Primo firmatario: Gruppo: PROG.FEDER. Data firma: 07/12/1994
Destinatari
Ministero destinatario:
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
MINISTERO DELL'INTERNO
MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE
MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA
Attuale delegato a rispondere: MINISTERO DELLA DIFESA delegato in data 30/12/1994
Stato iter:
28/07/1995
Fasi iter:
PRESENTATO IL 07/12/1994
INTERLOCUTORIO IL 30/12/1994
TRASFORMATO IL 28/07/1995
ITER CONCLUSO IL 28/07/1995
Ai Ministri degli affari esteri, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e di grazia e giustizia. - Per sapere - premesso che: la libertà e la sicurezza nel lavoro per la marineria Italiana, e per quella meridionale e molfettese in particolare, vengono negli ultimi anni duramente colpite da una serie ormai intollerabile di attentati propriamente militari, allo stato, di paternità ufficialmente non accertata; tra questi episodi meritano particolarissima attenzione i seguenti: a) alle ore 5.50 del 2 giugno 1993, nelle acque intermazionali antistanti la costa Iugoslava, e più in particolare Serbo-Montenegrina prospiciente il porto di Bar-Antivari, il motopesca "Antonio e Sipontina" (iscritto nel registro "navi minori" della Capitaneria di porto di Manfredonia), subì un'aggressione armata ad opera di una motovedetta militare non meglio identificata. Alle ore 9,10 del 2 giugno 1993, un elicottero militare appartenente all'incrociatore della Marina Militare Italiana "V. Veneto" trasportò presso il Policlinico di Bari due marinai feriti a seguito dell'aggressione militare; uno dei quali, Antonio Gigante, nato a Molfetta il 3 marzo 37, vi sarebbe deceduto subito dopo il ricovero; di altri tre marinai componenti l'equipaggio del motopesca non si conobbe, sulle prime, la sorte. Il 3 giugno 1993, a seguito dell'interessamento della Capitaneria di porto di Manfredonia e dello Stato Maggiore della Marina, i tre marinai "scomparsi" vennero liberati. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Bari, dottor Alessandro Messina, avviò tempestivamente le indagini e innanzitutto dispose che l'imbarcazione "Antonio e Sipontina (in navigazione presso le coste Italiane) facesse scalo al porto di Bari; nel pomeriggio dello stesso 3 giugno 1993 il p.m. effettuò, assistito dal suo consulente balistico, l'ispezione del natante e procedette a raccogliere dichiarazioni dai tre marinai liberati e tornati in Italia. Le indagini del dottor Messina consentirono di accertare che: l'aggressione militare fu opera di una motovedetta della Marina Militare SerboMontenegrina; all'aggressione "assistette" la nave militare di nazionalità spagnola "Andalucia"; il comandante della nave spagnola aveva dichiarato che l'aggressione del motopesca era avvenuta "ai limiti delle acque internazionali"; le dichiarazioni delle vittime e la documentazione di bordo del motopesca, invece, deposero per un'aggressione compiuta al di fuori della acque territoriali montenegrine e quindi in acque internazionali. Il 9 agosto 1993, il p.m. dottor Alessandro Messina, allo scopo di accertare definitivamente se l'aggressione fosse avvenuta nei limiti delle acque territoriali montenegrine o in acque internazionali (accertamento necessario al fine di definire la "competenza giudiziaria") chiese all'Autorità Giudiziaria della federazione SerboMontenegrina l'espletamento di una Commissione Rogatoria Internazionale per l'identificazione del Comandante e del personale della motovedetta militare Serbo-Montenegrina tipo Mirna 177 coinvolta nell'azione di fuoco. Il 30 agosto 1994, non avendo sortito alcun effetto la richiesta del 9 agosto 1993, il p.m. dottor Alessandro Messina sollecitò il Ministero di Grazia e Giustizia, il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero dell'interno a sollecitare a loro volta l'Autorità Giudiziaria della Federazione Serbo-Montenegrina a dare riscontro alla richiesta di commmissione rogatoria internazionale. Il 30 settembre 1994, il Ministero di Grazia e Giustizia (Ufficio II) sollecitò il Ministero degli Affari Esteri a "dare notizie circa lo stato di esecuzione della richiesta di assistenza giudiziaria internazionale formulata in data 9 agosto 1993 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari nel procedimento penale a carico di ignoti (uccisione di Gigante Antonio) e diretta alle Autorità della Repubblica Serbo-Montenegrina". Il 13 ottobre 1994, l'avvocato Leonardo Iannone inviò al Ministro di Grazia e Giustizia e al Ministro per gli Affari Esteri una sollecitazione-protesta, a