Primo firmatario: Gruppo: DEMOCRATICO CRISTIANO Data firma: 12/01/1994
Elenco dei co-firmatari dell'atto
Nominativo co-firmatario
Gruppo
Data firma
DEMOCRATICO CRISTIANO
01/12/1994
DEMOCRATICO CRISTIANO
01/12/1994
DEMOCRATICO CRISTIANO
01/12/1994
DEMOCRATICO CRISTIANO
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01/12/1994
Destinatari
Ministero destinatario:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO
Stato iter:
IN CORSO
Fasi iter:
PRESENTATO IL 12/01/1994
La Camera, premesso: che in Libano è un paese caratterizzato da un secolare pluralismo religioso e da una lunga tradizione di libertà; che il Libano risiede dal quarto secolo l'unica comunità cristiana in tutto il mondo arabo a cui la Costituzione garantisce il pieno esercizio dei diritti civili e politici e la cui amicizia con l'Occidente ha superato, nel corso dei secoli, prove durissime; che il territorio libanese è attualmente occupato militarmente da 40.000 militari siriani, con eccezione di una regione a sud, peraltro sotto il controllo dell'esercito di Israele; che tale presenza militare straniera perdura nonostante le risoluzioni ONU in senso contrario (520 del 1978); che le autorità attualmente rappresentanti il Libano non hanno alcuna legittimità democratica in quanto: 1) il Presidente della Repubblica, Elias Hrawi, è stato eletto il 25 novembre 1990 da deputati non in condizione di esprimere liberamente la propria volontà. E' sufficiente considerare che tale elezione non è avvenuta in Parlamento, bensì in un albergo sede dei servizi di sicurezza siriani in Libano. Il Presidente è stato inoltre privato di ogni potere reale dagli accordi cosiddetti di Taif, anch'essi imposti e non liberamente accettati dal popolo libanese, facendo mancare in tal modo ogni garanzia per la comunità cristiana che, tradizionalmente esprimeva il Presidente della Repubblica; 2) il Parlamento libanese è stato rieletto nel settembre del 1992 mediante elezioni boicottate, causa l'assoluta mancanza di garanzie di regolarità, dall'80 per cento dei Libanesi (cristiani e musulmani) ed anche nei confronti del piccolo numero di voti espressi non sono mancate violenze e brogli; 3) il Primo Ministro, Rafic Hariri, proveniendo dalle due prime autorità ne eredita l'illegittimità. Con il suo operato sta inoltre dimostrando la fondatezza delle indiscrezioni di stampa che lo indicano come più attento agli interessi dell'Arabia Saudita che a quelli del Libano. Giungono infatti preoccupanti notizie su massicci acquisti immobiliari effettuati nei territori cristiani in esecuzione a progetti di islamizzazione; che ogni libertà civile e politica in Libano appare pesantemente compromessa. E' di aprile la notizia della chiusura di un giornale (Nida al Watan) e di una stazione televisiva (la ICN) perché aveva pubblicato notizie sgradite al governo. L'accordo di "fraternità e cooperazione massimale" imposto dalla Siria al Libano nel maggio del 1991, autorizza inoltre i servizi di sicurezza siriani a operare in Libano contro tutti coloro che "minacciano l'amicizia tra i due paesi". Di conseguenza sono sempre più numerosi gli arresti arbitrari a cui seguono violenze e maltrattamenti. (Secondo i rapporti di Amnesty International la Siria è uno dei paesi al mondo che più frequentemente ricorre alla tortura come prassi poliziesca); che nessun aspetto della vita sociale, culturale politica libanese sfugge al pesante condizionamento di Damasco, mentre l'arrivo in Libano di migliaia di lavoratori siriani negli ultimi due anni (su una popolazione libanese di tre milioni di abitanti) indica un palese progetto di colonizzazione anche economica; che la minaccia portata all'esistenza del Libano e della sua formula di pluralismo politico, religioso e culturale, oltre ad essere in contrasto con il conclamato diritto di autodeterminazione dei popoli, lo è anche con gli interessi dell'Italia, vista la sua posizione nel Mediterraneo e la complessità dei rapporti con il mondo arabo che, inevitabilmente soffrirebbero dell'assenza di un elemento di mediazione come il Libano, impegna il Governo: 1) a riesaminare il programma di aiuti al Libano, per evitare che gli stessi possano essere utilizzati più per consolidare il regime di occupazione che per alleviare i bisogni della popolazione; 2) ad assicurare alla comunità cristiana del Libano, che oggi appare la più esposta ai pericoli regionali, un sostegno almeno morale e diplomatico; 3) a denunciare presso le istanze internazionali (ONU, CEE) lo stato di occupazione militare del paese, al fine di poter richiedere il ritiro degli eserciti stranieri dal territorio libanese ed elezioni libere sotto controllo internazionale. (1-00245)
Classificazione EUROVOC:
CONCETTUALE:
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, DIRITTI CIVILI E POLITICI, MINORANZE RELIGIOSE