Primo firmatario: Gruppo: SINISTRA DEMOCRATICA - L'ULIVO Data firma: 10/07/1996
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario
Gruppo
Data firma
RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI
07/10/1996
MISTO
07/10/1996
Destinatari
Ministero destinatario:
MINISTERO DELL'INTERNO
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:
PRESENTATO IL 10/07/1996
Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che: lunedì 1^ luglio 1996, al termine di un intervento di polizia nel campo nomadi di via Casilina 700 a Roma, a tutti i nove cittadini bosniaci e croati ivi fermati e privi di permesso di soggiorno veniva consegnato in questura un decreto di espulsione; tali decreti di espulsione sono in corso di impugnazione innanzi al Tar del Lazio da parte dei legali del consiglio italiano per i rifugiati, sulla base della situazione di rifugiati di fatto da un territorio da considerarsi non ancora pacificato rivestita dagli interessati, che dunque in ogni caso non sono passibili di espulsione in base alla clausola di "non refoulement"; le modalità dell'intervento di polizia, operato con largo uso di uomini e mezzi, hanno comportato il precipitoso allontanamento di quasi tutti coloro, fra i 927 profughi e Rom dimoranti nel campo, che non avessero un permesso di soggiorno in regola, e la loro dispersione in altri campi e zone della città di Roma, spostando così, e non risolvendo affatto, il problema costituito dal campo più popolato e forse più invivibile d'Europa; il fermo dei pochi "irregolari" rimasti nel campo, e l'emissione di decreti di espulsione a loro carico, ha amplificato l'effetto di paura, contravvenendo inoltre, secondo gli organismi umanitari operanti nel campo, a precisi impegni assunti dalle autorità competenti in sede di comitato provinciale per l'ordine pubblico; l'esame della situazione dei nove espulsi dimostra la loro situazione di profughi di fatto, sia che siano giunti in questi anni dai territori in guerra, sia che risiedano da lungo tempo in Italia e vi abbiano messo radici che non possono certo essere recise con la loro espulsione negli stessi territori in guerra, dei quali conservano la nazionalità; infatti vi figura il signor Zahim Ahmetovic, bosniaco, privo di precedenti penali, entrato in Italia nel 1991 allo scoppio della guerra civile per unirsi ai genitori, con moglie e sei figli minori (e scolarizzati) a Roma, in attesa di passaporto dall'Ambasciata bosniaca di Milano per completare la domanda di soggiorno umanitario già inoltrata il 10 febbraio 1996 alla questura di Roma; la signora Humica Halilovic, croata ed in Italia da venti anni, erroneamente identificata dalla polizia come bosniaca (nel quale caso avrebbe a maggior ragione diritto alla qualifica di profuga); i fratelli bosniaci Djulijano e Gringo Halilovic, appartenenti ad una famiglia regolarmente residente da due decenni a Torino, venuti casualmente a Roma in occasione della morte di un parente; la signorina Senada Ahmetovic, bosniaca ma nata in Italia (a Vigevano), minorenne, con genitori regolarmente residenti a Vigevano, rientrata per l'ultima volta dalla Bosnia nel 1992 in piena guerra civile; l'altro minorenne bosniaco Safet Seferovic, fuggito recentemente da Sarajevo per timore di persecuzioni e per unirsi alla madre residente nel campo di via Casilina; il signor Mufik Seferovic, rientrato in Italia un mese fa dopo aver rinunciato alla richiesta di asilo politico in Germania perché non gli era concesso di convivere con il padre, già esule in quel Paese; la signora Elena Ahmetovic, cittadina bosniaca ma nata a Torino; infine la cittadina bosniaca Hatidza Sulejmanovic, entrata in Italia con il figlio minore, la madre e una sorella handicappata dopo la morte del padre nei bombardamenti di Sarajevo, alla quale è stato incomprensibilmente negato il soggiorno umanitario regolarmente richiesto; la situazione di irregolarità dei nove citati, e di migliaia di altri cittadini della ex Jugoslavia sia a Roma che in Italia, si deve soltanto all'applicazione restrittiva della legge n. 390, con l'esclusione dal soggiorno umanitario, attuata nel 1993 attraverso circolari dell'allora capo della polizia, di tutti coloro che fossero nel frattempo stati colpiti da decreti di espulsione, anche per semplice violazione delle norme sul soggiorno, o che fossero entrati in Italia prima dell'inizio convenzionale della guerra civile (cosiddetti rifugiati sur