ATTO CAMERA

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA 4/01808

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Dati di presentazione dell'atto
Legislatura: 13
Seduta di annuncio: 29 del 10/07/1996
Firmatari
Primo firmatario:
Gruppo: SINISTRA DEMOCRATICA - L'ULIVO
Data firma: 10/07/1996
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario Gruppo Data firma
RIFONDAZIONE COMUNISTA-PROGRESSISTI 07/10/1996
MISTO 07/10/1996


Destinatari
Ministero destinatario:
  • MINISTERO DELL'INTERNO
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:

PRESENTATO IL 10/07/1996

Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lunedì 1^ luglio 1996, al termine di un intervento di
polizia nel campo nomadi di via Casilina 700 a Roma, a tutti i
nove cittadini bosniaci e croati ivi fermati e privi di permesso
di soggiorno veniva consegnato in questura un decreto di
espulsione;
tali decreti di espulsione sono in corso di impugnazione
innanzi al Tar del Lazio da parte dei legali del consiglio
italiano per i rifugiati, sulla base della situazione di
rifugiati di fatto da un territorio da considerarsi non ancora
pacificato rivestita dagli interessati, che dunque in ogni caso
non sono passibili di espulsione in base alla clausola di "non
refoulement";
le modalità dell'intervento di polizia, operato con largo
uso di uomini e mezzi, hanno comportato il precipitoso
allontanamento di quasi tutti coloro, fra i 927 profughi e Rom
dimoranti nel campo, che non avessero un permesso di soggiorno in
regola, e la loro dispersione in altri campi e zone della città
di Roma, spostando così, e non risolvendo affatto, il problema
costituito dal campo più popolato e forse più invivibile
d'Europa;
il fermo dei pochi "irregolari" rimasti nel campo, e
l'emissione di decreti di espulsione a loro carico, ha
amplificato l'effetto di paura, contravvenendo inoltre, secondo
gli organismi umanitari operanti nel campo, a precisi impegni
assunti dalle autorità competenti in sede di comitato provinciale
per l'ordine pubblico;
l'esame della situazione dei nove espulsi dimostra la loro
situazione di profughi di fatto, sia che siano giunti in questi
anni dai territori in guerra, sia che risiedano da lungo tempo in
Italia e vi abbiano messo radici che non possono certo essere
recise con la loro espulsione negli stessi territori in guerra,
dei quali conservano la nazionalità;
infatti vi figura il signor Zahim Ahmetovic, bosniaco,
privo di precedenti penali, entrato in Italia nel 1991 allo
scoppio della guerra civile per unirsi ai genitori, con moglie e
sei figli minori (e scolarizzati) a Roma, in attesa di passaporto
dall'Ambasciata bosniaca di Milano per completare la domanda di
soggiorno umanitario già inoltrata il 10 febbraio 1996 alla
questura di Roma; la signora Humica Halilovic, croata ed in
Italia da venti anni, erroneamente identificata dalla polizia
come bosniaca (nel quale caso avrebbe a maggior ragione diritto
alla qualifica di profuga); i fratelli bosniaci Djulijano e
Gringo Halilovic, appartenenti ad una famiglia regolarmente
residente da due decenni a Torino, venuti casualmente a Roma in
occasione della morte di un parente; la signorina Senada
Ahmetovic, bosniaca ma nata in Italia (a Vigevano), minorenne,
con genitori regolarmente residenti a Vigevano, rientrata per
l'ultima volta dalla Bosnia nel 1992 in piena guerra civile;
l'altro minorenne bosniaco Safet Seferovic, fuggito recentemente
da Sarajevo per timore di persecuzioni e per unirsi alla madre
residente nel campo di via Casilina; il signor Mufik Seferovic,
rientrato in Italia un mese fa dopo aver rinunciato alla
richiesta di asilo politico in Germania perché non gli era
concesso di convivere con il padre, già esule in quel Paese; la
signora Elena Ahmetovic, cittadina bosniaca ma nata a Torino;
infine la cittadina bosniaca Hatidza Sulejmanovic, entrata in
Italia con il figlio minore, la madre e una sorella handicappata
dopo la morte del padre nei bombardamenti di Sarajevo, alla quale
è stato incomprensibilmente negato il soggiorno umanitario
regolarmente richiesto;
la situazione di irregolarità dei nove citati, e di
migliaia di altri cittadini della ex Jugoslavia sia a Roma che in
Italia, si deve soltanto all'applicazione restrittiva della legge
n. 390, con l'esclusione dal soggiorno umanitario, attuata nel
1993 attraverso circolari dell'allora capo della polizia, di
tutti coloro che fossero nel frattempo stati colpiti da decreti
di espulsione, anche per semplice violazione delle norme sul
soggiorno, o che fossero entrati in Italia prima dell'inizio