nome dei figli del marinaio ucciso Antonino Gigante, con la quale denunciava "l'inerzia dei competenti uffici" nella procedura di rogatoria internazionale avviata dal p.m. dottor Messina e chiedeva "formalmente al p.m. presso il Tribunale di Roma di accertare se vi siano estremi di reato nella persistente mancata risposta alla richiesta ed ai relativi solleciti di rogatoria e di perseguire i responsabili secondo quanto prescrivono le vigenti leggi penali". In realtà, risulta al sottoscritto (per averglielo formalmente segnalato lo stesso p.m. dottor Messina) che i termini per le indagini preliminari stanno per scadere con l'inevitabile conseguenza dell'archiviazione delle indagini. b) alle ore 12,55 dell'11 luglio 1993, il motopeschereccio "Francesco Padre", comandato da Giovanni Pansini di Molfetta, era impegnato nell'attività di pesca a circa 22 miglia da Capo Rondoni (Albania); d'un tratto, venne forzatamente rimorchiato per circa 1,5 miglia verso EST-NORD/EST da un natante sommerso mai ufficialmente identificato. Il motopeschereccio subì una forte inclinazione, tanto da sfiorare l'affondamento. Dopo circa 5 minuti dal forzato rimorchio, il cavo d'acciaio "agganciato" dallo sconosciuto natante sommerso, si spezzò liberando il motopeschereccio; il comandante del motopeschereccio, intanto, aveva provveduto a chiamare soccorso, a mezzo VHF sul canale 16, e, dalla nave italiana "Vittorio Veneto", aveva appreso che nella zona non era segnalato alcun sommergibile. Alle ore 13.15 il motopeschereccio riprese la navigazione verso il porto di Molfetta non essendo più nelle condizioni per proseguire la sua attività. Alle ore 15.15, il comandante del motopeschereccio venne "contattato" dalla stazione di Bari-Radio ed avvertito della richiesta da parte del comandante di un aereo militare americano di informazioni sullo stato di salute dell'equipaggio del motopeschereccio molfettese; il comandante di quest'ultimo "contattò" a sua volta l'areo americano e, grazie alla mediazione (quanto alla lingua) di una motovedetta italiana di base a Burazzo, rassicurò sul buono stato di salute dell'equipaggio. Alle ore 01.00 del 12 luglio 1993, il motopeschereccio "Francesco Padre" ormeggiò alla banchina S. Domenico del porto di Molfetta. Risulta al sottoscritto che, su iniziativa di organi NATO, allo stato non noti ufficialmente, l'armatore del motopeschereccio "Francesco Padre" è stato risarcito dei danni subiti e che il risarcimento è stato "condizionato" all'impegno da parte dell'armatore a non rivelarlo e a non rivelare nemmeno l'Autorità che vi provvedeva; c) alle ore 05.25 del 4 novembre 1994, la Capitaneria di porto di Molfetta venne informata dalla Centrale operativa del Comando in Capo Militare marittimo del Basso Adriatico, Canale d'Otranto e Jonio del fatto che un aereo militare in attività di volo a 20 miglia circa SW Budva - Serbia, aveva avvistato, intorno alle ore 24 un intenso bagliore; l'aereo militare aveva già segnalato il fatto ad un'unità militare spagnola la quale, nell'area interessata all'evento, aveva constatato macchie di olio e rottami con la scritta "Francesco Padre" e "ML 990" nonché mezzi individuali e collettivi di salvataggio appartenenti al motopesca "Francesco Padre". Fino alle ore 15 del 4 novembre, l'attività di ricerca dell'equipaggio del motopesca non consentì di avvistare alcun disperso; solo intorno alle ore 6.45 del 4 novembre '94, la Capitaneria di porto di Molfetta avvertì del sinistro il Presidente dell'Assopesca di Molfetta, intorno alle ore 9 dello stesso giorno fu reso noto il nome del motopeschereccio, intorno alle ore 11 vennero avvertiti alcuni parenti dei componenti l'equipaggio del motopesca; uno solo di questi venne rinvenuto, cadavere, in mare; degli altri, nessuna traccia. Alle ore 19.29 del 5 novembre 1994, un'agenzia di stampa diffondeva la seguente dichiarazione del Capo di Stato Maggiore del Dipartimento Militare Marittimo di Taranto: "A bordo del natante si sarebbe verificata un'esplosione dovuta a cause interne. Questa è la ricostruzione dell'accaduto che è possibile fare finora sulla base di quanto hanno dichiarato i componenti degli equipaggio dell'aereo inglese e della nave spagnola che verso la mezzanotte e mezza della notte fra il 3 e il 4 scorso hanno visto un'improvvisa fiammata in mare. Sono illazioni le ipotesi secondo cui a causare l'esplosione sarebbe stata una mina o un missile". Questa versione dei fatti venne immediatamente contestata dalla marineria di Molfetta e dalle sue rappresentanze sindacali ed imprenditoriali sulla