place); infatti i censimenti eseguiti, per iniziativa degli enti locali, sia a Roma sia in altre città, non hanno potuto che registrare una realtà di discriminazione, del tutto casuale o arbitraria, fra "regolari" e "irregolari" all'interno delle stesse famiglie, addirittura fra fratelli e fra genitori e figli, rendendo pressoché impraticabile ogni programmazione su scala familiare o plurifamigliare dell'accoglienza, dell'inserimento sociale e/o del rimpatrio in condizioni di sicurezza; la forzosa irregolarità del soggiorno, unita al requisito di non avere subìto condanne penali anche per reati lievi o con pene già scontate, ha escluso, per decisione del comune di Roma, molti profughi dall'accesso ai nuovi campi attrezzati, gonfiando di conseguenza campi "abusivi", come sono ancora la gran parte dei campi romani ed in particolare quello del Casilino, con gravi conseguenze sulla qualità della vita dei profughi (Rom e non) e nell'impatto sul territorio urbano; la situazione del campo del Casilino è stata ulteriormente aggravata dall'assenza di allacciamenti idrici ed elettrici, dalla scarsa disponibilità di acqua potabile (recentemente una sola autobotte raggiunge il campo, mentre ne servirebbero almeno tre), dall'impostazione di pochi gabinetti chimici (sei per quasi mille persone) in luogo dei ben più economici gabinetti individuali in legno con fossa chimica, che le famiglie richiedevano ed erano disponibili ad autocostruire, infine dalla forzosa convivenza di popolazioni diverse che sarebbero disponibili a dividersi in gruppi più piccoli e contribuire all'acquisto ed all'attrezzatura di aree per l'alloggio semipermanente; altri tre decreti di espulsione sono stati emessi il 6 luglio a carico di altrettanti cittadini bosniaci fermati all'ingresso dello stesso campo di via Casilina, fra i quali il marito della citata Hatidza Sulejmanovic e la moglie del citato Mufik Seferovic, trovantisi nella stessa situazione di "rifugiati di fatto" non riconosciuti -: se non ritenga di revocare o disporre la revoca dei decreti di espulsione citati e di verificare le motivazioni e le modalità dell'operazione di polizia da cui sono scaturiti: di dare disposizioni affinché si eviti di comminare decreti di espulsione, chiaramente ineseguibili nell'attuale situazione, a cittadini dell'ex Jugoslavia, e in particolare dei territori ancora segnati dalla guerra civile e dalla partizione etnica; di revocare o modificare le due circolari citate del 1993, affinché sia possibile attribuire il soggiorno "per motivi umanitari" a tutti i profughi e sfollati presenti in Italia, e programmarne razionalmente e consensualmente, famiglia per famiglia, insieme agli enti locali ed agli organismi di tutela, il futuro in Italia o nell'ex Jugoslavia; di riesaminare la proposta, già emersa a suo tempo in sede di tavolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio sui Rom e Sinti, di concedere, per motivi umanitari e di concerto con gli enti locali interessati e gli organismi umanitari, un permesso di soggiorno valido per lavoro dipendente o autonomo anche a quei Rom stranieri "storici", presenti in Italia da decenni spesso con discendenza nata in Italia, che per diversi motivi (assenza di rapporti di lavoro strutturati, commissione di reati anche lievi e "di sopravvivenza"), non hanno potuto usufruire della recente sanatoria per lavoro; di proporre alla protezione civile la messa a disposizione degli enti locali non solo di roulottes (inadatte, pericolose perché facilmente infiammabili e spesso deteriorate, come alcune di quelle fornite al campo del Casilino), ma di prefabbricati per l'accoglienza temporanea o semipermanente e di altre strutture logistiche, a partire dalle situazioni più precarie ed invivibili; di riesaminare con gli enti locali interessati, incluso il comune di Roma, criteri omogenei per l'accoglienza dei profughi e dei Rom e Sinti, al fine di una programmazione nazionale dell'uso dei fondi della legge n. 390 per i profughi, dei fondi nazionali e regionali mobilitabili per i Rom e Sinti e dei fondi per la cooperazione, anche decentrata, per progetti di rimpatrio, tenendo fermi i criteri della libertà di circolazione e residenza, dell'unità familiare e della volontarietà dell'opzione fra inserimento e rimpatrio. (4-01808)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
ESPULSIONE DI STRANIERI, EXTRA COMUNITARI, NOMADI, PERMESSO DI SOGGIORNO, PROFUGHI E RIFUGIATI