convenzionale della guerra civile (cosiddetti rifugiati sur
place);
infatti i censimenti eseguiti, per iniziativa degli enti
locali, sia a Roma sia in altre città, non hanno potuto che
registrare una realtà di discriminazione, del tutto casuale o
arbitraria, fra "regolari" e "irregolari" all'interno delle
stesse famiglie, addirittura fra fratelli e fra genitori e figli,
rendendo pressoché impraticabile ogni programmazione su scala
familiare o plurifamigliare dell'accoglienza, dell'inserimento
sociale e/o del rimpatrio in condizioni di sicurezza;
la forzosa irregolarità del soggiorno, unita al requisito
di non avere subìto condanne penali anche per reati lievi o con
pene già scontate, ha escluso, per decisione del comune di Roma,
molti profughi dall'accesso ai nuovi campi attrezzati, gonfiando
di conseguenza campi "abusivi", come sono ancora la gran parte
dei campi romani ed in particolare quello del Casilino, con gravi
conseguenze sulla qualità della vita dei profughi (Rom e non) e
nell'impatto sul territorio urbano;
la situazione del campo del Casilino è stata ulteriormente
aggravata dall'assenza di allacciamenti idrici ed elettrici,
dalla scarsa disponibilità di acqua potabile (recentemente una
sola autobotte raggiunge il campo, mentre ne servirebbero almeno
tre), dall'impostazione di pochi gabinetti chimici (sei per quasi
mille persone) in luogo dei ben più economici gabinetti
individuali in legno con fossa chimica, che le famiglie
richiedevano ed erano disponibili ad autocostruire, infine dalla
forzosa convivenza di popolazioni diverse che sarebbero
disponibili a dividersi in gruppi più piccoli e contribuire
all'acquisto ed all'attrezzatura di aree per l'alloggio
semipermanente;
altri tre decreti di espulsione sono stati emessi il 6
luglio a carico di altrettanti cittadini bosniaci fermati
all'ingresso dello stesso campo di via Casilina, fra i quali il
marito della citata Hatidza Sulejmanovic e la moglie del citato
Mufik Seferovic, trovantisi nella stessa situazione di "rifugiati
di fatto" non riconosciuti -:
se non ritenga di revocare o disporre la revoca dei decreti
di espulsione citati e di verificare le motivazioni e le modalità
dell'operazione di polizia da cui sono scaturiti:
di dare disposizioni affinché si eviti di comminare decreti
di espulsione, chiaramente ineseguibili nell'attuale situazione,
a cittadini dell'ex Jugoslavia, e in particolare dei territori
ancora segnati dalla guerra civile e dalla partizione etnica;
di revocare o modificare le due circolari citate del 1993,
affinché sia possibile attribuire il soggiorno "per motivi
umanitari" a tutti i profughi e sfollati presenti in Italia, e
programmarne razionalmente e consensualmente, famiglia per
famiglia, insieme agli enti locali ed agli organismi di tutela,
il futuro in Italia o nell'ex Jugoslavia;
di riesaminare la proposta, già emersa a suo tempo in sede
di tavolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio sui Rom
e Sinti, di concedere, per motivi umanitari e di concerto con gli
enti locali interessati e gli organismi umanitari, un permesso di
soggiorno valido per lavoro dipendente o autonomo anche a quei
Rom stranieri "storici", presenti in Italia da decenni spesso con
discendenza nata in Italia, che per diversi motivi (assenza di
rapporti di lavoro strutturati, commissione di reati anche lievi
e "di sopravvivenza"), non hanno potuto usufruire della recente
sanatoria per lavoro;
di proporre alla protezione civile la messa a disposizione
degli enti locali non solo di roulottes (inadatte, pericolose
perché facilmente infiammabili e spesso deteriorate, come alcune
di quelle fornite al campo del Casilino), ma di prefabbricati per
l'accoglienza temporanea o semipermanente e di altre strutture
logistiche, a partire dalle situazioni più precarie ed
invivibili;
di riesaminare con gli enti locali interessati, incluso il
comune di Roma, criteri omogenei per l'accoglienza dei profughi e
dei Rom e Sinti, al fine di una programmazione nazionale dell'uso
dei fondi della legge n. 390 per i profughi, dei fondi nazionali
e regionali mobilitabili per i Rom e Sinti e dei fondi per la
cooperazione, anche decentrata, per progetti di rimpatrio,
tenendo fermi i criteri della libertà di circolazione e
residenza, dell'unità familiare e della volontarietà dell'opzione
fra inserimento e rimpatrio.
(4-01808)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
ESPULSIONE DI STRANIERI, EXTRA COMUNITARI, NOMADI, PERMESSO DI SOGGIORNO, PROFUGHI E RIFUGIATI
SIGLA O DENOMINAZIONE:

GEO-POLITICO:

ROMA (ROMA+ LAZIO+), BOSNIA ERZEGOVINA