proprie determinazioni solo dopo aver acquisito il previo parere di un consultorio familiare accreditato.
      2. Il consultorio familiare provvede a rendere il parere di cui al comma 1 entro il termine di volta in volta determinato dall'autorità giudiziaria e, comunque, non oltre quattro mesi dalla comunicazione della richiesta formulata dall'autorità giudiziaria che, in mancanza, provvede in ogni caso.
      3. Nei procedimenti di separazione legale di natura contenziosa e di divorzio, l'autorità giudiziaria, una volta esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione tra i coniugi e adottati i provvedimenti presidenziali temporanei e urgenti ritenuti opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, anche al fine dell'acquisizione del parere di cui al comma 1, sospende il procedimento, per un periodo non superiore a sei mesi, rinviando il caso a un consultorio familiare accreditato. Quest'ultimo, sentiti i coniugi, li aiuta nell'ambito di una mediazione familiare a comporre i propri conflitti e a concordare il regime familiare e, in ogni caso, rende il parere di cui al citato comma 1.

Capo II
STRUTTURA DEI CONSULTORI FAMILIARI

Art. 12.
(Struttura dei consultori familiari pubblici).

      1. I consultori familiari pubblici dipendono dai comuni o dagli enti pubblici che li hanno istituiti.
      2. I consultori familiari pubblici possono essere consorziati tra loro o con strutture cui possono partecipare le associazioni familiari e femminili riconosciute e gli enti pubblici e privati non profit che operano nel campo familiare.
      3. Con provvedimento della regione o della provincia competente, i consultori familiari pubblici possono essere trasformati in strutture consortili regionali o provinciali e operare per gli altri consultori familiari e per le strutture di servizio alla famiglia quali consultori familiari di riferimento, rispettivamente, in ambito regionale o provinciale.

Art. 13.
(Gestione dei servizi consultoriali familiari pubblici).

      1. Gli enti pubblici provvedono alla gestione dei servizi consultoriali familiari nelle seguenti forme:

          a) in economia, quando per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non è opportuno costituire un'istituzione o un'azienda;

          b) in concessione a terzi, quando sussistono ragioni tecniche, economiche o di opportunità sociale;

          c) a mezzo di azienda speciale, per la gestione di servizi di rilevanza economica e imprenditoriale;

          d) a mezzo di istituzione, per l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;

          e) a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata, anche a prevalente capitale privato, costituite o partecipate dal comune, quando è opportuna la partecipazione di più soggetti pubblici o privati in relazione alla natura o all'ambito territoriale del servizio;

          f) a mezzo di fondazioni o di soggetti riconosciuti come persone giuridiche, costituiti o partecipati dall'ente titolare del servizio.

Art. 14.
(Struttura dei consultori familiari istituiti o gestiti da ONLUS e dei consultori familiari privati).

      1. I consultori familiari istituiti o gestiti da ONLUS e quelli privati con fini di lucro sono costituiti, retti e amministrati secondo le norme del diritto privato, nel rispetto delle autonomie e delle funzioni definite nei rispettivi atti costitutivi e statuti.
      2. I consultori familiari di cui al comma 1 possono essere riconosciuti, accreditati e convenzionati dalle regioni secondo la normativa vigente in materia.
      3. I consultori familiari privati senza scopo di lucro, quali istituzioni sociali i cui fini, secondo quanto previsto dall'articolo 2, sono recepiti come fini pubblici, hanno struttura associativa, fondazionale o societaria.
      4. L'accreditamento e il convenzionamento dei consultori familiari di cui al comma 3 possono essere richiesti e ottenuti, nel rispetto della normativa vigente in materia, per tutti o solo per alcuni dei servizi consultoriali familiari previsti dalla presente legge.

Capo III
AUTORITÀ NAZIONALE PER LE POLITICHE FAMILIARI

Art. 15.
(Istituzione dell'Autorità nazionale per le politiche familiari).

      1. È istituita l'Autorità nazionale per le politiche familiari, di seguito denominata «Autorità», con sede a Roma.
      2. L'Autorità esplica le seguenti funzioni:

          a) normativa;

          b) di vigilanza e di controllo;

          c) divulgativo-informativa;

          d) consultiva;

          e) sanzionatoria.

