ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/13569

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 533 del 12/10/2011
Ex numero atto
Precedente numero assegnato: 5/05040
Firmatari
Primo firmatario: MOSCA ALESSIA MARIA
Gruppo: PARTITO DEMOCRATICO
Data firma: 12/10/2011
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
CODURELLI LUCIA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
DAMIANO CESARE PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
BELLANOVA TERESA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
BERRETTA GIUSEPPE PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
BOBBA LUIGI PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
BOCCUZZI ANTONIO PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
GATTI MARIA GRAZIA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
GNECCHI MARIALUISA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
MADIA MARIA ANNA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
MATTESINI DONELLA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
MIGLIOLI IVANO PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
RAMPI ELISABETTA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
SANTAGATA GIULIO PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
SCHIRRU AMALIA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
POLLASTRINI BARBARA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
DE BIASI EMILIA GRAZIA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011
BRAGA CHIARA PARTITO DEMOCRATICO 12/10/2011


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
  • PARI OPPORTUNITA'
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI delegato in data 12/10/2011
Stato iter:
22/11/2011
Partecipanti allo svolgimento/discussione
RISPOSTA GOVERNO 22/11/2011
Fasi iter:

RISPOSTA PUBBLICATA IL 22/11/2011

CONCLUSO IL 22/11/2011

Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-13569
presentata da
ALESSIA MARIA MOSCA
mercoledì 12 ottobre 2011, seduta n.533

MOSCA, CODURELLI, DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, RAMPI, SANTAGATA, SCHIRRU, POLLASTRINI, DE BIASI e BRAGA. -
Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità.
- Per sapere - premesso che:

secondo notizie di stampa, la Ma-Vib di Inzago, provincia di Milano, che produce motori elettrici per impianti di condizionamento, ha deciso di metter in mobilità le sole lavoratrici, tredici operaie, della società. L'azienda a conduzione familiare, che conta anche 17 lavoratori maschi, ha deciso i licenziamenti dopo che le stesse operaie erano state le uniche lavoratrici dell'azienda ad essere interessate dalla cassa integrazione cosiddetta «singhiozzo» negli anni precedenti;

la decisione del provvedimento di licenziamento delle sole lavoratrici è stata adottata con la motivazione che le donne possono stare a casa a curare i figli e che, comunque, portano a casa il secondo stipendio;

la risposta delle organizzazioni sindacali non si è fatta attendere denunciando la profonda discriminazione perpetrata dall'azienda nei confronti delle lavoratrici, la violazione dei diritti dei lavoratori e delle norme sull'uguaglianza e pari opportunità sia italiane che europee;

la situazione in oggetto si inserisce in un quadro che vede la forza lavoro femminile fortemente penalizzata dalla crisi economica in atto. Il numero delle donne occupate è fermo al 46,4 per cento contro il 60 per cento che si sarebbe dovuto raggiungere ben due anni fa, secondo gli obiettivi stabiliti dall'Unione europea a Lisbona, mentre l'occupazione degli uomini è pari al 68,6 per cento. Preoccupante anche il numero di donne inattive. Oggi in Italia ci sono nove milioni e 679 mila donne che non lavorano e non studiano avendo rinunciato a cercare un'occupazione. Il tasso di inattività che è complessivamente pari al 37,8 per cento fra i 15 e i 64 anni sale al 45,8 per cento se si considerano solo le donne;

allarmanti anche gli ultimi dati pubblicati dall'Istat, secondo il quale nel primo trimestre, del 2011 la disoccupazione giovanile (15-64 anni) è salita al 29,6 per cento dal 28,8 per cento dello stesso periodo del 2010, con un picco del 46,1 per cento per le donne del mezzogiorno;

elemento fondamentale per aumentare l'occupazione femminile è l'ampliamento ai servizi per la prima infanzia, la condivisione del lavoro di cura dei figli, il sostegno agli anziani e ai non autosufficienti. Non a caso fino alla nascita del primo figlio lavorano 59 donne su 100, mentre dopo la maternità continuano a lavorare solo in 43, con un tasso di abbandono del 27,1 per cento;