base di dati di fatto, tecnici e logici, che inducevano univocamente ad individuare in una mina o in un missile la causa del disastro. Le indagini propriamente penali vennero iniziate, e sono condotte, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani senza che, finora, si sia disposto nulla (è da ritenere a causa degli alti costi dell'operazione) per il recupero di quanto resta dell'imbarcazione ai fini di una tempestiva e concludente perizia; d) nell'ultima settimana di novembre '94, i comandanti di quattro motopescherecci di Molfetta ("Sirio", "L'orizzonte", "La stella del mare", "La città di Taranto") denunciarono alla capitaneria di porto di Molfetta che, mentre si trovavano a 40 miglia circa dal porto di Bari, videro un elicottero lanciare, a distanza di circa 3 miglia da loro, oggetti che lasciavano una scia fiammeggiante; traccie tipiche, queste ultime, di segnali luminosi lanciati durante esercitazioni militari; e) il 30 novembre 1994, il peschereccio "Modesto Senior" di Molfetta denunciò via radio alla capitaneria di porto di Brindisi di essere stato fatto segno da colpi di mitraglieria da parte di due elicotteri non identificati; il peschereccio si trovava a 20 miglia al largo di Brindisi e stava rientrando, non in attività da pesca, a Brindisi; i colpi di mitra caddero a circa 300-500 metri di distanza dal motopeschereccio; rientrato a Brindisi, l'equipaggio del peschereccio fu invitato dai militari a non fare dichiarazioni ai giornalisti che erano in attesa sulla banchina. Il 1 dicembre 1994, il Comando Nato delle forze Alleate del Sud Europa spiegò e precisò che un elicottero "puma" francese, di stanza nella base di Brindisi, aveva condotto il 30 novembre a circa 20 miglia da Brindisi un addestramento che includeva un'esercitazione a fuoco, che l'addestramento aveva avuto luogo in un area identificata e delimitata in acque internazionali, al cui uso era stato autorizzato dal Comando della base aerea di Brindisi, che il pilota dell'elicottero prima di cominciare a sparare aveva controllato che nell'area non vi fossero imbarcazioni, che il peschereccio di Molfetta era al di fuori dell'area delimitata dell'esercitazione e che, pertanto, non era esatto affermare che il peschereccio era stato mitragliato. Non risulterebbe, tuttavia, dagli "avvisi ai naviganti" alcuna segnalazione delle esercitazioni militari -: quali siano le iniziative intraprese dai Ministri interrogati per assicurare il regolare corso della giustizia e la tutela dei diritti dei familiari di Antonio Gigante, vittima di una arbitraria e feroce aggressione armata; quali siano i passi che i Ministri intendono intraprendere immediatamente per scongiurare la vanificazione delle investigazioni compiute dalla Procura di Bari sull'omicidio di Antonio Gigante; a chi siano specificamente attribuibili le vistose omissioni finora compiute nella pratica di rogatoria internazionale relativa all'omicidio di Antonio Gigante; quali siano le reali cause degli specifici episodi esposti nella presente interrogazione, chi i responsabili; se non ritenga il Ministro della difesa di chiarire quali attività militari, ad iniziativa di chi, su autorizzazione di chi, siano in atto nel Basso Adriatico; se non ritengano il Ministro della difesa e dell'interno di chiarire i motivi per i quali le autorità militari italiane "consigliano" i marittimi a non rendere pubbliche le loro disavventure; in base a quali elementi l'Autorità Militare abbia subito attribuito ad un esplosione "interna" il disastro che ha coinvolto il motopeschereccio "Francesco Padre"; perché non sia stato recuperato quel che resta del motopeschereccio "Francesco Padre" per una efficace attività peritale da parte della Magistratura; se abbiano motivo di condividere la "spiegazione" data dalla NATO sul mitragliamento del motopeschereccio "Modesto Senior", se risulta che si trattò di esercitazione preavvisata e concordata in modo formale e se l'esercitazione fu portata a conoscenza dei natanti; se l'attività della Nato nel Basso Adriatico è concordata con le Autorità Italiane; perché il risarcimento da parte della Nato dei danni subiti del motopeschereccio "Francesco Padre" avvenne in modo clandestino ed alla condizione che non venisse reso pubblico; quali iniziative i Ministri intendano intraprendere a difesa della sicurezza dei marittimi italiani nonché a tutela dell'indipendenza e sovranità del nostro paese. (4-05990)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
ATTENTATI, CAPITANERIE DI PORTO E UFFICI MARITTIMI, MARINAI E MARITTIMI, NAVI E NATANTI