      3. L'Autorità promuove:

          a) la cultura familiare nell'ambito delle istituzioni pubbliche e private;

          b) il rispetto della cultura familiare da parte di tutti i soggetti pubblici e privati che operano nell'ambito della società civile;

          c) la compatibilità dell'esercizio delle funzioni pubbliche e private con l'esercizio delle funzioni familiari, in particolare di quelle connesse all'educazione, alla formazione e allo sviluppo dei membri della comunità familiare;

          d) il potenziamento della rete consultoriale familiare.

Art. 16.
(Funzione normativa).

      1. L'Autorità emana direttive, nel rispetto delle autonomie statutarie dei soggetti erogatori di servizi alla famiglia, e determina, con proprie disposizioni, i princìpi fondamentali in ordine:

          a) all'esercizio, da parte dei consultori familiari, delle funzioni educative, giuridiche, psicologiche, sanitarie e assistenziali di cui alla presente legge;

          b) alla definizione delle procedure di autorizzazione, di accreditamento e di convenzionamento dei consultori familiari;

          c) alla gestione delle risorse di cui agli articoli 24, 25 e 26 e alla loro attribuzione ai consultori familiari di enti pubblici e di ONLUS;

          d) alla certificazione della qualità dei servizi destinati alla famiglia resi dai consultori familiari, sulla base di un regolamento che la stessa Autorità adotta, nel rispetto dei princìpi dell'ordinamento, entro un anno dalla data della sua costituzione;

          e) alla determinazione di adeguati livelli di qualità nella prestazione dei servizi alla famiglia, da rendere in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale;

          f) alla definizione di un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e di consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Parlamento e dal Governo.

Art. 17.
(Funzione di vigilanza e di controllo).

      1. Nell'esercizio della funzione di vigilanza e di controllo, l'Autorità:

          a) detta regole di principio in ordine ai criteri da osservare nell'erogazione dei servizi consultoriali familiari e alle misure da adottare al fine di assicurare la parità di trattamento tra gli utenti e di garantire la continuità della prestazione dei servizi medesimi;

          b) detta regole di principio in ordine ai criteri da adottare nella verifica periodica della qualità e dell'efficacia delle prestazioni, allo scopo acquisendo anche la valutazione degli utenti; in ordine ai metodi di divulgazione delle informazioni circa le modalità di prestazione dei servizi consultoriali familiari e i relativi livelli qualitativi, al fine di consentire a utenti e a consumatori il più agevole accesso agli uffici aperti al pubblico, di ridurre il numero degli adempimenti richiesti agli utenti semplificando le procedure per l'erogazione del servizio consultoriale, e di assicurare la sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni nel rispetto dei livelli qualitativi e tariffari;

          c) detta direttive in ordine all'adozione di una carta di servizio pubblico, con indicazione di standard dei singoli servizi consultoriali familiari che ciascun soggetto esercente il servizio medesimo deve effettuare in base alle direttive sui princìpi dell'erogazione dei servizi pubblici;

          d) detta regole dirette a orientare l'attività relativa alla presentazione di reclami, istanze e segnalazioni da parte degli utenti, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio consultoriale familiare.

Art. 18.
(Funzione divulgativo-informativa).

      1. Nell'esercizio della funzione divulgativo-informativa, l'Autorità:

          a) detta regole per assicurare la più ampia pubblicità delle condizioni dei servizi consultoriali familiari;

          b) studia l'evoluzione del settore e dei singoli servizi consultoriali familiari, anche per modificare condizioni tecniche, giuridiche ed economiche relative allo svolgimento e all'erogazione dei medesimi servizi;

          c) promuove iniziative volte a migliorare la modalità di erogazione dei servizi consultoriali familiari;

          d) presenta annualmente al Parlamento e al Governo una relazione sullo stato dei servizi consultoriali familiari e sull'attività svolta;

          e) detta norme per pubblicizzare e diffondere la conoscenza delle condizioni di svolgimento dei servizi consultoriali familiari al fine di garantire la massima trasparenza, la concorrenzialità dell'offerta e la possibilità di migliori scelte da parte degli utenti intermedi o finali.

Art. 19.
(Funzione consultiva).

      1. Nell'esercizio della funzione consultiva, l'Autorità svolge attività di consulenza e di segnalazione al Governo nelle materie di propria competenza, anche ai fini della definizione, del recepimento e dell'attuazione della normativa comunitaria vigente in materia.