la crisi economica non ha fatto altro che peggiorare la situazione delle lavoratrici adeguandosi al luogo comune che è meno grave che il posto di lavoro lo perda una donna anziché un uomo, mentre i continui tagli alle spese sociali fino ad ora portati avanti dal Governo, hanno penalizzato proprio quei servizi sul territorio che permetteremo alle donne di essere in parte sollevate dal lavoro di cura -:

se non si ritenga di dover intervenire direttamente, anche attraverso apposita ispezione, affinché sia fatta luce sull'episodio di cui in premessa;

se non si intenda attivare, in riferimento ad evidente episodio di discriminazione sul luogo del lavoro, l'intervento della Consigliera Nazionale di parità;

se non si ritenga, qualora l'episodio espresso in premessa risulti accertato, che si profili la violazione di princìpi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale nonché della legislazione europea e quali provvedimenti intenda adottare al riguardo. (4-13569)
Atto Camera

Risposta scritta pubblicata martedì 22 novembre 2011
nell'allegato B della seduta n. 552
All'Interrogazione 4-13569 presentata da
ALESSIA MARIA MOSCA

Risposta. - L'interrogazione parlamentare in esame concerne il supposto avvio da parte della Ma.Vib S.p.A. di Inzago (Milano) di procedure di licenziamento a carattere discriminatorio, in quanto coinvolgerebbero solamente dipendenti donne.
In proposito, si evidenzia che, in data 30 giugno 2011, la Direzione regionale del lavoro di Milano (DRL), in coordinamento con la Direzione provinciale del lavoro di Milano, ha effettuato un accesso ispettivo presso l'unità operativa della Ma.Vib S.p.A..
Nel corso del primo accesso e nel proseguo del procedimento, gli ispettori del Gruppo ispettivo regionale hanno provveduto ad acquisire la documentazione in materia di lavoro, con particolare riferimento a quella relativa alla Cassa integrazione guadagni ordinaria, e a raccogliere le dichiarazioni delle lavoratrici e dei lavoratori nonché del procuratore speciale della società lombarda.
In esito alle verifiche compiute, la Direzione regionale del lavoro ha rappresentato che presso lo stabilimento di Inzago sono in servizio 2 dirigenti (uomini), 11 impiegati (di cui 5 donne e 6 uomini), 27 operai (di cui 18 donne e 9 uomini). Nello specifico, l'azienda è articolata in tre reparti: «servizi commerciali ed amministrativi», composto da 9 addetti, di cui 5 donne e 1 operaio; «servizi di produzione» formato da 2 impiegati e 6 operai, tutti uomini, e il reparto «produzione» cui sono addetti 20 operai, di cui 17 donne e 3 uomini.
Dai riscontri effettuati, è emerso che la Cassa integrazione guadagni ordinaria, cui la società ha fatto ricorso per vari periodi a partire dal gennaio 2009, ha riguardato quasi esclusivamente il reparto «produzione», interessando tutti i lavoratori ivi addetti, che, come detto, sono in maggioranza donne. Inoltre, nel 2009 e nel 2010 (rispettivamente per 1 mese e per 6 mesi), la Cassa integrazione ha riguardato anche un'impiegata addetta ai «servizi commerciali e amministrativi», mentre nei mesi di maggio e giugno del 2011 è stato sospeso anche un operaio del reparto «servizi di produzione».
La Direzione regionale del lavoro di Milano ha, poi, comunicato che, dalle dichiarazioni rilasciate dalle lavoratrici, non è emerso alcun elemento che possa far desumere un comportamento aziendale teso ad ostacolare o in ogni caso a rendere meno agevole la fruizione della normativa in materia di maternità.
Con riferimento, invece, al licenziamento collettivo richiamato dall'interrogante, la regione Lombardia ha precisato che allo stato non risulta essere stata avviata alcuna procedura di mobilità presso i competenti organi regionali.
Secondo quanto riferito dalla regione stessa, l'ipotesi di licenziamento in danno delle dipendenti donne sarebbe emersa verbalmente nell'ambito delle relazioni fra sindacati ed azienda, ma non è mai stata formalizzata in alcun documento scritto esibito dalle parti.
La Regione Lombardia ha, inoltre, garantito la massima vigilanza ed attenzione sulla vicenda, ai fini della salvaguardia delle pari opportunità tra i lavoratori.