Art. 20.
(Funzione sanzionatoria).

      1. Nell'esercizio della funzione sanzionatoria, l'Autorità fissa norme in ordine:

          a) alla sospensione e alla revoca dell'autorizzazione allo svolgimento del servizio consultoriale familiare, salvo che il fatto costituisca reato, in caso di inosservanza dei provvedimenti delle autorità regionali di cui all'articolo 22 o in caso di mancata ottemperanza da parte dei soggetti esercenti il servizio consultoriale familiare;

          b) alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli, ovvero nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non sono veritieri.

Art. 21.
(Composizione dell'Autorità).

      1. L'Autorità è organo collegiale composto dal presidente e da dieci membri, costituiti in consiglio di amministrazione, di cui sei designati dalle associazioni nazionali più rappresentative della cultura familiare e dalle organizzazioni nazionali più rappresentative dei consultori familiari e cinque, tra cui il presidente, designati dal Ministro delle politiche per la famiglia.
      2. Le designazioni effettuate dal Ministro delle politiche per la famiglia sono previamente sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
      3. In nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle competenti Commissioni parlamentari a maggioranza dei due terzi dei componenti.
      4. Le competenti Commissioni parlamentari possono procedere all'audizione delle persone designate.
      5. In sede di prima attuazione della presente legge, le competenti Commissioni parlamentari si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta del parere; decorso tale termine il parere è espresso a maggioranza assoluta.
      6. I componenti dell'Autorità sono scelti tra persone dotate di alte e riconosciute professionalità e competenza nel settore, durano in carica cinque anni e possono essere confermati.
      7. A pena di decadenza i componenti dell'Autorità non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza nei consultori familiari, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza dell'Autorità.
      8. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche nominati componenti dell'Autorità sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico.
      9. I componenti e i funzionari dell'Autorità, nell'esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio.
      10. Fatta salva la riserva all'organo collegiale di adottare i provvedimenti nelle materie allo stesso riservate, per garantire la responsabilità e l'autonomia nello svolgimento delle procedure istruttorie, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, si applicano i princìpi riguardanti l'individuazione e le funzioni del responsabile del procedimento, nonché quelli relativi alla distinzione tra funzioni di indirizzo e di controllo, attribuite agli organi di vertice, e funzioni di gestione, attribuite ai dirigenti.
      11. Le indennità spettanti ai componenti dell'Autorità sono determinate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Capo IV
AUTORITÀ REGIONALI PER LE POLITICHE FAMILIARI

Art. 22.
(Autorità regionali per le politiche familiari).

      1. L'Autorità istituisce in ogni singola regione, d'intesa con la regione interessata, un'autorità regionale per le politiche familiari, di seguito denominata: «autorità regionale», retta da un organo collegiale composto da un presidente e da dieci membri, di cui sei designati dalle associazioni regionali più rappresentative della cultura familiare e dalle organizzazioni regionali più rappresentative dei consultori familiari e cinque, tra cui il presidente, designati dalla regione.
      2. L'autorità regionale, nell'ambito territoriale di propria competenza:

          a) esercita la funzione normativa integrativa, nelle materie indicate all'articolo 16, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dall'Autorità;

          b) adotta i provvedimenti necessari a dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 16;

          c) esercita le funzioni delegate dall'Autorità.

      3. Le funzioni di competenza delle autorità regionali possono essere esercitate in via sostitutiva dall'Autorità, direttamente o tramite commissari, in caso di inerzia dell'autorità regionale.

      4. Alle autorità regionali compete, altresì, l'esercizio della funzione consultiva di cui all'articolo 19 nei confronti degli organi di governo regionale.

Art. 23.
(Comitati bioetici).

      1. Le autorità regionali istituiscono, ciascuna nel proprio ambito territoriale, un comitato bioetico indipendente per la valutazione dei servizi consultoriali familiari, composto secondo criteri di interdisciplinarietà.
      2. La composizione dei comitati bioetici deve garantire le qualifiche e l'esperienza necessarie a valutare gli aspetti bioetici connessi ai servizi di competenza dei consultori familiari.
      3. Ai fini di cui al comma 2, i comitati bioetici devono comprendere almeno:

          a) un esperto in materia di bioetica;

          b) un giurista;

          c) un medico legale;

          d) un farmacologo.

      4. I comitati bioetici valutano, in relazione alla propria competenza, la programmazione dei servizi consultoriali familiari e vigilano, ciascuno nell'ambito territoriale di competenza, sulla conformità dei medesimi servizi ai princìpi bioetici.

Capo V
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 24.
(Contributo alle regioni per i servizi resi dai consultori familiari).

      1. Lo Stato assegna alle regioni 20 milioni di euro annui per finanziare i servizi consultoriali familiari previsti dalla presente legge, resi da tutti i consultori familiari accreditati.
      2. L'importo di cui al comma 1 è ripartito tra le regioni entro il mese di febbraio di ogni anno con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei seguenti criteri:

          a) il 50 per cento in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione;

          b) il 50 per cento in proporzione ai tassi di natalità e di mortalità infantili quali risultano dai dati ufficiali dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) relativi al penultimo anno precedente a quello della ripartizione.

      3. Le somme non impiegate in un esercizio possono essere impiegate negli anni successivi.
      4. I finanziamenti di cui al presente articolo possono essere integrati dalle regioni, dalle province, dai comuni o dai consorzi di comuni direttamente o attraverso altre forme da essi stabilite.
      5. Le regioni provvedono a definire i criteri e le condizioni per la fruizione gratuita del servizio reso dai consultori familiari accreditati, stabilendo negli altri casi il pagamento di un ticket differenziato per fasce di reddito e in funzione del numero dei componenti del nucleo familiare.

Art. 25.
(Disposizioni fiscali).

      1. Le donazioni di denaro o di beni mobili o immobili, effettuate da persone fisiche o da persone giuridiche in favore di consultori familiari pubblici o di consultori familiari istituiti o gestiti da ONLUS sono esenti da ogni imposta.
      2. Le persone fisiche o giuridiche che effettuano le donazioni di cui al comma 1 possono detrarre dal loro reddito annuo imponibile il 19 per cento del valore della donazione, documentato per i beni non in denaro da perizie tecniche giurate, fino a un massimo di 40.000 euro.
      3. Le persone fisiche o giuridiche che prestano attività di volontariato, professionale e gratuita, in favore dei consultori familiari di cui al comma 1, documentata da perizie tecniche giurate redatte da un esperto specialista della specifica materia, sulla base dei minimi tariffari professionali ove previsti e, in mancanza, degli usi e delle consuetudini, possono detrarre dal loro reddito annuo imponibile il 19 per cento del valore della prestazione, fino a un massimo di 15.000 euro.

Art. 26.
(Fondo nazionale per l'assistenza alla maternità).

      1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Fondo nazionale per l'assistenza alla maternità e per progetti di ricerca sulla famiglia, di seguito denominato «Fondo», con una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008.
      2. Il Fondo è ripartito tra le regioni sulla base dei seguenti criteri:

          a) il 50 per cento in proporzione alla popolazione residente in ciascuna regione:

          b) il 50 per cento in proporzione ai tassi di natalità e di mortalità infantili quali risultano dai dati ufficiali dell'ISTAT relativi al penultimo anno precedente a quello della ripartizione.

      3. Le regioni provvedono alla determinazione dei criteri di erogazione e di fruizione del Fondo da parte dei consultori pubblici e istituiti o gestiti da ONLUS, determinando l'entità degli assegni di cui all'articolo 8. Le regioni provvedono altresì al controllo del Fondo.

Art. 27.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 24, pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per il 2008, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2008 e a 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale.
      2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 25 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le politiche della famiglia di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
      3. All'onere derivante dell'attuazione all'articolo 26, pari a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2008 e a 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010, l'accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2009, l'accantonamento relativo al Ministero della solidarietà sociale.

Capo VI
DISPOSIZIONI ATTUATIVE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 28.
(Norme di attuazione).

      1. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono definiti:

          a) le procedure relative alle attività svolte dall'Autorità e dalle autorità regionali idonee a garantire agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio, in forma scritta e orale, e la verbalizzazione;

          b) i criteri, le condizioni, i termini e le modalità per l'esperimento delle procedure di conciliazione o di arbitrato in contraddittorio presso l'Autorità e le autorità regionali nei casi di controversie insorte tra utenti e soggetti esercenti il servizio consultoriale familiare, prevedendo altresì i casi in cui tali procedure di conciliazione o di arbitrato possono essere rimesse in prima istanza alle commissioni arbitrali e conciliative istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.