In particolare, il caso dell'azienda di Inzago è stato portato all'attenzione del Consiglio regionale e, su richiesta delle parti sociali, il 28 luglio 2011, si è svolta un'audizione presso la IV commissione consiliare - attività produttive e occupazione, in esito alla quale è stata riconfermata l'attenzione e la vigilanza delle istituzioni sulla vicenda in questione.
Inoltre, nel luglio scorso, è stato aperto un tavolo tecnico presso la provincia di Milano, la cui ultima riunione si è tenuta l'8 settembre 2011. Nell'ambito dei lavori le parti hanno valutato l'ipotesi di accedere, al termine della Cassa integrazioni guadagni fissato al 31 dicembre 2011, ad altri ammortizzatori sociali da concordarsi in sede tecnica.
Si evidenzia, tuttavia, che, ove si profilino ipotesi di condotte discriminatorie, dirette o indirette, il nostro ordinamento giuridico offre adeguate tutele ai lavoratori ed alle lavoratrici.
Infatti, rientra tra i compiti attribuiti alla consigliera nazionale di parità e alle consigliere di parità regionali o provinciali la tutela dei lavoratori contro le discriminazioni subite in ambito lavorativo.
In particolare, ai sensi dell'articolo 36 del codice per le pari opportunità tra uomini e donne (decreto legislativo n. 198 del 2006), il lavoratore o la lavoratrice che intenda agire in giudizio per la rimozione di qualunque discriminazione nell'accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione, può richiedere l'intervento delle consigliere o dei consiglieri di parità provinciali e regionali competenti per territorio, i quali hanno facoltà di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competente, per ottenere tutela.
Si segnala, altresì, che, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 37 del codice per le pari opportunità, qualora le consigliere o i consiglieri di parità regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, la consigliera nazionale rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo in violazione dei divieti di discriminazione, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni, prima di agire in giudizio, possono chiedere all'autore della discriminazione di predisporre un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine non superiore a centoventi giorni, sentite, nel caso di discriminazione posta in essere da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Nei casi di discriminazioni di carattere collettivo, le consigliere o i consiglieri di parità, possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti.
Al fine di favorire i lavoratori e le lavoratrici che versino in una situazione di discriminazione, l'articolo 40 del medesimo codice fissa il principio di inversione dell'onere della prova, stabilendo che quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione.
A questo proposito, si fa presente che con il decreto legislativo n. 150 del 1o settembre 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 220 del 2011, recante «Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione» sono state raccolte in un unico testo normativo tutte le disposizioni che disciplinano i procedimenti giudiziari previsti dalle leggi speciali, compresi quelli avverso le discriminazioni di cui all'articolo 44 del decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 4 del decreto legislativo n. 215 del 2003, all'articolo 4 del decreto legislativo n. 216 del 2003, all'articolo 3 della legge n. 67 del 2006 e all'articolo 55-quinquies del decreto legislativo n. 198 del 2006.
In conclusione, nel confermare la massima attenzione delle istituzioni a vario titolo coinvolte sulla vicenda della Ma Vib s.p.a., si rileva che, in seguito alle ispezioni svolte presso l'azienda e in base a quanto comunicato dalla regione Lombardia, non sono emersi elementi tali da far ritenere fondata la notizia riportata dai giornali circa l'avvio di una procedura di licenziamento discriminatorio a carico delle sole lavoratrici, infatti, non risulta mai formalizzata un'ipotesi in tal senso né avviata alcuna procedura di mobilità.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Luca Bellotti.