      2. Fino alla scadenza del termine fissato per la presentazione delle istanze di conciliazione o di deferimento agli arbitri, sono sospesi i termini per il ricorso in sede giurisdizionale che, se proposto, è improcedibile.
      3. Il verbale di conciliazione o la decisione arbitrale costituiscono titolo esecutivo. I ricorsi avverso gli atti e i provvedimenti dell'Autorità e delle autorità regionali rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e sono proposti al tribunale amministrativo regionale ove ha sede l'Autorità o l'autorità regionale interessata.
      4. La pubblicità di atti e di procedimenti dell'Autorità e delle autorità regionali è assicurata anche attraverso un apposito bollettino pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.
      5. L'Autorità e le autorità regionali hanno autonomia organizzativa, contabile e amministrativa.
      6. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione dell'Autorità e delle autorità regionali sono soggetti al controllo della Corte dei conti e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.
      7. L'Autorità e le autorità regionali, con propri regolamenti, definiscono, entro un mese dalla data della loro costituzione, le norme concernenti l'organizzazione interna e il funzionamento, la pianta organica del personale di ruolo, l'ordinamento delle carriere, nonché, in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali e organizzative, il trattamento giuridico ed economico del personale. All'Autorità e alle autorità regionali non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
      8. Il reclutamento del personale di ruolo previsto nella pianta organica dell'Autorità e delle autorità regionali avviene mediante pubblico concorso, ad eccezione delle categorie per le quali sono previste assunzioni in base all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni.
      9. In sede di prima attuazione della presente legge, l'Autorità e le autorità regionali provvedono alla copertura dei posti delle rispettive piante organiche mediante apposita selezione, anche nell'ambito del personale dipendente da pubbliche amministrazioni in possesso delle competenze e dei requisiti di professionalità ed esperienza richiesti per l'espletamento delle singole funzioni e tale da garantire la massima neutralità e imparzialità, comunque nella misura massima del 50 per cento dei posti previsti nella pianta organica.
      10. Il personale dipendente in servizio anche in forza di contratto a tempo determinato presso l'Autorità e le autorità regionali non può assumere altro impiego o incarico né esercitare altra attività professionale, anche se a carattere occasionale. Tale personale, inoltre, non può avere interessi diretti o indiretti nelle imprese del settore.
      11. La violazione dei divieti di cui al comma 10 costituisce causa di decadenza dall'impiego ed è punita, ove il fatto non costituisca reato, con una sanzione amministrativa pecuniaria pari, nel minimo, a 2.583 euro e, nel massimo, alla maggiore somma tra 25.823 euro e l'importo del corrispettivo percepito.
      12. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, uno o più regolamenti volti a trasferire le ulteriori competenze connesse a quelle attribuite all'Autorità e alle autorità regionali dalla presente legge, nonché a riorganizzare o a sopprimere gli uffici e a rivedere le piante organiche delle amministrazioni pubbliche interessate dall'applicazione della presente legge.
      13. A decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui al comma 12 sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano gli uffici soppressi o riorganizzati.
      14. I regolamenti di cui al comma 12 indicano espressamente le disposizioni abrogate ai sensi del comma 13.
      15. Il soggetto esercente il servizio consultoriale familiare predispone un regolamento di servizio nel rispetto dei princìpi di cui alla presente legge.
      16. All'onere derivante dall'istituzione e dal funzionamento dell'Autorità e delle autorità regionali, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      17. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 29.
(Norme transitorie e finali).

      1. All'Autorità e alle autorità regionali sono trasferite, secondo le rispettive competenze nazionali e regionali, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le funzioni amministrative esercitate da organi statali e da altri enti e amministrazioni pubblici, anche a ordinamento autonomo, relative alle loro attribuzioni. Sono fatte salve le funzioni di indirizzo nei settori spettanti al Governo e le attribuzioni riservate alle autonomie locali.
      2. Restano ferme le competenze e le attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni adottano le norme necessarie per l'attuazione, in sede regionale, della presente legge.

Art. 30.
(Abrogazioni).

      1. La legge 29 luglio 1975, n.405, e successive modificazioni, è abrogata.
      2. L'articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n.194, è abrogato.

Art. 31.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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